LA GESTIONE DELLA SICUREZZA PASSA ALLE AUTORITA IRACHENE

Nel disastro iracheno, gli occupanti tentano di dare un segnale di normalità prevedendo che, gradualmente, una provincia alla volta, il controllo del territorio passi alle forze di sicurezza irachene. Usa e Uk non pensano certo ad una fine dell’occupazione ma si illudono, o vogliono far credere, che presto l’Iraq sarà in grado di autogestire in buona misura la propria sicurezza, che polizia ed esercito iracheni saranno pronti e addestrati, che sarà possibile ridurre la consistenza dei contingenti stranieri. Il numero dei caduti, degli invalidi di guerra, dei feriti, le altissime spese militari stanno accrescendo il malcontento popolare negli Stati uniti e in Gran Bretagna. L’amministrazione Bush, in particolare, deve pensare alle elezioni di medio termine di novembre. Il passaggio del controllo alle autorità irachene inizia dalle province considerate più "tranquille" e si prevede che sarà completato entro la fine del 2007; non è tuttavia destinato a pacificare la situazione irachena, nella quale, alla lotta contro l’occupazione, si sovrappongono e si intrecciano altre tensioni e altri conflitti anche armati. La guerra tra sciiti e sunniti, divampata con più forza dopo l’attentato del 21 febbraio 2006 a Samarra, spesso appare piuttosto come una guerra tra gruppi qaedisti e sciiti in quanto tali, o ancor più frequentemente come una lotta tra Brigata Badr – forze governative da un lato contro sunniti in genere e baatisti in particolare dall’altro; a questi conflitti si aggiunge quello che oppone l’Esercito al Mahdi alla Brigata Badr e quindi alle forze governative. Tempo pochi mesi e le "tranquille" province del sud saranno teatro di accesi e complessi scontri tra milizie sciite rivali e forze di sicurezza irachene anch’esse dominate dalle varie milizie. Il contingente americano non si ridimensiona, anzi si incrementa; e l’ingerenza delle truppe occupanti anche nelle province passate sotto il controllo iracheno continua come prima, con o senza il permesso delle autorità provinciali.

14 luglio 2006

La provincia di Muthanna, nel sud dell’Iraq, passa per prima dal controllo della forza multinazionale (controllo, nella specie, britannico e australiano) a quello delle forze di sicurezza irachene. Al Maliki esprime la fiducia che, entro la fine del 2007, tutto il territorio iracheno sarà sotto il controllo delle forze di sicurezza nazionali.

15 luglio 2006

A Baghdad circa 50 uomini armati, con le divise del ministero degli Interni, dopo aver ucciso le guardie entrano nella sede del Comitato olimpico iracheno, sequestrano il suo presidente Ahmed al Hijiya e una decina di suoi collaboratori. Il ministro degli Interni respinge ogni responsabilità attribuendo a delinquenti comuni l’attacco (il secondo portato in due giorni al mondo dello sport iracheno: il 14 luglio è stato ucciso l’allenatore della nazionale di wrestling). Nouri al Maliki interviene pubblicamente sull’attacco israeliano al Libano (iniziato lo scorso 12 luglio) definendo "criminali" i raid israeliani e invitando i ministri degli Esteri dei paesi arabi ad incontrarsi per esprimere una chiara condanna delle azioni contro il Libano e contro Gaza.

17 luglio 2006

A Mahmoudiya, l’attacco ad un mercato sciita provoca circa 60 morti e altrettanti feriti. Fonti sciite dicono che l’attacco è stato condotto dapprima con il lancio di missili (più probabilmente, granate), poi con due autobombe e ancora con l’intervento di uomini armati, respinti infine in uno scontro a fuoco dalla polizia.

18 luglio 2006

A Kufa una autobomba esplode nel mercato di un quartiere a prevalenza sciita, prossimo alla celebre moschea, provocando 60 morti e oltre 130 feriti. Presso Mahmoudiya sono ritrovati i corpi di 14 persone con segni di tortura. E’ annunciata la cattura di Abu Osman, capo della Brigata Omar (collegata ad al Qaeda), che avrebbe ammesso la responsabilità del gruppo nell’attentato del 1 luglio scorso (v. sopra, cap. "Le elezioni politiche e il governo unitario") a Sadr city.

21 luglio 2006

A Nassiriya, nell’ospedale militare italiano da campo, l’esplosione di agenti chimici provoca ustioni in 6 soldati italiani (uno è grave). I sei ustionati sono trasferiti al Celio e l’episodio passa sotto silenzio: sarà rivelato da Falco Accame, presidente di Anavafaf (l’associazione dei familiari delle vittime appartenenti alle forze amate) a fine agosto 2006.

22 luglio 2006

Durante la prima riunione della Commissione di riconciliazione nazionale (una iniziativa di al Maliki per l’attuazione del suo piano), lo speaker del Parlamento Mahmud al Mashadani auspica che gli Usa "la smettano con le ingerenze negli affari dell’Iraq e degli altri paesi mussulmani, e tutto allora andrà per il meglio". Il 25 luglio al Maliki sarà a Washington e incontrerà Bush.

24 luglio 2006

Al processo contro Saddam Hussein e i suoi coimputati, il presidente Rauf Rashid Abdul Rahman si scaglia verbalmente contro Ibrahim Barzan al Tikriti, fratellastro di Saddam, portato in udienza senza avvocato difensore. L’ex rais, in sciopero della fame, sta subendo l’alimentazione forzata. Un rapporto di Human right watch – basato su testimonianze di militari statunitensi, su un memorandum e su alcuni dossier – denuncia il persistere della prassi delle torture sui detenuti, riferendosi in particolare a quanto avviene nei centri di detenzione siti presso gli aeroporti di Baghdad e di Mossul e in quello presso Qaim. I soldati riferiscono che l’indicazione di sottoporre ad abusi alcuni prigionieri proviene dai superiori.

31 luglio 2006

Di ritorno da Najaf, 45 civili sciiti sono rapiti da uomini armati mentre sull’autostrada attraversano la zona sunnita di Ramadi. Secondo dati dell’obitorio di Baghdad, i morti ammazzati nel mese di luglio sono 1.850 nella sola capitale.

2 agosto 2006

Il militare statunitense Bradley Mason, in udienza preliminare dinanzi alla Corte marziale, accusa i commilitoni Girouard, Claggett, Hunsaker e Graber di aver ucciso il 9 maggio 2006 (v. sopra, cap. "Le elezioni politiche e il governo unitario), senza alcun motivo e ridendo, tre iracheni catturati e di averlo minacciato perché non raccontasse la verità. A Baghdad, migliaia di sciiti appartenenti a comitati popolari hanno manifestato chiedendo l’eliminazione di tutti i baatisti fedeli a Saddam Hussein e degli estremisti islamici. Abdul Aziz al Hakim incoraggia i giovani iracheni a formare comitati popolari regionali "per sconfiggere il terrorismo".

3 agosto 2006

William Patey, ambasciatore britannico uscente, in un messaggio al suo governo afferma che in Iraq "una guerra civile di bassa intensità e una divisione di fatto del paese è, allo stato attuale, più probabile di una transizione …verso una democrazia stabile" e paventa il rischio che le milizie sciite, in particolare l’Esercito al Mahdi, possano formare uno stato nello stato. Il generale John Abizaid, comandante in capo per il Medio oriente, parlando alla commissione Forze armate del Senato, esprime la convinzione che in Iraq la violenza settaria sia ora più feroce di quanto sia mai stata e che, se non sarà fermata, potrebbe portare il paese alla guerra civile.

4 agosto 2006

Su invito di Moqtada al Sadr, migliaia di sciiti accorrono a Sadr city dal sud e dal centro dell’Iraq, manifestando contro gli Usa e Israele, inneggiando all’Esercito al Mahdi e ad Hezbollah, issando ritratti di Moqtada al Sadr e di Nasrallah. A Mahmoudiya gli sciiti in marcia si scontrano con soldati americani.

8 agosto 2006

Nouri al Maliki, che ritiene indispensabile l’appoggio di Moqtada al Sadr, critica una operazione contro l’Esercito al Mahdi, condotta con la copertura aerea americana, nella quale alcune case a Sadr city sono distrutte.

10 agosto 2006

Un attentato suicida, pare ad opera di una donna, uccide almeno 30 sciiti e ne ferisce decine nella città santa di Najaf. Il piano di sicurezza del premier al Maliki mostra tutta la sua debolezza: le morti violente sono ogni giorno almeno 70.

15 agosto 2006

Un sacerdote caldeo, Saad Sirop Hanna, è rapito dopo la messa da uomini armati a viso scoperto. Gli autori del sequestro chiedono, nei giorni successivi, un pesante riscatto in denaro, che la chiesa caldea non è in grado di pagare. Del sacerdote non si saprà più nulla. Rapimenti di cristiani a scopo di estorsione sono divenuti assai frequenti in Iraq: la comunità cristiana non è rappresentata politicamente, è indicata come bersaglio dalle formazioni jihadiste e costituisce spesso un facile obiettivo.

16 agosto 2006

A Baghdad due autobombe esplodono in via Tunisi: secondo la polizia, il doppio attentato è diretto contro le comunità kurda e cristiana, ambedue presenti nella zona. L’amministrazione americana annuncia l’arrivo in Iraq di altri 5.000 soldati.

21 agosto 2006

George W. Bush, nella prima conferenza stampa dopo la pausa estiva, pur ammettendo di essere a volte "frustrato" a causa della situazione in Iraq ( ma altre volte, anche, "soddisfatto"), afferma che le truppe americane resteranno nel paese almeno fino a quando egli sarà presidente: molte "persone per bene" vorrebbero lasciare subito l’Iraq – afferma il presidente americano – ma "secondo me sarebbe sbagliato andarsene prima che la missione sia compiuta". Inizia il processo sulla "campagna di Anfal" (v. sopra, cap. "Le elezioni politiche e il governo unitario", 4 aprile 2006) contro Saddam Hussein e altri coimputati.

28 agosto 2006

I ministri della Difesa iraniano e britannico dichiarano, in una conferenza stampa congiunta, che la situazione della sicurezza in Iraq ha conosciuto notevoli progressi e che pertanto altre province meridionali (dopo quella di Muthanna: v. sopra, 14 luglio 2006) sono pronte a passare sotto il controllo esclusivo delle forze di sicurezza irachene. Ma nella giornata i morti sono più di 100, a Diwaniya una vera e propria battaglia oppone soldati iracheni e miliziani del Mahdi (i primi avrebbero perso più di 20 uomini, i secondi 40).

29 agosto 2006

Presso Diwaniya, un numero imprecisato di persone (da 34 a oltre 50, a seconda delle fonti) muore per l’esplosione accidentale di un oleodotto, forse dovuta a una scintilla e avvenuta mentre le vittime stanno raccogliendo petrolio da una falla della conduttura. Nell’Iraq ricchissimo di petrolio manca il carburante e il suo prezzo, sia per la penuria che per l’abolizione delle sovvenzioni (richiesta dal Fmi), è talmente elevato da costringere la popolazione a questa pericolosa raccolta abusiva. Il governo annuncia di aver raggiunto, con le forze politiche irachene, un accordo concernente la ripartizione su scala nazionale dei proventi del petrolio, ma non ne illustra il contenuto.

30 agosto 2006

Il quotidiano "Washington Post" informa che il sergente dei marines Frank Wuterich – uno degli indagati per il massacro compiuto ad Haditha il 19 novembre 2005 (v. sopra, cap. "Le elezioni politiche e il governo unitario") – era stato proposto da un superiore per il conferimento di una medaglia, motivato con "l’eroismo" dimostrato nell’azione incriminata. Che comunque la strage di Haditha non abbia turbato le coscienze nell’esercito Usa sarà dimostrato anche dal fatto che la Corte marziale non giudicherà i suoi responsabili per omicidio volontario, ma per omicidio preterintenzionale e altri reati minori.

31 agosto 2006

Nouri al Maliki annuncia che entro la fine di settembre la provincia di Dhi Qar passerà dal controllo dei militari italiani a quello delle autorità provinciali irachene: dopo Muthanna (v. sopra, 14 luglio 2006), sarà la seconda provincia a tornare sotto il controllo iracheno. Il ritiro dei soldati italiani (attualmente poco più di 1.600), dunque, si avvicina. A Baghdad, 7 razzi Katiuscia colpiscono i quartieri sciiti di Sadr city, Jedida e Qahera, uccidendo 46 persone e ferendone 112 (secondo dati del ministero degli Interni). Secondo i dati dell’obitorio di Baghdad, i morti ammazzati nel mese di agosto nella sola capitale sono stati 1.500. Secondo un rapporto dell’Onu (che sarà pubblicato il prossimo 20 settembre) i civili uccisi nell’intero paese sono stati 3.590 in luglio e 3.009 in agosto.

2 settembre 2006

Il presidente del Kurdistan iracheno, Massud Barzani, ordina che sugli edifici pubblici la bandiera irachena sia sostituita da quella kurda, asserendo che la bandiera irachena è emblema dello sterminio e delle vessazioni perpetrate in passato sui kurdi dalle autorità centrali. La sostituzione della bandiera è solo il riflesso esteriore di un sostanziale distacco, già di fatto realizzato, del Kurdistan dall’Iraq. I kurdi hanno una loro economia e cospicue entrate, sfruttano i giacimenti di petrolio (anche quelli di Kirkuk, nonostante lo status di questa provincia non sia ancora stato definito), lo vendono all’estero e dall’estero ricevono investimenti. A 50 km da Nassiriya, mentre un convoglio italiano sta rientrando a Camp Mittica dal Kuwait (dove ha imbarcato per l’Italia materiali e mezzi nell’ambito delle operazioni di rientro), esplode un ordigno nascosto sul bordo della strada, senza causare feriti né danni. In Iraq sono stati frequenti gli attentati contro truppe impegnate in operazioni di rientro.

4 settembre 2006

Al processo davanti alla Corte marziale per gli omicidi commessi nel corso dell’operazione "Triangolo di ferro" (v. sopra, 9 maggio e 2 agosto 2006), l’accusa chiede la pena di morte per il sergente Girouard e i soldati Claggett, Hunsaker e Graber. Claggett, in un’intervista, racconta come prima dell’operazione fosse stato detto ai soldati che il luogo era ostile, pullulante di combattenti di al Qaeda e che il loro compito era "uccidere ogni uomo in età militare". Se Claggett dice il vero, il responsabile di quell’ordine sarebbe il comandante della Brigata, colonnello Michael Steele, il quale durante il processo si è avvalso del diritto di non dire cose che avrebbero potuto incriminarlo e quindi non ha risposto alle domande: sul colonnello è aperta un’inchiesta. Dal processo risulta anche che tra i vari battaglioni di stanza in Iraq è in corso una gara – con punteggio e classifica – a chi uccide di più: i quattro accusati, al ritorno dalla operazione, furono quindi festeggiati come eroi, a detta dello stesso Claggett che non si capacita di trovarsi ora rinchiuso in prigione e incriminato.

7 settembre 2006

Gli Usa consegnano al governo iracheno il controllo dell’esercito (per il momento relativamente alla marina, all’aviazione e a una sola divisione di fanteria), con una cerimonia nel corso della quale tale passaggio è definito come una importante tappa verso il ritiro delle truppe statunitensi. Contestualmente però il generale Casey chiarisce: "Continueremo a batterci al vostro fianco per proteggere il popolo iracheno…abbiamo ancora una lunga strada da percorrere". A Baghdad il governo chiude per un mese l’ufficio della televisione satellitare al Arabiya, accusata di incitamento al confessionalismo e diffusione di informazioni imprecise.

8 settembre 2006

La commissione sui Servizi segreti del Senato americano conferma l’assenza di qualsiasi rapporto tra Saddam Hussein e al Qaeda. Il rais, infatti, considerava i qaedisti come potenziali minacce al suo regime, per cui si sottrasse sempre ad ogni richiesta di aiuto da parte loro; avrebbe anche tentato di far arrestare al Zarqawi.

11 settembre 2006

Nella nuova udienza del processo sulla campagna di Anfal, Saddam Hussein tenta di inserirsi nelle polemiche sulla bandiera tra governo centrale e autorità kurde (v. sopra, 2 settembre 2006), asserendo che "durante la campagna di Anfal quella bandiera non fu issata". I giudici gli spengono immediatamente il microfono.

12 settembre 2006

Secondo dati del ministero della Difesa statunitense, le perdite americane riportate nelle "guerre al terrorismo" scatenate dopo l’11 settembre 2001 sarebbero 3.002 (più delle vittime dell’attentato alle Torri gemelle, che furono 2.973). In Iraq i morti americani sarebbero 2.669, di cui 2.124 uccisi dal nemico e 545 vittime di incidente o di fuoco amico. Gli attacchi contro le forze della coalizione e contro le forze irachene sono aumentati del 23% dal 2004 al 2005; nei primi 7 mesi del 2006 sono aumentati del 57% rispetto al corrispondente periodo del 2005. Gli attentati contro militari e civili sono aumentati dai 100 mensili del maggio 2003 (inizio della resistenza) ai 4.500 mensili del luglio 2006.

13 settembre 2006

A Baghdad sono ritrovati – per strada, in discariche e nel fiume Tigri – circa 65 corpi di persone torturate e uccise con colpi d’arma da fuoco alla testa: 40 in quartieri sunniti, 20 in quartieri sciiti e 5 nel fiume. All’udienza del processo sulla campagna di Anfal, il pubblico ministero Munqit al Faraon invita il presidente Abdallah al Ameri alle dimissioni, accusandolo di farsi influenzare da Saddam Hussein e dai suoi coimputati, cui consentirebbe una inaccettabile libertà di esternazione. Al Ameri respinge le accuse e ricorda i suoi 25 anni di esperienza, rifiutando di dimettersi. Il governo, tuttavia, destituisce al Ameri, chiamando a presiedere il processo il suo vice Mohammed Oreibi al Khalifa.

15 settembre 2006

A Baghdad sono ritrovati i corpi torturati di 51 civili. Secondo la Bbc, il ministero degli Interni iracheno sta progettando di chiudere la capitale con una cintura di trincee, consentendo l’accesso solo attraverso posti di blocco dotati di metal detector. Alcuni reparti americani sono spostati dalla provincia di Anbar a Baghdad. Questi provvedimenti non impediranno il moltiplicarsi di corpi torturati e giustiziati per le strade della capitale, dato che le stragi di questo tipo sono quasi tutte attribuibili agli squadroni della morte dello stesso ministero degli Interni, addestrati e protetti dalle forze americane.

19 settembre 2006

Parlando all’Assemblea generale delle Nazioni unite, il segretario Kofi Annan – il cui mandato è in scadenza – riferendosi all’Iraq afferma che, nonostante i progressi istituzionali, "se continuerà l’attuale livello di violenza e alienazione, c’è rischio di un collasso dello stato e di una guerra civile di vasta portata". Sullo stesso tema, dopo di lui, il presidente americano Bush vanta i "progressi" realizzati in Iraq, nonostante le "minoranze di estremisti" che tentano di vanificarli. Da Baghdad il generale Abizaid fa sapere che, almeno fino alla primavera del 2007, non è prevista alcuna riduzione delle truppe americane in Iraq (ad oggi 147.000 soldati), mentre non ne esclude un possibile aumento.

21 settembre 2006

Manfred Nowak, estensore di un rapporto per l’ufficio diritti umani della Missione di assistenza delle Nazioni unite in Iraq, basato su testimonianze di iracheni e sui referti delle autopsie, afferma che per quanto concerne la tortura in Iraq la situazione è fuori da ogni controllo e, secondo molti intervistati, peggiore che ai tempi di Saddam Hussein.

22 settembre 2006

Il generale James Thurman, che comanda le truppe americane a Baghdad, afferma che per garantire la sicurezza nella capitale irachena occorrerebbero altri 3.000 soldati. A Baghdad attualmente i soldati americani sono 15.000, quelli iracheni 9.000. A Nassiriya, una cerimonia alla quale intervengono tra gli altri il premier Nouri al Maliki, il presidente della provincia al Ogheli, il ministro della Difesa italiano Arturo Parisi, l’ammiraglio Giampaolo Di Paola e il generale Fabrizio Castagnetti segna il passaggio dei poteri, nella provincia di Dhi Qar, dal contingente italiano alle forze irachene. Il rientro dei soldati italiani, che nel corso della missione hanno addestrato 13.000 poliziotti e 1.700 soldati iracheni, dovrebbe concludersi all’inizio di dicembre. Il caporalmaggiore Massimo Vitaliano muore all’ospedale americano di Tallil per le conseguenze di un incidente stradale avvenuto all’alba nei pressi di Nassiriya.

23 settembre 2006

Al Qaeda nella terra dei due fiumi diffonde un video che mostra tre uomini mascherati alle spalle di un ostaggio turco: uno dei tre legge un comunicato e afferma che il nuovo leader della formazione combattente è fra loro. Secondo al Arabiya, che riprende la notizia e le immagini, sarebbe proprio al Muhajir a leggere il comunicato; la Tv aggiunge che l’ostaggio è stato in seguito ucciso. Non si sa a quando risalgano le immagini. A Baghdad un camion cisterna è fatto esplodere in una stazione di servizio di Sadr city, il fuoco coinvolge altri veicoli provocando la morte di 30 persone e il ferimento di altre 35.

24 settembre 2006

"Il New York Times" rende di pubblico dominio il contenuto del ‘National intelligence estimate’, un rapporto dell’intelligence americana consegnato in aprile al presidente Bush, ma tenuto segreto. Secondo il "NYT", nel rapporto si afferma che la guerra in Iraq, giustificata con l’esigenza di combattere la minaccia terrorista, in realtà l’ha incrementata. Il successivo 26 settembre, Bush desecreta – ma solo parzialmente – il rapporto, con l’intento di dimostrare quanto "ingenua e assolutamente sbagliata" fosse la ricostruzione del "NYT". Ma l’unico appiglio per Bush è dato da una frase: "Nel caso in cui – dice il rapporto – i combattenti cominciassero ad essere percepiti come perdenti, riteniamo che sarebbero in meno a prendere come ispirazione la lotta in corso". Un po’ poco, visto oltretutto che altri passi del rapporto sono pesantissimi: "La maggior parte delle nostre fonti indica che gli attivisti della jihad… stanno crescendo sia in termini numerici che di espansione geografica" e ancora "La jihad in Iraq sta formando una generazione di leader terroristi e la percezione del suo successo spronerà sempre più combattenti a continuare la lotta altrove". L’opposizione democratica si sta battendo perché l’intero rapporto sia desecretato, cosa che Bush non ha nessuna intenzione di fare. Intanto si viene a sapere che l’intelligence sta preparando un nuovo rapporto più aggiornato: sarà pronto poco prima delle elezioni, la lotta tra chi vuole e chi non vuole renderlo pubblico sarà quindi ancora più feroce.

28 settembre 2006

Su alcuni siti Internet compare un messaggio audio attribuito ad Abu Hamza al Muhajir, in cui si esortano i combattenti in Iraq a catturare, nel mese di ramadan, il maggior numero possibile di "cani cristiani", per ottenere la liberazione del "nostro sceicco prigioniero". Il riferimento è allo sceicco egiziano Omar Abdel Rahman, denominato "lo sceicco cieco", capo spirituale della Jamaa islamiya, condannato negli Usa per gli attentati del 1993 al World trade center. Rahman è detenuto dal 1995 nel carcere di Florence (Colorado) e sarebbe in pessime condizioni di salute.

4 ottobre 2006

A Baghdad una brigata della polizia, operativa nella zona nord della capitale, è sospesa dalle sue funzioni; i suoi circa 1.200 agenti saranno sottoposti a un nuovo periodo di addestramento, per aver collaborato con gli squadroni della morte. Un attentato contro il ministro dell’Energia Fawzi al Hariri fallisce il bersaglio e uccide altre 20 persone.

5 ottobre 2006

Condoleezza Rice giunge a Baghdad, dove incontra Nouri al Maliki; il successivo 6 ottobre raggiunge Arbil, dove incontra il presidente del Kurdistan Massud Barzani, nel tentativo di convincere la leadership kurda ad accettare una ripartizione delle risorse petrolifere.

7 ottobre 2006

A Kirkuk, ormai circondata da una sorta di muro lungo 15 km che la isola dal resto del paese, giungono 14.000 soldati dell’esercito iracheno con il compito di rastrellare i quartieri arabi.

9 ottobre 2006

A Baghdad, uomini armati con le divise della polizia irrompono nell’abitazione di Amer al Hashimi (fratello del vice presidente iracheno sunnita Tariq al Hashimi) e lo uccidono, uccidono alcune sue guardie del corpo e ne sequestrano altre.

11 ottobre 2006

Il Parlamento approva la legge che prevede la divisione dell’Iraq in tre entità distinte. La legge, che entrerà in vigore tra 18 mesi, ha il voto favorevole di quasi tutti i partiti sciiti (ma i seguaci di Moqtada al Sadr si astengono), mentre il sunnita Fronte per l’accordo iracheno boicotta la seduta.

12 ottobre 2006

La rivista scientifica "Lancet" pubblica i risultati di uno studio di ricercatori della Johns Hopkins University di Baltimora in collaborazione con una équipe dell’Università al Mustansiriya di Baghdad, secondo il quale, dall’invasione angloamericana del marzo 2003, in Iraq si sono avuti 665.000 morti in più di quanti se ne sarebbero verificati in base al tasso di mortalità precedente all’invasione. Il 31% dei morti sarebbe imputabile alle azioni degli eserciti occupanti. Lo studio ne riprende e aggiorna un altro di due anni precedente, pubblicato sempre su "Lancet" (v. sopra, cap. "L’Iraq sovrano", 28 ottobre 2004). La cifra ottenuta, pur con un margine d’errore che oscilla tra i 426.000 e i 793.000 morti, supera di molto quella fornita dall’Iraq body count, che fissa il numero delle vittime - solo civili - tra 45 e 49.000 (sommando i decessi di cui si ha notizia attraverso gli organi di informazione), o quella risultante dai dati degli obitori. I risultati dello studio ovviamente non sono condivisi né dal governo americano (Bush parla di "metodologia screditata") né da quello iraniano ("numeri esagerati e non precisi"), anche se sono basati su un metodo scientifico comunemente accettato. A Baghdad, un gruppo di armati con le divise della polizia irrompe nella sede di Shaabiyaha Tv – stazione televisiva vicina ad un piccolo partito sunnita laico – e uccide una decina di persone, fra cui il direttore della Tv e il leader del partito di riferimento: l’emittente non ha ancora iniziato le trasmissioni ed è, così, chiusa sul nascere.

13 ottobre 2006

Il capo di Stato maggiore dell’esercito britannico, generale Richard Dannat, intervistato dal "Daily mail", si esprime in termini fortemente critici rispetto alla presenza inglese in Iraq, che a suo parere accresce – anche se non determina – "tutte le difficoltà che stiamo incontrando nel mondo". Dannat è per un ritiro a breve, "perché la nostra presenza aumenta i problemi di sicurezza" e aggiunge: "Siamo in un paese mussulmano… come straniero sei il benvenuto se sei stato invitato. Ma noi non siamo stati invitati… siamo entrati sfondando la porta". Tony Blair, con qualche acrobazia verbale, dichiara di sottoscrivere le dichiarazioni del generale, che a suo parere prevedono soltanto la possibilità di spostare truppe dalle aree in cui non servono più e il ritiro "a lavoro ultimato". Sempre nel Regno unito, il coroner che indaga sulla morte del reporter Terry Lloyd, avvenuta in Iraq il 22 marzo 2003, conclude che il giornalista fu ucciso illegalmente dai soldati americani, con un colpo alla testa, mentre realizzava per la rete privata Itv un servizio sull’invasione militare; la morte avvenne nel corso di una sparatoria in cui fu ucciso anche l’interprete libanese di Lloyd e due cameraman furono feriti. Il coroner annuncia che chiederà alla procura l’incriminazione dei militari coinvolti, mentre il Pentagono respinge le conclusioni dell’indagine, sostenendo che i militari si attennero alle regole di ingaggio.

18 ottobre 2006

Il vice presidente Tariq al Hashimi chiede "ai gruppi della resistenza di rivedere le proprie posizioni e valutare l’importanza di intavolare trattative con l’amministrazione americana o con il governo iracheno". L’invito di al Hashimi deve però fare i conti con i rastrellamenti casa per casa compiuti dalle truppe Usa a Baghdad, che hanno invece determinato il moltiplicarsi degli attacchi della resistenza contro soldati governativi e americani: per gli Stati uniti il mese di ottobre si sta rivelando micidiale quanto a perdite subite. A Najaf, Nouri al Maliki incontra Ali al Sistani e Moqtada al Sadr, al dichiarato fine di contribuire alla creazione di un clima di riconciliazione nazionale: anche questi passi paiono solo formali, vanificati dalle quotidiane stragi compiute dagli squadroni della morte governativi e, anche, dai conflitti tra polizia e Esercito al Mahdi (v. infra, 20 e 21 ottobre 2006).

19 ottobre 2006

In una intervista alla Abc, George W. Bush ammette il paragone, prima sempre rifiutato, tra la guerra in Iraq e quella in Vietnam (il giorno successivo, 20 ottobre, il presidente americano ammetterà, in un’intervista all’Ap, che "la situazione è difficile e il nemico attivo: dobbiamo cambiare le nostre tattiche"). A Baghdad una manifestazione a favore di Saddam Hussein è proibita dalle autorità. A Ramadi i seguaci di al Qaeda manifestano per protestare contro l’imminente divisione dell’Iraq (v. sopra, 11 ottobre 2006), inneggiando nel contempo a un emirato islamico da istituirsi nelle zone sunnite del paese. Il perseguimento di questo obiettivo, sotto la guida di Abu Omar al Baghdadi – che sarebbe un rappresentante e amico di Bin Laden – farà assumere all’alleanza delle forze qaediste il nome di "Stato islamico in Iraq". La manifestazione di Ramadi si traduce, il giorno successivo, in scontri tra qaedisti da un lato e miliziani tribali supportati dalla polizia dall’altro.

20 ottobre 2006

Ad Amarah, città del sud sciita lasciata in agosto dalle truppe britanniche alle forze governative irachene, si accende una battaglia strada per strada tra reparti di polizia – controllata dalle milizie dello Sciri – ed Esercito al Mahdi: il motivo è l’arresto, avvenuto il giorno precedente, del fratello di un comandante locale del Mahdi, accusato di aver ucciso con un ordigno rudimentale un ufficiale della sicurezza irachena. I soldati del Mahdi, pur incontrando perdite, occupano la città e distruggono commissariati e caserme. Nouri al Maliki infine ottiene che Moqtada al Sadr inviti i suoi seguaci alla calma e al cessate il fuoco, ma solo dopo qualche tempo l’appello si traduce in una incerta tregua. Nella città, pattugliata da 3.000 soldati iracheni, è poi imposto il coprifuoco.

21 ottobre 2006

Gli scontri nel sud sciita tra polizia dominata dallo Sciri ed Esercito al Mahdi si estendono e si avvicinano alla capitale; al di là del casus belli, la contrapposizione fra le due forze sciite si origina anche dalla loro diversa visione del futuro dell’Iraq, con lo Sciri che propugna la tripartizione del paese e al Sadr che ne difende l’unità. A Suwayra la polizia ha l’appoggio delle forze americane che bombardano il quartier generale del Mahdi e causano parecchie vittime. Presto saranno coinvolte altre zone del sud e Sadr city. A Mahmoudiya un nuovo attacco ad un affollato mercato all’aperto provoca 30 morti e più di 50 feriti. A Qaim i seguaci di al Qaeda condannano a morte e lapidano in pubblico una ragazza per adulterio, ad Hit distribuiscono presso moschee e scuole dei volantini in cui intimano alle ragazze di oltre 14 anni di non frequentare la scuola. Alla Casa bianca, Bush incontra il ministro della Difesa Rumsfeld, il consigliere per la Sicurezza Hadley, i generali Pace e Abizaid (in videoconferenza sono collegati anche il generale Casey, l’ambasciatore Khalilzad, il vice presidente Cheney e la segretaria di Stato Rice) per decidere i mutamenti nell’approccio militare americano al conflitto iracheno: il consulto decide che sarà approvata "ogni necessaria modifica di carattere tattico", lasciando immutata la strategia. Quindi nessun ritiro, nemmeno parziale, delle truppe.

24 ottobre 2006

Con una lettera, 65 soldati Usa in servizio attivo chiedono ai loro rappresentanti al Congresso di appoggiare il ritiro delle truppe dall’Iraq e lo smantellamento delle basi americane nel paese. Anche il "New York Times" attacca la conduzione della guerra in Iraq e chiede la testa di Rumsfeld. In conferenza stampa da Baghdad l’ambasciatore Khalilzad e il generale Casey dichiarano che la gestione della sicurezza in Iraq passerà alle autorità locali entro un anno o al massimo 18 mesi, pur con qualche tipo di supporto da parte delle truppe Usa; addossano la responsabilità del caos iracheno all’Esercito al Mahdi, alla Siria e all’Iran (stati, entrambi, definiti "non collaborativi"), mentre gli Usa operano per convincere parte della resistenza sunnita a deporre le armi. Moqtada al Sadr lancia un appello per chiedere la fine della non violenza interconfessionale che insanguina il paese. Il premier Nouri al Maliki condanna duramente chi fomenta gli scontri interreligiosi e gli "stati vicini" che li appoggiano, ma condanna anche il bombardamento di Sadr city ad opera delle truppe Usa – di cui non è stato preavvertito e che provoca numerose vittime civili – precisando altresì che non intende sottostare a scadenze fissate dagli Stati uniti per il disarmo delle milizie e il contrasto alle tensioni interconfessionali. Mentre continua lo stillicidio di perdite americane, il Pentagono conferma anche il rapimento di un marine avvenuto qualche giorno prima a Baghdad ad opera di un gruppo di armati che, dopo averlo ammanettato, lo hanno caricato su un pulmino.

25 ottobre 2006

Bush, in un discorso agli elettori, premesso che in Iraq "sicuramente stiamo vincendo", che Rumsfeld "è un amministratore duro, intelligente e capace" e che "la strategia è vincente" ammette tuttavia di non essere soddisfatto della situazione, invocando maggiore flessibilità tattica e ottimismo. Le truppe Usa, che nel mese corrente hanno subito la perdita di oltre 90 soldati, secondo il presidente sono state "straordinarie", mentre ancora inadeguati sono a suo avviso gli sforzi di polizia ed esercito iracheni (che nello stesso periodo hanno contato 300 vittime) per il disarmo delle milizie e il ripristino della sicurezza. Bush non intende sottoporre a "pressioni insostenibili" il governo iracheno o porre scadenze a uno stato sovrano, ma ricorda a Nouri al Maliki che "la sua pazienza non è infinita": evidente il riferimento alle dichiarazioni rese dal premier iracheno il giorno precedente (v. sopra, 24 ottobre 2006). Le parole rivolte da Bush al premier iracheno avvalorano le voci che indicano come possibile un colpo di stato contro Nouri al Maliki, formalmente ad opera delle Forze armate irachene, ma di fatto appoggiato e guidato dalla Cia.

26 ottobre 2006

Nouri al Maliki, in un comunicato stampa, annuncia di aver ordinato alle truppe americane di togliere i blocchi stradali sulle vie di accesso a Sadr city (imposti al dichiarato scopo di liberare il marine rapito, v. sopra, 24 ottobre 2006). Né l’ordine alle truppe Usa né il comunicato sono concordati con le autorità americane, anche se si cercherà poi di presentarli come tali; ma per al Maliki la mossa rappresenta l’unico mezzo per scongiurare lo sciopero generale di protesta, dichiarato in mattinata dal movimento di al Sadr e suscettibile di estendersi a tutte le zone sciite. Lo sciopero rientra, ma la rimozione dei blocchi si accompagna ad un aumento della violenza interconfessionale. A Baghdad gli squadroni della morte, oltre a lasciare per le vie circa 50 cadaveri di sunniti, bombardano il quartiere di Baladiyat, dove ancora vivono – nonostante le persecuzioni e i massacri seguiti alla caduta di Saddam Hussein – circa 4.000 palestinesi. La resistenza, soprattutto sunnita, è all’attacco contro le truppe occupanti e le forze di sicurezza irachene, diffondendosi nelle province di Anbar e Diyala. Nel sud continuano gli scontri tra sciiti, che portano alla chiusura della moschea di Najaf.

27 ottobre 2006

Sempre con il pretesto di cercare il soldato rapito (v. sopra, 24 ottobre 2006), l’esercito statunitense entra a Sadr city, appoggiato dall’aviazione; isola vaste zone del quartiere e si scontra con i combattenti del Mahdi provocando tra di essi morti e feriti. Il maggior numero di vittime si verifica nel corso dell’assalto alla moschea di al Zhara e al liceo Hakim, alla ricerca di Abu Diraa (Ismail al Lami), detto "il macellaio", capo locale degli squadroni della morte e terrore dei sunniti, il quale tuttavia gode della connivenza dei servizi segreti iracheni e sfugge come sempre alla cattura. La violenta imposizione del controllo americano su Sadr city indebolisce ulteriormente la posizione di al Maliki, cui necessita l’appoggio di Moqtada. Anche sheik Abdul Mahdi Kerbalai, rappresentante di al Sistani, ha parole di critica al proposito: "Vogliamo ricordare a tutti che, in base alle norme internazionali e alla carta dell’Onu, la forza multinazionale deve operare per garantire la sicurezza e proteggere la popolazione, non per attaccarla".

30 ottobre 2006

Il consigliere per la Sicurezza statunitense Hadley giunge a Baghdad, mentre in Iraq muore il 101.mo soldato americano nel mese. Le truppe americane uccidono una ventina di persone che stanno presidiando Dhuluiya contro l’arrivo degli squadroni della morte. Isam al Rawi, presidente dei docenti universitari iracheni ed esponente del Consiglio degli Ulema è ucciso dagli squadroni della morte mentre sta rientrando a casa: l’ucciso è fratello di Ahmed al Rawi, esponente dei Fratelli mussulmani iracheni e presidente della Federazione delle organizzazioni islamiche in Europa; egli stesso su richiesta dell’Ucoii si era attivato a suo tempo per la liberazione di Simona Pari e Simona Torretta. A Bassora è evacuato il consolato britannico, bombardato quotidianamente dalla resistenza e giudicato ormai indifendibile. La stampa araba annuncia la costituzione di un coordinamento tra gruppi della resistenza nazionalista e patriottica: dell’organismo farebbero parte rappresentanti del Baath, dell’Alleanza nazionale irachena, del Comando generale delle Forze armate irachene, dei comunisti nazionali contro l’occupazione, del Consiglio degli Ulema, della componente nazionalista nasseriana, dell’Esercito islamico, dell’Esercito dei Rashidiyn, delle Brigate della rivoluzione del 1920 e l’ayatollah sciita al Hasani al Baghdadi. Il coordinamento non coinvolgerebbe le forze qaediste riunite nel Consiglio dei mujaheddin.

4 novembre 2006

Un editoriale – il cui contenuto è anticipato oggi – che apparirà il 6 novembre sui quattro giornali delle Forze armate statunitensi, appartenenti al gruppo "Army Times Publication", chiede le dimissioni del ministro della Difesa Donald Rumsfeld, in risposta alla dichiarazione di Bush secondo cui sia Rumsfeld che Cheney dovrebbero affiancarlo fino al termine del suo mandato. Anche "Vanity Fair" anticipa i contenuti di alcune interviste a neo- con come Perle, Adelman e Frum, un tempo accaniti fautori dell’invasione dell’Iraq, che ora lamentano l’incompetenza della squadra di governo, unica causa a loro dire dei disastrosi esiti bellici.

5 novembre 2006

Tra misure di sicurezza eccezionali (stato d’allerta per le truppe americane e irachene, coprifuoco totale nelle province di Baghdad, Salaheddin e Diyala, aeroporto di Baghdad chiuso), il Tribunale speciale pronuncia la sentenza sui fatti di Dujail. Saddam Hussein, Ibrahim Barzan al Tikriti e Awad al Bander (presidente del Tribunale speciale nel passato regime) sono condannati a morte mediante impiccagione per crimini contro l’umanità; Taha Yassin Ramadan (vice presidente nel passato regime) è condannato all’ergastolo; altri funzionari del partito Baath sono condannati a 15 anni di reclusione, un funzionario locale è prosciolto. Saddam Hussein, che in caso di condanna ha più volte chiesto di essere fucilato, alla parola "impiccagione" interrompe il presidente inneggiando al popolo iracheno e ad Allah. Secondo la legge irachena, in casi di condanna a morte o all’ergastolo, il processo di appello si apre d’ufficio; se la condanna è confermata in appello deve essere ratificata dal Consiglio di presidenza ed eseguita entro 30 giorni dalla ratifica.

8 novembre 2006

Dopo la sconfitta alle elezioni di medio termine del 7 novembre, Bush annuncia la sostituzione di Donald Rumsfeld con Robert Gates, già capo della Cia durante il mandato di George Bush senior e ancor prima capo della sezione Intelligence della stessa agenzia ai tempi di Reagan e dell’Irangate (accusato di aver svolto un ruolo di copertura nell’operazione, fruì dell’indulto concesso da Bush senior a tutti i sospetti di coinvolgimento nello scandalo). Il presidente Usa sostiene che la sostituzione del segretario della Difesa era decisa da tempo e sarebbe avvenuta anche in caso di vittoria elettorale repubblicana, ma in conferenza stampa ammette che gli elettori nell’esprimere il voto "pensavano certamente all’Iraq" e che ha considerato opportuno dare loro un segnale di cambiamento (il Senato confermerà la nomina di Gates a ministro della Difesa l’8 dicembre). E’ oltremodo dubbio che la sconfitta elettorale repubblicana possa portare a modifiche sostanziali nella conduzione della guerra in Iraq, dal momento che la maggior parte dei democratici ha di fatto sempre sostenuto Bush nella "lotta al terrorismo" e nelle conseguenti sciagurate avventure afghana e irachena; a tutt’oggi, non sono molti quelli fra essi che si battono per il ritiro delle truppe. D’altronde Bush rimane alla guida del paese per altri due anni, non può aspirare ad un nuovo mandato e quindi è relativamente libero dai condizionamenti di una opinione pubblica sempre più desiderosa di sfilarsi dall’Iraq. I generali, da parte loro, sono in fermento, chiedono "revisioni" e "cambiamenti" nella conduzione della guerra; il nuovo ministro dovrebbe in teoria assecondarli, visto che recentemente, di ritorno dall’Iraq ove era stato per conto della commissione Baker (v. sopra, cap. "Le elezioni politiche e il governo unitario", 15 marzo 2006), sembra si sia dichiarato "sconvolto dall’incompetenza con cui le operazioni erano gestite". Ma la direzione e la portata dei cambiamenti non saranno quelle auspicate ormai dalla maggioranza dei cittadini statunitensi.

13 novembre 2006

Tony Blair dichiara che "per andare incontro all’evolversi della situazione in Iraq" le potenze occidentali dovrebbero promuovere la collaborazione con Iran e Siria: ai due stati "occorre chiarire le basi su cui possono contribuire allo sviluppo pacifico del Medio oriente". L’ambasciatore siriano negli Stati uniti, Hamid Moustapha, risponde dichiarando alla Bbc: "Siamo disposti ad impegnarci e... possiamo avere un ruolo costruttivo, come già in passato... Il prezzo di questo deve essere chiaro, vogliamo una pace complessiva, giusta ed onorevole per il Medio oriente".

14 novembre 2006

A Baghdad, un gruppo di armati in divisa da poliziotti irrompe in una sede del ministero dell’Istruzione, situata nel quartiere sunnita - sciita di Karradah. Secondo il racconto dei testimoni, il commando divide dapprima gli uomini dalle donne, poi controlla i documenti degli uomini dividendo gli sciiti dai sunniti ed infine carica i soli sunniti su camioncini, mentre una pattuglia della polizia osserva senza intervenire. I sequestrati risulteranno essere 140, molti di essi saranno ritrovati nei prossimi giorni torturati e uccisi. Il ministro dell’Istruzione decide la chiusura precauzionale delle Università; in serata il governo annuncia l’arresto di cinque alti funzionari di polizia, tra cui il comandante del distretto di Karradah, sospettati di coinvolgimento nel sequestro. A Ramadi, le truppe Usa aprono il fuoco tra edifici civili, contro ragazzi che giocano per strada, causando 20 morti secondo la polizia, 35 secondo fonti ospedaliere: in città esplode la protesta, anche contro il governo.

16 novembre 2006

Il governo Usa decide l’invio immediato in Iraq di altri 2.200 marines; voci che poi troveranno una sostanziale conferma parlano di un successivo, ulteriore aumento di 20.000 soldati.

17 novembre 2006

Bush, ad Hanoi per partecipare al vertice dell’Apec, tenta maldestramente di smentire il parallelismo tra i destini americani in Vietnam e in Iraq; seduto sotto il busto di Ho chi minh, afferma: "Abbiamo imparato la lezione del Vietnam; in Iraq vinceremo se non ce ne andremo, e non ce ne andremo".

20 novembre 2006

La Bbc rivela che il presidente iraniano Mahmud Ahmadinejad avrebbe invitato a Teheran il presidente iracheno Jalal Talabani e quello siriano Bashar al Assad, per un vertice sulla situazione irachena. In realtà il vertice di Teheran non potrà realizzarsi nell’immediato: Talabani dovrà rimandare la partenza a causa del coprifuoco imposto dopo la strage di Sadr city (v. infra, 23 novembre), mentre Bashar al Assad tarderebbe a rispondere all’invito. Il 21 novembre a Baghdad si incontrano i ministri degli Esteri di Iraq e Siria, che annunciano la ripresa dei rapporti diplomatici tra i due paesi, interrotti nel 1982, quando Hafiz al Assad aveva accusato Saddam Hussein di aver favorito una ribellione ad Hama (Assad padre, nel corso della guerra Iraq – Iran, era inoltre schierato con quest’ultimo paese).

23 novembre 2006

A Baghdad un centinaio di armati, parecchi dei quali in divisa, assalta il ministero della Salute, in cui si trovano circa 2.000 persone: esposte al fuoco incrociato, molti di esse rimangono ferite. A Sadr city una serie di autobombe, che esplodono a breve intervallo di tempo l’una dall’altra, provoca una carneficina (il bilancio salirà a ben oltre 200 morti) nei mercati affollati: il governo in serata impone il coprifuoco. Gli attentati di Sadr city possono essere frutto della guerra qaedista contro tutti gli sciiti "infedeli", ma possono anche essere un mezzo per coinvolgere fino in fondo anche il movimento di Moqtada al Sadr nella guerra tra sunniti e sciiti, provocandone la reazione. Infatti la popolazione del quartiere e i combattenti del Mahdi reagiscono con manifestazioni di protesta e con un furibondo attacco, condotto a colpi di mortaio, contro il quartiere sunnita di Adhamiya. Ad aggravare la tensione, le truppe Usa sparano contro un minibus, uccidendo 4 civili.

24 novembre 2006

La vendetta sciita si scatena sul quartiere di Hurriah, già in passato teatro di violenze contro i sunniti: le moschee sunnite, affollate nel venerdì di preghiera, sono assaltate e quattro (o sei) di esse sono date alle fiamme; molti fedeli sono uccisi, almeno sei di essi sono trascinati fuori dalla moschea, cosparsi di cherosene e arsi vivi, sotto gli occhi indifferenti della polizia. Anche la sede del Consiglio degli Ulema è fatta segno a lanci di razzi. Alla testa dei vendicatori sciiti sarebbe Abu Diraa (v. sopra, 27 ottobre 2006), il massacratore di sunniti: secondo alcuni egli è, o è stato, uomo di Moqtada mentre secondo altri questa è una diceria fatta circolare dai miliziani della Brigata Badr proprio per screditare Moqtada; ha comunque creato la sua squadra della morte in opposizione alla svolta moderata di al Sadr e corre voce che gli stessi americani lo abbiano più volte utilizzato per liberarsi di personalità sunnite considerate scomode. A Baquba invece un gruppo di armati incendia e fa saltare in aria la sede del movimento di Moqtada al Sadr, senza causare vittime: qualche tempo prima dell’assalto, forze Usa ed irachene hanno arrestato le cinque guardie poste a custodia della sede. Moqtada, i cui seguaci pure hanno partecipato all’assalto di Hurriah, imputa alle forze Usa la strage di Sadr city del 23 novembre e minaccia di uscire dal governo se, come annunciato, Nouri al Maliki incontrerà George Bush ad Amman il prossimo 29 novembre (alla vigilia della partenza del premier iracheno per la Giordania, al Sadr sospenderà l’attività dei suoi 5 ministri e dei suoi 30 parlamentari). Al Sadr infine invita i capi spirituali sunniti a proibire con una fatwa ai propri fedeli l’adesione ad al Qaeda e l’uccisione degli sciiti.

28 novembre 2006

Fonti militari statunitensi ammettono l’uccisione di cinque bambine a Ramadi. Una pattuglia Usa avrebbe risposto al fuoco di due insorti appostati sul tetto di una casa e, per porre termine allo scontro, un carro armato avrebbe sparato diversi proiettili. Ispezionando poi l’edificio, i soldati della coalizione avrebbero trovato "i corpi di un uomo e di 5 donne, di età tra la neonata e l’adolescente".

29 novembre 2006

Ad Amman salta il primo incontro tra Bush ed al Maliki, previsto in serata alla presenza di Abdallah di Giordania. Il pretesto è che, essendosi al Maliki e Abdallah già incontrati nel pomeriggio, sarebbe stato di troppo un altro incontro a tre la sera. Una ragione più plausibile (da aggiungere alle minacce di Moqtada al Sadr) è il risentimento di al Maliki per le affermazioni poco lusinghiere contenute in un promemoria del consigliere Usa per la sicurezza nazionale Steve Hadley e diffuse dal "New York Times". Nel promemoria al Maliki è descritto come chi "o non sa quel che succede, o dissimula le sue intenzioni, o non ha le capacità per trasformare in azioni le buone intenzioni". Un corteo di un migliaio di manifestanti, organizzato da sindacati e varie forze politiche, sfila fino all’ufficio del primo ministro giordano per protestare contro la visita di Bush ad Amman, mentre altre due manifestazioni si svolgono davanti al Parlamento e all’Università. In Iraq il ministero della Sanità è di nuovo assaltato con armi automatiche e colpi di mortaio.

30 novembre 2006

Bush e al Maliki si incontrano per una colazione di lavoro in cui, a detta del presidente Usa, avrebbero concordato di accelerare il processo che porterà il governo iracheno a "controllare il paese da solo" senza per altro precisare né il come né il quando. Sempre Bush ribadisce che le truppe Usa resteranno in Iraq "finché il lavoro sarà concluso e il governo iracheno ci vorrà", a dispetto delle conclusioni della commissione Baker – Hamilton la quale, stando alle anticipazioni, raccomanda un ritiro graduale.

4 dicembre 2006

Il segretario dell’Onu Kofi Annan, in un’intervista alla Bbc, afferma che l’attuale situazione irachena è "molto peggio" della guerra civile che funestò il Libano; che durante il regime di Saddam ("un dittatore feroce") tuttavia "si poteva girare per la strada, i bambini potevano andare a scuola e fare ritorno senza che i genitori si preoccupassero"; che ora, in Iraq, "senza sicurezza, non ci può essere... né ripresa economica né ricostruzione". Il leader dello Sciri Abdul Aziz al Hakim incontra a Washington Condoleezza Rice e George Bush.

6 dicembre 2006

E’ consegnato al presidente Bush e reso pubblico il rapporto finale della commissione Baker – Hamilton (v. sopra, cap. "Le elezioni politiche e il governo unitario", 15 marzo 2006): 160 pagine che valutano la situazione irachena come "grave e in costante peggioramento", con possibili esiti di catastrofe umanitaria, fornendo nel contempo una serie di raccomandazioni (ben 79) onde evitare un duro colpo alla posizione degli Stati uniti. Secondo il rapporto, la soluzione della questione irachena non potrà essere militare, ma politica, richiederà dialogo e diplomazia, dovrà coinvolgere l’intera area mediorientale: occorrerà impegnare in un ruolo costruttivo soprattutto l’Iran e la Siria. La missione militare americana dovrà diventare di puro supporto alle forze irachene: entro il primo trimestre 2008 dovrà rientrare in patria il grosso delle truppe combattenti, lasciando sul territorio iracheno solo quelle di reazione rapida, di addestramento, di intelligence, di ricerca e salvataggio; nel contempo il governo iracheno dovrà incrementare quantitativamente e qualitativamente le proprie forze. Raccomandazioni di questo tenore non sono tali da risultare gradite ai neo- con e al presidente Usa, che dimostreranno ben presto di voler imboccare una strada diametralmente opposta: l’aumento delle truppe in Iraq e l’estensione del conflitto all’intera area mediorientale a partire dall’Iran. Già il giorno successivo alla consegna del rapporto, dopo un incontro con Blair, Bush afferma che lo prenderà in considerazione, nell’elaborare una nuova strategia per l’Iraq, come uno dei tanti elementi di valutazione che gli sono forniti in questi giorni: il rapporto del Pentagono, quello del dipartimento di Stato e quello degli esperti della Casa bianca (equiparando con ciò lo studio di una commissione indipendente a quello di uomini della sua amministrazione). Inoltre una fonte vicina al presidente, citata dal "Wall Street Journal", rivela che Bush non si sente vincolato dal rapporto della commissione Baker – Hamilton e che non adotterà molte delle raccomandazioni contenute in esso. Secondo i critici neo- con, per altro, il rapporto ha il difetto di essere troppo "reality based".

8 dicembre 2006

A Ishaqi, secondo il comando americano, un gruppo di soldati Usa, attaccati mentre di notte stanno effettuando controlli, rispondono al fuoco e chiedono la copertura dell’aviazione, che interviene bombardando due edifici e uccidendo "18 terroristi armati di al Qaeda". Secondo la polizia irachena i morti sono 32, fra essi ci sono donne e cinque bambini.

9 dicembre 2006

Il ministro degli Esteri iraniano Manouchehr Mottaki offre la disponibilità del suo paese ad aiutare gli Stati uniti in un eventuale processo di disimpegno dall’Iraq, secondo le indicazioni della commissione Baker – Hamilton; tuttavia il presidente Usa, nel discorso del sabato alla nazione, non fa suo l’invito della commissione a puntare sulla diplomazia e coglie solo la raccomandazione che sconsiglia "ritiri precipitosi" delle truppe; anzi, si dice contrario a qualsiasi ritiro, giudicando ancora possibile una vittoria in Iraq.

11 dicembre 2006

Secondo i dati di un sondaggio Gallup, resi noti da Cbs news, 7 americani su 10 disapprovano l’operato dell’amministrazione Bush in Iraq e il 62% è convinto che la guerra sia stata un errore. L’impopolarità della guerra si riflette anche nell’alto numero di soldati che si rifiutano di parteciparvi: dal 2003 sono stati 10.000, che il Pentagono si limita spesso, ormai, a destituire con disonore, per evitare la pubblicità negativa e i costi di troppi processi davanti alla Corte marziale. Quanto alla nuova strategia per la guerra in Iraq, che Bush si è impegnato a illustrare dopo capodanno, secondo voci sempre più insistenti si incentrerà su un nuovo aumento delle truppe (v. sopra, 16 novembre 2006). Su questa prospettiva è in atto uno scontro tra la presidenza e i generali, che all’opposto propongono di ridimensionare il contingente Usa, lasciando alle truppe irachene il compito di fronteggiare la resistenza e le violenze settarie.

17 dicembre 2006

A Baghdad, uomini armati in divisa da poliziotti sequestrano 30 dipendenti della Mezzaluna rossa. Il giorno successivo il ministero degli Interni comunica il rilascio di una metà dei sequestrati, ma l’organizzazione annuncia la sospensione della sua attività nella capitale irachena.

20 dicembre 2006

Nel messaggio di fine anno, George Bush comunica di essere favorevole non solo al potenziamento del contingente in Iraq, ma anche ad un aumento permanente delle dimensioni dell’esercito e del corpo dei marines (v. infra, 12 gennaio 2007): l’annuncio fa presagire l’estensione della guerra all’intera regione mediorientale e il ritorno, che in questa ipotesi si renderebbe necessario, alla coscrizione obbligatoria. La maggioranza democratica del nuovo Congresso non appare intenzionata a contrastare seriamente i sogni di guerra del "comandante in capo", anzi diversi suoi esponenti dichiarano tranquillamente di approvare un aumento delle truppe, se finalizzato ad una più veloce conclusione della guerra.

25 dicembre 2006

Nella giornata odierna i morti statunitensi in Iraq raggiungono un numero (2.978) superiore a quello delle vittime degli attentati dell’11 settembre 2001 (2.973).

26 dicembre 2006

La Corte d’appello penale di Baghdad, presieduta da Arif Abdul Razzaq al Shaheen, conferma la condanna a morte pronunciata, il 5 novembre 2006, nei confronti Saddam Hussein, Ibrahim Barzan al Tikriti e Awad al Bander, nell’ambito del processo per i fatti di Dujail. La pronuncia va ratificata dal Consiglio di presidenza: il presidente iracheno Jalal Talabani, che si è sempre detto contrario ad una condanna a morte di Saddam Hussein, accetta di delegare un suo vice alla bisogna. La sentenza sarà poi trasmessa alla Direzione dei penitenziari e potrà essere eseguita, dal giorno successivo, nei 30 giorni seguenti. La condanna a morte è definita da Bush, tramite portavoce, "una pietra miliare nello sforzo del popolo iracheno di sostituire alla tirannia uno stato di diritto". L’Unione europea esprime una generica contrarietà alla pena di morte, valevole anche nel caso dell’ex dittatore iracheno; più decisa la "ferma contrarietà del governo italiano e mia personale" espressa da Prodi che "pieno di sdegno" invita a far prevalere "la pietà umana e il senso politico" (contrarietà condivisa da gran parte dell’opposizione, Lega esclusa). Netta anche la critica del Vaticano. La difesa di Saddam Hussein rende pubblica una missiva, scritta in carcere dopo la sentenza di primo grado e diretta al popolo iracheno, nella quale l’ex rais indica come nemici della nazione "gli invasori e i persiani" che "hanno seminato odio e discordia tra voi" per meglio imporsi sull’Iraq; "se Dio vorrà" – afferma inoltre Saddam Hussein, dicendosi pronto al sacrificio – "mi porrà tra gli uomini veri e i martiri".

30 dicembre 2006

All’alba del giorno che celebra l’Eid Al Adha, (la festa del sacrificio) Saddam Hussein, con in mano il Corano, è condotto dai boia al patibolo (di fabbricazione Usa) ed è impiccato. Le immagini ufficiali, che riprendono il rais fino agli attimi immediatamente precedenti all’uccisione, sono ossessivamente trasmesse, senza sonoro, dalle Tv irachene e poi di tutto il mondo, assieme ai fotogrammi che mostrano il corpo senza vita avvolto in un lenzuolo bianco, secondo la prescrizione islamica. Saddam avrebbe rivolto un’ultima invocazione ad Allah, la morte sarebbe sopravvenuta immediatamente. Bush non commenta pubblicamente l’esecuzione, si limita ad una dichiarazione scritta che elogia il "processo equo" subito dal Saddam e "progressi" dell’Iraq, rende merito al sacrificio dei soldati Usa (i morti toccano oggi quota 3000) e finisce con l’ammettere che il 2006 è stato un anno difficile sia per gli iracheni che per le truppe statunitensi. Scontata la soddisfazione di Israele, Iran e in genere del mondo sciita; ovvia la rabbia dei sunniti iracheni. Altrettanto ovvia, per opposti motivi, la rabbia dei kurdi, per i quali l’esecuzione di Saddam Hussein pregiudica irrimediabilmente la possibilità di arrivare alla verità piena sull’Anfal e lo sterminio della loro etnia: i kurdi non ignorano che, oltre a quelle del rais, ci sono al riguardo altre pesanti responsabilità (fra tutte quelle di Stati uniti e Turchia) e sospettano che una spinta per accelerare l’impiccagione dell’ex dittatore sia arrivata anche da chi non vuole che queste responsabilità siano portate alla luce. Il corpo di Saddam Hussein è sepolto all’alba del 31 dicembre ad Awja, una frazione di Tikrit, dove migliaia di iracheni iniziano ad accorrere per rendergli omaggio.

1 gennaio 2007

La diffusione di un video, realizzato con un telefonino da uno dei presenti, contenente immagini reali e il sonoro dell’impiccagione di Saddam Hussein, accresce la rabbia e lo sdegno del mondo arabo, in particolare sunnita. Quella che i governi iracheno e statunitense volevano far apparire come un’esecuzione ‘pulita’ e composta rivela la sua reale natura di linciaggio. Fino all’ultimo i boia, tutti membri delle milizie sciite (anche dell’Esercito al Mahdi, visto che urlano più volte il nome di Moqtada) scherniscono e insultano il condannato, gli gridano di andare all’inferno, gli intonano una preghiera sciita (un’empietà per lui sunnita); prima di morire Saddam Hussein invita gli iracheni a "restare uniti contro gli occupanti americani e iraniano" e invoca Allah. Il sepolcro del rais, tra bandiere irachene e gigantografie che lo ritraggono, è oggetto di un pellegrinaggio incessante (arriveranno delegazioni persino da città sciite come Bassora, Kerbala, Najaf e dalla stessa Dujail), mentre manifestazioni di protesta si susseguono in varie città e nella capitale. Il Baath nomina quale nuovo segretario l’ex vice presidente Izzat Ibrahim al Douri, che il 4 gennaio lancia un appello ai combattenti della resistenza perché concentrino ogni sforzo contro le forze occupanti, invitando i sunniti a uscire dalle organizzazioni che attaccano gli sciiti e invitando gli ufficiali sciiti del disciolto esercito ad associarsi alla resistenza nazionalista.

5 gennaio 2007

In vista della "nuova strategia", George Bush sostituisce i capi militari contrari ad un aumento delle truppe in Iraq. Così il generale John Abizaid, capo del Comando centrale, sarà rimpiazzato dall’ammiraglio William Fallon: la scelta di un alto ufficiale della Marina alla guida delle forze Usa dall’Africa all’Asia prelude ad un rafforzamento della presenza navale statunitense nel Golfo e nell’oceano Indiano, in funzione antisiriana e antiiraniana. Il generale George Casey, comandante delle truppe in Iraq, sarà sostituito dal generale David Petraeus, che ha guidato la 101ma brigata aviotrasportata durante l’invasione dell’Iraq, ha successivamente amministrato Mossul con pessimi risultati e infine ha coordinato l’addestramento delle forze armate irachene, cooptando in esse alcune milizie confessionali sciite con le ben note conseguenze. Altri cambiamenti riguardano la diplomazia e i servizi segreti. L’ambasciatore Usa a Baghdad, Zalmay Khalilzad (che, afghano sunnita, ha sempre caldeggiato il mai realizzato coinvolgimento dei sunniti nel processo politico), sarà sostituito dall’attuale ambasciatore in Pakistan Ryan Crocker e diverrà ambasciatore all’Onu al posto di John Bolton. John Negroponte diverrà vice di Condoleezza Rice e sarà sostituito nel ruolo di coordinatore di tutta l’intelligence dall’ammiraglio Mike McConnell: con ciò proseguendo quella militarizzazione dei servizi iniziata con la nomina del generale Michael Hayden a capo della Cia e dell’ammiraglio John Scott Reed a capo del Ncc. Il considerevole rimpasto presenta a Bush anche il vantaggio di far apparire i personaggi sostituiti come inadeguati a sostenere una strategia vittoriosa e in definitiva come responsabili del disastro iracheno.

6 gennaio 2007

Nouri al Maliki reagisce alle critiche internazionali rivolte al processo farsa e all’impiccagione di Saddam Hussein minacciando di interrompere le relazioni diplomatiche con i paesi che insisteranno in questo atteggiamento che "rinfocola le divisioni, costituisce ingerenza negli affari interni dell’Iraq e offende i sentimenti dei familiari delle vittime". Il premier annuncia anche un’offensiva a Baghdad, da condurre assieme alle forze Usa, per una lotta capillare alle milizie di qualunque etnia: gli Usa chiedono da mesi che il governo iracheno agisca in tal senso, per mettere un freno alle milizie sciite (in particolare a quella di Moqtada al Sadr, che non hanno rinunciato a voler liquidare) ma al Maliki si è finora rifiutato di minare le basi stesse del suo governo. Ad Haifa street, centralissima via della capitale presso la zona verde, sono ritrovati 27 corpi senza vita. La polizia irachena, chiamata da un agente, approfitta dell’occasione per ingaggiare un conflitto a fuoco con gli abitanti del quartiere, in prevalenza sunnita; alla ricerca di armi e con la copertura aerea americana, gli agenti entrano anche in un vicino cimitero, scontrandosi con le forze della resistenza assai attive nel quartiere. E’ solo l’inizio di una violentissima e interminabile battaglia, che trasformerà Haifa street nella "Falluja di Baghdad".

7 gennaio 2007

Secondo il settimanale britannico "The Independent on Sunday", sarebbe di prossima approvazione in Iraq la nuova legge sul petrolio che – oltre a stabilire la ripartizione regionale dei proventi petroliferi – tra l’altro consentirà alle compagnie petrolifere straniere, mediante contratti trentennali, la ricerca e lo sfruttamento di nuovi giacimenti in territorio iracheno, trattenendo a copertura dei costi fino al 75% dei profitti. Una quota di profitti incredibilmente alta, per di più esportabile senza limiti e senza gravami fiscali, neppure giustificata da particolari difficoltà di estrazione. Questo tipo di contratti (Production sharing agreement o Psa) cessò di essere usato in Medio oriente dopo le nazionalizzazioni degli anni ’70: i contratti ora in uso prevedono per le compagnie un ritorno rapportato al costo di produzione e per un periodo ben definito. Il testo della legge è stato predisposto dalla Bearing- Point, una società statunitense alla quale, dopo l’invasione dell’Iraq, gli occupanti affidarono per contratto il compito di promuovere la ripresa economica del paese. Il Parlamento iracheno non è tuttavia in grado, per ora, di approvare questa legge perché da settimane non riesce nemmeno a raggiungere il numero legale; i parlamentari sadristi si sono autosospesi (v. sopra, 24 novembre 2006) e moltissimi altri deputati non si presentano alle sedute, tanto che recentemente l’Ufficio di presidenza ha minacciato di pubblicare l’elenco degli assenteisti, nonché di ridurre i loro emolumenti (fonti vicine al governo insinuano per altro che un buon numero di essi si sia trasferito all’estero approfittando del pellegrinaggio alla Mecca).

9 gennaio 2007

Ad Haifa street (v. sopra, 6 gennaio 2007) infuria per tutto il giorno la battaglia tra gli abitanti del quartiere e le forze della resistenza da un lato, le milizie governative e le forze Usa – con elicotteri da combattimento e cacciabombardieri – dall’altro. Il governo comunica che le forze irachene avrebbero ucciso 50 "terroristi", ma dal 6 gennaio i morti sono almeno 200.

10 gennaio 2007

George Bush espone la tanto annunciata "nuova strategia" per l’Iraq, che consiste nell’invio di 21.500 nuovi combattenti, dei quali 17.500 a Baghdad per riprenderne il controllo e 4.000 nella provincia di Anbar: una – per altro contenuta – escalation che il presidente Usa, onde evitare un termine che evoca la batosta vietnamita, preferisce denominare "surge". Bush non perde l’occasione di attaccare la Siria e l’Iran, accusati di fomentare il caos iracheno fornendo aiuto ai ribelli. I democratici annunciano un voto contrario alla nuova strategia, che però non avrà effetto vincolante, mentre difficilmente praticheranno l’unica soluzione efficace, quella di negare il finanziamento come propone Ted Kennedy. A Baghdad le truppe irachene e americane circondano Haifa street, chiudendone ogni accesso, sistemano cecchini sui tetti, la rastrellano sparando a tutto ciò che si muove; gli abitanti che non sono fuggiti in tempo sopravvivono nelle cantine, privi di tutto. Gli imam sunniti della capitale invitano gli abitanti a prepararsi alla battaglia che presto si combatterà a Baghdad e dai centri vicini i combattenti della resistenza cercano di giungervi. Abdul Aziz al Hakim (appena ricevuto a Washington) e l’ayatollah Ali al Sistani danno invece piena approvazione all’offensiva americana; al Sistani ammonisce anche Moqtada al Sadr a non contrastarla. Quest’ultimo, in effetti, non sembra disposto a mettere in gioco – oltre alla vita – i seggi in Parlamento e i ministeri acquisiti: così anche quando, il 18 gennaio, le truppe Usa arrestano il suo collaboratore Abdul Hadi al Daraji, accusandolo di contatti con il "macellaio" Abu Diraa (v. sopra, 27 ottobre e 24 novembre 2006), Moqtada si limita a denunciare la provocazione, chiarendo contemporaneamente di non volerla raccogliere.

11 gennaio 2007

Ad Arbil le truppe americane invadono la sede del consolato iraniano, fanno prigionieri 5 addetti consolari, sequestrano documenti e computer. Il raid è compiuto tenendo all’oscuro le autorità kurde, che manifestano la loro disapprovazione; il presidente iracheno Talabani chiede la liberazione dei prigionieri, ma il comando americano afferma che questi sarebbero sospetti di "attività ostili alle forze multinazionali e irachene". Il raid Usa potrebbe nascondere un ben più grave tentativo – fallito – di rapire due alti funzionari dei servizi iraniani, oggi in visita ufficiale ad Arbil: il vice capo del Consiglio di sicurezza nazionale e il capo dell’intelligence delle Guardie della rivoluzione (in questo senso, "The Independent" del 3 aprile 2007). Contemporaneamente Condoleezza Rice accusa Siria e Iran di avere una "funzione destabilizzante" che giustificherebbe ogni sorta di attacco da parte americana (spiegherà il 13 gennaio, in un’intervista al New York Times, che il raid al consolato iraniano risponde ad un piano elaborato in autunno e approvato dal presidente); rivolge anche un esplicito avvertimento ad al Maliki, ricordandogli che presiede un governo a termine e che "la pazienza dell’America ha un limite", per indurlo a mettere un freno alle milizie sciite. La Rice è alla vigilia di un viaggio in Medio oriente, dove oltre a Israele e Palestina visiterà Egitto, Giordania, Arabia saudita e Kuwait, ufficialmente per far ripartire la road map fra Israele e Palestina, più probabilmente per mettere a punto una comune strategia antiiraniana con i governi arabi più fedeli a Washington.

12 gennaio 2007

Il segretario alla Difesa Usa Robert Gates illustra al Congresso i suoi piani per mettere in grado le forze armate di intervenire su più fronti: aumentare di 65.000 effettivi l’esercito e di 27.000 il corpo dei marines e abolire il limite temporale massimo (24 mesi) finora posto ai richiami in Iraq e Afghanistan dei riservisti e dei membri della Guardia nazionale.

15 gennaio 2007

Sono impiccati Awad al Bander e Barzan al Tikriti: la testa di quest’ultimo si stacca durante l’esecuzione rotolando a distanza dal corpo (o forse è recisa dopo l’esecuzione in sfregio al cadavere). Di fronte all’indignazione non solo sunnita, un portavoce governativo ribatte che la forca utilizzata risponde agli standard internazionali e rispetta le norme degli organismi per i diritti umani. I corpi sono sepolti ad Awja, dove continua il pellegrinaggio alla sepoltura di Saddam Hussein. Le impiccagioni per i fatti di Dujail non sono finite: a breve si diffonderà la notizia che la Corte d’appello penale di Baghdad ha in segreto commutato l’ergastolo comminato all’ex vice presidente iracheno Taha Yassin Ramadan nella pena di morte.

16 gennaio 2007

A Baghdad, nel quartiere di Jarmouk, l’esercito Usa ingaggia una battaglia con un gruppo della resistenza, mentre Haifa street è sempre sotto assedio. Un’autobomba provoca una strage – almeno 100 morti e 200 feriti – fra studenti ed insegnanti della Mustansiriya, gloriosa università già nel mirino sia delle squadre sciite sia dei gruppi qaedisti. L’Onu fornisce i suoi dati sulle vittime civili in Iraq nel 2006: i morti sarebbero34.452 e i feriti 36.685.

17 gennaio 2007

Le truppe Usa assaltano l’ambasciata del Sudan, perquisendola. Ad Haifa street infuriano nuovamente gli scontri.

19 gennaio 2007

I militari Usa circondano e rastrellano casa per casa quei quartieri ad est del Tigri che mantengono ancora una maggioranza sunnita, nonostante la feroce pulizia etnica, e che appoggiano la resistenza nazionalista, come Adhamiya. Continuano i combattimenti ad Haifa street. L’aviazione tiene costantemente sotto tiro i quartieri investiti dall’offensiva.

20 gennaio 2007

Un missile della guerriglia abbatte un elicottero statunitense a nord di Baghdad, provocando la morte dei 12 militari a bordo. A Kerbala un gruppo di armati con le divise dell’esercito Usa, su cinque Suv simili a quelli usati dai servizi americani, supera ogni controllo e giunge al palazzo del governo provinciale dove si sta svolgendo un incontro tra le autorità sciite locali e i comandi americani: qui apre il fuoco uccidendo un soldato americano e ferendone tre. Il commando si allontana portando con sé quattro soldati americani in ostaggio, che abbandonerà uccisi o morenti poco dopo. Le autorità Usa imputano l’attacco al gruppo di Qaid al Khazaali (un tempo portavoce di al Sadr). Al Khazaali sarà arrestato in marzo assieme al fratello Ali; sottoposti a interrogatorio, i due – sempre secondo le autorità militari statunitensi – ammetteranno che "non avrebbero potuto condurre l’attacco senza il sostegno della Brigata al Quds", innescando così nuove accuse americane all’Iran.

21 gennaio 2007

In seguito alle pressioni esercitate dal governo iracheno, dagli Usa e – non ultimo – da al Sistani, riprendono le loro funzioni i 5 ministri e i 30 parlamentari vicini a Moqtada al Sadr che si sono autosospesi (v. sopra, 24 novembre 2006). Il rientro dei 30 parlamentari è funzionale al raggiungimento del numero legale, così che il Parlamento possa approvare la legge sul petrolio voluta dagli Stati uniti (v. sopra, 7 gennaio 2007).

22 gennaio 2007

A Baghdad, l’esplosione di due autobombe nel mercato delle pulci di Bab Shorja provoca almeno 100 morti e oltre 200 feriti. La comunità palestinese della capitale, già falcidiata dai massacri delle milizie sciite e dalle fughe, riceve da sheik Mahmud al Hassani (vicino a Moqtada al Sadr) un’intimazione ad abbandonare l’Iraq entro un mese; nel frattempo, le milizie del ministero degli Interni bombardano il quartiere di Baladiyat, abitato dai palestinesi.

24 gennaio 2007

Nel suo penultimo discorso sullo "Stato dell’Unione" avanti al Congresso riunito, George Bush tenta di convincere i connazionali ("date una chance al mio piano") che il suo governo può portare a buon fine l’impresa in Iraq e continuare a condurre la "guerra al terrorismo". Il presidente cita varie volte l’Iran come la causa – pressoché unica – delle tensioni internazionali e del sangue versato in Medio oriente. Così, in un fantasioso crescendo di accuse indimostrate, estremisti sciiti spesso finanziati dall’Iran minaccerebbero l’America; Hezbollah, finanziato dall’Iran, sarebbe secondo solo ad al Qaeda nell’uccisione di cittadini americani; sarebbero i terroristi Hezbollah a seminare conflitti nella regione mediorientale con l’appoggio di Siria e Iran; la moschea di Samarra sarebbe stata colpita da radicali sciiti con l’appoggio dell’Iran. Il governo, continua Bush, userà ogni mezzo – intelligence, diplomazia, interventi militari – per localizzare i nemici e difendere il popolo americano: se fallirà, la conseguenza sarà un epico scontro tra gli estremisti sciiti sostenuti dall’Iran e i sunniti sostenuti da al Qaeda. Ma il governo americano "sta già operando con Giordania, Arabia saudita, Egitto e stati del Golfo per incrementare il sostegno al governo iracheno" e inoltre "va ricordato che l’Onu ha già imposto sanzioni all’Iran". L’intenzione di montare il "caso Iran", di preparare l’opinione pubblica ad un ampliamento del conflitto che coinvolga anche questo paese non potrebbe essere più evidente, tenendo conto anche di analoghe e frequenti dichiarazioni da parte di Condoleezza Rice e Robert Gates, in aggiunta al fatto che, da settimane, fonti vicine alla Casa bianca offrono ai giornalisti presunte rivelazioni sulle responsabilità di Teheran nel disastro iracheno. Il discorso del presidente non suscita entusiasmo nemmeno nelle file repubblicane e qualche ora dopo la commissione Esteri del Senato vota una risoluzione contraria all’invio di nuove truppe in Iraq. Risoluzione che, anche se confermata in aula, non essendo vincolante non intralcerà minimamente i progetti militari di Bush.

26 gennaio 2007

Il "Washington Post" rivela che, dall’inizio di ottobre e per ordine di Bush, la linea di condotta delle truppe Usa nei confronti degli iraniani trovati in territorio iracheno è divenuta più aggressiva. Non più il sistema del "catch and release", per cui gli iraniani erano catturati e successivamente rilasciati (dopo aver preso loro, di nascosto, impronte digitali, dna e scansione della retina); ora nei loro confronti è autorizzata "ogni azione necessaria", dunque possono essere catturati e non più rilasciati oppure uccisi. Lo scopo della nuova disposizione sarebbe quello, nientemeno, di "indebolire l’influenza di Teheran in tutto il Medio oriente e di costringerla ad abbandonare il suo programma nucleare". Il "Washington Post" afferma inoltre che, a detta della Cia, in Iraq ci sarebbero circa 150 agenti iraniani: nessuno di essi risulterebbe coinvolto in azioni ostili verso militari statunitensi, ma avrebbero la colpa di fornire addestramento ed armi indiscriminatamente a varie milizie irachene, siano esse governative o dedite alla pulizia etnica contro i sunniti o addirittura formate da "insurgentes".

27 gennaio 2007

A Washington una imponente manifestazione contro la guerra in Iraq sfila dal National mall al Capitol Hill.

28 gennaio 2007

Nel villaggio di Zarqa presso Najaf, nell’imminenza dell’Ashura, i membri dell’Esercito del cielo, una formazione religiosa il cui capo afferma di rappresentare il Mahdi (il dodicesimo imam scomparso nel IX secolo, di cui gli sciiti attendono il ritorno), combatterebbero accanitamente per tutto il giorno contro le forze irachene e Usa, lasciando sul terreno circa 300 morti, mentre altrettanti sono catturati. Molti altri riuscirebbero a dileguarsi tra i palmeti, complice una tempesta di sabbia che imperversa sulla zona. Le perdite delle forze irachene sarebbero di circa 20 uomini, quelle Usa dei due piloti di un elicottero abbattuto dai ribelli. L’Esercito del cielo, formazione sciita aperta anche ad adepti sunniti, avrebbe avuto come obiettivo l’eliminazione della leadership religiosa sciita mediante l’uccisione dei quattro Marja (tra cui Ali al Sistani), "fonti della massima ispirazione" e abilitati all’interpretazione dei precetti islamici. Qualche giorno prima della battaglia, l’Esercito del cielo avrebbe diffuso a Kerbala e Najaf degli opuscoli con minacce di morte per i "predicatori di incredulità e oscurantismo", tra cui al Sistani e i suoi politici di riferimento, iraniani e americani. Il capo della setta, Ahmed al Hassani detto anche Abu Kamar, sarebbe tra i caduti in combattimento. Questa, la versione dei fatti ufficiale, basata principalmente sulle dichiarazioni del governatore di Najaf (Assan Abu Khalil dello Sciri). Ma alcuni giornalisti – Patrick Cockburn, inviato del britannico "Independent", Dahr Jamail, corrispondente dell’Inter press service e altri che lavorano per giornali locali – raccontano una verità ben diversa. Innanzitutto, l’Esercito del cielo non sarebbe un gruppo di insorti, ma un gruppo pacifico composto da sciiti e sunniti che si oppone alle violenze interconfessionali: già per questo non amato dallo Sciri. In secondo luogo, il leader al Hassani e molti membri del gruppo appartengono alla tribù degli Hawatim, mentre altri membri appartengono alla tribù dei Kaza’il: tribù miste e, entrambe, critiche nei confronti dello strapotere dello Sciri. A sua volta lo Sciri, che controlla Najaf, non vedrebbe di buon occhio l’ingresso in città del predicatore contrario alle violenze settarie e dei suoi accoliti. L’Esercito del cielo, nel suo pellegrinaggio verso Najaf per l’Ashura, a Zarqa troverebbe un check point e i soldati, probabilmente per ordini ricevuti in precedenza, aprirebbero il fuoco su al Hassani uccidendolo e scatenando la reazione dei fedeli che, forse, si attendevano un’imboscata. A loro volta assaliti, dunque, i militari iracheni chiederebbero la copertura aerea Usa, affermando di essere attaccati da un gruppo di al Qaeda: di qui l’intervento americano e il massacro, mascherato poi da brillante operazione antiterrorismo. Il 2 settembre 2007 la polizia rende nota la sentenza che condanna a morte 10 membri dell’Esercito del cielo, ne condanna a pene detentive 394 e proscioglie altri 54 imputati.

30 gennaio 2007

A Kerbala e Najaf la giornata dell’Ashura scorre senza gravi incidenti, ma in altre località attentatori suicidi causano vittime tra i pellegrini (23 morti a Dur Mandali, 13 a Khanaqin). Continuano gli attacchi da cielo e terra sui quartieri sunniti della capitale, anche la moschea di Um al Qura, sede del consiglio degli Ulema è colpita dai mortai.

31 gennaio 2007

Il rapporto trimestrale dell’ispettore generale dell’ufficio di ricostruzione dell’Iraq illustra gli sprechi e gli episodi di corruzione verificati a proposito dei 38 miliardi $ (sui 300 finora gettati nella guerra all’Iraq) che il governo Usa ha, a parole, destinato alla ricostruzione del paese. I contractors hanno beneficiato di appalti miliardari in cambio di servizi carenti e malfunzionanti, senza che le condizioni di vita degli iracheni siano minimamente migliorate. L’ispettore generale (ufficio che il Congresso a maggioranza repubblicana aveva proposto di abolire) avvia quindi 27 nuovi procedimenti per infrazione contrattuale a carico delle imprese appaltatrici, i quali però, anche se si concluderanno con un accertamento di responsabilità, sono destinati ad arenarsi – come numerosi procedimenti avviati in passato – presso il ministero della Giustizia. Tuttavia la commissione della Camera per la Sorveglianza e riforma governativa, guidata da Henry Waxman, apre in questi giorni un’inchiesta sulle spese per la ricostruzione in Iraq.

1 febbraio 2007

In Italia, il Ros dei carabinieri ha individuato 5 appartenenti ad al Qaeda nella terra dei due fiumi come mandanti dell’attentato di Nassiriya del 12 novembre 2003: tra mandanti e esecutori, gli indagati sono 11, tra di essi Abu Omar al Kurdi (v. sopra, cap. "Le elezioni politiche e il governo unitario", 9 giugno 2006).

3 febbraio 2007

L’esplosione di un camion bomba a Baghdad, nel quartiere sciita di Sadriya, provoca 135 morti, distruggendo anche abitazioni e negozi. Al Qaeda (lo "Stato islamico in Iraq") non rivendica esplicitamente, ma in un comunicato lancia la sua nuova strategia: estendere gli attacchi suicidi, oltre la capitale, a tutto l’Iraq. Il comunicato invoca anche, quale punizione per gli sciiti, il bombardamento dell’Iran da parte degli Usa, mentre ammonisce la Siria a non collaborare con gli stessi Usa contro i militanti islamici: "se non fosse per la resistenza che stanno opponendo all’invasore, nel mirino degli Usa ci sarebbe ora Damasco".

4 febbraio 2007

Jalal Sharafi, secondo segretario dell’ambasciata iraniana a Baghdad, è rapito da uomini armati, vestiti con le divise di un’unità delle forze speciali irachene che opera in stretto contatto con le forze Usa. L’ambasciatore iraniano afferma che i sequestratori hanno usato automobili americane, Teheran parla di "atto terroristico su ordine di Bush" e considera le forze Usa responsabili della vita e della salute del diplomatico, mentre il portavoce militare statunitense esclude ogni coinvolgimento della Forza multinazionale. Liberato il 3 aprile 2007, Sharafi afferma di essere stato interrogato – e torturato – da soggetti che parlavano sia arabo che inglese e da funzionari della Cia; a riprova di queste affermazioni, l’11 aprile la Tv iraniana mostra le ferite sul corpo del diplomatico.

5 febbraio 2007

Bush avanza al Congresso la sua proposta di bilancio, chiedendo 3.000 miliardi $ di spesa generale, 481 miliardi $ per far fronte a un aumento del fabbisogno del dipartimento della Difesa, 235 miliardi $ per le guerre in Afghanistan e in Iraq. A fronte di ciò propone tagli alla spesa sanitaria per i poveri e i pensionati. A Baghdad si levano critiche contro il nuovo piano di sicurezza per la capitale: da quando è stato annunciato – accusa il vice sindaco della città – l’Esercito al Mahdi ha smantellato alcuni suoi posti di blocco con il risultato che attentati e morti sono aumentati; anche il ministro degli Esteri Zebari si dice "molto deluso" dal piano. Il 6 febbraio al Maliki ammette che il piano sta subendo dei ritardi e questo "dà un messaggio sbagliato", mentre polizia ed esercito organizzano diversi nuovi posti di blocco.

6 febbraio 2007

La Cnn afferma che, secondo l’intelligence Usa, un deputato iracheno della maggioranza, lo sciita Jamal Jafar Mohammed (già condannato a morte in Kuwait nel 1984 per gli attentati alle ambasciate americana e francese del precedente dicembre), sarebbe una spia dell’Iran e proteggerebbe le forze speciali della Repubblica islamica attive in Iraq, ma non può essere perseguito perché protetto dall’immunità parlamentare.

8 febbraio 2007

Forze Usa e irachene arrestano (senza un mandato) il vice ministro della Sanità Hakim al Zamili, esponente di rilievo del partito di Moqtada al Sadr, accusandolo di avere stornato finanziamenti dal suo ministero all’Esercito al Mahdi, di aver usato ambulanze per trasportare armi, di aver fatto uccidere alcuni sunniti. L’arresto avviene al ministero, che i soldati devastano scardinando le porte, fracassando mobili e computer.

12 febbraio 2007

A Baghdad, almeno tre ordigni scoppiano in successione nel mercato di Shorja (quartiere un tempo misto, oggi solo sciita a causa della pulizia etnica) uccidendo 70 persone e ferendone oltre 160.

13 febbraio 2007

Il generale Abboud Qanbar, comandante delle truppe impiegate al nuovo piano di sicurezza per Baghdad (che avrà attuazione da domani), annuncia la chiusura delle frontiere con Siria e Iran per almeno tre giorni.

14 febbraio 2007

Il nuovo piano di sicurezza per la capitale irachena – denominato "Operazione legge e ordine" – inizia con il pattugliamento dei quartieri sciiti di Shaab, Bayda e Ur, effettuato senza che per ora sia opposta resistenza. Altre misure sono l’anticipo del coprifuoco e una maggiore presenza di soldati per le vie di Baghdad. A detta del comando Usa, Moqtada al Sadr (che da qualche tempo non appare in pubblico) sarebbe riparato in Iran. Tuttavia l’agenzia ufficiale iraniana Irna smentisce la notizia, così come i seguaci del leader sciita, secondo i quali la sua assenza dalla ribalta è dovuta a motivi di sicurezza: in effetti Moqtada potrebbe temere sia gli americani, di cui spesso è stato bersaglio, sia alcune fazioni dissidenti del Mahdi. Per suffragare le accuse di fornire armi sofisticate alla resistenza irachena, che da tempo Washington rivolge a Teheran, a Baghdad due funzionari locali del Pentagono mostrano in conferenza stampa due esemplari di granate penetranti a propulsione esplosiva aventi marchio iraniano: armi di questo tipo, fornite agli insorti iracheni dagli "alti livelli del regime iraniano" tramite le brigate al Quds (che rispondono all’ayatollah Khamenei), avrebbero ucciso in tre anni 170 soldati americani. La sofisticata tecnologia delle granate ha tuttavia, secondo gli esperti militari, quasi cent’anni, dato che tali ordigni furono usati già nella prima guerra mondiale e successivamente in molti conflitti del secolo scorso, compresa la guerra Iraq- Iran; mentre appare cervellotica l’ipotesi che la guida suprema dell’Iran sciita foraggi i guerriglieri iracheni, di regola sunniti e magari ex baatisti, che attaccano le truppe Usa. Il generale Peter Pace è costretto a smentire: "non ci sono prove che il governo iraniano sia chiaramente a conoscenza o complice"

16 febbraio 2007

A Washington, dopo un dibattito sulla nuova strategia per l’Iraq (v. sopra, 10 gennaio 2007), la Camera dei rappresentanti ha votato – 246 a 182 – una risoluzione che, pur esprimendo appoggio alle truppe, disapprova la decisione presidenziale di inviare oltre 20.000 nuovi soldati in Iraq. Bush, tramite portavoce, afferma che il Congresso ha diritto ad esprimere il proprio parere, ma "se e quando volesse discutere una risoluzione vincolante o magari il finanziamento della missione in Iraq", allora il presidente sarebbe "pronto a lottare accanitamente onde assicurare alle truppe il necessario per compiere il lavoro che gli è stato chiesto di compiere". Al Senato, il giorno successivo, i democratici non trovano i voti sufficienti per portare in aula un dibattito sul medesimo argomento.

19 febbraio 2007

Se nei giorni scorsi sia Condoleezza Rice (in visita lampo a Baghdad) che le autorità irachene hanno magnificato i risultati del piano di sicurezza e addirittura ipotizzato la fuga dei combattenti dalla capitale, i limiti del piano sono brutalmente mostrati da due autobombe che esplodono in successione nel quartiere a prevalenza sciita di Nuova Baghdad, causando 62 morti. Un attentatore suicida si fa esplodere presso una base militare statunitense a nord di Baghdad e un gruppo di guerriglieri, dopo uno scontro con i militari Usa, tenta insistentemente di entrare nella struttura finché non intervengono gli elicotteri a bombardarli. Dà ulteriore fuoco alle polveri la denuncia ad al Jazeera di una donna sunnita, che afferma di essere stata violentata da soldati iracheni, dopo essere stata fermata nel corso di una delle tante perquisizioni: mentre al Maliki difende i suoi uomini sostenendo che la perizia medica ha dimostrato la loro innocenza, i partiti sunniti si schierano a difesa della donna e i medici americani che hanno assistito alla perizia non confermano né smentiscono la violenza.

21 febbraio 2007

Motivandolo con i "progressi" realizzati in Iraq, il premier britannico Tony Blair annuncia il ritiro, entro l’estate, di 1.600 (su 7.100) soldati da Bassora. Per la stessa ragione il premier danese Anders Fogh Rasmussen annuncia il parallelo ritiro dei 400 soldati stanziati nel sud dell’Iraq (sostituiti da elicotteri con 50 uomini). A Londra il 24 febbraio si svolgerà una grande manifestazione per il ritiro immediato di tutte le truppe dall’Iraq.

26 febbraio 2007

A Baghdad, l’esplosione di un’autobomba nel quartiere di Mansour uccide 20 persone e ne ferisce altre, tra cui il vice presidente iracheno Adel Abdel Mahdi, presumibile obiettivo dell’attentato. Il comando Usa dichiara di aver sequestrato, in un villaggio sciita presso Baquba, proiettili, bombe ed armi di fabbricazione iraniana, che sono mostrate come prove di una fornitura d’armi alla guerriglia irachena da parte della Repubblica islamica. A Ramadi circa 20 ragazzi sono uccisi da un’esplosione mentre giocano a calcio. Confermano la notizia la polizia, che parla di una bomba collocata sul ciglio della strada; al Iraqiya, che parla di una autobomba; lo sceicco al Hais, del Consiglio di salvezza della provincia di Anbar (un organismo promosso dai leader tribali sunniti per autogestire la sicurezza nella zona; v. infra, 18 aprile 2007), secondo il quale la responsabilità è di al Qaeda. Il comando militare americano fa sapere di aver provocato, vicino al campo di calcio di Ramadi, l’esplosione controllata di un ordigno che però avrebbe causato soltanto il ferimento, per giunta lieve, di circa trenta persone tra cui 9 bambini. Il governo iracheno approva ufficialmente la legge sul petrolio con i suoi quattro allegati (v. sopra, 7 gennaio 2007). A Detroit Louis Farrakhan, leader della Nation of Islam e da tempo malato, abdica alla vita pubblica con un veemente attacco a Bush – di cui auspica l’incriminazione – e chiede ai neri di non combattere in Iraq.

4 marzo 2007

A Bassora, forze irachene e britanniche irrompono in un ufficio dei servizi segreti iracheni, sospettando una connivenza tra gli 007 e alcuni fabbricanti di autobombe: trovano l’ennesimo centro di detenzione clandestino, con una trentina di prigionieri, tra i quali donne e un bambino, alcuni dei quali recanti segni di torture.

6 marzo 2007

Nell’approssimarsi dell’Arbain, si moltiplicano gli attentati contro gli sciiti: 79 pellegrini sono uccisi ad Hilla, 12 a Baghdad, altri in altri centri del paese, per un totale di 112 morti.

7 marzo 2007

Adnan al Dulaimi, leader del Fronte dell’accordo iracheno, annuncia che il suo partito costituirà, assieme alla Lista nazionale irachena di Allawi, una nuova formazione denominata Fronte nazionale iracheno, alternativa alla coalizione che regge il governo. Nel nuovo raggruppamento potrebbe entrare anche il Fronte per il dialogo nazionale di Saleh al Mutlaq ed altri gruppi sunniti. Il 9 marzo è annunciata anche l’adesione del partito sciita Fadhila (forte di 15 parlamentari), che esce dall’Alleanza irachena unita accusandola di avere un programma troppo confessionale: un nuovo colpo per il governo di al Maliki.

10 marzo 2007

Si apre a Baghdad, tra colpi di mortaio che non causano vittime, la Conferenza internazionale per la stabilizzazione dell’Iraq. Oltre al governo iracheno partecipano all’incontro, con esponenti non di primissimo piano, i cinque membri permanenti del Consiglio di sicurezza dell’Onu, Lega araba, Conferenza islamica, Cina, Stati uniti, Egitto, Bahrein; nonché Siria e Iran sui quali è puntata l’attenzione internazionale in vista di possibili colloqui diretti fra i loro rappresentanti e quelli degli Usa. L’incontro è interlocutorio: si fissa un nuovo incontro – a livello di ministri degli Esteri – anche con i paesi del G8 per il prossimo mese in Turchia, nel frattempo si istituiranno commissioni sulle questioni della sicurezza, dell’energia, dei rifugiati. L’esponente iraniano Araghchi afferma di aver incontrato i rappresentanti Usa sempre in presenza di altre delegazioni e di aver loro chiarito che la pace dell’Iraq sarà possibile solo con il ritiro delle truppe occupanti. Da parte sua Khalilzad conferma la linea dura contro coloro che dall’estero sostengono la guerriglia e nega "la detenzione di soggetti che siano diplomatici". Un gruppo finora sconosciuto, le Frecce della virtù, rivendica in un video il rapimento di due tedeschi, madre e figlio, avvenuto il 6 febbraio, chiedendo per il loro rilascio che entro 10 giorni la Germania avvii il ritiro delle proprie truppe dall’Afghanistan. Hannelore Marianne Krause, la rapita, è sposata ad un insegnante iracheno con cui vive da anni in Iraq; anche il loro figlio Sinan vive e lavora nel paese. Il 3 aprile, a ultimatum scaduto, è diffuso un nuovo video con un appello della Krause al governo tedesco e stavolta anche a quello austriaco per un ritiro dall’Afghanistan entro 10 giorni. Hannelore Krause è liberata l’11 luglio: nella prima intervista ad al Arabiya, chiede di nuovo al governo tedesco di lasciare l’Afghanistan, anche per la salvezza di Sinan rimasto nelle mani dei rapitori.

17 marzo 2007

A Washington, migliaia di persone manifestano contro la guerra in Iraq. Manifestazioni contro la guerra si svolgono in tutto il mondo. A Roma si svolge una manifestazione contro tutte le guerre, organizzata da gruppi, associazioni, piccoli partiti (Partito umanista, Partito comunista dei lavoratori) e sindacati di base, senza l’adesione dei grandi partiti e dei sindacati confederali. In Iraq, nella provincia di Anbar, un attentato compiuto con tre camion bomba, carichi questa volta anche di fusti di cloro, uccide due poliziotti (secondo l’ospedale i morti sarebbero però almeno 6); intossica anche 6 soldati della coalizione e 350 civili, fra cui una trentina di bambini. E’ il primo di una serie di attacchi al cloro.

20 marzo 2007

Alle tre del mattino è impiccato il vice presidente del passato regime, Taha Yassin Ramadan, la cui condanna all’ergastolo per i fatti di Dujail è stata successivamente tramutata in condanna a morte (v. sopra, 5 novembre 2006 e 15 gennaio 2007). Il corpo di Ramadan, accompagnato in corteo funebre da centinaia di persone, viene sepolto ad Awja vicino a Saddam Hussein e agli altri esponenti del Baath giustiziati. Il figlio parla di "assassinio politico". Nel quarto anniversario dell’invasione dell’Iraq, l’Unhcr denuncia "la catastrofe umanitaria" costituita dalla fuga di milioni di iracheni dovuta alla guerra. Sono, ad oggi, 2 milioni i profughi interni, altrettanti quelli che hanno cercato riparo all’estero, specie in Siria (1.200.000) e in Giordania (800.000), mentre i paesi occidentali sono assai restii a riceverli. Secondo l’agenzia i nuovi profughi sono 40-50.000 ogni mese, pur nella difficoltà di procurarsi documenti validi per il viaggio; disastrosa sotto questo aspetto la situazione dei palestinesi.

22 marzo 2007

Il nuovo segretario dell’Onu, Ban Ki-Moon, visita per la prima volta l’Iraq: durante una sua conferenza stampa, una vicina violenta esplosione lo scaraventa sotto il podio. Le forze Usa, che ieri hanno rilasciato dopo due anni di detenzione Ahmed Sibani, un consigliere di Moqtada al Sadr, catturano un altro consigliere del leader sciita in relazione all’uccisione di 5 soldati Usa avvenuta a Kerbala in gennaio.

23 marzo 2007

A Washington, la Camera dei rappresentanti approva (218 voti contro 212) lo stanziamento di 124 mld $ per provvedimenti militari tra cui la guerra in Iraq, ma inserisce nella legge l’impegno per il governo a ritirare le truppe dall’Iraq entro il settembre 2008. Il 29 marzo 2007 anche il Senato approva (51 voti contro 47) il finanziamento delle campagne militari, con l’impegno per il governo a ritirarsi dall’Iraq entro il marzo 2008. I due testi ora devono essere armonizzati per la presentazione alla firma del presidente, che ha già annunciato il suo veto. In realtà la clausola di rientro è tutt’altro che stringente: nella previsione della Camera potrà essere sostituita da una informativa presidenziale sui progressi realizzati in Iraq, nella previsione del Senato è solo l’indicazione di un traguardo e i comandanti militari decideranno fra un anno se è stato raggiunto (in caso affermativo i soldati sarebbero destinati all’Afghanistan). Nel Golfo Persico 15 marinai britannici sono catturati dalle forze iraniane (Teheran li accusa di aver sconfinato in acque iraniane, Londra asserisce che si trovavano in acque irachene); la vicenda nei giorni successivi sembra produrre qualche effetto sulla sorte dei diplomatici iraniani rapiti in Iraq, anche se Washington nega qualsiasi ipotesi di scambio. Infatti il 3 aprile Teheran annuncia il rientro in patria del diplomatico iraniano rapito il 4 febbraio 2007 a Baghdad (v. sopra) e contemporaneamente il governo iracheno informa che si sta adoperando per la liberazione dei 5 addetti consolari iraniani arrestati dagli Usa ad Arbil l’11 gennaio 2007 (v. sopra). Il 4 aprile, poi, la liberazione (un "regalo" di Teheran, a detta di Ahmadinejad) dei 15 marinai britannici è contemporanea a una – finalmente consentita – visita della Croce rossa ai 5 diplomatici iraniani detenuti.

27 marzo 2007

Harith Dhahir al Dari, capo delle Brigate della rivoluzione del 1920, è giustiziato da combattenti dello Stato islamico in Iraq per i suoi presunti contatti con il governo; contatti smentiti dal clan dell’ucciso, secondo cui l’assassinio di al Dari è dovuto al suo rifiuto di un’alleanza con le forze qaediste. Le Brigate tuttavia collaborano, nella provincia di Anbar, con il Consiglio di salvezza, costituito dalle milizie tribali che combattono l’indiscriminata violenza qaedista e a tal fine giungono a schierarsi con le forze irachene e statunitensi.

28 marzo 2007

L’ex segretario alla Difesa statunitense Donald Rumsfeld, i generali Ricardo Sanchez e Janis Karpinski, il colonnello Thomas Pappas sono dichiarati non punibili per fatti di tortura ai danni di alcuni detenuti di Abu Ghraib. Il giudice federale Thomas Hogan, pur riconoscendo la loro responsabilità al proposito, dichiara che non possono essere condannati: sia perché i diritti costituzionali che spettano ai cittadini americani non si estendono automaticamente agli stranieri specie per fatti avvenuti all’estero; sia perché gli imputati hanno agito nella sfera dell’azione di governo e sono da ritenersi immuni da giurisdizione. Il procedimento penale era scaturito dalle denunce presentate da Aclu e Hrw a nome di 9 detenuti di Abu Ghraib, imprigionati senza alcuna imputazione e pesantemente torturati. A Roma, due interrogazioni parlamentari presentate da Elettra Deiana alla Camera e da Franco Turigliatto al Senato chiedono se sia vero che un capitolo del rifinanziamento delle missioni italiane all’estero sia destinato alla agenzia di sicurezza Aegis, che dovrebbe proteggere i tecnici italiani rimasti in Iraq. La Aegis defence service, di Tim Spicer, è stata spesso accusata di violazioni dei diritti umani, di ambigue operazioni di intelligence, di traffico d’armi, ma al ministero degli Esteri affermano che è uscita pulita da tutte le indagini e comunque in Iraq di meglio non si trova.

31 marzo 2007

Il ministro iracheno della Giustizia Hashem al Shebly, appartenente alla Lista nazionale irachena di Allawi, si dimette in dissenso con la linea del governo.

4 aprile 2007

Il comitato politico del movimento che fa capo ad al Sadr comunica la destituzione di due parlamentari appartenenti al movimento stesso, che due giorni prima si sono incontrati con rappresentanti statunitensi in circostanze non chiarite.

6 aprile 2007

Un camion bomba carico di cloro esplode a Ramadi nel momento di massimo affollamento di fedeli nei pressi di una moschea, uccidendo almeno 30 persone tra cui diversi bambini. Responsabili dell’attentato sembrano essere i Takfir, mussulmani legati ad al Qaeda che considerano infedeli i correligionari, anche sunniti, che non si identifichino totalmente con le loro posizioni.

7 aprile 2007

Massud Barzani polemizza con le autorità turche – che stanno ammassando truppe ai confini con l’Iraq asserendo di voler combattere i ribelli del Pkk – sulla questione di Kirkuk e degli altri territori "contesi" (facenti attualmente parte delle province di Ninive, Salaheddin e Diyala). Sullo status della città e dei territori contesi, l’attuale leadership conta di effettuare entro la fine dell’anno il referendum previsto dalla Costituzione che ne darebbe il controllo ai kurdi (a causa della pulizia etnica che ha decimato arabi e turcomanni e per la volontà di far votare anche migliaia di kurdi che non risiedono in zona). Kirkuk diverrebbe così la capitale di un forte e autonomo Kurdistan iracheno, primo passo verso un potenziale stato kurdo indipendente; un’ipotesi che la Turchia vuole scongiurare con ogni mezzo, anche con la minaccia di una invasione. Barzani dunque afferma ad al Arabiya che "Kirkuk è una città irachena con identità kurda, storicamente e geograficamente... Alla Turchia non è concesso di intervenire sulla questione di Kirkuk e se lo farà, per conto di qualche migliaio di turcomanni, noi interferiremo nelle questioni di Diyarbakir e dei 30 milioni di kurdi in Turchia". Il premier turco Erdogan risponde che "Barzani potrebbe essere schiacciato dalle sue stesse parole". Al di là di un possibile intervento turco, la tensione nell’area è forte, non solo arabi e turcomanni rifiutano l’idea del referendum ma il loro malcontento è cavalcato dai gruppi jihadisti che si vanno radicando nella zona.

9 aprile 2007

Nel quarto anniversario della presa di Baghdad, un milione di sciiti accoglie l’appello di Moqtada al Sadr e marcia da Kufa a Najaf per chiedere la fine dell’occupazione. L’assenza di Moqtada, che non compare già da tempo in pubblico, alimenta le voci (smentite dal suo partito e da Teheran) secondo le quali si sarebbe rifugiato in Iran; ai manifestanti è distribuito comunque un messaggio del leader sciita, che invita i suoi seguaci a concentrare gli attacchi sulle forze Usa e non "sui figli d’Iraq" (alludendo a recenti scontri tra il Mahdi e l’esercito iracheno scoppiati a Diwaniya).

10 aprile 2007

In esecuzione delle previsioni del piano di sicurezza, iniziano i lavori per chiudere il quartiere sunnita di Adamiya con una recinzione lunga 5 km e alta 3,50 m che ne isolerà totalmente la popolazione (per altro unanimemente ostile al progetto), lasciando come unica via d’accesso un check point dell’esercito iracheno. In Turchia, lo stato maggiore proclama la necessità di un’azione militare nel Kurdistan iracheno per distruggere le basi del Pkk.

12 aprile 2007

A Baghdad un attentato distrugge il ponte sul Tigri di al Sarafiya, che mette in comunicazione il quartiere a maggioranza sciita di Utafiya e quello a maggioranza sunnita di Waziriya. Un secondo attentato colpisce la caffetteria del Parlamento, affollata di deputati e di personale durante la pausa pranzo, causando morti (tra cui il deputato Mohammed Awadh, del Fronte per il dialogo nazionale) e feriti. Rivendicato dallo Stato islamico in Iraq, l’attacco al Parlamento rende evidente il totale fallimento del piano di sicurezza per Baghdad.

15 aprile 2007

Il "Washington Post" racconta il pomeriggio dell’8 luglio 2006 vissuto a Baghdad da quattro contractors americani: uno di essi, Jacob Washbourne, secondo il racconto degli altri, avrebbe sparato dapprima contro un pick up e poi contro un taxi, intenzionalmente e per il solo piacere di ucciderne gli occupanti.

16 aprile 2007

Il parlamentare sadrista Nassar al Rubaie annuncia in conferenza stampa l’uscita dal governo dei sei ministri che fanno riferimento a Moqtada al Sadr: un’iniziativa che vorrebbe spingere il premier a fissare un calendario per il ritiro delle truppe occupanti, ma anche un tentativo di ridefinire la propria posizione sulla scena politica in senso meno confessionale e più patriottico. I parlamentari sadristi, invece, continuano nelle loro funzioni; anzi, sono attivi nel promuovere tra i colleghi la raccolta di firme in calce alla richiesta della fissazione di un termine per il ritiro del contingente internazionale. Il documento, che otterrà 144 firme (la maggioranza dei parlamentari), ricorda altresì che sarebbe incostituzionale la richiesta unilaterale del governo, senza l’approvazione parlamentare, di una proroga del mandato della Forza multinazionale

18 aprile 2007

A Baghdad, quattro attentati (a Sadriya, a Sadr city, presso un ospedale di Karradah e su un bus nel quartiere di Risafi) provocano complessivamente almeno 170 morti e 220 feriti. I britannici passano agli iracheni il controllo della provincia di Maysan e al Maliki dichiara che il governo iracheno entro la fine dell’anno sarà pronto a garantire in prima persona la sicurezza di tutto l’Iraq. A Ramadi, 200 sceicchi sunniti, in rappresentanza delle 50 tribù arabe della provincia di Anbar, si incontrano per fondare un partito che si opponga alla violenza di al Qaeda, anche per reazione ad innumerevoli uccisioni di congiunti e ad attentati come quello del 6 aprile scorso (v. sopra): a questo fine il nuovo partito, denominato Risveglio d’Iraq, è disposto a collaborare con le autorità irachene e le forze della coalizione. Il Risveglio d’Iraq vuole inserirsi nel processo politico e partecipare alle prossime elezioni locali e nazionali. La formazione politica si riallaccia al Consiglio di salvezza di Anbar, coordinamento di 17 milizie tribali costituitosi nel settembre 2006 per opporsi agli attentati dei gruppi qaedisti e autogestire la sicurezza. Il Consiglio di salvezza ha ottenuto l’appoggio di altre formazioni (come le Brigate della rivoluzione del 1920), ha coordinato autorità irachene locali e centrali con quelle tribali, ha curato la formazione di volontari per la sicurezza e la ricostruzione di scuole e ospedali (con finanziamenti americani), ha preso nel novembre 2006 – con il benestare dell’ambasciata Usa – il comando del Consiglio provinciale, che era stato costretto a spostarsi a Baghdad per i continui attentati. La zona è stata sgomberata dai combattenti stranieri – qaedisti o ritenuti tali – e il Consiglio provinciale è recentemente rientrato a Ramadi. E’ difficile prevedere se l’inedita collaborazione dei capi tribali sunniti con l’esercito americano – che prima combattevano – e il governo sciita durerà nel tempo; o se essi, invece, torneranno a far fronte comune con le altre formazioni sunnite che, pur distanziandosi da al Qaeda, nella zona ancora combattono gli occupanti.

19 aprile 2007

Le Forze armate statunitensi emanano una direttiva che sottopone a censura tutte le mail personali, gli interventi in forum o in chat, i blog dei soldati Usa – in servizio o rientrati in patria – per evitare che informazioni coperte da segreto siano rese pubbliche, pena la Corte marziale.

22 aprile 2007

Nouri al Maliki chiede l’abbandono immediato del progetto di un muro attorno al quartiere di Adamiya (v. sopra, 10 aprile 2007). L’ambasciatore Usa Ryan Crocker il giorno successivo, dopo un corteo di protesta degli abitanti del quartiere e pur professando rispetto per "i desideri del governo iracheno e del suo premier", lascia tuttavia intendere che i lavori proseguiranno.

25 aprile 2007

L’Unami (Missione Onu di assistenza per l’Iraq), in un suo rapporto, manifesta preoccupazione per le misure previste dal piano di sicurezza per Baghdad (come la cattura senza mandato e l’assenza di limiti temporali alla detenzione dei sospetti) e per la sorte delle 3000 persone incarcerate dall’entrata in vigore del piano il 14 febbraio 2007.

1 maggio 2007

Il ministero degli Interni iracheno diffonde la notizia della morte – avvenuta in uno scontro, definito "interno", con una formazione di Anbar – di Abu Ayyub al Masri, l’uomo che ha rimpiazzato al Zarqawi nella leadership di al Qaeda nello stato dei due fiumi e che, recentemente, è stato nominato ministro della Guerra dello "Stato islamico in Iraq" capeggiato da Abu Omar al Baghdadi. Un portavoce del premier al Maliki, tuttavia, è più cauto ("occorrono ulteriori controlli, tra cui il test del dna"), lo Stato islamico in Iraq smentisce la notizia, il Consiglio di salvezza di Anbar (v. sopra, 18 aprile 2007) – che secondo il ministero avrebbe ucciso al Masri – conferma che la notizia è circolata ma che il cadavere non si trova. A Washington, entrambi i rami del Parlamento approvano il disegno di legge coordinato (v. sopra, 23 marzo 2007) che subordina il finanziamento per le missioni militari al ritiro dall’Iraq; il presidente, come annunciato, pone il veto. Già il giorno seguente, i leader democratici e Bush si incontrano per cercare un compromesso su un disegno di legge alternativo.

2 maggio 2007

Il ministero degli Interni diffonde la notizia dell’uccisione di Abu Omar al Baghdadi, guida dello Stato islamico in Iraq, che sarebbe avvenuta in una sparatoria avvenuta nella capitale e precisamente nel quartiere sunnita di Ghazaliya: secondo il ministero, ci sarebbero "documenti, prove e anche il cadavere". Ma anche questo ipotetico decesso, come quello di al Masri (v. sopra, 1 maggio 2007), è circondato da ombre. Il ministro degli Interni, nei giorni successivi, ribadisce l’informazione, specificando che il vero nome della persona trovata morta è Abdullatif Juburi; ma il generale statunitense William Caldwell sostiene che a questo nome corrisponde il ministro dell’Informazione dello Stato islamico in Iraq, non il suo capo, perciò non conferma né smentisce la notizia. Col tempo apparirà chiaro che le due azioni militari non abbiano portato né alla morte del leader di al Qaeda né alla morte della guida dello Stato islamico in Iraq; in ogni caso non sono da ascriversi alle forze governative irachene o a quelle statunitensi, ma ad altre formazioni armate irachene, anch’esse sunnite, che manifestano così nella maniera più radicale la propria contrarietà alla linea di al Qaeda. Da tempo i gruppi armati sunniti sono in disaccordo sui rapporti da tenere con lo Stato islamico in Iraq: se in passato è sembrata prevalere, là dove possibile, una unità d’azione o, quanto meno, d’immagine, da ultimo si fanno più nette le prese di distanza. Ansar al Sunna, che ha sempre avuto rapporti stretti con al Qaeda, insiste ancora sull’unità di "tutte" forze islamiche contrarie all’occupazione, contro i tentativi del nemico di creare contrapposizioni attraverso campagne di disinformazione; ma l’Esercito islamico accusa sul suo sito al Qaeda dell’assassinio di propri militanti, di uccisioni e di furti a danno di civili, oltre che della diffamazione di tanti combattenti e mussulmani definiti apostati ("Bin Laden deve intervenire subito per far cessare queste falsità e instradare i suoi seguaci su un altro cammino"); contrasti ideologici e di linea sono stati espressi dal Baath, mentre le Brigate della rivoluzione del 1920 hanno visto il proprio leader ucciso dalle forze qaediste (v. sopra, 27 marzo 2007). Il Consiglio di salvezza di Anbar trova nell’opposizione alle indiscriminate violenze qaediste una delle sue ragioni costitutive ed è disponibile a collaborare per questo scopo anche con le autorità irachene e le forze della coalizione. La maggior parte dei gruppi sunniti però unisce alla critica, più o meno decisa, nei confronti di al Qaeda un impegno senza cedimenti contro l’occupazione e per meglio perseguirlo alcuni gruppi tra cui l’Esercito islamico, l’Esercito dei Mujaheddin, l’Esercito dei Fatihin, il Consiglio della Sharia di Ansar al Sunna costituiscono un "Fronte per la riforma e il jihad".

2 maggio 2007

Il governo iracheno invia al Parlamento la legge sul petrolio con i quattro allegati (v. sopra, 7 gennaio 2007). Il ministero del Petrolio prevede una rapida approvazione – entro il 30 maggio, secondo il diktat americano – della normativa, che però incontra la pronta opposizione dei partiti kurdi (contrari alla misura che prevede la competenza pressoché esclusiva su pozzi e contratti di una agenzia statale, scavalcando i governi regionali) e di quelli sunniti. Questi ultimi, fino a qualche tempo fa possibilisti riguardo all’approvazione della legge (che prevede una ripartizione dei proventi alle province in base alla loro popolazione), ora la contrastano – minacciando anche l’uscita dal governo – per il trattamento di eccessivo favore che riserva alle compagnie straniere. Il mutato atteggiamento sunnita può essere spiegato anche con la recente pubblicazione di uno studio indipendente sulle risorse petrolifere irachene, secondo il quale la dotazione petrolifera del paese potrebbe essere addirittura doppia di quanto oggi si crede, se si sfruttassero con appropriate tecnologie nuove risorse situate proprio nelle province sunnite. Il ricompattamento delle forze politiche irachene contro la svendita delle risorse petrolifere nazionali impedirà l’approvazione della legge entro il 30 maggio.

3 maggio 2007

A Sharm el Sheik si apre il vertice internazionale di due giorni sull’Iraq, alla presenza dei rappresentanti di circa 60 paesi, tra cui Siria e Iran. Il primo giorno è segnato dall’atteso incontro tra Condoleezza Rice e il suo omologo siriano Walid al Muallim (incontro "franco e costruttivo" secondo quest’ultimo, mentre la Rice avrebbe insistito sul dovere della Siria di bloccare i combattenti stranieri diretti in Iraq) e si conclude con l’approvazione all’unanimità di un piano quinquennale per lo sviluppo e la sicurezza dell’Iraq. Il possibile incontro diretto Usa – Iran, invece, non avviene. La sera a cena il ministro degli Esteri iraniano Mottaki lascia il posto a lui assegnato, di fronte a quello della Rice, prima che quest’ultima raggiunga la tavola (si dice per sfuggire la vista di una violinista in abiti troppo succinti). Il giorno successivo, 4 maggio, lo stesso Mottaki pronuncia un infuocato discorso contro l’amministrazione Bush, che a suo dire scarica le responsabilità derivanti dall’occupazione dell’Iraq accusando altri, che ha violato la sovranità iraniana e disonorato il popolo iracheno attaccando il consolato di Arbil (v. sopra, 11 gennaio 2007): se la questione degli agenti consolari iracheni rapiti dagli Usa e quella del nucleare civile iracheno non troveranno una conveniente soluzione, secondo Mottaki, l’Iran non avrà interesse ad andare incontro agli Usa sulle questioni irachene. Il tema della giornata è la ricostruzione dell’Iraq e la relativa raccolta fondi.

8 maggio 2007

Un raid aereo statunitense uccide, a Mandali nella provincia di Diyala, cinque civili tra cui almeno due bambini. Secondo testimoni, i bambini uccisi sarebbero in realtà sette, alunni della scuola elementare bombardata, ma il portavoce militare Usa lo smentisce, pur ammettendo un "tragico errore".

9 maggio 2007

Dick Cheney giunge a Baghdad per incontrare Nouri al Maliki e il generale David Petraeus. Il vice presidente Usa è accolto dal lancio di un missile sulla zona verde e dalle manifestazioni d'ostilità dei seguaci di Moqtada al Sadr. Secondo "Al Hayat", quotidiano panarabo edito a Londra, il movimento sadrista intenderebbe interrompere ogni collaborazione con gli altri partiti sciiti governativi, da cui li separa soprattutto il diverso atteggiamento nei confronti dell’occupazione (v. sopra, 16 aprile 2007). I seguaci di al Sadr hanno un nuovo progetto politico denominato "Riforma e riconciliazione", tendente a coinvolgere i vari partiti e movimenti iracheni in una collaborazione politica che superi l’appartenenza confessionale. Il movimento sadrista vorrebbe così riacquistare un "carattere patriottico inclusivo", tornando ad essere una organizzazione della resistenza irachena e non un partito confessionale governativo. A tal fine sarebbe in corso una epurazione degli elementi collegati agli squadroni della morte, coinvolti in violenze confessionali o semplicemente non in linea con il nuovo corso politico. Secondo il quotidiano iracheno "Al Mada", esponenti sadristi starebbero prendendo contatti sia con partiti sciiti usciti dalla coalizione di governo, come al Fadhila (v. sopra,7 marzo 2007), sia con partiti sunniti come il Fronte per l’accordo iracheno.

11 maggio 2007

Parlando all’università di Cambridge, il presidente iracheno Jalal Talabani afferma che "entro un anno o due" l’Iraq sarà in grado di garantire la propria difesa e la propria sicurezza, così che le truppe straniere potranno ritirarsi. Il Consiglio supremo della rivoluzione islamica in Iraq (noto con la sigla Sciri), in un suo documento, annuncia tra l’altro di aver mutato il proprio nome in quello di Consiglio supremo islamico iracheno (Siic): probabilmente su richiesta dell’amministrazione Usa, che avrebbe richiesto ad al Hakim di marcare un distacco, anche nel nome della sua formazione, dall’Iran.

12 maggio 2007

Presso Mahmoudiya, 7 marines e il loro interprete iracheno sono assaliti da guerriglieri dello Stato islamico in Iraq e lasciano sul terreno 5 morti, mentre gli altri 3 sono rapiti. La zona dell’agguato è la stessa in cui nel giugno scorso sono stati rapiti da al Qaeda i soldati Usa Tucker e Menchaca, in seguito uccisi e sfigurati, per vendicare la strage di Hamdaniya (v. sopra, cap. "Le elezioni politiche e il governo unitario", 19 e 20 giugno 2006). Il 14 maggio lo Stato islamico in Iraq conferma il rapimento e intima alle forze Usa di cessare le ricerche dei sequestrati, se vogliono rivederli vivi. Ma il 23 maggio il cadavere di uno dei tre rapiti è trovato nell’Eufrate e il 5 giugno un comunicato dello Stato islamico in Iraq dà notizia della loro esecuzione.

16 maggio 2007

Il capo di Stato maggiore dell’esercito britannico annuncia che il principe Harry non partirà, come previsto, assieme al suo reggimento per il sud Iraq: la sua presenza comporterebbe "rischi inaccettabili" per sé e per i suoi commilitoni. La zona è effettivamente tutt’altro che tranquilla: a Diwaniya l’odierno arresto di alcuni membri del Mahdi provoca l’attacco dei loro compagni alla polizia, controllata dalla rivale Brigata Badr dell’ex Sciri ora rinominato Siic (Consiglio supremo islamico iracheno). Nella prosecuzione degli scontri sono coinvolti anche l’esercito iracheno e quello statunitense, mentre l’Esercito al Mahdi invia 200 uomini a rinforzo. Il 21 maggio il governatore (che ha messo al sicuro la sua famiglia in Iran) per porre fine al combattimento annuncia un "patto d’onore": in base ad esso le milizie rinunciano a combattersi e le forze straniere devono restare fuori dalla città.

19 maggio 2007

Tony Blair, dopo aver incontrato a Baghdad Jalal Talabani e Nouri al Maliki, difende davanti ai giornalisti l’invasione dell’Iraq, dichiarando di non essere rammaricato per la destituzione di Saddam Hussein e parlando di "chiari segni di cambiamento e progresso" nella situazione irachena. Blair visita anche le truppe britanniche a Bassora, mancando solo per un giorno d’essere testimone di un violentissimo conflitto.

20 maggio 2007

A Bassora scoppia una furiosa battaglia tra l’Esercito al Mahdi e le truppe britanniche. A dar fuoco alle polveri è probabilmente l’arresto di sheik Aws al Khafaji (esponente di rilievo del movimento sadrista) avvenuto mentre, rientrando da una visita a Damasco, è appena giunto all’aeroporto di Bassora; ulteriori arresti di seguaci di al Sadr causano l’intensificarsi degli attacchi contro l’esercito britannico. Il combattimento odierno si innesta su una situazione di conflitto che da giorni oppone in tutto il sud sciita l’Esercito al Mahdi alla polizia irachena, infiltrata pesantemente dalla Brigata Badr: si sono verificati scontri particolarmente accesi soprattutto a Nassiriya, a Kut, a Diwaniya (v. sopra, 16 maggio 2007). Nella zona di Diwaniya, lungo l’Eufrate, alle altre ragioni di tensione se ne aggiunge una particolare: la tradizionale coltivazione del riso comincia ad essere sostituita dalla coltivazione del papavero da oppio. Le varie milizie – e i loro referenti nelle forze di sicurezza – che spadroneggiano nella zona si battono probabilmente anche per il controllo di questa nuova risorsa, come di altre. La coltivazione del papavero da oppio era già nota ai Sumeri (lo chiamavano "pianta della gioia"), ma in età moderna non è stata finora praticata in Iraq. Il paese è invece da tempo zona di transito dell’eroina proveniente dall’Afghanistan attraverso l’Iran e diretta ai mercati del Golfo e dell’Arabia saudita; probabilmente sono state le stesse bande di contrabbandieri a convincere e finanziare i contadini perché convertissero le loro colture dal riso al più redditizio papavero. Per ora l’espandersi della coltivazione del papavero è rallentato dal fatto che le bande di trafficanti guadagnano già molto con il contrabbando dall’Iran, facilitato dalla lunghezza di un confine poco sorvegliato.

23 maggio 2007

A Washington, la ricerca di un compromesso (v. sopra, 1 maggio 2007) tra Bush e i leader democratici del Congresso vede un sostanziale cedimento di questi ultimi, che rinunciano alla fissazione di una data per il ritiro dall’Iraq e stanziano 100 miliardi $ di fondi extra per rifinanziare le operazioni militari fino a settembre; ottengono in cambio fondi per le aree colpite dall’uragano Katrina, per l’assistenza sanitaria e ai veterani, per aiuti agricoli e per l’aumento del salario minimo. Il "compromesso" divide la maggioranza democratica ed è quindi approvato con l’appoggio dei repubblicani: ottiene così 280 voti contro 142 alla Camera, 80 contro 14 al Senato. In Turchia, dopo l’attentato suicida del 22 maggio ad Ankara (subito attribuito al Pkk che per altro nega), il premier Erdogan afferma che, se il Capo di stato maggiore Buyukanit lo richiederà ufficialmente al governo, il Parlamento approverà "certamente" un attacco militare al nord Iraq, allo scopo di stanare i ribelli kurdi. Erdogan aggiunge che al riguardo "la Turchia non chiede il permesso di nessuno" (ovvero degli Stati uniti, assolutamente contrari a una simile iniziativa) ed ha già fatto preparativi. La Turchia ha infatti già schierato nel sud est del paese a maggioranza kurda migliaia di soldati (50.000 solo sul confine con l’Iraq), altre truppe continuano a giungere, nella regione si combatte e si muore. Il 31 maggio Buyukanit dichiara che le truppe sono pronte e attendono solo l’autorizzazione governativa.

24 maggio 2007

A Kufa ricompare in pubblico dopo mesi Moqtada al Sadr, che nel sermone del venerdì pronunciato in moschea ribadisce la richiesta di un calendario per il ritiro delle truppe straniere e critica gli attacchi delle forze di sicurezza irachene contro le sue milizie; invita i suoi seguaci a tutelare sunniti e cristiani, perché i veri nemici sono Stati uniti, Gran Bretagna e Israele. A Falluja, un attentatore suicida si fa esplodere, facendo una trentina vittime, durante il rito funebre per un capo tribale ucciso qualche ora prima. Il morto apparteneva ad una delle tribù che si sono alleate per combattere al Qaeda assieme alle forze irachene e statunitensi e la sua uccisione è probabilmente opera di al Qaeda; come anche la strage al funerale, in cui per altro l’attentatore agisce in casa e tra i parenti del defunto, che dunque lo conoscono. Sembra che a Falluja l’alleanza contro i gruppi qaedisti non sia compatta come a Ramadi; l’insofferenza nei confronti di al Qaeda non mette la sordina a quella contro gli occupanti.

28 maggio 2007

A Baghdad, nell’abitazione di Nouri al Maliki, si incontrano (per la prima volta dopo 27 anni) gli ambasciatori di Stati uniti e Iran. Il colloquio fra i due diplomatici riguarderebbe solo la situazione irachena; al termine l’ambasciatore Usa afferma che con il collega si è trovato d’accordo nel volere un Iraq "stabile, democratico, federale, pienamente garante della propria sicurezza e in pace con i vicini"; ma non manca di ribadire le accuse sul sostegno iraniano alla guerriglia irachena. A commento dell’incontro, al Sadr definirà "riprovevole in massimo grado" che gli iraniani "dimentichino, inavvertitamente o deliberatamente, in queste trattative, di pretendere che gli occupanti se ne vadano".

4 giugno 2007

I lavoratori del settore petrolifero entrano in sciopero – dopo il fallimento delle trattative con il governo – per chiedere aumenti salariali, assistenza sanitaria, assunzione dei precari, ma anche una legge sul lavoro e le libertà sindacali; tra l’altro i sindacati di settore osteggiano la legge in corso di esame al Parlamento che svenderebbe il patrimonio petrolifero iracheno alle compagnie straniere. Nonostante la protesta si limiti all’interruzione di un solo oleodotto e salvaguardi le esportazioni, il 6 giugno il governo manda l’esercito a caricare i lavoratori e ad arrestare i dirigenti sindacali. Il generale che guida le truppe rifiuta tuttavia di eseguire l’ordine e il governo accetta una ripresa delle trattative, ma senza una reale volontà di giungere ad un accordo, procurando anzi di intimidire e diffamare i lavoratori in lotta. Tra l’altro è spiccato un mandato di cattura per quattro dirigenti sindacali, con l’accusa di sabotaggio dell’economia nazionale.

6 giugno 2007

Si diffonde la notizia che la Turchia abbia iniziato le operazioni militari nel nord Iraq, bombardando anche alcuni villaggi. Il 7 giugno i leader kurdi Barzani e Talabani, rispettivamente presidenti del Kurdistan iracheno e dell’Iraq, in conferenza stampa avvisano la Turchia che non accetteranno né interferenze né – tanto meno – sconfinamenti e operazioni militari sul proprio territorio; il 9 giugno il ministero degli Esteri iracheno inoltra ad Ankara una protesta ufficiale. Se la reazione dei kurdi appare prevedibile, meno scontato è l’avvertimento ("non staremo zitti di fronte a questa minaccia") che il 10 giugno Moqtada al Sadr rivolge alla Turchia, offrendo però nel contempo la disponibilità degli sciiti a mediare per porre fine alla crisi. Le autorità turche, dopo aver fatto la voce grossa per settimane, minimizzano: il capo di stato maggiore Buyukanit definisce le operazioni militari turche "ordinaria amministrazione", il premier Erdogan nega sconfinamenti e spiega che una missione militare oltre confine richiederebbe un voto del Parlamento (ma aggiunge, in modo contraddittorio, che "se l’operazione fosse avviata non sarebbe sicuramente pubblicizzata"). Forse l’invasione lamentata si riduce davvero a qualche limitato inseguimento dei ribelli Pkk oltre confine; ma secondo il sito Debka- File, legato ai servizi segreti israeliani, l’esercito di Ankara sta già combattendo, non solo sulle montagne turche, ma anche nel Kurdistan iracheno. La Turchia, intanto, decide di chiudere dal 9 giugno al 9 settembre le aree di Sirnak, Hakkari e Siirt, confinanti con l’Iraq, definite zone di sicurezza.

6 giugno 2007

Un disegno di legge, presentato dai deputati sadristi, tendente a subordinare al nulla osta del Parlamento iracheno ogni prolungamento del mandato Onu alla Forza multinazionale (la stessa Costituzione irachena prevede la ratifica parlamentare per questo tipo di atti, ma è disattesa), passa con 85 voti a favore e 59 contrari, grazie all’appoggio di forze sciite come al Fadhila e sunnite come il Fronte per l’accordo iracheno e grazie al fatto che, pur in presenza del numero legale, in aula sono presenti solo 144 deputati su 275. Il governo iracheno dovrà presentare al Consiglio di sicurezza dell’Onu la domanda di prolungamento del mandato per le truppe straniere entro il prossimo 28 novembre (tale è il meccanismo individuato dalla risoluzione Onu 1546 del 2004 per consentire l’occupazione dell’Iraq facendola apparire come un aiuto su richiesta irachena): in base alla norma oggi approvata dovrebbe preventivamente munirsi dell’assenso parlamentare. In realtà al Maliki ha la possibilità di porre il veto su questa, come su ogni altra legge che non abbia il supporto di almeno i 2/3 dei deputati, mentre la pattuglia di deputati ribelli non può mettere insieme tanti voti. Rimane il segnale, forte, di un’insofferenza all’occupazione che ha contagiato anche le stanze del potere. Presso Najaf, lo sceicco Rahim al Hasnawi, collaboratore di al Sistani, è ucciso per mano di armati non identificati. Nel successivo mese di luglio é ucciso nel suo ufficio di Najaf lo sceicco Abdullah Falak, altro importante collaboratore di al Sistani nonché suo responsabile delle finanze e, qualche giorno dopo, è ucciso anche Kadhim al Badiri, ex guardia di al Sistani. Il 3 agosto, sempre a Najaf, è ucciso uno dei vice di al Sistani, Fadhil al Aql e, il 31 agosto, è ucciso a Bassora Moslem al Battat, anch’egli collaboratore del grande ayatollah e imam di una moschea del centro.

13 giugno 2007

La moschea sciita di Askariya, a Samarra, già colpita il 21 febbraio 2006 (v. sopra, cap. "Le elezioni politiche e il governo unitario") da un attentato che ne distrusse la cupola d’oro – ora in fase di ricostruzione – è nuovamente attaccata con due bombe che ne polverizzano i minareti. Nouri al Maliki e il comando Usa accusano immediatamente al Qaeda. Moqtada al Sadr incolpa le truppe statunitensi responsabili della sicurezza e ritira il suo drappello di parlamentari "finché la moschea non sarà ricostruita com’era"; il leader sciita indice anche una marcia di protesta verso il santuario che però il 29 giugno decide di revocare in seguito a pressioni del Consiglio degli Ulema e del governo, entrambi timorosi di ulteriori violenze confessionali. Già a poche ore dall’attentato saltano in aria per ritorsione diverse moschee sunnite

15 giugno 2007

Mentre Usa e Iran preparano il loro secondo incontro a Baghdad a livello di ambasciatori, le truppe statunitensi arrestano nella capitale irachena tre diplomatici iraniani. Un attentato colpisce la grande moschea sunnita di Zubair, presso Bassora, possibile rappresaglia per il recente attentato alla moschea sciita di Samarra (v. sopra, 13 giugno 2007).

17 giugno 2007

A Nassiriya, la polizia attacca prima dell’alba un ufficio locale di al Sadr, rispondendo ad un asserito attacco contro proprie pattuglie; nascono violenti scontri, che provocano 25 morti e 110 feriti, mentre il comando della polizia è fatto segno di numerosi colpi di mortaio. La polizia, che l’Esercito al Mahdi accusa di essere composta da membri della Brigata Badr, asserisce che membri di tribù locali combattono al suo fianco.

18 giugno 2007

A Baghdad, il segretario alla Difesa statunitense Robert Gates verifica il rafforzamento del contingente Usa – ormai portato a 160.000 effettivi – e incontra Nouri al Maliki, a cui avrebbe mostrato insoddisfazione per la mancanza di progressi nella riconciliazione nazionale. Il premier iracheno replica con un comunicato in cui afferma semplicemente di ritenere possibile la riconciliazione. Nella provincia di Maysan – già riconsegnata al controllo delle forze irachene – una operazione delle forze statunitensi e britanniche contro i combattenti del Mahdi, condotta con spiegamento di mezzi anche aerei, uccide oltre 30 persone. I morti sono "terroristi" secondo il portavoce Usa; sono soprattutto civili secondo il Consiglio provinciale che, tenuto all’oscuro dei raid, esige l’apertura di un’inchiesta e le scuse delle forze occupanti. Queste ultime asseriscono di avere agito con l’autorizzazione del governo iracheno, ma nessun soldato iracheno partecipa all’operazione.

19 giugno 2007

Le forze Usa lanciano un’operazione, denominata Arrowhead ripper, contro le milizie sunnite legate ad al Qaeda che, allontanate dalla provincia di Anbar (ad opera delle truppe Usa, irachene e delle milizie tribali) si sarebbero rifugiate nella provincia di Diyala, in particolare nei dintorni di Baquba. L’offensiva inizia già nella notte con un attacco aereo, continuato durante il giorno e seguito da azioni di fanteria; l’operazione schiera 10.000 soldati.

21 giugno 2007

Le Brigate della rivoluzione del 1920 diffondono su parecchi siti islamici l’annuncio che il loro gruppo non affianca l’offensiva statunitense contro al Qaeda nella provincia di Diyala, smentendo la notizia – diffusa dal "New York Times" – secondo cui la formazione starebbe partecipando all’azione accanto a milizie tribali. Le Brigate della rivoluzione del 1920 hanno invece collaborato con le milizie tribali nella provincia di Anbar contro i gruppi qaedisti (v. sopra, 18 aprile 2007).

22 giugno 2007

Jalal Talabani, in visita da ieri a Pechino, incontra il premier cinese Wen Jabao che si impegna a cancellare il debito iracheno, a dare assistenza all’Iraq e addestramento per il personale della sanità e dell’istruzione. Il comando Usa annuncia che, nel corso dell’operazione Arrowhead ripper, i propri elicotteri hanno ucciso 17 combattenti di al Qaeda mentre stavano per infiltrarsi nel villaggio di al Khalis, a nord di Baquba. Gli abitanti (prevalentemente sciiti) di al Khalis affermano che invece gli uccisi sono guardie del villaggio e stavano collaborando a un controllo di sicurezza con la polizia irachena, su richiesta di quest’ultima. Gli uccisi sono sciiti e saranno sepolti a Najaf, tranne due che appartengono alla minoranza sunnita del villaggio.

24 giugno 2007

Il Tribunale speciale iracheno, nell’ambito del processo sulla campagna Anfal (v. sopra, cap. "Le elezioni politiche e il governo unitario, 4 aprile 2006), accogliendo le richieste del pubblico ministero formulate il 2 aprile 2007, condanna a morte mediante impiccagione Ali Hasan al Majid (Ali il chimico, cugino di Saddam Hussein), l’ex ministro della Difesa Sultan Hashem Ahmed e l’ex capo della Guardia repubblicana Hussein Rasheed al Tikriti. Il 3 settembre 2007 la Corte d’appello conferma la sentenza di morte. I tre sono detenuti dalle forze Usa, che temporeggiano nella loro consegna alle autorità irachene: l’esecuzione dei condannati sarebbe un ostacolo allo sforzo americano di recuperare un rapporto con la componente sunnita e con alcuni esponenti dello stesso Baath. Per di più, Sultan Hashem (che tra l’altro si sospetta abbia collaborato, ancora in carica, con i servizi segreti statunitensi) si era costituito nel 2003 nelle mani del generale David Petraeus, il quale – si dice – gli avrebbe garantito l’impunità. L’11 novembre 2007 il premier Nouri al Maliki accusa l’ambasciata Usa di aver avuto un ruolo spiacevole nell’ostacolare la consegna dei tre condannati e, qualche tempo dopo, chiede formalmente al presidente Usa la loro consegna affinché l’esecuzione possa aver luogo. Il 27 febbraio 2008 il Consiglio di presidenza dà il via libera all’esecuzione del solo Ali Hasan al Majid.

25 giugno 2007

A Baghdad, l’hotel al Mansour è scosso da un’esplosione mentre vi sono riuniti i capi tribali del Consiglio di salvezza di Anbar (v. sopra, 18 aprile 2007). Il bilancio dell’attentato è di complessivi 12 morti (tra cui 5 capi tribali) e 18 feriti (tra cui 3 capi tribali).

26 giugno 2007

A Mossul sfilano in armi centinaia di combattenti di al Qaeda, gridando slogan islamici, incuranti della polizia irachena e delle truppe Usa accampate fuori città. Impegnate a combattere al Qaeda a Baghdad, Diyala e Ramadi, le forze irachene e occupanti non hanno saputo impedire la prova di forza qaedista. A Mossul, in prevalenza araba sunnita, fino all’invasione del 2003 erano presenti significative comunità di varie altre religioni e nazionalità, che si stanno estinguendo: sciiti, cristiani, yazidi, fuggono dalle persecuzioni religiose.

27 giugno 2007

Il capo di stato maggiore turco Buyukanit insiste nuovamente perché il governo autorizzi un attacco alle basi del Pkk nell’Iraq settentrionale e il ministro degli Esteri Gul afferma che i piani militari per l’intervento sono "pronti nei minimi dettagli".

29 giugno 2007

Il Fronte per l’accordo iracheno annuncia l’autosospensione dal governo dei suoi sei ministri, a causa dell’azione giudiziaria intrapresa contro uno di essi, il ministro della Cultura Asaad Kamal Hashemi. Giorni fa, infatti, un portavoce governativo ha rivelato ad al Arabiya l’esistenza di un mandato d’arresto contro Hashemi nell’ambito di un’indagine per omicidio (l’uccisione, nel 2005, dei due figli di un altro politico sunnita, Mithal al Alusi, nel corso di un tentato omicidio contro quest’ultimo). Il Fronte per l’accordo, da una settimana, ha autosospeso anche i propri rappresentanti in Parlamento per protesta contro l’espulsione dello speaker Mahmud al Mashadani, anch’egli membro del partito. Mashadani è accusato di non aver impedito alle sue guardie del corpo di aggredire, dopo un diverbio, un deputato sciita.

30 giugno 2007

Secondo dati forniti dal Partito islamico iracheno, sono già almeno 350 le vittime civili di Arrowhead ripper, in una settimana di operazioni.

1 luglio 2007

Quattro combattenti del Pkk che si sono consegnati alle autorità turche affermano in conferenza stampa che migliaia di altri ribelli dell’organizzazione avrebbero abbandonato le loro basi nel nord iracheno, temendo un intervento dell’esercito turco dopo le reiterate minacce in tal senso (cfr, da ultimo, sopra, 27 giugno 2007). I quattro affermano anche di aver assistito a una consegna di armi al Pkk da parte statunitense, avvenuta in un campo iracheno dell’organizzazione: l’asserzione è prontamente smentita dall’ambasciata Usa ad Ankara, ma è ripresa ed enfatizzata dai media turchi.

2 luglio 2007

A Diwaniya, alcuni raid aerei, in risposta al lancio di razzi contro la base Echo della coalizione, colpiscono otto case uccidendo 10 civili iracheni (tra cui 6 bambini), ferendone 30 e scatenando le proteste della popolazione; il comando militare Usa promette un’inchiesta. Il 4 luglio la polizia irachena spara sulla folla che protesta per l’eccidio, ferendo un numero imprecisato di persone. Il deputato del Fronte per l’accordo iracheno Abdul Nasser al Janabi – che all’indomani dell’autosospensione del suo gruppo (v. sopra, 29 giugno 2007) ha già dichiarato di voler lasciare definitivamente il parlamento – parlando dalla Giordania ribadisce la sua decisione e aggiunge di volersi unire alla resistenza. Al Janabi dice di aver commesso un errore candidandosi alle elezioni ("siamo divenuti strumenti dell’occupazione") e ritiene che l’unica via per liberare l’Iraq sia quella "militare e della resistenza".

3 luglio 2007

Nouri al Maliki annuncia l’approvazione da parte del governo di un nuovo testo della legge sul petrolio – con gli ultimi emendamenti suggeriti dalle critiche di varie forze politiche – e l’invio della stessa al Parlamento, che dovrebbe esaminarla dal giorno successivo. Il portavoce governativo al Dabbagh annuncia ad al Arabiya che sarà istituito un Consiglio col compito di attendere alla politica petrolifera e di approvare contratti; in esso siederanno funzionari delle regioni produttrici di petrolio, un rappresentante del ministero del Petrolio, un rappresentante del capo del governo, esperti indipendenti. Circa i contestati Psa (v. sopra, 7 gennaio 2007) Dabbagh afferma che le questioni saranno affrontate "caso per caso". Alcune compagnie hanno già firmato contratti di questo tipo con le autorità regionali kurde e non sono disposte ad accettare che la nuova versione della legge possa invalidarli.

4 luglio 2007

Le forze politiche critiche nei confronti della vecchia stesura della legge sul petrolio (Governo regionale del Kurdistan, Fronte per l’accordo iracheno, sadristi) non sono disponibili ad esaminare un nuovo testo alla cui redazione non hanno partecipato e che non hanno neppure potuto preventivamente visionare. Il Consiglio degli Ulema emette una fatwa contro il disegno di legge, la cui approvazione da parte del governo, "proibita dal punto di vista religioso, è quindi nulla". Il 19 luglio, poi, Ali Baban, sunnita ministro della Pianificazione, minaccia di dimettersi "un’ora dopo" l’approvazione del testo, a meno di emendamenti sostanziali. Anche questa volta l’iter della contestata legge non si annuncia né facile né veloce. Proprio oggi il ministro della Difesa australiano afferma che "la protezione delle risorse petrolifere è una delle ragioni per cui le nostre truppe sono in Iraq": l’imbarazzante ammissione è prontamente smentita dal primo ministro Howard, che al solito invoca la guerra al terrorismo come vero e unico motivo dell’invasione e della permanenza militare in Iraq. A Samawa, capoluogo della provincia di Muthanna, in serata la minaccia dell’arresto di Ali al Khirsan (capo dell’ufficio sadrista locale, già accusato dal governatore di violazioni della sicurezza) provoca forti tensioni, che dal giorno successivo sfociano in scontri armati tra forze di sicurezza irachene e l’Esercito al Mahdi, con irruzioni reciproche nelle rispettive sedi. I media turchi riferiscono che, per ammissione del presidente del comitato militare della Nato, Ray Hanault, l’Alleanza atlantica potrebbe intervenire nel nord Iraq contro il Pkk in appoggio alla Turchia, sulla base dell’art. 5 del trattato istitutivo.

6 luglio 2007

Tre diplomatici iraniani, tra cui l’ambasciatore a Baghdad, effettuano la prima visita consolare ai cinque connazionali arrestati ad Arbil dalle forze Usa l’11 gennaio 2007 (v. sopra). Lo annuncia il ministro degli Esteri iracheno Zebari, il quale auspica che l’apertura statunitense apra la strada a ulteriori (v. sopra, 28 maggio 2007) colloqui Usa- Iran. Un portavoce del ministero degli Esteri iraniano denuncia invece che i 5 arrestati lamentano violazioni delle leggi internazionali sul trattamento dei detenuti.

7 luglio 2007

A Thuz Khurmato, cittadina non lontana da Kirkuk, un camion bomba compie una strage in un mercato, causando oltre 100 morti e più di 250 feriti.

9 luglio 2007

Il "New York Times", all’indomani della pubblicazione di un editoriale a favore del ritiro "senza altri rinvii" delle truppe dall’Iraq, rivela che da settimane alla Casa bianca sarebbe in corso un dibattito su un possibile ritiro, sia pure parziale e graduale, per frenare l’emorragia di consensi e le defezioni in atto nel partito repubblicano. Il portavoce della Casa Bianca Tony Snow smentisce, definendo "molto oltre la realtà" l’articolo del "NYT". L’Amministrazione, di questi tempi, chiede che non si parli di ritiro prima del 15 settembre quando saranno presentati i rapporti dell’ambasciatore Ryan Crocker e (soprattutto) del generale David Petraeus sulla situazione irachena e i risultati del surge. Tony Snow, per altro, ridimensiona le aspettative concernenti il rapporto Petraeus: "non possiamo pretendere che i traguardi siano integralmente raggiunti all’inizio di qualcosa". Ai tentennamenti americani, il premier iracheno al Maliki reagisce il 15 luglio, dichiarando in conferenza stampa che la polizia e l’esercito iracheno saprebbero garantire la sicurezza del paese, se le forze internazionali decidessero di lasciare l’Iraq.

13 luglio 2007

A Washington, la Camera approva il ritiro dei soldati dall’Iraq entro il 1 aprile 2008, con una maggioranza (223 a 201) che, pur comprendendo qualche voto repubblicano, è ancora insufficiente a superare il veto presidenziale.

15 luglio 2007

Nella provincia di Anbar, 9.000 soldati statunitensi e iracheni lanciano una nuova offensiva congiunta contro le milizie islamiche sunnite. Il "Los Angeles Times" pubblica un’inchiesta, basata su cifre ufficiali delle forze armate Usa fornite da un anonimo alto ufficiale, secondo la quale la maggior parte (il 45%) dei combattenti stranieri che in Iraq attaccano le truppe Usa e irachene proviene dall’Arabia saudita; solo il 15% proviene da Siria e Libano, mentre il 10% proviene dall’Africa del nord. La metà dei combattenti stranieri imprigionata in Iraq nelle carceri Usa è saudita; la metà dei combattenti sauditi che si recano in Iraq intende compiere attacchi suicidi. Nonostante le continue accuse statunitensi a Siria ed Iran, il maggior pericolo per le truppe irachene e di occupazione viene dunque da sudditi di un alleato strategico degli Usa. L’Arabia saudita – ricorda ancora il "LAT" – sostiene di fare il possibile per fermare il fenomeno dei combattenti suicidi e per controllare il proprio confine con l’Iraq e accusa il governo iracheno di non fornirgli le essenziali informazioni relative ai sauditi arrestati. In Iraq viceversa molti pensano che l’Arabia saudita non stia facendo del suo meglio: vuoi perché non intende aiutare un governo legato alla potenza regionale rivale, l’Iran; vuoi perché ritiene preferibile che i qaedisti sauditi creino conflitti in Iraq piuttosto che in patria.

16 luglio 2007

A Kirkuk, un camion bomba si schianta contro la sede dell’Upk, causando tra 90 e 100 morti e 200 feriti; l’intensificarsi degli attacchi nella zona (v. sopra, 7 luglio 2007) pare diretto ad impedire il referendum che, nei piani dei partiti kurdi, dovrebbe aggregare la provincia di Kirkuk e altri territori contesi al Kurdistan. Upk e Pdk, con le loro politiche di pulizia etnica e di discriminazioni pesantissime ai danni delle altre comunità, se ne sono attirati l’odio. La Turchia non è certo uno spettatore indifferente, potrebbe supportare eventuali gruppi turcomanni che scegliessero la via delle armi: quantomeno è accusata di questo dai leader kurdi. A Bassora, centinaia di lavoratori di tutti i settori manifestano contro la legge sul petrolio, contro l’aumento dei prezzi del carburante deciso dal governo a partire dal 1 luglio, in appoggio ai lavoratori del settore petrolifero e alle loro richieste. Secondo gli organizzatori della protesta, gli Usa, per compensare il proprio fallimento politico e militare in Iraq, cercano di controllarne le risorse; la legge sul petrolio, se approvata, distruggerebbe le conquiste del popolo iracheno (in particolare la nazionalizzazione del settore petrolifero), abolirebbe la sovranità e regalerebbe agli occupanti la ricchezza presente e futura del paese. Manifestazioni analoghe si svolgono anche ad Amara e Nassiriya. Il ministro del Petrolio, Hussein al Shahristani, nei giorni successivi alla mobilitazione, invia una lettera ai direttori delle società petrolifere statali, intimando loro di non trattare più con le rappresentanze dei lavoratori, perché i sindacati nel settore petrolifero sono a suo dire illegali (il decreto n°150/1987, mai formalmente abrogato dopo la caduta del regime di Saddam Hussein, vieta sindacati e scioperi nel settore pubblico).

17 luglio 2007

Nassar al Rubaie, capogruppo dei deputati sadristi, annuncia la sospensione del boicottaggio delle sedute parlamentari, dopo che le richieste avanzate sono state soddisfatte: il Parlamento ha approvato l’istituzione di un comitato che presiederà alla ricostruzione della moschea di Samarra. Il 19 luglio rientrano in Parlamento anche i sunniti del Fronte dell’accordo iracheno, dopo che Mashadani è reintegrato nella sua carica.

19 luglio 2007

Il "Guardian" pubblica un servizio di Seamus Milne, che intervista a Damasco i portavoce delle Brigate della rivoluzione del 1920, di Ansar al Sunna e di Hamas in Iraq. Dall’intervista emerge che le tre organizzazioni, assieme ad altri gruppi della resistenza sunnita, pur senza rinunciare alla lotta armata, intendono formare una alleanza pubblica per negoziare il ritiro degli Stati uniti. A detta degli intervistati, anche se gli Usa dichiarano che "intendono rimanere per molti decenni... ora è opinione comune nella resistenza che cominceranno a ritirarsi entro un anno". Il programma comune della nuova alleanza comprende l’impegno a liberare l’Iraq dall’occupazione, il rifiuto a collaborare con le istituzioni imposte dagli occupanti e con le forze politiche che vi hanno aderito, la nullità di ogni accordo stipulato tra gli occupanti e il governo iracheno. Il nuovo fronte tende ad allargarsi ad altri gruppi contrari all’occupazione, fermo restando il rifiuto di al Qaeda e dei suoi metodi. Anche Ansar al Sunna, afferma il suo portavoce, ha rotto i rapporti con al Qaeda: "La nostra gente è arrivata ad odiare al Qaeda, che all’esterno dà l’impressione che la resistenza sia composta da terroristi. Noi siamo contro le uccisioni indiscriminate, occorre concentrarsi sul nemico". Gli intervistati, consapevoli della minaccia rappresentata dalle divisioni confessionali, auspicano di collaborare anche con gruppi sciiti (tranne le milizie coinvolte negli omicidi confessionali e collaborazioniste). Infine i gruppi del nuovo fronte negano di essere finanziati o sostenuti da governi stranieri, neppure dalla Siria, mentre l’Iran avrebbe loro offerto armi e denaro però rifiutati: "siamo l’unico movimento di resistenza che non ha ricevuto aiuto o sostegno da alcun paese... perché lottiamo contro l’America", dice il portavoce delle Brigate del 1920. Il generale statunitense Kevin Bergner annuncia la cattura del "vero" capo di al Qaeda in Iraq, Khaled Mashadani. Questi, arrestato a Mossul lo scorso 4 luglio, interrogato avrebbe ammesso un ruolo intermedio, di collegamento tra i vertici di al Qaeda – Bin Laden, al Zawahri – e Abu Ayyub al Masri, leader della rete in Iraq. Secondo Bergner, Kaled Mashadani avrebbe rivelato inoltre che Abu Omar al Baghdadi sarebbe stato solo un fantoccio: al Masri l’avrebbe ingaggiato per impersonare la guida dello Stato islamico in Iraq e gli avrebbe imposto un nome che ne testimoniasse l’origine irachena (suggerendo così l’adesione degli iracheni alla lotta qaedista). Khaled Mashadani è uno sconosciuto: secondo Bergner è stato un leader di Ansar al Sunna, ma il suo nome non è mai comparso tra quelli dei capi di questa organizzazione. Secondo fonti vicine ai neo con Usa, Mashadani, detto anche Abu Shahid, sarebbe stato il fondatore dello Stato islamico in Iraq: tuttavia né il nome né il soprannome compaiono nei comunicati che annunciano la creazione dello Stato islamico in Iraq, o nel suo organigramma. Il nome di Khaled Mashadani non compare neppure nei siti che si occupano di monitorare le comunicazioni islamiche nel web, né nel database della rete di al Qaeda elaborato dal Federal management systems, né nell’elenco dei ricercati dell’Fbi.

23 luglio 2007

Le autorità siriane cancellano un incontro tra gruppi della resistenza irachena, fissato per oggi in un hotel di Damasco. Nella capitale siriana erano affluiti circa 500 delegati, in prevalenza sunniti, con l’intento di stilare un programma comune: ufficiali delle forze di sicurezza di Saddam Hussein, alcuni membri del Baath, leader tribali contrari all’occupazione, esponenti del Consiglio degli Ulema, militanti di Ansar al Sunna, delle Brigate della rivoluzione del 1920 e di altre formazioni di insorti. Si rende visibile una divisione, risalente probabilmente a gennaio, del Baath in due fazioni (le quali si rinfacciano reciprocamente asserite intese con il nemico americano): Izzat Ibrahim al Douri ignora l’appuntamento odierno, definendo "non rappresentativi" i delegati convenuti a Damasco; probabilmente diffida anche dei siriani, troppo amici di Teheran. Presente invece l’altra ala del Baath, che si rifà a Yunis al Ahmed: quest’ultimo, che vive in Siria, ha il sostegno di molti iracheni qui rifugiati. L’annullamento dell’incontro provoca irritazione tra i delegati, che la ricollegano a pressioni iraniane e alla recente visita di Ahmadinejad a Damasco; mentre è lodato dal dipartimento della Difesa statunitense, che pure potrebbe aver fatto pressione in tal senso.

24 luglio 2007

A Baghdad si incontrano per la seconda volta (v. sopra, 28 maggio 2007) gli ambasciatori iraniano e statunitense, alla presenza del premier iracheno. In apertura di colloquio, al Maliki chiede che Usa e Iran aiutino l’Iraq favorendo un clima regionale di collaborazione e non interferiscano nei suoi affari interni. Nell’incontro si decide di istituire un comitato composto da esperti statunitensi, iraniani e iracheni, con il fine di ripristinare la sicurezza in Iraq: tra i suoi compiti, la lotta ad al Qaeda, la prevenzione del terrorismo, la difesa delle frontiere. Dopo l’incontro, l’ambasciatore Usa accusa l’Iran di aver intensificato il suo appoggio alle milizie irachene. Il giorno successivo, il ministro degli Esteri iraniano dichiara che il suo paese sarà disponibile a ulteriori incontri con gli Usa, ma ad un livello di rappresentanza più elevato. Il Parlamento iracheno approva una legge che consente ai privati, anche stranieri, di costruire raffinerie e oleodotti nel paese: il ministero del Petrolio si assume il compito di proteggere tali impianti e di fornire il greggio a prezzi di esportazione con uno sconto dell’1%. Le società saranno libere di stabilire il prezzo del petrolio raffinato, lo potranno vendere nel paese o esportare, potranno utilizzare le infrastrutture irachene esistenti. Regioni e province potranno stipulare contratti e concedere licenze alle società anche straniere, relativamente al proprio territorio.

25 luglio 2007

Il Fronte per l’accordo iracheno annuncia la sospensione della sua partecipazione al governo, formulando una serie di richieste come condizione per il proprio rientro: fra queste, l’amnistia per i detenuti verso cui non ci siano accuse di crimini specifici, la tutela dei diritti umani, lo scioglimento delle milizie. La coalizione sunnita concede ad al Maliki una settimana per adempiere le richieste, pena il ritiro definitivo dei propri ministri (che già da tempo disertano le riunioni del governo, ma che ora diserteranno anche i rispettivi ministeri). Le richieste rimangono inascoltate e il gruppo abbandona il governo il 1 agosto; il 5 agosto al Maliki respinge le dimissioni dei ministri.

26 luglio 2007

Ad Amman si svolge una conferenza, patrocinata dall’Onu, sulla situazione dei profughi iracheni. Il delegato iracheno denuncia un’emergenza umanitaria e lamenta i maltrattamenti subiti dai profughi nei paesi stranieri, mentre i delegati della Siria (che accoglie 1.200.000 profughi iracheni, pari al 12% della sua popolazione) e della Giordania (che ne accoglie 750.000, oltre il 13% della sua popolazione) dichiarano l’impossibilità per i loro paesi di continuare ad accogliere il flusso incessante degli iracheni in fuga.

27 luglio 2007

A Kerbala le forze Usa si scontrano con l’Esercito al Mahdi, con un bilancio – secondo fonti ospedaliere – di 9 morti (comprese 2 donne) e 23 feriti (compresi 10 fra donne e bambini). Le forze statunitensi, stando al loro comunicato, avrebbero compiuto dei raid per arrestare il capo di una milizia che si è staccata dal Mahdi (secondo due anonimi funzionari iracheni, potrebbe trattarsi di Razzaq al Ardhi, effettivamente arrestato con il fratello); subito dopo l’operazione, portata a termine senza inconvenienti, i militari Usa avrebbero reagito ad un improvviso attacco, uccidendo ben 17 miliziani. Secondo l’esercito al Mahdi, invece, gli scontri sarebbero nati in reazione all’attacco portato dalle forze Usa alla casa di Hamza Matrud, funzionario locale dell’organizzazione sadrista (ma non si dice se questi sia stato o meno arrestato): 3 morti e 7 feriti sarebbero combattenti del Mahdi. Il governatore di Kerbala accusa le forze Usa di aver effettuato i raid, cui le forze irachene non hanno partecipato, all’insaputa delle autorità locali. Secondo la Cnn turca, 4 importanti esponenti del Pkk sarebbero morti a causa di un’esplosione in un campo di guerriglieri kurdi nell’Iraq settentrionale: potrebbe trattarsi di un’operazione dei servizi turchi in territorio iracheno, di un’operazione Usa mirante a placare le montanti proteste turche o di entrambe le cose (cfr. infra, 30 luglio 2007).

29 luglio 2007

La Nazionale di calcio irachena batte a Jakarta la super favorita Arabia saudita, aggiudicandosi la Coppa d’Asia.

30 luglio 2007

Il "Washington Post" rivela che la scorsa settimana il sottosegretario statunitense alla Difesa (ed ex ambasciatore ad Ankara) Eric S. Edelman, in un incontro riservatissimo, ha informato alcuni membri del Congresso dell’assistenza che gli Stati uniti si dispongono a fornire ai servizi segreti turchi nell’ambito di un’operazione mirante a decapitare il Pkk nelle sue basi in territorio nord iracheno. Secondo Edelman, gli Usa hanno dovuto cedere alle insistenze della Turchia; alle domande sui rischi connessi all’operazione, il sottosegretario si mostra sicuro del successo, spiegando che il ruolo degli Stati uniti – ovviamente segreto, per non compromettere l’alleanza con i kurdi iracheni – potrà essere facilmente negato. E’ reso pubblico un rapporto dell’organizzazione umanitaria Oxfam international, secondo il quale 1/3 degli iracheni necessita di aiuti d’emergenza, più della metà è senza lavoro, il 15% non può nutrirsi a sufficienza in modo regolare, il 70% non ha accesso all’acqua potabile, il 34 % soffre di una povertà umiliante; il 28% dei bambini è malnutrito e il 92% di essi ha problemi d’apprendimento. Molti dati mostrano un forte deterioramento della situazione rispetto al periodo precedente l’invasione.

31 luglio 2007

La segretaria di Stato e il segretario alla Difesa Usa, Condoleezza Rice e Robert Gates, giungono a Sharm el Sheik per un tour diplomatico in Medio oriente, portando con sé un progetto di forniture d’armi per circa 20 miliardi $ ad Arabia saudita, Kuwait,Qatar, Emirati arabi uniti, Bahrein e Oman (i paesi membri del Consiglio di cooperazione del Golfo), al fine di "aiutare le forze moderate" e "contrastare l’influsso negativo di al Qaeda, Hezbollah, Siria e Iran". Ma non è dimenticato Israele (con un aumento degli aiuti militari che li porterà a 30 miliardi $ in 10 anni) e l’Egitto (13 miliardi $). Teheran, di nuovo accusata dalla Rice di essere "la maggiore minaccia per il Medio oriente" commenta la fornitura d’armi accusando a sua volta gli Stati uniti di "fomentare il terrore" nella regione.

1 agosto 2007

Il campo per profughi interni di Najaf chiude ai nuovi arrivi, gettando nella disperazione centinaia di sfollati. Il presidente della regione kurda, Massud Barzani, prevede "una guerra civile" se il referendum sullo status di Kirkuk sarà artificiosamente rinviato. L’articolo 140 della Costituzione prevede che, prima del referendum, i kurdi cacciati da Saddam Hussein debbano poter ritornare a Kirkuk e che, successivamente, si faccia un censimento della popolazione. Ora i kurdi esuli sono tornati in massa a Kirkuk (e insieme a loro sono giunti moltissimi altri kurdi che non hanno mai risieduto nella città), ma finora il censimento non si è tenuto. Il leader kurdo invita perentoriamente il governo centrale a dare attuazione all’art. 140 e a non cedere alle pressioni di altri Paesi (ovvio riferimento alla Turchia).

3 agosto 2007

Il quotidiano "Al Hayat" afferma che, negli ultimi anni, le milizie sciite hanno ucciso nel sud iracheno circa 3.000 funzionari del passato regime. Il numero dei baatisti uccisi è fornito da religiosi sciiti che intendono contrastare l’eccidio.

6 agosto 2007

I rappresentanti di Iran, Iraq e Stati uniti si incontrano per decidere circa la composizione e il piano di lavoro del comitato congiunto per la sicurezza deciso nel loro incontro del 24 luglio 2007 (v. sopra). Il Parlamento del Kurdistan approva, dopo una discussione durata 8 sedute, una legge regionale sul petrolio e sul gas: i deputati regionali del Upk, inizialmente dubbiosi e comunque desiderosi di un maggior approfondimento della materia, sono convinti dal loro leader Talabani ad approvare la normativa. Il voto odierno provoca la reazione del Consiglio degli Ulema, che nei giorni successivi diffida le compagnie petrolifere straniere dal concludere contratti sulla base della nuova legge con il governo regionale del Kurdistan, in quanto quest’ultimo non potrebbe disporre liberamente di un bene che appartiene a tutti gli iracheni: qualunque contratto di questo tipo sarebbe da ritenersi nullo. Il governo del Kurdistan ribatte che il diritto ad approvare una propria legge sul petrolio discende dalla Costituzione irachena e definisce il Consiglio degli Ulema "un organo incostituzionale, senza legittimità democratica". Fin dall’inizio dell’occupazione alcune compagnie straniere hanno stipulato contratti di ricerca e sfruttamento con le autorità kurde: hanno scoperto nuovi giacimenti e stanno già estraendo petrolio, il tutto con l’approvazione Usa. Ora però questo tipo di accordi contrasta con il disegno di legge sul petrolio, approvato dal governo iracheno ma non dal Parlamento. Incurante di ciò, nel settembre 2007 il governo regionale kurdo conclude un Psa con la Hunt oil company di Dallas: Ray Hunt, amministratore delegato e presidente della Hunt oil, è legato strettamente alla Casa Bianca e il fatto che scommetta su un accordo con i kurdi, contrastante con la legge nazionale all’esame del Parlamento, fa capire che quest’ultima ha scarse probabilità di passare. Per inciso, nell’ottobre 2007, l’ex ministro del Petrolio Issam Chalabi denuncia che il contratto concluso dal Krg con la Hunt oil – di cui si ignorano i dettagli – si riferisce a un’area che esorbita dal territorio della regione autonoma del Kurdistan e si estende alla provincia di Ninive: da ciò l’ex ministro desume ambizioni espansionistiche in capo alla leadership kurda. Iyad Allawi invita i 4 ministri del suo schieramento, la Lista nazionale irachena, ad astenersi dalle riunioni del Consiglio dei ministri (pur continuando a svolgere i compiti relativi ai propri dicasteri), come "un primo passo per l’abbandono del governo". Allawi lamenta la scarsa attenzione prestata alle richieste avanzate dal suo schieramento, in tema di sicurezza e di riforme per una più ampia partecipazione politica alla gestione della cosa pubblica. La Lista nazionale irachena annuncia il ritiro dal governo il 24 agosto: il ministro della Scienza e tecnologia però, appartenente al Partito comunista (che fa capo alla Lista), rifiuta di lasciare il governo. A Baghdad, il generale David Petraeus riunisce i suoi collaboratori per discutere l’imbarazzante questione dell’arsenale di armi che, fornito dagli Usa alle forze di sicurezza irachene, si è in buona parte volatilizzato senza lasciare traccia. Un rapporto del Government accountability office (Gao) quantifica l’arsenale sparito nel 30% delle forniture di armi effettuate dagli Stati uniti all’Iraq negli ultimi tre anni. Avrebbero preso il volo 190.000 armi da fuoco, oltre a 135.000 giubbotti antiproiettile e 115.000 elmetti, quanto basta per equipaggiare truppe ribelli numericamente superiori a quelle americane in Iraq. In una lettera a "Il Manifesto" del 21 agosto 2007, Sergio Finardi ricorda come il rapporto del Gao faccia seguito alla denuncia contenuta nel rapporto di Amnesty international e TransArms datato 5 luglio 2006, in cui tra l’altro si documenta un’operazione semi segreta, basata su un intrico di società, che nel 2004 e 2005 fece arrivare con voli civili all’aeroporto di Baghdad circa 300.000 Ak e diverse altre armi e munizioni provenienti dalla Bosnia Erzegovina. I carichi d’armi a questo punto sparirono: ne esiste la documentazione di partenza e non quella di arrivo. Finardi esprime l’opinione che queste armi siano state inviate in Iran e in Afghanistan a "forze irregolari", senza per altro escludere che in parte siano pervenute a milizie irachene fiancheggiatrici delle forze di occupazione.

10 agosto 2007

Il Consiglio di sicurezza delle Nazioni unite, in seguito a forti e insistenti pressioni Usa, vota all’unanimità l’ampliamento delle funzioni dell’Onu in Iraq: in base alla nuova risoluzione (la n° 1770/2007), l’Unami – il cui mandato è prorogato di un altro anno – è autorizzata a consigliare e assistere il governo iracheno su questioni politiche, economiche, costituzionali, oltre che su quelle umanitarie; potrà promuovere, su richiesta del governo iracheno, contatti tra le parti politiche e un confronto tra le varie aree del paese su temi dei confini, dei profughi, dell’energia. L’Unami, ritiratasi dall’Iraq dopo l’attentato del 19 agosto 2003 (v. sopra, cap. "L’occupazione e la resistenza"), tornata nel paese con uno staff ridotto nell’agosto 2004, si trova ora ad operare con un mandato rafforzato, politico oltre che umanitario. Il mandato di Ashraf Qazi come inviato speciale Onu in Iraq, che scade oggi, è temporaneamente prorogato e si profila la sua sostituzione con una personalità di maggiore rilievo: il 5 settembre, infatti, Staffan de Mistura sarà nominato al posto di Qazi, che a sua volta diverrà rappresentante speciale per il Sudan.

11 agosto 2007

Il governatore della provincia di Qadissiya, Khalil Jalil Hamza, è ucciso assieme al capo della polizia mentre sta rientrando nel capoluogo provinciale Diwaniya dopo aver assistito al funerale di un capo tribale: il convoglio nel quale i due viaggiano è investito dallo scoppio di una bomba. Il 20 agosto, in un analogo attentato, perde la vita il governatore della provincia di Muthanna Mohammed Ali Hassani, la cui auto è squarciata da una bomba mentre dalla sua abitazione si sta recando a Samawa. I due governatori appartengono al Siic. Nel sud sciita le lotte tra la Brigata Badr e l’Esercito al Mahdi sono frequenti e spesso cruente; per altro il governatore Hassani ha sempre ostentato un atteggiamento intransigente nei confronti delle milizie rivali, rifiutando ogni trattativa e definendole fuorilegge, quindi la polizia locale attribuisce la sua uccisione alla milizia di al Sadr. Il movimento sadrista nega in entrambi i casi ogni suo coinvolgimento e anche i vertici del Siic imputano i due attentati a "residui del regime di Saddam". Certo, nella provincia di Qadissiya gli scontri tra forze di polizia – in prevalenza composte da miliziani della Brigata Badr – e l’esercito al Mahdi sono iniziati da almeno un anno (v. sopra, 28 agosto 2006) e la situazione non è cambiata nei mesi successivi; dal 9 aprile 2007 (v. sopra) le due formazioni hanno combattuto per giorni; il 16 maggio (v. sopra) un patto d’onore ha tentato di riportare la calma, ma non ha retto. L’uccisione dei due governatori potrebbe infiammare ulteriormente il conflitto.

14 agosto 2007

Quattro camion bomba esplodono nelle cittadine di Tal Uzair e Khataniya, in provincia di Ninive, compiendo una strage di enormi proporzioni: almeno 400 persone morte, 200 ferite. Bersaglio una minoranza religiosa, gli Yazidi: un gruppo di circa 500.000 persone di etnia kurda, che praticano un culto preislamico antico di oltre 4.000 anni e in Iraq vivono soprattutto nella zona di Mossul (ma sono presenti anche in Iran, Siria, Turchia, Armenia e Georgia e attualmente molti si sono rifugiati in Europa). Gli Yazidi sono stati spesso perseguitati in passato e oggi sono obiettivo di frequenti attentati, anche perché una persistente diceria li accusa di adorare il diavolo. La diceria nasce dal fatto che gli Yazidi venerano gli angeli e tra essi anche Malak Taus, un angelo dall’aspetto di un pavone caduto in disgrazia. Il massacro odierno può dunque essere attribuibile ad estremisti religiosi – il comando Usa non perde tempo per incolpare al Qaeda e il Pontificio istituto missioni estere, attraverso l’agenzia Asianews, parla di un piano di pulizia etnica il cui prossimo obiettivo saranno le comunità cristiane – ma Massud Barzani, il 16 agosto, lo attribuisce invece a imprecisati "servizi segreti internazionali" (a questo proposito vale la pena ricordare che, nella zona abitata e controllata dagli Yazidi dovrebbe passare, secondo il progetto di Stati uniti ed Israele, l’oleodotto Mossul – Haifa). A Kirkuk è accertato il primo caso di colera: di qui l’epidemia, minimizzata dalle autorità, si diffonderà a velocità impressionante (inizialmente anche 200 nuovi casi al giorno) in tutto il Kurdistan e successivamente si propagherà verso sud (v. infra, 24 settembre 2007). In tutto l’Iraq – dopo l’embargo, l’invasione e quattro anni di occupazione – cibo e acqua potabili sono scarsi e il sistema sanitario è devastato.

17 agosto 2007

L’agenzia "Awsat al Iraq" dà notizia dell’inserimento di una figlia di Saddam Hussein, Raghd Hussein al Majid – già ricercata in Iraq (v. sopra, cap. "Le elezioni politiche e il governo unitario", 5 luglio 2006) – nelle liste dei ricercati dall’Interpol, assieme alla moglie dell’ex presidente e al capo della polizia segreta del passato regime. I tre sono accusati di terrorismo.

19 agosto 2007

Sette militari statunitensi, di stanza in Iraq e prossimi al rientro in patria, firmano un editoriale pubblicato dal "New York Times" intitolato "La guerra come noi l’abbiamo vista", nel quale descrivono gli effetti di una occupazione in cui "non abbiamo mantenuto nessuna promessa e abbiamo sostituito alla tirannia del Baath quella degli integralisti islamici, delle milizie e della criminalità". Per i sette soldati, il dibattito politico americano sulla guerra è "surreale", la stampa Usa descrive una situazione irachena "sempre più sotto controllo", ma non si parla "del sempre maggiore disordine civile, politico e sociale che noi vediamo ogni giorno". Gli iracheni – è la conclusione dell’editoriale – che "abbiamo anche defraudati del rispetto per sé stessi" presto capiranno che "il modo migliore per riacquistare la loro dignità è definirci per quello che siamo, un esercito di occupazione, e costringerci a fare le valigie". Un triste destino attende alcuni firmatari dell’editoriale: due di essi muoiono il 10 settembre in un incidente stradale alla periferia di Baghdad e, qualche giorno prima, un altro è ferito alla testa. Un elicottero iraniano precipita in una zona di confine tra Iran nord – occidentale e Iraq: i miliziani kurdo – iraniani del Pjak (Partito per la vita libera in Kurdistan) ne rivendicano l’abbattimento. Dal giorno successivo truppe iraniane si ammassano in numero considerevole sul confine per inseguire i combattenti del Pjak. Il vice ministro degli Interni del Kurdistan iracheno Jabar Yawar, in un’intervista al "Guardian", accusa l’Iran di aver effettuato bombardamenti in territorio iracheno, che avrebbero ferito due donne, fatto strage di bestiame e provocato la fuga di migliaia di abitanti dei villaggi kurdi di confine. Il Pjak, nel confronto militare con le truppe iraniane, riceve l’appoggio dei combattenti kurdo – turchi del Pkk; di recente inoltre si segnala una crescita dei suoi combattenti, che avrebbero superato le 3.000 unità. Secondo Teheran, dietro l’accresciuta forza e combattività dei separatisti kurdi in Iran si celano gli Stati uniti, che finanzierebbero e armerebbero il Pjak (come altre forze antigovernative) nel tentativo di mettere in crisi il regime iraniano.

20 agosto 2007

"The Independent" pubblica alcune dichiarazioni di Moqtada al Sadr, raccolte in due incontri con il leader sciita avvenuti a Kufa. Secondo al Sadr, l’esercito britannico è stato sconfitto in Iraq – anche ad opera dell’Esercito al Mahdi – e si ritirerà presto dal paese, rinunciando ad una guerra che non solo ha messo in pericolo i militari ma ha reso meno sicura la stessa Gran Bretagna. Pare che anche i comandi militari britannici, aggiunge "The Independent", abbiano detto al premier Gordon Brown che in Iraq non c’è più nessun possibile risultato da conseguire ed è meglio dislocare le truppe in Afghanistan. Si prospetta quindi un passaggio, in un prossimo futuro, della provincia di Bassora al controllo iracheno. Le truppe britanniche, falcidiate da perdite sempre più consistenti e intralciate da crescenti difficoltà logistiche, contano attualmente 5.500 elementi, stanziati per la maggior parte in una base presso l’aeroporto di Bassora e circa 500 nel Basra Palace – ex palazzo di Saddam Hussein costruito in riva allo Shatt al Arab – assediato e attaccato in continuazione: questi ultimi stanno per abbandonare la postazione (i civili del consolato britannico e dell’Onu, pure ospitati nel palazzo, se ne sono andati da qualche mese). Il ritiro delle truppe britanniche è fieramente osteggiato dagli Stati uniti, sia perché renderebbe più insicure le linee di rifornimento delle truppe Usa che risalgono dal Kuwait verso nord, sia perché rischierebbe di porre sotto l’esclusivo controllo delle milizie sciite il più importante polo petrolifero iracheno.

21 agosto 2007

A Baghdad inizia il processo a 15 collaboratori di Saddam Hussein accusati di crimini contro l’umanità per la cruenta repressione dell’insurrezione sciita avvenuta nel 1991, subito dopo la fine della prima guerra del Golfo. Anche il cugino dell’ex rais, Ali Hasan al Majid (Ali il chimico), già condannato a morte il 24 giugno scorso nel processo sulla campagna Anfal (v. sopra), è tra gli accusati.

22 agosto 2007

A Kansas City, parlando al convegno annuale dei Veterani delle guerre all’estero, il presidente statunitense George Bush afferma che "ritirarsi dall’Iraq sarebbe un errore, allo stesso modo che lo fu ritirarsi dal Vietnam"; quanto ad al Qaeda e alle forze che si oppongono alle truppe Usa in Iraq, "sono certi della loro causa come lo erano i nazisti, gli imperialisti in Giappone e i comunisti sovietici; e avranno lo stesso destino". In questi giorni una vecchia intervista rilasciata da Cheney il 15 aprile 1994, riapparsa su You Tube, crea qualche imbarazzo a Washington: l’attuale vice presidente, che a quella data ricopriva la carica di segretario alla Difesa nell’amministrazione di Bush padre, difendeva la scelta allora effettuata di non rovesciare Saddam Hussein dopo averlo sconfitto nella prima guerra del Golfo, perché "se fossimo andati a Baghdad... ci sarebbe stata un’occupazione americana dell’Iraq. Occupato l’Iraq e deposto Saddam chi avremmo messo al suo posto? E’ una parte del mondo facile a prendere fuoco e... avremmo rischiato di vedere l’Iraq andare in pezzi".

23 agosto 2007

All’alba, 200 armati invadono i villaggi di al Tamim e Yahya, fanno saltare tre abitazioni e una moschea, uccidono l’imam e tre giovani fedeli. Secondo la polizia locale, ma anche il Consiglio degli Ulema, l’attacco è una vendetta di al Qaeda, che punisce in questo modo tutte le tribù che si rifiutano di prestare obbedienza allo Stato islamico in Iraq. Nei due villaggi la popolazione reagisce ingaggiando una battaglia con gli attaccanti: il bilancio complessivo è di 25 morti, tra forze integraliste e forze di autodifesa.

26 agosto 2007

In conferenza stampa, il premier Nouri al Maliki, il presidente Jalal Talabani (leader dell’Upk), il presidente della regione autonoma del Kurdistan Massud Barzani (leader del Pdk), i vice presidenti Adel Abdel Mahdi (esponente del Siic) e Tareq al Hashemi (leader del Partito islamico iracheno) annunciano di aver raggiunto un accordo su alcuni punti fondamentali per il perseguimento della riconciliazione nazionale. Fra i punti dell’accordo, emendamenti alla legge sulla debaatificazione per consentire il recupero alla vita pubblica degli ex baatisti che non si siano macchiati di crimini e non abbiano ricoperto incarichi di rilievo nel vecchio regime; il rilascio di circa 1.700 detenuti senza accuse specifiche; lo svolgimento di elezioni provinciali. L’accordo non è ancora raggiunto circa la legge sul petrolio e le modifiche costituzionali; anche circa i punti sui quali c’è accordo, non è automatico che ci siano i numeri per l’approvazione in Parlamento dei relativi provvedimenti. L’odierno piano di riconciliazione è probabilmente solo un mezzo, ad uso dei media, con cui il premier iracheno cerca di superare la brutta situazione in cui è finito per gli abbandoni degli alleati e la conseguente paralisi del governo; nonostante il compromesso, il Fronte per l’accordo iracheno – di cui il Partito islamico iracheno è componente essenziale – non manifesta l’intenzione di rientrare nel governo. Al Maliki, parlando alla stampa straniera, si scaglia contro chi dall’estero lo ha criticato, come il ministro degli Esteri francese Bernard Kouchner e la senatrice statunitense Hillary Clinton che hanno recentemente chiesto le sue dimissioni. Al Maliki li accusa di "flagrante interferenza negli affari di uno stato indipendente". Iyad Allawi, in un’intervista alla Cnn, ammette di aver recentemente assoldato una importante società di lobbying statunitense – la Barbour Griffith & Rogers – "a causa del ruolo cruciale degli Stati uniti" per "aiutarci a promuovere i nostri punti di vista, quelli degli iracheni nazionalisti, degli iracheni non confessionali". Non è un mistero che Allawi, anche se non lo dice esplicitamente, aspiri a guidare di nuovo il governo dell’Iraq e la BGR – che da contratto riceverà 300.000 $ per i suoi servizi – sta già dandosi molto da fare in questo senso negli Usa. Allawi afferma nell’intervista che il denaro necessario a compensare la BGR viene da un iracheno di cui non può fare il nome (il 30 agosto dirà a "Newsweek" che i finanziatori iracheni anonimi sono due), mentre sul "Washington post" del 28 agosto un articolo di David Ignatius adombra finanziamenti dall’Arabia saudita, da paesi del Golfo e da altri sostenitori al di fuori dell’Iraq. Ai microfoni della Cnn, Allawi critica inoltre le politiche del governo iracheno, responsabili dei problemi del paese: una nota a sua firma molto dura in tal senso è uscita il 18 agosto sul "Washington post" e poi inviata, a cura della BGR, ai membri del Congresso e alle personalità più potenti negli Stati uniti.

27 agosto 2007

A Kerbala, affollata da almeno un milione di pellegrini che celebrano il compleanno del dodicesimo imam sciita (al Mahdi, l’imam scomparso), divampano scontri tra uomini armati e le forze di polizia. Gli scontri durano due giorni, con un bilancio ufficiale di 50 morti e di 380 feriti. Secondo vari testimoni, gli scontri hanno inizio tra combattenti dell’Esercito al Mahdi e uomini delle forze di sicurezza che li avrebbero in qualche modo provocati. Le forze di sicurezza imputano la responsabilità degli scontri all’Esercito al Mahdi, che prenderebbe a bersaglio le moschee di Kerbala in quanto controllate dal partito sciita rivale, il Siic. Altri residenti e pellegrini definiscono gli scontri come un’esplosione di collera popolare, una rivolta contro il governo (è anche la versione di al Sadr); per il quotidiano "Azzaman" la polizia spara sulla folla che urla slogan contro il governo, mentre i sadristi approfittano dell’occasione per cercare invano di occupare il santuario dell’imam Hussein. Forse tutte queste versioni contengono una parte di verità: in ogni caso, molti ufficiali di polizia si rifiutano di sparare, abbandonando gli scontri (questo particolare è confermato dal fatto che al Maliki ordina l’espulsione degli "elementi disfattisti" dalle forze di sicurezza). L’incendio di Kerbala si propaga anche a Baghdad, dove in vari quartieri gli uffici delle due formazioni sciite rivali subiscono attacchi. Il 29 agosto, da Najaf, Moqtada al Sadr – che si proclama per altro estraneo agli scontri – dichiara "il congelamento dell’Esercito al Mahdi" e impartisce ad esso l’ordine di sospendere, per un periodo massimo di 6 mesi, ogni tipo di attacco sia contro gli occupanti che contro altre forze; esorta a non attaccare sedi politiche, soprattutto del Siic. Sempre il 29 agosto, giunge a Kerbala al Maliki – per il quale, al solito, gli scontri sono imputabili a "bande di criminali e di residui del vecchio regime" – che destituisce il responsabile locale delle forze di sicurezza e impone un coprifuoco a tempo indeterminato (esteso anche a Najaf e Hilla).

28 agosto 2007

Dopo due anni di lavori, l’ambasciata Usa a Baghdad – la più grande e costosa del mondo – è consegnata ufficialmente al governo statunitense e diverrà operativa entro poche settimane. Cittadella fortificata nella già fortificata zona verde, grande come il Vaticano, autosufficiente quanto a rete elettrica, idrica, fognaria contiene anche, oltre agli uffici, residenze per il personale di rango elevato, centro commerciale, mensa, scuola, cinema, piscina, campi da tennis e da basket, salone di estetica e American club, onde evitare ai funzionari ogni necessità di uscirne: ma ciò impedirà anche ai medesimi di avere il minimo contatto con la realtà esterna. I lavori di costruzione sono oggetto di indagine da parte di una commissione del Congresso Usa, perché affidati a manodopera straniera talvolta trasferita forzatamente o con l’inganno in Iraq (nel marzo 2006, 50 lavoratori filippini, ingaggiati a Kuwait city con la promessa di un lavoro a Dubai, furono invece portati in aereo a Baghdad e costretti a lavorare nei cantieri dell’ambasciata). Sempre nella capitale, forze americane irrompono nell’hotel Sheraton e arrestano mentre stanno cenando sette iraniani facenti parte di una delegazione del ministero dell’Energia di Teheran, che si trovano a Baghdad su invito del ministro dell’Elettricità iracheno; anche i loro sette collaboratori iracheni, autisti e interpreti, sono arrestati. La versione degli americani è che il gruppo sia stato arrestato a un check point, perché trovato in possesso di armi non autorizzate. Tuttavia, dopo le proteste di Teheran e, si suppone, del governo iracheno, gli iraniani sono rilasciati, ma non i collaboratori iracheni.

30 agosto 2007

Il ministro degli Esteri Zebari rivela in conferenza stampa l’intenzione del governo di lavorare alla conclusione di un accordo di lungo termine sulla sicurezza con gli Stati uniti, una volta scaduto il mandato dell’Onu alla Forza multinazionale in Iraq. Un accordo di questo genere, simile a quelli che altri paesi arabi hanno stretto con gli Usa, servirebbe – secondo Zebari – a rafforzare la sovranità dell’Iraq. Il ministro depreca poi i bombardamenti ormai "diventati di routine" che l’Iran effettua nella zona kurda del nord iracheno (v. sopra, 19 agosto 2007), contro i quali afferma di aver protestato con l’ambasciatore iraniano; ammonisce che queste azioni danneggeranno i rapporti tra i due paesi e minaccia altre misure diplomatiche. Mentre le truppe britanniche stanno per lasciare il Basra Palace (v. sopra, 20 agosto 2007), il ministero della Difesa di Londra smentisce l’esistenza di un accordo – di cui si vocifera da tempo – concluso con l’Esercito al Mahdi e volto a garantire che il ritiro avvenga senza problemi. Tuttavia, due fatti sembrano configurare una sorta di scambio tra truppe britanniche e sadristi: il primo è la consegna alle autorità irachene di 26 prigionieri, alcuni dei quali considerati "terroristi" di rilievo; il secondo è la sospensione di ogni attacco, anche alle forze occupanti, imposta da Moqtada al Sadr alle milizie del Mahdi (v. sopra, 27 agosto 2007), funzionale a garantire ai britannici un ritiro tranquillo. L’esistenza dell’accordo è confermata l’8 settembre dal "Guardian", che parla dell’avvenuto rilascio dei 26 detenuti e di quello futuro di altri 77 come elemento di un processo di riconciliazione tendente a consentire un ritiro sicuro delle truppe britanniche. Il ministero della Difesa britannico ammette di aver condotto proficue trattative con l’Esercito al Mahdi, ma continua a smentire l’esistenza di un accordo.

31 agosto 2007

Alla Mostra del cinema di Venezia, è accolta da cinque minuti di calorosi applausi la proiezione del film "Redacted" di Brian De Palma, sorta di pamphlet contro la guerra in Iraq ispirato alla strage di Mahmoudiya (v. sopra, cap. "Le elezioni politiche e il governo unitario", 11 marzo 2006). A Helsinki, per iniziativa della Crisis management initiative, organizzazione finlandese presieduta da Martti Ahtisaari, si tiene un seminario mirante ad impostare un piano di riconciliazione in Iraq, sulla base delle esperienze di Sudafrica e Irlanda del nord. Al seminario partecipano delegazioni sudafricane e nord irlandesi oltre a quelle di formazioni politiche irachene. Non si conoscono i nomi dei partecipanti iracheni, ma pare siano rappresentati il movimento di al Sadr, il Dawa, il Siic, il Fronte per l’accordo iracheno, il Fronte per il dialogo nazionale. I lavori durano quattro giorni e si concludono con un accordo in 12 punti, fra i quali il disarmo controllato, la partecipazione di tutte le componenti al processo politico, la fine delle ingerenze esterne.

1 settembre 2007

A Baghdad manifestano contro la legge sul petrolio i sindacati e le forze contrarie al provvedimento, alla vigilia della riapertura – dopo la pausa estiva – del Parlamento, che dovrebbe approvare la legge.

3 settembre 2007

All’alba, il ritiro degli ultimi militari britannici dal Basra Palace è completato: i 550 uomini si sono uniti ai 5.000 di stanza nella base presso l’aeroporto di Bassora, fuori dei confini cittadini. Si prevede che entro la fine dell’anno l’intera provincia passerà sotto il controllo delle autorità irachene e che dunque il numero dei soldati britannici in Iraq presto scenderà ulteriormente. Gordon Brown ripete che non si tratta di una fuga, ma di una mossa pianificata con le autorità irachene che porterà i soldati di Sua Maestà da un ruolo combattente a un ruolo di supervisione del conflitto. "Guardavano in faccia la catastrofe e si sono ritirati davanti ai nostri attacchi" dice invece un portavoce dell’Esercito al Mahdi. Nei giorni successivi, 30 rappresentanti di varie formazioni politiche e religiose di Bassora (ma non i sadristi) firmano una ‘carta d’onore’ finalizzata alla promozione della sicurezza nella città, in cui si impegnano a consegnare le armi pesanti, a non infiltrarsi nelle forze di sicurezza e a cooperare, invece, con queste ultime. George Bush visita a sorpresa, assieme a Condoleezza Rice e Robert Gates, la base aerea di al Asad, nella provincia di Anbar: una provincia considerata ormai "pacificata", in cui i capi tribali, finanziati e armati dagli Usa, contrastano con successo al Qaeda. Il presidente, assieme ai due ministri, incontra il generale David Petraeus e l’ambasciatore Ryan Crocker (che a settembre riferiranno al Congresso sulla situazione irachena), il premier al Maliki e il presidente Jalal Talabani; vanta di fronte ai giornalisti i successi ottenuti in Iraq e accenna a una conseguente possibile riduzione delle truppe Usa (ma "la decisione sarà presa in base a valutazioni dei comandi militari e non alle reazioni nervose dei politici ai sondaggi e ai mass media"); ringrazia i capi tribali e si offre all’obiettivo dei fotografi con il loro maggior esponente, Abdul Sattar Abu Risha.

4 settembre 2007

David Walker, capo del Government accountability office (Gao), riferisce che la strategia dell’amministrazione Bush in Iraq ha fallito almeno 11 dei 18 obiettivi politici e militare che il Congresso ha fissato lo scorso anno, contemporaneamente al voto di stanziamenti aggiuntivi per spese militari. Una precedente bozza del rapporto, anticipata dalla stampa, era ancor più severa: parlava di tre soli obiettivi centrati, e non completamente.

6 settembre 2007

Iyad Allawi, intervistato da al Arabiya, afferma di aver organizzato incontri tra alti esponenti statunitensi e rappresentanti dell’ala del Baath che fa capo ad Izzat Ibrahim al Douri. I colloqui avrebbero riguardato la partecipazione degli ex baatisti al processo politico e le conseguenti modifiche da apportare alla legge sulla debaatificazione. A Baghdad, elicotteri Usa aprono il fuoco, in piena notte, contro un gruppo di case nel quartiere di al Mansour, mentre carri armati e blindati le attaccano da terra; il bilancio è di alcune case demolite e di almeno 14 civili uccisi nel sonno. Un funzionario del ministero della Difesa iracheno afferma che al momento dell’attacco "la zona era tranquilla, non c’erano scontri", mentre secondo il comando Usa il raid era diretto contro cecchini appostati sui tetti.

8 settembre 2007

Il Fronte per il dialogo nazionale (come già il Fronte per l’accordo iracheno e i sadristi, v. sopra, 17 luglio 2007) annuncia il rientro in Parlamento dei propri deputati, constatando che il governo si mostra disposto ad affrontare i problemi della sicurezza e a rinviare a dopo il ramadan la discussione della legge sul petrolio. Il generale David Petraeus, dal sito del comando di Baghdad, indirizza una lettera a tutto il personale militare statunitense di stanza in Iraq, nella quale constata "alcuni progressi tattici" ma non i "tangibili progressi politici" che ci si augurava e conclude che, dunque, "le cose non sono andate come speravamo".

10 settembre 2007

Il generale David Petraeus presenta, oggi alla Camera e domani al Senato, il suo atteso rapporto sull’Iraq, precisando di averlo preparato in autonomia e di non averlo sottoposto ad alcun tipo di controllo preventivo. Secondo il generale, la situazione irachena sta migliorando e vari obiettivi sono stati raggiunti: come esempio dei successi ottenuti, cita la solita provincia di Anbar. Nel contempo, il generale ammette che le morti di civili sono troppe e che al Qaeda non è stata sconfitta; imputa all’Iran di voler condurre una guerra per procura contro l’Iraq e la Coalizione, trasformando le milizie sciite in qualcosa di simile a Hezbollah. Petraeus considera prematuro parlare di un rimpatrio sostanzioso di soldati statunitensi: prospetta il rientro di una brigata di 4.000 soldati a metà dicembre e, nella prima metà del prossimo anno, il ritiro di altri 30.000 soldati, riportando la consistenza del contingente Usa ai livelli di prima del surge. A questo proposito, secondo il "Washington post", c’è una divergenza tra Petraeus e il suo diretto superiore, William Fallon, secondo il quale occorrerebbe ridurre più sensibilmente le truppe in Iraq per destinarle ad altri compiti. Da oggi, la Siria richiede, agli iracheni che vogliono entrare nel paese, il visto rilasciato dall’ambasciata siriana di Baghdad. La Siria non pone restrizioni, di regola, alla concessione di visti per i cittadini di altri stati arabi, quindi finora tutti i profughi hanno ottenuto con facilità al confine un visto di tre mesi rinnovabile; il nuovo sistema favorirà invece gli iracheni appartenenti a determinati ceti o categorie professionali e respingerà gli altri (anche se l’Onu insiste perché non sia abbandonato un approccio umanitario al problema). Ad oggi vivono in Siria, concentrati a Damasco e dintorni, 1.500.000 iracheni; altri ne entrano di continuo, al ritmo di 30.000 al mese. Una situazione insostenibile per il paese ospitante, che vede in crisi le sue capacità ricettive, la rete delle infrastrutture, i servizi pubblici, la sicurezza, la capacità di spesa dei suoi cittadini di fronte all’incontenibile aumento dei prezzi; la gestione dei profughi, inoltre, costa allo stato circa un miliardo $ all’anno.

12 settembre 2007

A Baghdad, centinaia di sunniti e sciiti manifestano insieme contro il muro di separazione che le forze Usa stanno costruendo – senza aver consultato gli abitanti – tra i quartieri di Shula (prevalentemente sciita) e quello di Ghazaliya (prevalentemente sunnita).

13 settembre 2007

George W. Bush rivolge un discorso alla nazione, ricalcando il rapporto Petraeus (v. sopra, 10 settembre 2007) con una punta di ottimismo in più. Bush vanta i successi in Iraq (un po’ tardivi, ma "non è mai troppo tardi per sconfiggere al Qaeda e far avanzare la democrazia"); annuncia il ritiro di 5.700 soldati prima di Natale e di altri 30.000 entro la prossima estate, purché la stabilizzazione dell’Iraq proceda; lancia lo slogan "tornare nel successo" ("più successi avremo, più truppe potranno tornare"). I conclamati successi sono tuttavia oscurati da una notizia che giunge solo qualche ora prima del discorso: l’uccisione di Abdul Sattar Abu Risha, il capo tribale che nella provincia di Anbar guidava le tribù sunnite alleate degli Usa contro al Qaeda e che il presidente Usa aveva incontrato nella sua visita a sorpresa del 3 settembre scorso (v. sopra). Uno studio condotto da un istituto di rilevazioni britannico, l’Orb, stima che i morti civili dall’invasione dell’Iraq siano circa 1.220.580. Ad un campione di 1.461 iracheni – questo il procedimento seguito – si è chiesto quanti membri civili della propria famiglia fossero morti per cause violente dal giorno dell’invasione; si sono poi rapportati i dati così ottenuti al numero delle famiglie irachene, stimate in 4.050579.

15 settembre 2007

A Washington, 100.000 persone sfilano contro la guerra in Iraq. La polizia, che accoglie la marcia in assetto antisommossa, dopo qualche scaramuccia effettua 200 arresti. A Baghdad i deputati sadristi escono dall’Alleanza irachena unita, accusandola di non tener conto delle loro posizioni politiche. A Baquba sono uccisi due sceicchi sunniti appartenenti al locale Consiglio di salvezza (un organismo costituitosi di recente per contrastare al Qaeda, sul modello del Consiglio di salvezza di Anbar).

16 settembre 2007

A Baghdad,nel quartiere al Mansur, alcuni contractors della Blackwater (grossa società di sicurezza privata statunitense), di scorta ad un convoglio del dipartimento di Stato Usa, mitragliano indiscriminatamente la folla (per legittima difesa, come tentano di sostenere loro; o senza alcuna provocazione, come sostengono invece i numerosi testimoni e lo stesso governo iracheno) facendo una strage: almeno 17 morti, tra cui un bambino di 9 anni, e 24 feriti. L’inutile massacro costringe, nei giorni seguenti, il governo iracheno a reagire, annunciando la revoca della licenza per la Blackwater, una normativa più rigorosa sulle licenze e il porto d’armi e un riesame delle operazioni e dello status di tutte le compagnie di sicurezza private, sia straniere che locali. In realtà la Blackwater opera in Iraq senza la licenza del ministero degli Interni iracheno (obbligatoria dall’ottobre 2005 per le società di sicurezza private che operano in Iraq), perché protetta dal dipartimento di Stato Usa. E’ tuttavia dubbio che il governo iracheno voglia o possa, senza il permesso degli Stati uniti, incidere sullo status delle compagnie di sicurezza straniere. Il 19 settembre al Maliki accusa la Blackwater delle uccisioni immotivate di altri 6 iracheni e chiede all’ambasciata Usa di rivolgersi a una diversa società per la sicurezza dei propri addetti: così per due giorni l’ambasciata Usa blocca i movimenti via terra del proprio personale al di fuori della zona verde; ma il 21 settembre la stessa ambasciata, sentite – a suo dire – le autorità irachene, decide di far riprendere alla Blackwater il servizio di scorta, sia pure limitatamente alle missioni essenziali. La punizione dei responsabili della strage è problematica: l’ordinanza n° 17 emessa nel 2003 da Paul Bremer (riconfermata nel 2004 alla vigilia del "trasferimento di sovranità" agli iracheni) rende i dipendenti delle società di sicurezza straniere immuni dalla giurisdizione irachena. Anche se il governo iracheno abrogasse l’ordinanza, ciò non avrebbe effetti retroattivi. Il 22 settembre Nouri al Maliki ordina un’inchiesta sulla strage, affidandola al ministro della Difesa e ad alti funzionari di polizia. Le forze armate Usa avviano una inchiesta interna sulla sparatoria, ma indaga anche l’Fbi. Ad indagini ancora in corso, nell’aprile 2008, il dipartimento di Stato rinnova il contratto in scadenza della Blackwater per un altro anno.

20 settembre 2007

A Sulaimaniya, nella regione kurda irachena, le forze Usa arrestano Mahmud Farhadi, uomo d’affari e componente di una delegazione commerciale iraniana inviata nella città kurda, sospettandolo di essere in realtà un ufficiale della Forza al Quds e di aver fornito armi ai combattenti iracheni. Immediata la protesta di Teheran che, per ritorsione, il 23 e 24 settembre chiude due valichi al confine con l’Iraq. Il provvedimento iraniano è dovuto però anche alla tensione nella zona di confine a causa della guerriglia del Pjak (v. sopra, 19 agosto 2007): i passaggi di frontiera chiusi, infatti, sarebbero già cinque e Teheran progetta la costruzione di un muro sul confine (lo scheletro del muro in costruzione sarà fotografato per la prima volta all’inizio di gennaio 2008 da un fotoreporter del quotidiano turco Sabah). La chiusura dei valichi determina la diminuzione delle forniture alimentari e l’aumento dei prezzi nella regione kurdo irachena.

24 settembre 2007

Il ministro del Petrolio Hussein al Shahristani esprime l’intenzione, malgrado la mancata approvazione della legge sul petrolio, di concludere accordi con le multinazionali straniere. Gli accordi conclusi dal ministero del Petrolio saranno approvati dal Consiglio dei ministri: secondo Shahristani, le compagnie straniere non hanno nulla da obiettare a questa procedura. Il ministro ribadisce che, invece, i recenti accordi firmati con società straniere dal governo regionale kurdo (v. sopra, 6 agosto 2007) sono illegali e mette in guardia in tal senso le compagnie straniere. Le autorità sanitarie irachene ammettono la presenza di casi di colera nella capitale: ancora recentemente negavano che il contagio si stesse diffondendo dal nord kurdo verso sud (v. sopra, 14 agosto 2007). Il "Washington Post" pubblica alcuni documenti inerenti a processi che si svolgono a Baghdad avanti alla Corte marziale contro tre tiratori scelti del 501° reggimento fanteria Usa, accusati di aver ucciso senza motivo dei civili iracheni e di aver posto sui cadaveri prove incriminanti (in un caso un kalashnikov, in un altro un rotolo di filo elettrico come prova dell’intento di confezionare una bomba). Dalle carte processuali emerge l’esistenza di un programma segreto (Baiting program, programma Esca) elaborato da una unità del Pentagono per la guerra non convenzionale alla fine del 2003: ai plotoni di tiratori scelti dei vari reggimenti vennero distribuiti rotoli di filo elettrico, detonatori, insomma i componenti necessari a fabbricare un ordigno, che avrebbero dovuto essere disseminati come esche sulle strade irachene. I tiratori scelti avrebbero poi dovuto sparare a chiunque avesse dimostrato di essere un insorto effettivo o potenziale, raccogliendo le esche. Gli attuali imputati, che stando alle testimonianze processuali non rappresentano un fenomeno isolato, hanno trovato più produttivo uccidere prima i "sospetti" e poi mettergli addosso le esche.

26 settembre 2007

Il Senato degli Stati uniti approva a maggioranza bipartisan (con 75 voti a favore e 23 – tutti repubblicani – contrari) una risoluzione, presentata dal democratico Joseph Biden jr, che appoggia la divisione dell’Iraq "in tre regioni semi- autonome" – sciita, sunnita e kurda – con un "limitato governo centrale a Baghdad" responsabile della difesa e della gestione del petrolio. La risoluzione non è vincolante. Nouri al Maliki, il 28 settembre, stigmatizza il piano come una "catastrofe"; dure condanne giungono dal Consiglio degli Ulema e dai sadristi; fuori dall’Iraq, anche il Consiglio di cooperazione del Golfo e lo Yemen criticano il piano come destabilizzante dell’intera regione mediorientale. Al coro di critiche si aggiungono, il 29 settembre, quelle del ministro degli Esteri iraniano, del presidente siriano Bashar Assad e dell’Organizzazione della Conferenza islamica. Parere favorevole è espresso invece dal governo regionale del Kurdistan.

28 settembre 2007

Ad Ankara, i ministri degli Interni turco e iracheno sottoscrivono un accordo – frutto di lunghe trattative – per un’azione comune contro il Pkk. Dal testo definitivo dell’accordo resta escluso un articolo che prevedeva la possibilità per l’esercito turco di entrare, previa autorizzazione di Baghdad, in territorio iracheno e compiervi limitate operazioni militari contro i ribelli del Pkk. Nel corso di un dibattito in New Hampshire, rispondendo a una precisa domanda del conduttore, nessuno dei tre principali candidati alla nomination democratica (Hillary Clinton, John Edwards, Barak Obama) si sente di impegnarsi, in caso di vittoria alle presidenziali, a completare il ritiro delle truppe dall’Iraq entro la fine del mandato, nel 2013.

1 ottobre 2007

A Washington è reso pubblico un rapporto della Commissione di controllo sulle attività del governo del Congresso Usa, guidata dal democratico Henry Waxman. Il rapporto sostiene che dal 2005 ad oggi la Blackwater, principale contractor del dipartimento di Stato in Iraq, è stata coinvolta in almeno 195 sparatorie e che i mercenari spararono per primi nell’80% dei casi (cfr. anche sopra, 16 settembre 2007). Il dipartimento di Stato – denuncia il rapporto – non ha mai censurato il sanguinoso operato della Blackwater e, lungi dall’individuare le responsabilità dei comportamenti illeciti e criminali, ha permesso talvolta alla società di tacitare i familiari delle vittime con esborsi di denaro prontamente autorizzati. Era ubriaco il contractor della Blackwater che, alla vigilia del natale 2006, uccise un agente della scorta del vice presidente iracheno al Mahdi: con l’approvazione del dipartimento di Stato fu rimpatriato in 36 ore, mentre la famiglia dell’ucciso si dovette accontentare di 15.000 $ (in quanto un’offerta superiore, secondo l’ambasciata Usa, avrebbe incoraggiato gli iracheni a "farsi uccidere dai nostri uomini per assicurare il futuro delle proprie famiglie"). Solo per la sua attività in Iraq, la Blackwater ha ottenuto contratti per oltre un miliardo di dollari, spesso senza nemmeno una gara. Il fondatore e capo della società (nonché finanziatore di Bush) Erik Prince, sentito dal Congresso il giorno successivo, minimizza: "Se in campo hai 1.000 persone, può darsi che ogni tanto qualcuno faccia una stupidaggine". Il governo decide di inviare una squadra dell’Fbi a Baghdad. L’affare Blackwater, incidentalmente, ha dei riflessi anche nella lotta per la nomination democratica: John Edwards rinfaccia a Mark Penn, attuale consigliere di Hillary Clinton, le consulenze strategiche che la sua società ha dato alla Blackwater dopo lo scandalo, paragonandolo a Karl Rove ( "è inutile sostituire gli affaristi repubblicani con quelli democratici"). Il 5 ottobre Condoleezza Rice, per superare la bufera, annuncia un nuovo regolamento per la Blackwater: ogni convoglio della società di scorta a diplomatici sarà accompagnato da un ispettore del dipartimento di Stato, i veicoli saranno provvisti di telecamere per documentare il comportamento dei contractors e le conversazioni tra convogli e agenzie governative Usa saranno registrate e conservate. L’inchiesta irachena sulla strage del 16 settembre 2007 (v. sopra), i cui esiti sono rivelati da Ap il 9 ottobre, conclude che i mercenari hanno sparato senza essere stati provocati; il governo iracheno chiede quindi che il governo Usa rescinda entro sei mesi tutti i contratti con la Blackwater relativi all’Iraq, che la compagnia risarcisca la famiglia di ogni ucciso con 8.000.000 $, che i responsabili del massacro siano consegnati per essere processati da un tribunale iracheno.

2 ottobre 2007

Il premier britannico Gordon Brown, da Bassora, annuncia il possibile ritiro dall’Iraq di 1.000 soldati (su 5.500) entro natale. Il governo regionale del Kurdistan annuncia di aver stipulato altri quattro accordi petroliferi, nella forma dei Psa, con società straniere (v. sopra, 6 agosto 2007).

3 ottobre 2007

Al Arabiya trasmette una registrazione nella quale il portavoce di un numero imprecisato di gruppi della resistenza annuncia la loro alleanza e la formazione di un Comando supremo per il jihad e la liberazione, sotto la guida di Izzat Ibrahim al Douri. Secondo un sito collegato al Baath, i gruppi in questione sarebbero 22 e avrebbero manifestato la disponibilità a una trattativa con gli Stati uniti, sotto precise condizioni (ritiro incondizionato immediato o in tempi brevi delle truppe straniere, fine delle operazioni militari, liberazione di tutti i detenuti, ricostituzione delle forze di sicurezza precedenti all’invasione).

7 ottobre 2007

Nella provincia turca di Sirnak 13 soldati sono uccisi in uno scontro con ribelli del Pkk; il giorno successivo un altro soldato muore per una mina azionata a distanza. Torna ad essere plausibile, in seguito a ciò, l’ipotesi di un intervento del nord Iraq da parte dell’esercito turco. Il premier Erdogan prospetta "ogni genere di provvedimento, legale, economico, politico, inclusa un’operazione oltre confine se necessaria", mentre il ministro della Difesa aggiunge che per effettuare raid limitati contro i ribelli oltre confine non occorre l’autorizzazione del Parlamento.

8 ottobre 2007

Il premier britannico Gordon Brown annuncia alla Camera dei Comuni che, entro la primavera del 2008, rimarranno in Iraq solo 2.500 soldati degli attuali 5.500, affermando che il sostanzioso rientro è reso possibile dal miglior controllo sul territorio delle forze di sicurezza irachene. Dal ritiro di tutte le forze britanniche di stanza a Bassora nella loro base presso l’aeroporto (v. sopra, 20 e 30 agosto 2007 e 3 settembre 2007), gli attacchi contro di loro sono diminuiti in modo consistente; il generale Mohan al Feraji, responsabile dell’esercito iracheno nella regione, è attivo nel promuovere accordi tra le varie parti politiche e religiose in perenne lotta per l’egemonia. Tuttavia, mentre Brown parla ai Comuni, in Iraq tre razzi colpiscono l’aeroporto di Bassora, pur senza causare né morti né feriti. In seguito a una missione diplomatica kurda a Teheran, l’Iran riapre uno dei valichi di frontiera recentemente chiusi (v. sopra, 20 settembre 2007): secondo le autorità kurde, la chiusura dei valichi ha comportato finora perdite commerciali per un milione $ al giorno.

9 ottobre 2007

A Baghdad, due donne della comunità cristiana irachena sono uccise sulla loro auto da mercenari, questa volta al soldo della Urg (Unity resources group, una società di sicurezza australiana con sede a Dubai), per non essere state abbastanza pronte a fermarsi in seguito ad alcuni spari di avvertimento; illesi i bambini seduti sui sedili posteriori. A Baiji, un attentato suicida colpisce la casa del capo della polizia cittadina e un altro quella di Hamad al Juburi, leader del Consiglio del risveglio di Salaheddin (gruppo che in questa provincia combatte al Qaeda con la collaborazione e i finanziamenti degli occupanti).

10 ottobre 2007

Andrew Harper, responsabile della divisione irachena dell’Unhcr (Alto commissariato Onu per i rifugiati), denuncia che un numero sempre maggiore di province irachene rifiuta di accogliere gli sfollati interni, ormai 2,2 milioni secondo l’agenzia: ben 11 province su 18 rifiutano l’accesso ai profughi interni o negano loro i servizi pubblici essenziali nel caso riescano ad entrare, mentre le autorità centrali si limitano a esortare quelle locali all’accoglienza. La commissione Esteri del Senato Usa approva nella notte una risoluzione che riconosce e condanna come genocidio le uccisioni indiscriminate di armeni avvenute in Turchia tra il 1915 e il 1917, nonostante Bush e la Rice abbiano prospettato il rischio di un inasprimento dei rapporti con la Turchia e una conseguente minore capacità, da parte Usa, di impedire l’invasione turca del Kurdistan iracheno. La risoluzione ora dovrà essere sottoposta al voto del Congresso. Nei giorni successivi la Turchia richiama il proprio ambasciatore da Washington, il presidente Gul definisce "inaccettabile" il testo della risoluzione, l’Unione consumatori turca lancia il boicottaggio dei prodotti statunitensi. Le aziende turche che operano nel nord Iraq (i loro investimenti complessivi sono stimati in 5 miliardi $) iniziano a liquidare le proprie attività, nel timore di un attacco turco su larga scala.

11 ottobre 2007

Al Jazeera trasmette un video che annuncia la formazione di una nuova coalizione attorno a un programma comune in 14 punti "per liberare l’Iraq": al primo posto la denuncia dell’illegalità dell’occupazione e la continuazione delle azioni contro le forze occupanti. Il programma prevede inoltre il riconoscimento della resistenza come legittima rappresentante del popolo iracheno; in prospettiva, l’abrogazione delle leggi e dei trattati varati sotto occupazione e un governo che non rappresenti interessi di parte, etnici o confessionali. Le forze coinvolte partono da un nucleo che già a maggio aveva costituito un "Fronte per la riforma e il jihad" (Esercito islamico, Esercito dei Mujaheddin, Esercito dei Fatihin, Consiglio della Sharia di Ansar al Sunna: v. sopra, 2 maggio 2007) cui si sono aggiunti il Fronte islamico per la resistenza irachena e Hamas in Iraq. Il processo di avvicinamento dei gruppi della resistenza sunnita è in corso da tempo e già a luglio il "Guardian" aveva intervistato i suoi protagonisti (v. sopra, 19 luglio 2007). Allora non si era giunti ad un annuncio ufficiale della nuova coalizione, per divergenze sulle reazioni da opporre alla politica Usa degli accordi con i leader tribali sunniti. Le Brigate della rivoluzione del 1920, fin dall’inizio coinvolte nel processo di assimilazione, non aderiscono al progetto proprio per evitare scontri con i gruppi tribali sunniti che collaborano con gli occupanti contro al Qaeda. In un raid compiuto dalle forze Usa a nord di Baghdad sono uccisi, oltre a 19 presunti ribelli sunniti, anche 15 civili (9 bambini e 6 donne).

12 ottobre 2007

Ad Arlington, il generale Ricardo Sanchez, comandante delle truppe Usa in Iraq al momento dell’invasione, successivamente coinvolto nello scandalo delle torture di Abu Ghraib (fu assolto da ogni accusa ma la sua carriera fu compromessa e venne sostituito), parla al raduno annuale dei giornalisti che si occupano di difesa e politiche militari. Inizia il suo discorso attaccando i media che lo dipinsero "ingiustamente come un bugiardo e un torturatore", ma prosegue scagliandosi contro gli "incompetenti, corrotti e negligenti" che nell’amministrazione Bush decidono la conduzione della guerra in Iraq, contro "il piano di guerra catastroficamente difettoso e irragionevolmente ottimista", contro il surge che definisce "una mossa disperata" con la quale Petraeus "può prendere tempo ma non... cambiare il risultato finale". Secondo il generale "l’amministrazione, il Congresso, ma soprattutto il dipartimento di Stato hanno la responsabilità del catastrofico fallimento, per non aver puntato sulla stabilizzazione e la ricostruzione dell’Iraq"; se i militari e lui stesso hanno una colpa, è il "non aver preteso con più forza un piano di stabilizzazione del Paese".

15 ottobre 2007

Il governo turco chiede al Parlamento di autorizzare l’attacco contro il Pkk nel territorio del Kurdistan iracheno. Gli Stati uniti chiedono alla Turchia di "astenersi da azioni potenzialmente destabilizzanti".

16 ottobre 2007

Il vice presidente iracheno Tareq al Hashemi vola ad Ankara per scongiurare l’intervento armato nella regione autonoma kurda. L’agenzia France presse, sulla base di fonti governative kurde e altre testimonianze, rivela che la Turchia ha quattro basi nel Kurdistan iracheno, presso Zakho, dal 1997. All’epoca, la Turchia aveva appoggiato il Pdk di Barzani contro l’Upk di Talabani ottenendo in cambio da Barzani – oltre all’appoggio ad un’invasione turca della regione kurdo irachena contro il Pkk – la concessione delle basi. Secondo fonti vicine al Krg i soldati turchi stanziati nel Kurdistan iracheno sono almeno 600, ma secondo gli abitanti della zona in cui si trovano le basi sarebbero circa 1.500.

17 ottobre 2007

Il Parlamento turco, dopo un acceso dibattito, autorizza l’azione armata in territorio iracheno con 507 voti favorevoli e 19 contrari (questi ultimi espressi dai deputati kurdi del Dtp). Il capo di Stato maggiore turco Buyukanit, in visita a Roma, afferma che l’esercito è pronto ad agire, non appena il governo darà il via libera. Il premier turco Erdogan afferma però che il voto del Parlamento non comporta un avvio automatico dell’operazione militare: a suo parere esistono ancora margini per una soluzione diplomatica, se il governo iracheno e il governo regionale del Kurdistan si impegneranno a neutralizzare il Pkk. Il premier iracheno al Maliki, in una telefonata a Erdogan, garantisce il suo impegno per un intervento congiunto turco iracheno contro i guerriglieri. Il presidente iracheno Talabani, in visita a Parigi, chiede al Pkk di lasciare le sue basi irachene e alla Turchia di non dare corso all’operazione militare in nord Iraq. Bush ribadisce pubblicamente che una azione militare nel Kurdistan iracheno sarebbe contro gli stessi interessi della Turchia: in realtà contrasterebbe con gli interessi Usa, perché porterebbe un nuovo conflitto armato nell’unica regione relativamente stabile dell’Iraq e perché ostacolerebbe grandemente gli approvvigionamenti delle truppe Usa, che per il 70 % passano dalla Turchia.

18 ottobre 2007

Ad Arbil, Dohuk e in molte città kurde di confine, la popolazione manifesta in massa contro la minacciata operazione militare turca, mentre in Turchia i deputati kurdi del Dtp invocano una soluzione pacifica della questione attraverso il negoziato. Il ministro degli Esteri iracheno Zebari (kurdo) invita formalmente il Pkk a lasciare il territorio iracheno in tempi stretti; aggiunge di attendersi eventualmente, da parte turca, "raid aerei mirati contro le basi del Pkk", ma non un’operazione su larga scala che "comporterebbe immediatamente la resistenza dei peshmerga e di tutta la popolazione"; conclude definendo prioritarie le buone relazioni con la Turchia, dato che "i turchi sono nostri vicini e abbiamo molto in comune con loro. Il commercio e gli investimenti turchi sono fondamentali per l’economia della nostra regione". Il Pkk, pur affermando di non temere e di esser pronto a respingere un attacco turco, insiste a proporre il negoziato e il dialogo: "La questione kurda in Turchia può avere la soluzione che il Regno unito ha dato a quella scozzese e la Spagna a quella catalana", dice al "Times" un leader del Pkk.

19 ottobre 2007

Massud Barzani, presidente della regione autonoma del Kurdistan, raccoglie la protesta popolare e, scostandosi dalla linea seguita dal governo centrale e da Talabani, denuncia il carattere pretestuoso del minacciato intervento turco, contro il quale i kurdi iracheni "resisteranno e saranno pronti a difendersi".

21 ottobre 2007

Le forze Usa si presentano a Sadr city su mezzi blindati e con la copertura aerea per effettuare rastrellamenti casa per casa, alla ricerca – affermano – del leader di una cellula di miliziani sciiti responsabile del rapimento di soldati statunitensi. L’operazione sfocia in violenti scontri con la popolazione del quartiere, il cui bilancio, secondo il comando Usa, è di 49 miliziani uccisi; secondo la polizia irachena i morti – anche civili – sarebbero almeno 13, tra cui 3 bambini e una donna, mentre i feriti sarebbero 70; fonti sanitarie parlano di bambini feriti, foto Ap mostrano i corpi senza vita di due bambini molto piccoli. Il comando Usa ammette che il ricercato – di cui rifiuta di comunicare il nome, asserendone soltanto i presunti legami con la Forza al Quds – non è stato catturato né ucciso. Nel sud sciita divampa nuovamente con violenza il conflitto tra i miliziani dell’Esercito al Mahdi e le forze di sicurezza irachene infiltrate da miliziani della Brigata Badr. A Kerbala i combattimenti iniziano a poche ore di distanza dal raid statunitense contro Sadr city. A Diwaniya le truppe Usa intervengono a fianco delle forze di sicurezza irachene, mentre Moqtada al Sadr chiede loro di ritirarsi dalla città e di non interferire negli affari iracheni. L’esercito turco e i guerriglieri del Pkk si scontrano violentemente dopo un’imboscata tesa dal Pkk a soldati turchi che tentano di attraversare un ponte al confine con il nord Iraq. I guerriglieri catturano anche 8 soldati turchi. L’esercito turco confermerà di aver bombardato 63 obiettivi, senza precisare se siano in Turchia o in nord Iraq. Nelle città kurdo – irachene si susseguono, in questi giorni, le manifestazioni contro l’intervento militare turco.

22 ottobre 2007

Il Pkk offre al governo turco una nuova sospensione delle ostilità, in cambio della rinuncia alle operazioni nel nord Iraq e agli attacchi alle postazioni dei guerriglieri kurdi. Il Pkk non ha mai dichiarato decaduta la tregua unilaterale proclamata da oltre un anno, ma da qualche tempo attua la cosiddetta "difesa attiva", in base alla quale risponde al fuoco in caso di attacco. In ogni caso il premier turco Erdogan, così come i ministri della Difesa e degli Esteri, non raccoglie l’offerta di tregua, dichiarando di voler andare "fino in fondo".

23 ottobre 2007

L’Esercito al Mahdi e la polizia locale si scontrano a Bassora, in seguito al tentativo dei sadristi di liberare uno dei loro leader, arrestato dalla polizia per una violazione stradale. In serata, la milizia di al Sadr sembra aver preso il controllo della città: pattuglia il centro, presidia gli uffici pubblici e, pare, cattura una cinquantina di poliziotti. Lo stesso capo della polizia, secondo al Jazeera, sarebbe in fuga. La situazione si normalizza grazie alla mediazione del generale Mohan al Feraji, comandante delle forze di sicurezza irachene in città. A Baghdad, il ministro degli Esteri turco Ali Babacan, in una conferenza stampa tenuta con il collega iracheno Hosyiar Zebari, afferma: "Lavoreremo insieme per risolvere il problema della minaccia rappresentata dal Pkk"; dichiara che la Turchia preferisce risolvere la questione con "la diplomazia e il dialogo", ma che "la lotta contro il terrorismo è una questione di principio, come l’integrità territoriale dell’Iraq". Il presidente iracheno Jalal Talabani dichiara che il governo del suo paese è pronto a chiudere le sedi del Pkk sul proprio territorio. Come il governo di al Maliki possa mantenere una simile promessa non è chiaro, dato che non ha truppe da inviare in Kurdistan e, se anche le avesse, non gli sarebbe permesso concentrarle in una regione che gode di una indipendenza quasi totale dall’Iraq. D’altro canto la Turchia rifiuta dichiaratamente di negoziare con il governo regionale del Kurdistan, l’unica realtà in grado di esercitare – se volesse – un qualche controllo sul Pkk. A questo proposito Massud Barzani dirà nei prossimi giorni al quotidiano turco "Milliyet": "Non si vuole parlare con me, poi mi si chiede di agire contro il Pkk... perché questa ostilità della Turchia contro il Kurdistan iracheno? È perché siamo noi, e non il Pkk, il problema agli occhi di Ankara? Vogliamo assicurazioni dalla Turchia che tutte queste misure militari non sono dirette contro di noi" .

24 ottobre 2007

Nella provincia di Maysan, migliaia di persone manifestano in solidarietà degli abitanti di Sadr city, Kerbala, Diwaniya, chiedendo alle autorità di proteggerli e di proteggere tutti gli iracheni contro arresti arbitrari e violazioni dei diritti fondamentali. Moqtada al Sadr invita i suoi seguaci a deporre le armi in tutto il paese "anche nei casi in cui esistano necessità di autodifesa".

25 ottobre 2007

A Washington, la segretaria di Stato Condoleezza Rice e il segretario al Tesoro Henry Paulson ribadiscono le reiterate accuse secondo cui le Guardie della rivoluzione iraniane – in particolare la loro divisione al Quds – sosterrebbero e finanzierebbero la guerriglia irachena, imputando loro inoltre di accumulare armi di distruzione di massa; in base a ciò annunciano sanzioni contro il ministro della Difesa di Teheran e contro una ventina di imprese, banche e singoli soggetti iraniani. Le sanzioni annunciate avranno scarsi effetti pratici, ma un indubbio significato politico: non è certo usuale dichiarare "organizzazione terrorista" e sanzionare le forze armate di uno stato straniero, ma può essere una prima mossa per giustificare un’azione militare. Gran Bretagna e Israele si affrettano a esprimere il loro sostegno alla decisione statunitense, l’Iran ribatte che il gesto ostile rivolto contro le proprie istituzioni legali è contrario al diritto internazionale e quindi privo di qualsiasi valore.

28 ottobre 2007

Il premier britannico Gordon Brown, che il 2 ottobre 2007 ha annunciato l’imminente ritiro di 1.000 uomini dall’Iraq (v. sopra), in realtà sta per aumentare di 850 soldati il contingente stanziato a Bassora: il "Times" odierno spiega che quasi metà dei 1.000 uomini di cui è previsto il ritiro hanno già lasciato l’Iraq, ma 250 soldati delle Forze speciali sono già avvisati del protrarsi della loro permanenza nel paese fin oltre natale e a loro si aggiungeranno altri 600 militari attualmente stanziati a Cipro. L’incremento – temporaneo – dovrebbe garantire il passaggio del controllo della provincia di Bassora alle autorità irachene.

29 ottobre 2007

Il controllo della provincia di Kerbala è trasferito dalle forze statunitensi alle autorità irachene con una cerimonia che si svolge alla presenza di Nouri al Maliki, tra strettissime misure di sicurezza. La situazione, in provincia e nella capitale, è tutt’altro che tranquilla: la scorsa estate (v. sopra, 27 agosto 2007) Kerbala è stata teatro di sanguinosi scontri e, anche in questi ultimi giorni, la polizia infiltrata dalla Brigata Badr e l’Esercito al Mahdi si sono combattuti accanitamente. Sia al Maliki che il comando Usa si mostrano comunque convinti che le forze irachene siano in grado di tutelare tanto gli abitanti quanto le migliaia di fedeli in costante pellegrinaggio ai luoghi santi sciiti. Il dipartimento di Stato Usa spedisce 300 lettere ad altrettanti diplomatici, invitandoli ad accettare un posto presso l’’ambasciata statunitense a Baghdad. Se le candidature volontarie non saranno sufficienti a coprire i 50 posti che dall’inizio 2008 saranno vacanti, sarà il dipartimento di Stato a decidere chi dovrà obbligatoriamente partire per la poco ambita sede.

31 ottobre 2007

Il portavoce del Pentagono Geoff Morrell dichiara che gli Stati uniti stanno fornendo alla Turchia dati di intelligence relativi alle posizioni dei guerriglieri del Pkk nel nord iracheno.

2 novembre 2007

La segretaria di Stato Usa Condoleezza Rice, in visita in Turchia, cerca di tranquillizzare l’alleato: "Abbiamo un nemico comune e insieme dobbiamo combatterlo... nessuno può dubitare dell’impegno degli Stati uniti in questo senso". La Rice chiede però cautela: "Gli Stati uniti, la Turchia e l’Iraq – incluso il governo regionale kurdo – hanno un interesse comune nel cercare di prevenire eventi che possono destabilizzare il nord Iraq".

6 novembre 2007

Il "New York Times" riferisce che il governo iracheno, assistito da un’equipe tecnica statunitense, ha annullato il contratto con la compagnia russa Lukoil per lo sfruttamento del ricchissimo giacimento di West Qurna e che, a detta del ministro del Petrolio Hussein al Shahristani, la nuova gara potrebbe svolgersi già nel 2008. L’accordo ora annullato è un Psa concluso nel 1997, ma sospeso nel 2002 dal governo iracheno che accusava alcuni dirigenti della Lukoil di aver incontrato esponenti dell’esilio iracheno al fine di garantirsi il rispetto dell’accordo stesso anche nel caso di un rovesciamento del regime di Saddam Hussein; dopo l’invasione dell’Iraq l’accordo ha continuato a rimanere sospeso, come tutti quelli conclusi dal vecchio regime con compagnie straniere. La Russia reagisce all’annullamento minacciando di revocare a sua volta un accordo del 2004 che prevede l’annullamento del debito estero iracheno per un ammontare di 13 miliardi $. Nel frattempo, il governo regionale kurdo annuncia la conclusione di altri 7 contratti petroliferi con società straniere. All’annuncio reagisce il ministro del Petrolio Shahristani che il 15 novembre, parlando con i giornalisti a Riad durante gli incontri Opec, minaccia di impedire alle compagnie straniere che hanno concluso contratti con il Krg lo svolgimento di qualsiasi attività economica in Iraq. Il Krg risponde il 20 novembre con un comunicato che attacca Shahristani ("non ha portato a termine nessun progetto di rilievo... non ha speso nemmeno un quarto del budget federale annuo assegnato al suo ministero e ora vorrebbe impedire anche agli altri di realizzare obiettivi giusti per il paese"), la butta sul conflitto etnico ("pensavamo che l’epoca delle minacce contro i kurdi fosse finita... Shahristani si allinea agli elementi anti- kurdi dell’epoca di Saddam e odia i kurdi come se appartenessero a un altro paese") e conclude difendendo il proprio operato ("i nostri contratti sono legali sia dal punto di vista costituzionale che della legge del Kurdistan sul petrolio e il gas, l’unica esistente che regoli la nostra industria petrolifera nel dopo- Saddam" in quanto "la maggior parte delle leggi di Saddam contrasta con la nuova Costituzione e quindi è nulla"). Il 23 novembre Shahristani dichiara a Radio Montecarlo che i paesi confinanti impediranno alle autorità kurde di esportare petrolio, stante un’intesa in questo senso tra il governo iracheno da un lato e Iran, Turchia e Siria dall’altro. Il 24 novembre, un funzionario governativo dichiara all’Apf che il ministero del Petrolio ha deciso di annullare tutti i contratti stipulati dal Krg con compagnie straniere.

7 novembre 2007

Il sottosegretario agli Esteri iracheno Hammud annuncia la creazione di una commissione formata da rappresentanti iracheni e iraniani per discutere la questione dello Shatt-al-arab; precisa tuttavia che l’accordo di Algeri del 1975 è sempre nullo. Con l’accordo di Algeri, firmato alla presenza di Boumedienne dallo scià di Persia e dall’allora vice presidente iracheno Saddam Hussein, Iran e Iraq intesero dare una soluzione alle controversie su zone di confine contese, quali appunto lo Shatt-al-arab: l’accordo fu dichiarato decaduto dallo stesso Saddam Hussein all’inizio della guerra tra Iraq e Iran, nel 1980. Il generale Qassim al Mussawi afferma che 46.030 profughi sono tornati in Iraq dall’estero nello scorso mese, dati i progressi nella situazione della sicurezza. Certamente molte famiglie sono ritornate ma, da un lato, le cifre sono gonfiate dalle autorità, d’altro lato non sempre i rientri hanno un significato positivo: spesso sono dovuti all’impossibilità di trovare lavoro o fonti di sostentamento all’estero e alle restrizioni opposte all’immigrazione dai paesi confinanti. Così la Siria ha introdotto criteri di accoglimento più restrittivi il 10 settembre 2007 (v. sopra); il Libano imprigiona per un tempo indefinito i profughi senza documenti di soggiorno, così da costringerli ad abbandonare il paese; la Giordania consente il permesso di residenza solo agli abbienti (per averlo, occorre depositare in banca almeno 100.000 dollari o trovare lavoro nell’amministrazione statale), deportando in Iraq chi non è in regola.

9 novembre 2007

Le forze armate statunitensi, facendo seguito ad un precedente annuncio, liberano nove iraniani fatti prigionieri in diverse località e circostanze. Tra loro sono rilasciati anche due dei cinque diplomatici catturati l’11 gennaio scorso nel consolato di Arbil, che gli Usa accusavano di far parte della Forza al Quds. Insieme agli altri sette, pellegrini secondo le autorità iraniane, ora "non rappresentano più un rischio per la sicurezza". Restano ancora in mano statunitense altri 11 prigionieri iraniani, tra cui gli altri tre diplomatici catturati a Arbil e il componente della delegazione commerciale catturato il 20 settembre a Sulaimaniya (v. sopra).

13 novembre 2007

Nei pressi di Taji, in serata, le truppe Usa individuano e attaccano un gruppo di armati sunniti, dando il via ad una battaglia che si protrarrà fino al giorno successivo, anche con l’intervento di mezzi aerei: il bilancio, secondo il comando Usa, è di 24 combattenti morti e 16 catturati. Ma il gruppo attaccato sarebbe il Consiglio per il risveglio di Taji, che – sul modello del Consiglio per la salvezza di Anbar – combatte al Qaeda a fianco delle truppe occupanti: a battaglia conclusa infatti il leader del gruppo, parlando ad al Jazeera, accusa gli Stati uniti di aver ucciso deliberatamente decine dei suoi uomini, nonostante i segni di riconoscimento e i ripetuti avvertimenti fatti giungere ai comandanti statunitensi. A Washington, è presentato al Congresso un rapporto elaborato da una commissione composta da deputati e senatori democratici (i repubblicani non hanno partecipato ai lavori), secondo il quale il costo degli interventi in Afghanistan e Iraq è doppio di quello preventivato, 1.600 miliardi $ anziché 804 per gli anni dal 2002 al 2008, con un’incidenza di 20.000 $ per ogni famiglia statunitense. Considerando solo l’intervento in Iraq, il costo effettivo è di 1.200 miliardi $ anziché i 609 previsti. Le cifre tengono conto delle spese per i veterani feriti nel corpo e nella psiche, degli interessi su prestiti contratti a fini bellici, dell’aumento del prezzo del petrolio e di costi occulti, quali l’aver tolto risorse ad impieghi più produttivi o l’aver distolto dal lavoro i riservisti della Guardia nazionale.

14 novembre 2007

Mentre l’inchiesta dell’Fbi sulla sparatoria del 16 settembre a Baghdad è formalmente ancora in corso, il "New York Times" pubblica un’anticipazione delle sue conclusioni. Secondo gli investigatori, quel giorno furono cinque gli agenti della Blackwater che spararono: uno in particolare sparò un gran numero di colpi e fece molte vittime. Non ci sono prove di alcuna provocazione che possa sorreggere la tesi dell’autodifesa e, secondo l’Fbi, almeno 14 delle 17 uccisioni sono da considerarsi ingiustificate (ma l’inchiesta interna delle forze armate concludeva che tutte e 17 le uccisioni sono da considerarsi ingiustificate). Secondo il "NYT", le conclusioni dell’Fbi sono già pervenute al dipartimento alla Giustizia, che non ha ancora deciso circa eventuali incriminazioni. La stampa internazionale annuncia bombardamenti turchi sul nord Iraq, che sono tuttavia smentiti dal premier turco Erdogan, mentre il presidente iracheno Talabani dichiara che la crisi fra i due paesi è "in via di soluzione". Di fatto, i peshmerga controllano con posti di blocco la zona di insediamento del Pkk, cercando di impedire i rifornimenti di cibo e armi verso le basi dei guerriglieri. A Baghdad, il Consiglio degli Ulema denuncia in un comunicato di essere stato estromesso dalla propria sede, nella moschea di Um al Qura, ad opera degli uomini di Ahmed Abdul Ghafur al Samarrai, presidente del Waqf sunnita (organismo governativo che amministra il patrimonio religioso sunnita); anche la radio del Consiglio, che trasmette dalla moschea, è ridotta al silenzio. Al Samarrai, in una successiva conferenza stampa, conferma di avere chiuso la sede del Consiglio degli Ulema, accusandolo di sostegno ad al Qaeda (oltre che di morosità nel pagamento dell’affitto); altre voci dal Waqf sostengono invece che l’allontanamento del Consiglio degli Ulema è dovuto a lavori di ristrutturazione della moschea.

18 novembre 2007

Il comando Usa annuncia che presto presenterà a un tribunale iracheno una denuncia contro Bilal Hussein – fotoreporter dell’Ap, premio Pulitzer 2005, attivo cronista della battaglia di Falluja – senza tuttavia precisare il tipo di accusa. Bilal Hussein è stato arrestato a Ramadi il 12 aprile 2006, quindi rinchiuso a Camp Cropper, senza che sia mai stata formulata un’accusa specifica nei suoi confronti. Ora il comando Usa fa sapere di avere "prove convincenti e irrefutabili che Bilal Hussein sia una minaccia per la sicurezza e la stabilità del paese, a causa dei suoi legami con la guerriglia" e promette di produrle il prossimo 30 novembre; a questa data la produzione delle prove è ulteriormente rimandata al 9 dicembre. Intanto un appello che chiede la liberazione di Bilal Hussein dà il via a una campagna internazionale, raccogliendo le firme di 1.800 fotografi professionisti di 90 paesi. Il 9 dicembre, la prima udienza contro Bilal Hussein si svolge a porte chiuse avanti al Tribunale penale centrale iracheno, secondo il quale sia il materiale probatorio che gli atti del procedimento devono rimanere segreti: lo stesso legale di Bilal ha potuto esaminare solo in parte il materiale prodotto, non ha potuto prenderne copia, né ha potuto incontrare in privato il suo assistito. Appare fondato sospetto che la vera e unica colpa del fotoreporter sia quella di aver realizzato foto di cui l’amministrazione Usa non ha gradito la diffusione. Il 7 aprile il Tribunale sentenzia che le accuse mosse a Bilal Hussein (legami con "terroristi" e detenzione di sostanze atte alla fabbricazione di esplosivi) rientrano nella previsione della legge di amnistia e ordina la cessazione delle azioni legali nei suoi confronti. Sussiste un’ulteriore accusa a carico di Bilal Hussein, relativa a un suo presunto ruolo nel rapimento di Salvatore Santoro (è Hussein il fotografo cui i rapitori mostrarono il corpo senza vita di Santoro perché lo fotografasse: v. sopra, cap. "L’Iraq sovrano", 15 dicembre 2004). Da questa accusa l’imputato è assolto, sempre per intervenuta amnistia, il 12 aprile 2008: il Tribunale ne dispone il rilascio. Il 16 aprile le forze armate Usa liberano Bilal Hussein, restituendolo ai suoi colleghi di agenzia presso un check point a Baghdad.

19 novembre 2007

A Baghdad, nell’affollato quartiere di Karradah, alcuni contractors che scortano un convoglio si aprono la strada senza molti riguardi, sparando per farsi largo; una ragazza rimane ferita, la folla accerchia il convoglio e permette l’arresto degli autori della sparatoria. Si tratta di 43 guardie al soldo della Almco, una società di Dubai che con il Pentagono ha rapporti, ma non nel settore della sicurezza.

21 novembre 2007

La Reuters riferisce che più di 300.000 iracheni delle province meridionali, tra cui 600 capi tribali sciiti, avrebbero firmato una petizione che condanna le interferenze dell’Iran, accusato di seminare disordine nel sud iracheno.

22 novembre 2007

A Baghdad, forze jihadiste attaccano un check point uccidendo tre soldati iracheni, si impadroniscono di un blindato e di alcune uniformi; così equipaggiati assaltano una sede locale del Consiglio per il risveglio e ne uccidono dieci miliziani. Attacchi simili, anche se meno eclatanti, sono ritorsioni ormai frequenti contro la politica di alleanze tra gruppi tribali e truppe Usa. Tali alleanze si stanno ormai estendendo nelle province centro- irachene e nella stessa Baghdad e sono alla base delle ottimistiche dichiarazioni statunitensi sul miglioramento della situazione della sicurezza in Iraq. Dal punto di vista degli occupanti, tuttavia, non è detto che sia saggio armare e stipendiare una nuova milizia, senza sapere quanto sia solida e durevole la sua fedeltà; finora, in ogni caso, il governo iracheno ha resistito alla pretesa Usa di integrare le forze tribali nell’esercito e nella polizia irachena, oggi prevalentemente sciiti.

25 novembre 2007

Secondo l’agenzia di stampa indipendente "Voci dall’Iraq", a Baghdad, uomini armati fanno irruzione nella casa del giornalista Dia al Kawwaz e massacrano 11 membri della sua famiglia: due sorelle, i loro mariti e sette figli tra i 5 e i 10 anni, facendo infine esplodere la casa. Lo stesso giornalista, che vive ad Amman dove dirige un giornale on line, conferma la notizia. Al Kawwaz, costretto all’esilio in Germania durante il regime di Saddam Hussein, si è sempre schierato contro l’occupazione dell’Iraq ed è stato più volte minacciato dalla Brigata Badr: le minacce hanno continuato a giungergli persino nel luogo del suo secondo esilio. Il governo iracheno, tuttavia, smentisce il massacro, la tv filo Usa al Hurra – ripresa da Afp – riporta dichiarazioni di alcuni familiari del giornalista che asseriscono di essere "tutti vivi", Reporter sans frontières imputa ad al Kawwaz "uno sporco imbroglio". Ma l’Iraqi journalistic freedoms Observatory (Jfo, una ong irachena), ripresa da Ap, per bocca del suo direttore conferma tutto: "molti corrispondenti di testate locali andati sul posto hanno ripetuto tutti la stessa cosa, che domenica mattina è avvenuta una strage". Il direttore di Jfo aggiunge che un portavoce del ministero degli Interni gli avrebbe minacciosamente intimato di non parlare più del massacro.

26 novembre 2007

Il governo iracheno, dopo aver detto – ieri, per bocca del ministro degli Esteri Zebari – che sottoporrà alla discussione parlamentare, prima di portarla al Consiglio di sicurezza dell’Onu, la richiesta di un’altra proroga al mandato della Forza multinazionale, in data odierna – attraverso il premier al Maliki – conclude un’intesa con il presidente americano Bush per una partnership strategica a lungo termine Usa – Iraq e una parallela presenza militare americana in terra irachena. I negoziati dovrebbero concludersi entro il luglio del prossimo anno e decideranno soprattutto quanti soldati statunitensi rimarranno in Iraq e per quanto tempo, se e quali basi permanenti Usa saranno istituite o mantenute sul suolo iracheno. Un’intesa di questo tipo presuppone naturalmente che il Consiglio di sicurezza dell’Onu proroghi per un’ultima volta il mandato alla forza multinazionale, vanificando ogni promessa di discussione parlamentare della questione e disattendendo in tal modo la Costituzione, la volontà della maggioranza parlamentare e una specifica legge (v. sopra, 16 aprile e 6 giugno 2007). Il 4 dicembre 2007 il consiglio dei ministri approva dunque unilateralmente la decisione di chiedere un’ultima proroga di 12 mesi del mandato della Forza multinazionale; la relativa richiesta al Consiglio di sicurezza Onu è resa pubblica il 10 dicembre. Il mandato della Forza multinazionale, secondo la richiesta del governo iracheno, dovrà essere esercitato tenendo conto dei "progressi compiuti dall’Iraq nel campo della sicurezza" e dovrà terminare anticipatamente, qualora il governo iracheno lo richieda. Il 18 dicembre il Consiglio di sicurezza vota all’unanimità la proroga del mandato della Forza multinazionale fino alla fine del 2008, specificando che è l’ultima e che il mandato potrebbe terminare anticipatamente su richiesta irachena.

28 novembre 2007

A partire da oggi, l’esercito turco è autorizzato dal governo a compiere operazioni in territorio iracheno contro le basi del Pkk. A detta di Osman Ocalan (fratello di Abdullah "Apo" Ocalan, il leader kurdo all’ergastolo), però, i guerriglieri del Pkk sarebbero già rientrati nel sud est turco, lasciando le basi irachene ai confratelli kurdo – iraniani del Pjak. Anche secondo fonti turche molti guerriglieri del Pkk avrebbero abbandonato il Kurdistan iracheno in seguito alle pressioni di Ankara e Baghdad, per rifugiarsi in Iran o nel sud est della Turchia, dove continuano gli scontri.

1 dicembre 2007

Secondo un comunicato dell’esercito turco, un centinaio di uomini delle forze speciali è entrato oggi in nord Iraq distruggendo una base in cui si trovavano dai 50 ai 60 combattenti e infliggendo gravi perdite al Pkk. Questa versione dei fatti è messa in dubbio dal capo di Stato maggiore del Kurdistan Fuad Hussein che, pur ammettendo la possibilità di un attacco di artiglieria, considera invece altamente improbabile che sia stato sferrato un attacco da terra, perché la neve ha reso impraticabili le zone di confine. Massud Barzani nega che i soldati turchi abbiano varcato il confine, mentre la tv turca Ntv parla di un attacco condotto con mezzi aerei e artiglieria. Secondo fonti turche, si tratterebbe comunque di un’operazione di portata limitata, sostanzialmente dissuasiva, non (ancora) dell’operazione in grande stile più volte minacciata. Il 3 dicembre, il Pkk diffonde un comunicato in cui si dichiara pronto ad abbandonare le armi, a condizione che nella Costituzione turca sia inserito il riconoscimento dell’identità kurda e della lingua kurda come lingua ufficiale accanto al turco, che cessino le discriminazioni legislative contro i kurdi e che i detenuti politici kurdi siano rilasciati, proponendo infine il disarmo dei guerriglieri e il parallelo ritiro dell’esercito turco dalle regioni kurde.

6 dicembre 2007

In una conferenza stampa tenuta a Fort Victory in occasione della visita del segretario alla Difesa Usa Robert Gates, il generale David Petraeus comunica che gli attacchi in Iraq sarebbero diminuiti del 60% negli ultimi sei mesi. Il ministro del Commercio iracheno annuncia che, a causa di una pesante riduzione degli stanziamenti, il programma che prevede la fornitura gratuita di 10 prodotti basilari agli iracheni indigenti (attualmente circa i 2/3 della popolazione) subirà consistenti tagli. Il programma fu istituito durante la presidenza di Saddam Hussein, per bilanciare gli effetti delle sanzioni Onu.

14 dicembre 2007

Il quotidiano statunitense "Usa Today" pubblica un’inchiesta secondo la quale i suicidi di soldati americani, dall’inizio dell’anno al 27 novembre, sono stati 109: di questi ben 27 in Iraq e 4 in Afghanistan. La proporzione è di 18,4 suicidi su 100.000 soldati, la più alta da quando (1980) è stata adottata questa statistica; tra i civili la proporzione è di 11 su 100.000.

16 dicembre 2007

La provincia di Bassora – ultima tra le province poste sotto il controllo britannico – è consegnata al controllo delle autorità irachene, che a detta del portavoce governativo al Dabbagh, sono perfettamente in grado di assolvere il compito a loro attribuito. Durante la notte tra il 16 e il 17 dicembre l’esercito turco bombarda, impiegando una cinquantina di aerei, diverse basi del Pkk in nord Iraq, colpendo circa dieci villaggi kurdi e uccidendo molti civili. Il capo di Stato maggiore turco Buyukanit afferma di aver avuto, prima di agire, l’avallo degli Usa, che da parte loro ribattono di essere stati informati ma di non aver approvato l’operazione. Il ministro degli Esteri iracheno Zebari, di etnia kurda, deplora l’uccisione di civili e chiede alla Turchia di non ricorrere più a raid che colpiscono la popolazione innocente, mentre le autorità regionali kurde intimano più minacciosamente la fine dei raid prima che si traducano in una guerra tra Kurdistan e Turchia. In seguito ai bombardamenti, secondo le stime dell’Unhcr almeno 1.800 persone abbandonano le loro case.

17 dicembre 2007

Il rappresentante speciale dell’Onu per l’Iraq, Staffan de Mistura, chiede al Parlamento kurdo di rinviare il referendum sullo status di Kirkuk e degli altri territori contesi, asserendo che il rinvio non comprometterebbe la sostanza dell’art. 140 Costituzione (il quale prevede lo svolgimento del referendum entro la fine del corrente anno). Il Parlamento kurdo accoglie il suggerimento, approvando il 26 dicembre 2007 – con qualche disagio ma a larga maggioranza (94 su 11) – un rinvio di sei mesi del referendum.

18 dicembre 2007

In mattinata, qualche centinaio di soldati turchi (300 secondo fonti militari turche, almeno 800 secondo fonti vicine al Krg) entrano in nord Iraq per colpire le basi del Pkk. Anche questa volta i militari turchi sostengono di aver avuto l’approvazione degli Usa, mentre l’ambasciata Usa ribatte che il governo Bush è stato informato ma non ha approvato l’operazione. Successivamente fonti del Pentagono ammettono che gli Usa stanno fornendo alla Turchia le informazioni di intelligence in base alle quali i militari turchi possono individuare i bersagli da colpire. L’attacco avviene contemporaneamente a una visita che Condoleezza Rice sta effettuando a Kirkuk, allo scopo di individuare soluzioni sullo status della città che trovino anche il consenso del governo di Baghdad. E’ plausibile quindi l’ipotesi che la Turchia intenda lanciare con questa operazione anche un monito agli Usa, mettendoli davanti alla concreta prospettiva di un’invasione turca qualora intendessero sostenere le aspirazioni kurde che vorrebbero Kirkuk capitale di un Kurdistan autonomo. Il governo iracheno reagisce all’invasione limitandosi a chiedere di poter concordare con la Turchia le future operazioni che quest’ultima intendesse compiere nella zona, mentre il presidente della regione autonoma kurda, Massud Barzani, protesta contro il tacito avallo Usa all’attacco turco rifiutando di incontrare Condoleezza Rice. I bombardamenti proseguono anche il giorno successivo – festa del sacrificio – poi le truppe turche si ritirano. Fonti militari turche precisano nei giorni successivi di aver colpito oltre 200 obiettivi appartenenti al Pkk e di aver ucciso tra i 150 e i 175 guerriglieri; una fonte anonima vicina al Pkk, citata da Afp, ammette invece la perdita di soli 5 guerriglieri. In un comunicato diffuso su siti islamici, l’Esercito islamico in Iraq annuncia di aver combattuto oggi contro forze di al Qaeda in una zona a sud di Samarra. L’Esercito islamico, venuto a conoscenza dell’esistenza in zona di un carcere gestito da al Qaeda, sarebbe riuscito a catturarne i due gestori – mentre gli altri qaedisti sarebbero riusciti a fuggire – e a liberare 10 prigionieri, identificati come mujaheddin di altre formazioni della resistenza o "persone innocenti del posto".

22 dicembre 2007

La Turchia lancia un attacco aereo contro basi del Pkk nel nord Iraq: l’operazione non infligge perdite ai guerriglieri, che hanno – come i civili – in gran parte lasciato la zona per il timore delle incursioni.

26 dicembre 2007

L’aviazione turca compie un nuovo raid nel nord iracheno, avendo come obbiettivo le postazioni di "un consistente gruppo di terroristi" che, a detta dello Stato maggiore, "si accingeva a svernare in otto grotte e ripari situati nella regione di Zap". Tra la popolazione kurda, da una parte e dall’altra del confine, regna la paura e si registrano anche parecchie vittime civili, che il governo turco per altro smentisce. Il governo iracheno approva il testo di una legge di "amnistia e sicurezza", caldeggiata dagli Usa come misura di riconciliazione tra sciiti e sunniti, che dovrebbe permettere la liberazione di circa 50.000 detenuti (una metà dei quali ristretta in carceri irachene, l’altra nelle carceri degli occupanti).

28 dicembre 2007

L’esercito Usa annuncia l’uccisione, in un raid compiuto a sud di Baghdad, di Muhammad Khalil Ibrahim, definito nell’occasione "il numero due" di al Qaeda in Iraq.

1 gennaio 2008

L’Iraq body count presenta un rapporto secondo il quale, nell’anno appena trascorso, le vittime civili della guerra irachena sarebbero stati 24.000. I calcoli dell’Ibc, basati su dati raccolti negli obitori, dalla stampa e dalle ong locali, sono largamente approssimati per difetto, ma ugualmente inquietanti. Sul fronte opposto, il comando militare Usa rende noto che il 2007 ha visto la morte di 899 soldati statunitensi: è stato dunque l’anno che dall’inizio della guerra ha visto il maggior numero di perdite. Tuttavia il generale Petraeus vanta la diminuzione degli attacchi – compiuti sia con autobombe che ordigni esplosivi o razzi – dai 1600 a settimana della scorsa estate, ai 990 a settimana di fine settembre fino ai "soli" 600 a settimana di fine dicembre, ascrivendo il merito del calo della violenza alla sua strategia.

2 gennaio 2008

Il ministero del Petrolio invita le società petrolifere straniere che intendono operare in Iraq a registrarsi entro la fine del mese, così da poter partecipare alle gare d’appalto per l’assegnazione dei giacimenti.

6 gennaio 2008

Secondo un rapporto presentato dalla Mezzaluna rossa irachena, sarebbero 46.000 i profughi iracheni rientrati dalla Siria tra settembre e dicembre 2007; solo una parte di essi sarebbe stata incoraggiata al rimpatrio dal miglioramento della situazione della sicurezza in Iraq, mentre la maggioranza starebbe tornando perché ha il visto scaduto o è priva di mezzi di sostentamento. Le cifre dei rientrati fornite dalla Mezzaluna rossa sono molto inferiori a quelle fornite dalle autorità irachene, per le quali 46.000 persone sarebbero rientrate nel solo mese di ottobre e, a novembre, parlavano di 1.600 rientri giornalieri.

7 gennaio 2008

A Baghdad, un attentatore suicida si fa esplodere presso la sede del Waqf e, subito dopo, un altro attentatore si lancia con un’autobomba contro le ambulanze che portano i feriti all’ospedale. Muore sul colpo il probabile obiettivo dell’attacco, Riad al Samarrai, capo del Consiglio per il risveglio di Adamiya (forza che conta 800 volontari stipendiati dagli Stati uniti).

8 gennaio 2008

Le truppe americane, coadiuvate da 200 soldati iracheni, iniziano una nuova offensiva (operazione Phantom Phoenix) tesa a "catturare e rendere inoffensivi i residui elementi di al Qaeda in Iraq. L’offensiva si concentra sulla provincia di Diyala dove, secondo le autorità militari statunitensi, si sarebbero rifugiati molti guerriglieri di al Qaeda che precedentemente combattevano nella provincia di Anbar e che da essa sono stati cacciati ad opera delle truppe Usa e delle milizie tribali sunnite loro alleate. Il 9 gennaio decine di combattenti sono già arrestati o uccisi, ma sono uccisi anche 9 soldati statunitensi. Il 10 gennaio il comando militare Usa comunica di aver colpito tre vaste aree nei pressi di Arab Jabur con un bombardamento "di precisione" effettuato contro più di 40 obiettivi, identificati come basi di al Qaeda: sui bersagli sono sganciate più di 21 tonnellate di bombe; poi interviene la fanteria. Walid Khoudair, leader locale di al Qaeda, sarebbe morto con 20 dei suoi combattenti; almeno 300 famiglie, secondo un capo tribale intervistato da al Jazeera, sono costrette dalla furia dei bombardamenti ad abbandonare le proprie case. Il quotidiano "Al Hayat" riporta, da fonti locali, la notizia della morte di molti civili che non sono riusciti a mettersi al riparo. La provincia di Diyala, nota prima della guerra per la produzione di frutta, è divenuta nel frattempo il principale centro di coltivazione del papavero da oppio (coltivazione iniziata la scorsa primavera al sud, nei dintorni di Diwaniya, v. sopra, 20 maggio 2007). Infatti i contadini locali subiscono gli aumenti dei prezzi di concimi e carburante, non riescono più a competere con i prodotti agricoli di importazione e trovano nel papavero la risposta ai loro guai; inoltre le forze di sicurezza, assorbite dal contrasto alla guerriglia, trascurano la lotta alla produzione di oppio. Si dice che molti appezzamenti coltivati a papavero siano controllati dalla stessa al Qaeda.

9 gennaio 2008

L’Organizzazione mondiale della Sanità pubblica uno studio secondo il quale le vittime civili della guerra irachena, nei tre anni successivi all’invasione, sarebbero circa 151.000 (con un margine da 104.000 a 223.000). Lo studio, che elabora le rilevazioni condotte dal ministero della Salute iracheno su un campione di 10.000 famiglie, fornisce un dato molto inferiore a quello – di 665.000 vittime civili – risultante dall’indagine condotta su un campione più ridotto dalle università John Hopkins e Mustansiriya (v. sopra, 12 ottobre 2006), ma di molto superiore ai dati dell’Iraq body count, che parla di 47.668 vittime civili relative allo stesso periodo di tempo considerato dallo studio dell’Oms e di 80-87.000 vittime dall’invasione a oggi.

12 gennaio 2008

Il Parlamento iracheno approva la "Legge sulla giustizia e la responsabilità", che riforma le norme sull’epurazione dei baatisti entrate in vigore dopo l’occupazione dell’Iraq e che dovrebbe promuovere la riconciliazione interconfessionale. Fortemente voluta dagli Usa, la legge dovrebbe consentire la partecipazione alla vita pubblica ai membri del Baath che non abbiano ricoperto posizioni di vertice nel partito e non si siano macchiati di crimini. La legge sopprime la commissione per la debaatificazione, mettendo al suo posto un organismo che dovrebbe giudicare i vari casi, con possibilità di appello. Il testo definitivo della legge tuttavia non è divulgato; secondo alcuni consentirebbe a migliaia di ex baatisti la riammissione nella pubblica amministrazione e nell’esercito, mentre secondo altri costringerebbe alla pensione molti attuali funzionari, già membri del partito di Saddam. Può essere indicativo il fatto che i deputati sunniti del Fronte per il dialogo nazionale e del Fronte per l’accordo iracheno hanno boicottato il voto, mentre i deputati dei principali partiti sciiti, sadristi compresi, hanno votato a favore, lodando i limiti e le restrizioni che la legge impone al reingresso degli ex baatisti nella vita pubblica.

13 gennaio 2008

Almeno 120 parlamentari di diversa appartenenza politica e religiosa sottoscrivono un memorandum d’intesa che rivendica l’unità dell’Iraq, affrontando in questa ottica i problemi della gestione delle risorse (che dovrebbe essere affidata al governo centrale) e di Kirkuk (la cui soluzione non sarebbe nel previsto referendum, ma in un accordo politico); si chiede inoltre la fissazione di un calendario per il ritiro delle truppe di occupazione. I sottoscrittori appartengono alla Lista nazionale irachena, al Fronte per il dialogo nazionale, al Fronte per l’accordo iracheno, al movimento di al Sadr, a Fadhila, a Dawa Tandhim al Iraq (una delle componenti in cui si è diviso il Dawa); sottoscrivono anche alcuni seguaci di al Jafari (ex premier ed esponente di rilievo del Dawa, che si è spostato su posizioni nazionaliste), i deputati del Fronte turkmeno iracheno, i yazidi e alcuni indipendenti.

17 gennaio 2008

Il ministro della Difesa iracheno Abdul Qadir al Obaidi, in visita negli Stati uniti, dichiara al "New York Times" che il suo paese assumerà il pieno controllo della sicurezza interna tra il 2009 e il 2012, mentre non sarà in grado di difendere le frontiere dalle minacce esterne fino al 2018 - 2020. Nell’ambito dei negoziati per il nuovo accordo bilaterale tra Iraq e Usa, secondo indiscrezioni non smentite del "New York Times", pare che Bush rivendichi una maggiore autonomia nell’ambito delle operazioni militari e la completa immunità per soldati Usa e contractor, che potranno essere giudicati solo negli Stati uniti.

22 gennaio 2008

Una legge approvata da 110 deputati (sui 165 presenti) impone che dalla bandiera irachena siano tolte le tre stelle verdi che simboleggiano la parola d’ordine del Baath, "unità, libertà e socialismo"; inoltre la scritta verde inneggiante ad Allah sarà nuovamente tracciata in calligrafia kufi (la scritta che appare attualmente sulla bandiera fu tracciata dalla mano di Saddam Hussein). Anche per questi riferimenti al passato regime gli esponenti kurdi rifiutano da tempo di esporre la bandiera sugli edifici pubblici.

23 gennaio 2008

A Mossul una terribile esplosione distrugge un edificio, causando 36 morti e 217 feriti (ma secondo la Mezzaluna rossa irachena i morti sono 60 e i feriti almeno 280, in gran parte donne, bambini e anziani). Secondo la versione ufficiale, l’esplosione avviene mentre i soldati iracheni circondano l’edificio, in cui sospettano si nasconda un deposito d’armi; gli abitanti della zona e alcuni parlamentari locali, invece, accusano i soldati di aver provocato la strage tentando malaccortamente un’esplosione controllata. Il giorno successivo il generale Saleh Hassan Atiya al Juburi, capo della polizia provinciale, mentre esamina il luogo della strage per accertare i danni, è ucciso da un attentatore suicida travestito da poliziotto. Mossul è da tempo fuori dal controllo delle forze irachene e occupanti; l’intera provincia di Ninive è diventata rifugio di molti combattenti, non solo qaedisti, cacciati da altre zone del paese. Il governatore provinciale ha più volte chiesto rinforzi al governo, che ora si dispone a un’operazione militare contro la guerriglia: lo stesso al Maliki, in visita a Mossul dopo l’esplosione, annuncia che è giunto il momento per "la battaglia decisiva contro il terrore".

28 gennaio 2008

Un incendio di natura dolosa divampa per ore distruggendo i primi tre piani della Banca centrale irachena, a Baghdad. Non ci sono vittime, solo danni materiali: l’incendio però distrugge centinaia di documenti e dossier relativi alle transazioni bancarie dei tempi di Oil for food, alla gestione di Paul Bremer, infine quelli contenenti le prove della corruzione di alcuni funzionari dell’attuale governo e del ministero del Petrolio. Un rogo, dunque, utile a molti. Una serie di testimoni oculari asserisce che, appena scoppiato l’incendio, la polizia è già sul posto per impedire a fotografi e operatori televisivi di riprendere la scena; i pompieri, invece, arrivano con comodo, quando molti danni si sono già prodotti. Roghi analoghi si verificano contemporaneamente presso il ministero del Lavoro e quello degli Affari sociali. Un gruppo di deputati vicini a Moqtada al Sadr chiede l’istituzione di una commissione di inchiesta, ma il governo elude la richiesta non iscrivendola all’ordine del giorno del Consiglio dei ministri.

29 gennaio 2008

Secondo il quotidiano del Bahrein "Akhbar al Khaleej", alcuni emissari delle compagnie petrolifere statunitensi avrebbero offerto 5 milioni $ a ciascun deputato iracheno disposto a votare a favore della legge sul petrolio. I parlamentari kurdi sarebbero già disponibili, ma per approvare la legge occorrono 138 voti: i profitti futuri, per le compagnie, sarebbero tali da far apparire insignificante il pur ingente corrispettivo della corruzione. Fonte della notizia sarebbe un parlamentare iracheno che chiede l’anonimato.

30 gennaio 2008

Secondo i dati di Opinion research business (Orb), un istituto di sondaggi britannico, la guerra in Iraq ha causato finora oltre un milione di morti (1.033.000). Il margine di errore è dell’1,7%, che dà un totale di decessi tra 946.258 e 1.120.000. L’indagine è stata compiuta interpellando 2.414 iracheni adulti. Quello odierno è l’aggiornamento di uno studio precedente, pubblicato nel settembre 2007, che dava un totale di decessi ancora superiore: le rilevazioni erano state però allora condotte prevalentemente nelle aree urbane, mentre ora Orb ha integrato le rilevazioni conducendone altre 600 nelle aree rurali.

1 febbraio 2008

A Baghdad, due esplosioni in due mercati di volatili causano circa 70 morti: secondo la polizia le attentatrici sarebbero due disabili psichiche, neppure in grado di innescare l’esplosione che sarebbe stata quindi provocata a distanza. La relativa tranquillità recentemente conquistata dalla capitale, dovuta più all’alleanza stretta dalle truppe Usa con diversi leader sunniti che alla divisione dei quartieri ripuliti etnicamente con barriere di cemento, subisce uno scossone. Qualche leader dei consigli del risveglio (in arabo sahwa), tra l’altro, sta minacciando di rompere l’alleanza con gli Stati uniti se le proprie truppe non saranno integrate nelle forze di sicurezza irachene, cosa che per ora al Maliki non sembra disponibile a fare.

3 febbraio 2008

Le forze armate turche intensificano i bombardamenti nel Kurdistan sia turco che iracheno; affermano di aver colpito almeno 70 obiettivi. Il 5 febbraio in Turchia, su invito del Dtp, migliaia di persone provenienti da diverse località del Kurdistan turco confluiscono in un corteo per la pace diretto a Sirnak, al confine con l’Iraq: ma i bombardamenti continuano.

4 febbraio 2008

L’organizzazione indipendente Wikileaks, il cui scopo è rendere pubblici documenti segreti che dimostrino comportamenti non etici di governi, associazioni o aziende, rivela che in base ad un atto classificato del 2005, le forze Usa di stanza in Iraq possono varcare i confini con l’Iran e con la Siria (ad es., per inseguire terroristi e uomini legati al regime di Saddam Hussein) anche senza le prescritte autorizzazioni governative, che vanno richieste solo "se il tempo lo consente". L’esercito Usa ammette di aver ucciso accidentalmente 9 civili (tra cui un bambino) e averne ferito 3 (tra cui 2 bambini) in un raid contro al Qaeda a sud di Baghdad. Secondo l’Associazione degli Studiosi mussulmani i civili uccisi sarebbero almeno 20; il comando Usa smentisce questa cifra, comunque porge condoglianze e assicura che "l’incidente è ancora sotto inchiesta".

7 febbraio 2008

L’Unhcr pubblica un rapporto secondo il quale, a fine gennaio, il flusso di iracheni che cercano rifugio in Siria (1.200 al giorno) supera di gran lunga quello degli iracheni che dalla Siria rientrano in Iraq (meno di 700 al giorno). Inoltre, di regola il ritorno è determinato dallo scadere del visto o dalla mancanza di mezzi economici, non dal miglioramento della situazione in Iraq. Negli ambienti governativi di Baghdad il rapporto è accolto con irritazione e suscita accuse di inesattezza.

8 febbraio 2008

Il "Washington Post" dà notizia di un comunicato di al Qaeda in Iraq, a firma di Abu Hamza al Muhajir, diffuso il mese scorso nelle moschee di Anbar. Nell’evidente tentativo di riacquistare una popolarità largamente perduta, il messaggio sprona i combattenti a intensificare gli attacchi contro gli occupanti, ad evitare di aprire altri fronti con gli arabi sunniti, a non interferire – fino a nuovo ordine – nelle questioni sociali (velo, fumo, antenne satellitari ecc.). Riyad al Ogaidi, esponente dell’organizzazione, rivela al "WP" che " gli americani non ci hanno sconfitto, ma il cambiamento di fronte dei sunniti ci ha causato molte perdite e sofferenze"; afferma inoltre che i combattenti di al Qaeda in Iraq sono scesi dai 12.000 circa del giugno 2007 ai 3.500 circa odierni, mentre i combattenti stranieri non sarebbero più di 200.

13 febbraio 2008

Dopo una serie di sedute movimentate, il Parlamento approva un pacchetto di tre leggi, relative al bilancio del 2008, a una amnistia per i detenuti e alle province. Per completare l’iter legislativo, le nuove norme devono ora essere ratificate dal Consiglio di presidenza (composto dal presidente Jalal Talabani e dai due vice Adel Abdel Mahdi del Siic e Tariq al Hashimi del Partito islamico iracheno). Gli Usa caldeggiano una nuova tornata di elezioni provinciali, che la legge sulle province appena approvata prevede per il 1 ottobre; le precedenti, svoltesi il 30 gennaio 2005 contemporaneamente alle prime legislative, sono state segnate dal massiccio astensionismo sunnita e hanno prodotto una rappresentanza alterata a favore di sciiti e kurdi. Gli Usa sperano che nuove elezioni provinciali, riequilibrando la rappresentanza, possano rasserenare il clima politico; gli sciiti del Siic, invece, che ora controllano parecchi consigli provinciali nel sud del paese, con nuove elezioni provinciali temono di perderli a favore di al Sadr, il quale dispone di un seguito di massa molto superiore al loro. Il 14 febbraio Staffan de Mistura, rappresentante Onu per l’Iraq, si congratula per l’approvazione della legge sulle province e annuncia che le elezioni provinciali si terranno il 1 ottobre. Il Consiglio di presidenza tuttavia solleva questioni di costituzionalità circa la legge sulle province e la rinvia al Parlamento (con ogni probabilità a causa della contrarietà alla legge del vice presidente Adel Abdel Mahdi, esponente del Siic). La mossa suscita l’irritazione innanzitutto dei sadristi e di Fadhila, ma anche – persino – del Dawa. Scontenti anche gli Usa, che inviano a Baghdad il vice presidente Cheney per caldeggiare una rapida entrata in vigore della legge sulle province (oltre che della legge sul petrolio): il 20 marzo, due giorni dopo un colloquio tra Cheney e Mahdi, il Consiglio di presidenza ratifica la legge sulle province.

14 febbraio 2008

Il ministro degli Esteri Hosyiar Zebari, parlando alla Reuters, definisce "imbarazzante" il fatto che la maggioranza dei paesi arabi non abbia un ambasciatore a Baghdad (o quando, come la Giordania, ne dispone, questi passi gran parte del tempo ad Amman); non esclude che l’ascesa al potere in Iraq di una classe dirigente quasi esclusivamente sciita possa influenzare le scelte degli altri paesi arabi.

20 febbraio 2008

Il comandante delle forze australiane in Iraq, Angus Houston, annuncia che il contingente ha portato a termine la sua missione e che il ritiro dei 550 soldati sarà completato entro la metà dell’anno in corso. Il contingente australiano contribuiva alla gestione delle province di Muthanna e Dhi Qar, passate al controllo delle forze irachene rispettivamente il 14 luglio 2006 e il 22 settembre 2006 (v. sopra).

22 febbraio 2008

Anticipando ogni previsione, la Turchia invade via terra il Kurdistan iracheno con oltre 10.000 soldati, confortata dal placet degli Stati uniti e dal tacito assenso dell’Unione europea. Gli Usa chiedono che l’operazione sia limitata all’eliminazione del Pkk e si concluda in tempi rapidi, la Ue reputa sufficiente chiedere alla Turchia di evitare azioni "sproporzionate". Né il governo iracheno né il governo regionale del Kurdistan sono stati preventivamente informati: il primo convoca il rappresentante d’affari turco per esprimergli "disappunto", il secondo – per bocca di Massud Barzani – reagisce minacciosamente ("certo non staremo fermi a guardare le truppe turche che invadono la nostra terra"). L’invasione è stata preparata, la sera precedente, da un pesantissimo bombardamento durato ore contro presunte "postazioni del Pkk" che, secondo fonti irachene, sono invece villaggi mezzo svuotati dai raid di dicembre, edifici civili e un ponte. I giorni successivi vedono la protesta dei paesi vicini al confine e delle città kurdo-turche, assediate dalla polizia; sotto assedio anche i quartieri kurdi di Istanbul e Ankara. Il generale Buyukanit il 24 febbraio tenta di rassicurare le autorità irachene asserendo che l’operazione sarà limitata nel tempo: prevede per essa una durata di circa 2 settimane e la stima è confermata anche dal ministro degli Esteri turco Ali Babacan.

25 febbraio 2008

A Diyarbakir, nel Kurdistan turco, un’imponente manifestazione indetta dal Dtp chiede la fine delle ostilità nelle regioni kurde sia turche che irachene e invita il presidente iracheno – il kurdo Jalal Talabani – a farsi rispettare. Massud Barzani intima alla Turchia di abbandonare il Kurdistan iracheno: in caso contrario minaccia di chiamare "il popolo e i peshmerga alla resistenza generale".

27 febbraio 2008

Ahmet Davutoglu, consigliere per la politica estera del premier turco Erdogan, in visita a Baghdad per discutere con il governo iracheno dell’operazione in corso nel Kurdistan iracheno, afferma che "non è prevista alcuna data per il ritiro delle truppe". Il ministro degli Esteri iracheno Hosyiar Zebari afferma che il suo governo condanna il terrorismo e il Pkk ma anche la violazione della sovranità irachena. Il presidente Talabani, che sull’operazione in corso ha finora usato toni molto soft, accetta l’invito di Erdogan a visitare la Turchia; inoltre i vertici del suo partito, l’Upk, invitano i sostenitori a non partecipare alle proteste contro l’invasione turca. Il ministro degli Esteri statunitense, Robert Gates, avverte la Turchia che l’operazione "deve essere veloce", precisando che "veloce significa un paio di settimane, non mesi". Le notizie dal fronte sono frammentarie e confuse, i bollettini dell’esercito turco e del Pkk sono assolutamente contrastanti; 100 bodybag sono forniti oggi alle truppe turche quasi di nascosto, si parla della diserzione di vari soldati; certo il clima e la stagione penalizzano l’esercito turco, mentre i guerriglieri non solo sono abituati alla neve ma si muovono anche agevolmente in un territorio che conoscono assai bene.

29 febbraio 2008

Le truppe turche si ritirano dal Kurdistan iracheno, dato il "raggiungimento degli obiettivi", come recita un comunicato stampa, che aggiunge: "un’operazione condotta in una sola regione non può eliminare del tutto un’organizzazione terrorista, ma abbiamo mostrato al Pkk che il nord Iraq non è una regione sicura". L’inattesa mossa dei militari probabilmente non è stata concordata nemmeno con il premier Erdogan, il quale infatti in un video destinato ad andare in onda stasera (ma prontamente cancellato dai palinsesti) aveva affermato che "l’operazione continua". Il ministro degli Esteri Zebari si rallegra del ritiro, inferendo che le pressioni degli Usa vi abbiano contribuito, mentre la guerriglia kurda festeggia quella che ritiene una vittoria. Nel mese che si sta chiudendo, le vittime civili in Iraq sono tornate ad aumentare: 633 contro le 460 di gennaio. A Mossul un gruppo di uomini armati sequestra l’arcivescovo caldeo Faraj Raho, dopo averne ucciso le guardie del corpo. Il religioso riesce a dare l’allarme telefonando a un suo diocesano. Nei giorni successivi i rapitori contattano le autorità religiose e inizia una trattativa per il riscatto destinata a rimanere senza esito: il 13 marzo, su indicazione dei rapitori, è ritrovato il corpo del vescovo, sotterrato e in avanzato stato di decomposizione. Il vescovo sarebbe morto a causa delle sue precarie condizioni di salute, aggravate dal sequestro. Il 19 maggio un tribunale iracheno condanna a morte Ahmed Ali Ahmed, ritenendolo coinvolto nel sequestro e nella morte dell’arcivescovo, mentre la chiesa caldea irachena si dichiara contraria alla vendetta e alla pena di morte.

2 marzo 2008

Mahmud Ahmadinejad giunge in Iraq – primo presidente iraniano a visitare il paese dalla rivoluzione islamica del 1979 – con un’agenda fitta di incontri che si svolgono "in un’atmosfera fraterna". Ahmadinejad firma 7 protocolli d’intesa con il governo iracheno, elargisce un prestito di un miliardo $ per la costruzione di infrastrutture e, a causa degli impegni, rinuncia alla prevista visita alle città sante di Najaf (dove avrebbe incontrato Ali al Sistani) e Kerbala. Tornato a Teheran, esprime ai giornalisti il proprio parere negativo sulla perdurante presenza delle truppe straniere in Iraq, definendola "un insulto alle nazioni della regione e un’umiliazione"; alle domande sul sostegno che l’Iran è accusato di dare alle milizie ribelli in Iraq, ribatte ricordando gli incontri a tre – Iran, Iraq, Usa – sulla sicurezza nel paese.

7 marzo 2008

Moqtada al Sadr, che lo scorso febbraio ha prorogato di altri 6 mesi il cessate il fuoco del suo Esercito al Mahdi, spiega in un comunicato i motivi che lo hanno spinto ad allontanarsi dalla scena pubblica (ormai dal maggio dello scorso anno, n.d.r.): il desiderio di completare i suoi studi teologici e la necessità di allontanarsi dai gruppi che si sono staccati dal suo movimento e che ormai perseguono una propria linea politica. L’ambasciatore Usa a Baghdad, Ryan Crocker, annuncia con una e-mail al "Washington Post" l’intenzione di lasciare il servizio all’inizio 2009, per andare in pensione. All’incirca nello stesso periodo lascerà l’Iraq anche il generale David Petraeus.

10 marzo 2008

L’ammiraglio William Fallon, posto all’inizio del 2007 a capo del Comando centrale (quindi anche delle truppe in Iraq e in Afghanistan), si dimette dopo che il mensile "Esquire" ha rivelato la sua contrarietà alla linea dura nei confronti dell’Iran portata avanti dall’amministrazione Bush. Fallon ha dichiarato più volte d'essere contrario a uno scontro frontale con la Repubblica islamica e, secondo "Esquire", ha fatto di tutto per scongiurarlo. Anche su altri temi, del resto, le posizioni dell’amministrazione e dell’ammiraglio sono divergenti: secondo quest’ultimo, infatti, si dovrebbe discutere pacatamente di ritiro dall’Iraq (cfr. anche sopra, 10 settembre 2007), mentre gli Usa dovrebbero impegnarsi maggiormente in Afghanistan. L’ammiraglio Fallon sarà temporaneamente sostituito dal suo vice, generale Martin Demsey, fino alla nomina del successore.

11 marzo 2008

Il ministero degli Esteri iracheno annuncia l’inizio dei negoziati Usa- Iraq, per definire un accordo bilaterale tra i due paesi su temi economici, politici e militari che – in base all’intesa non vincolante sottoscritta il 26 novembre 2007 (v. sopra) – andrebbe concluso entro il 31 luglio 2008. Oggetto dei negoziati: una ancor maggiore autonomia degli Usa nelle operazioni militari, il difetto di giurisdizione irachena sui militari e contractor Usa, il numero dei soldati che rimarranno in Iraq, gli eventuali limiti di tempo della loro presenza, il mantenimento di basi Usa nel paese. L’accordo finale, che di fatto autorizzerà l’occupazione a tempo indeterminato dell’Iraq, dovrà essere approvato dal Parlamento iracheno (come promesso da al Maliki il 26 febbraio 2007) e non sarà un passaggio facile; ancor più difficile sarebbe ottenere l’approvazione del Congresso Usa. Tuttavia, secondo l’ufficio legislativo del dipartimento di Stato, l’approvazione dell’accordo bilaterale da parte del Congresso non è necessaria, perché tale accordo rientrerebbe sia nella risoluzione approvata dal Congresso nel 2001 (che autorizzava azioni militari per prevenire futuri atti terroristici contro gli Usa), sia nella risoluzione approvata sempre dal Congresso nel 2002 (che autorizzava l’azione militare contro l’Iraq di Saddam Hussein). Nel corso della Conferenza dell’Unione interparlamentare araba che si sta svolgendo a Arbil, la delegazione irachena e quella kuwaitiana protestano vivacemente contro la definizione dell’Iraq come di un "paese occupato", proposta dal capo delegazione della Lega araba Ali al Jarush, chiedendo pubbliche scuse.

14 marzo 2008

Il relatore speciale dell’Onu per la tortura, Manfred Nowak, riferisce ai giornalisti che gli Stati uniti hanno respinto la sua richiesta di poter visitate le carceri Usa in Iraq. Secondo gli Stati uniti, a causa del conflitto armato in corso in Iraq, queste carceri sono sottratte alle norme del diritto umanitario internazionale e quindi esulano dal mandato di Nowak. Il relatore Onu ha visitato nell’ottobre scorso alcuni prigionieri, detenuti "per ragioni di sicurezza" dalle autorità irachene, e sta trattando per poter visitare tutte le carceri gestite dal governo iracheno quando visiterà l’Iraq l’ottobre prossimo. Nowak riferisce anche che le autorità britanniche, a differenza di quelle statunitensi, hanno acconsentito a permettergli di visitare i detenuti in loro custodia.

15 marzo 2008

Nella provincia di Anbar si scalda il conflitto che oppone il locale Consiglio di salvezza al Partito islamico iracheno, accusato di controllare totalmente il consiglio provinciale e di monopolizzare illegalmente tutte le cariche pubbliche. Il Consiglio di salvezza ha dato alle autorità di Ramadi un periodo di tempo massimo (che scade dopodomani) per sciogliere il consiglio provinciale e indire nuove elezioni; ancora oggi lo sceicco Ali al Sulaiman, membro del Consiglio di salvezza, ribadisce l’ultimatum (senza però chiarire le conseguenze di un mancato scioglimento del consiglio provinciale) e auspica una soluzione dei problemi attraverso il dialogo, evitando di ricorrere alla violenza.

18 marzo 2008

A Baghdad si apre la Conferenza di riconciliazione, che appare fin dall’inizio un tentativo a vuoto: boicottata dal Fronte per l’accordo iracheno e dalla Lista nazionale irachena di Allawi, è abbandonata subito dopo l’inizio anche dal movimento di al Sadr. Nonostante ciò, al Maliki apre la Conferenza vantando i progressi ottenuti dal governo nell’ambito della riconciliazione nazionale.

19 marzo 2008

Nel quinto anniversario dell’attacco all’Iraq, il presidente statunitense Bush dichiara che gli Usa sono "vicini a un’importante vittoria strategica", vanta i successi del surge e definisce il movimento del Risveglio come "la prima rivolta su larga scala contro Osama bin Laden, la sua cupa ideologia, la sua rete terroristica". Bush sembra ignorare che il surge sta iniziando a mostrare i suoi limiti, che le uccisioni di civili iracheni (v. sopra, 29 febbraio 2008) sono in aumento e che le uccisioni di soldati statunitensi (le quali raggiungono comunque quota 3.990) sono in calo solo perché Petraeus stipendia i capotribù sunniti e perché al Sadr ha proclamato una tregua l’agosto scorso; sembra ignorare il rischio che i sahwa cambino nuovamente fronte, vedendo disattesa la richiesta di integrazione nelle forze armate irachene, o che la tregua di al Sadr si infranga di fronte alle continue provocazioni e intimidazioni rivolte ai sadristi dal governo iracheno e dalle stesse forze Usa. In molte città Usa anche quest’anno si svolgono manifestazioni contro la guerra.

20 marzo 2008

"The Independent" riferisce che il generale Mohan al Feraji, responsabile delle forze di sicurezza a Bassora, ha annunciato alle sue truppe un imminente attacco contro le milizie sciite che controllano la città. L’operazione non ha ancora una data, ma fonti irachene parlano dell’estate. In vista di un intervento delle truppe britanniche a fianco dell’esercito iracheno, la riduzione di tali truppe dagli attuali 4.100 effettivi a 2.500, annunciata lo scorso ottobre e prevista per questa primavera, è rinviata. E’ logico ritenere che obiettivo dell’attacco saranno le milizie di al Sadr e di Fadhila, movimenti che i partiti sciiti governativi contano di liquidare prima delle elezioni provinciali.

23 marzo 2008

Il numero dei militari statunitensi morti in Iraq raggiunge quota 4.000; per il presidente George W. Bush, essi "hanno gettato le fondamenta per il futuro delle prossime generazioni".

25 marzo 2008

Il premier Nouri al Maliki giunge a Bassora guidando personalmente, in qualità di comandante in capo delle forze armate, almeno 15.000 soldati: l’operazione, denominata "Carica dei cavalieri" ha l’obiettivo dichiarato di ripristinare la legalità e porre fine agli scontri tra le milizie, ma non è difficile vedervi l’intenzione di liquidare il blocco sadrista. L’esercito al Mahdi dopo la tregua proclamata in agosto ha cercato di tenere un basso profilo, ma accusa le forze governative di aver profittato della tregua per colpire gli esponenti sadristi più importanti; ora – dopo aver tentato la strada della disobbedienza civile proclamando uno sciopero, ottenendo dal governo solo la promessa di dure punizioni per gli scioperanti – minaccia la rivolta se non cesseranno gli attacchi delle forze governative e statunitensi. Il conflitto diviene in breve scontro aperto, con morti e feriti. La situazione si fa incandescente anche a Sadr city: l’Esercito al Mahdi intima alle forze governative di lasciare il distretto e, per tutta risposta, le truppe irachene e statunitensi circondano il quartiere, scontrandosi ripetutamente con i combattenti sadristi. La tensione si estende ad altri quartieri della capitale, pattugliati dai combattenti del Mahdi

26 marzo 2008

Nouri al Maliki intima ai combattenti sadristi di Bassora la resa e la consegna delle armi entro 72 ore; chiede anche un impegno scritto a rispettare la legalità, pena durissime sanzioni. Dopo qualche ora, il ministero degli Interni annuncia che diversi miliziani stanno già consegnando le armi e, successivamente, che le forze di sicurezza controllano tutta la città. Sull’altro fronte, Liwa Sumaysim – capo dell’ufficio politico sadrista a Najaf – dichiara ai giornalisti che Moqtada al Sadr ha chiesto ad al Maliki di lasciare Bassora e di inviare una delegazione parlamentare per una soluzione negoziata della crisi; un altro dirigente sadrista di Bassora, Hariss al Issari, comunica senza essere smentito che sono già in corso negoziati. Ma gli scontri divampano anche a Sadr city e in altri quartieri della capitale, la zona verde è oggetto di continui attacchi con razzi che colpiscono, tra l’altro, tre cittadini americani. David Petraeus afferma che i razzi sono di fabbricazione iraniana e accusa la forza Quds. Si combatte in varie città del sud, come Kerbala, Diwaniya, Hilla, Kut, Samawa, Hamza. "The Independent", che si rifà a "fonti d’alto livello", afferma che l’offensiva di Bassora è stata lanciata tre mesi prima di quanto aveva previsto il generale Mohan al Feraji (v. sopra, 20 marzo 2008). Il generale non riteneva consigliabile attaccare le milizie sciite prima di aver creato una situazione di sicurezza a Bassora, con l’impiego di maggiori risorse, con un’amnistia per i combattenti che avessero deposto le armi, con la messa in sicurezza del confine con l’Iran; aveva anche avvertito il governo che un attacco prematuro avrebbe rischiato di incendiare altre città sciite. Al Feraji, stimato dai comandi britannici ma inviso a molti negli ambienti governativi (specie al Siic) anche per la sua laicità, in questa occasione è stato scavalcato.

27 marzo 2008

Continuano gli scontri nelle città sciite, con l’uccisione anche di molti civili, c’è penuria di cibo: le organizzazioni umanitarie chiedono alle parti di proteggere i civili e consentire il passaggio di cibo e medicine. A Bassora l’aviazione Usa bombarda le presunte postazioni dei miliziani sciiti, mentre le truppe britanniche sono pronte a intervenire a supporto delle operazioni di terra, "se gli iracheni lo chiederanno" (infatti saranno chiamate a fornire logistica, assistenza medica e supporto aereo). Nonostante ciò l’Esercito al Mahdi mantiene le sue posizioni e le truppe irachene sono in difficoltà, impreparate – come ammette lo stesso ministero della Difesa – alla strenua resistenza sadrista. Nouri al Maliki sposta di altri 10 giorni il suo ultimatum, dichiarando inoltre che la consegna di armi di grosso calibro sarà compensata con denaro. Un attentato incendia uno dei più importanti oleodotti della regione. A Baghdad è imposto il coprifuoco per tre giorni. A Sadr city, a Kerbala, a Bassora molti manifestanti chiedono le dimissioni di al Maliki. Bush invece elogia il premier iracheno per "la coraggiosa decisione di combattere i gruppi illegali a Bassora" mentre non manca di accusare l’Iran per aver dato "armi, addestramento e soldi" ai "miliziani e criminali di Bassora".

28 marzo 2008

La Reuters annuncia che Nassiriya è sotto il controllo dell’Esercito al Mahdi, dopo un violento combattimento. Nella zona verde sotto assedio sono colpiti gli uffici del vice presidente iracheno Tariq al Hashimi e del presidente del Parlamento Mahmud al Mashadani. Una seduta straordinaria del Parlamento, convocata per discutere la crisi di Bassora, va praticamente deserta: solo 54 deputati su 275 sono presenti. Brillano per la loro assenza, soprattutto, i partiti governativi mentre le poche presenze sono assicurate da esponenti sadristi, di Fadhila, della Lista nazionale e del Consiglio per il dialogo nazionale.

29 marzo 2008

L’aviazione Usa bombarda pesantemente Bassora e Sadr city. Moqtada al Sadr si rivolge ai leader presenti al vertice di Damasco chiedendo che la Lega araba appoggi la resistenza irachena contro l’occupazione straniera. Il leader sciita, intervistato da al Jazeera, respinge la consegna delle armi che il governo vuole imporre ai combattenti del Mahdi. Invece sembra avere successo l’invito a non combattere i propri fratelli che al Sadr rivolge a poliziotti e soldati iracheni: già molti agenti hanno deposto le proprie armi nell’ufficio del Mahdi a Sadr city. Il quotidiano iracheno "Azzaman" dirà, a ostilità concluse, che a seguito delle diserzioni nelle proprie file il governo ha dovuto schierare, in supplenza, le milizie dei partiti governativi – in particolare le brigate Badr – e che per gratitudine 10.000 di questi miliziani saranno assunti nell’esercito regolare, mentre sono migliaia i licenziamenti di ufficiali e soldati per diserzione. Un sito di informazione kurdo pubblica una direttiva interna all’Upk, a firma di Jalal Talabani, secondo la quale potranno essere espulsi dal partito i membri che criticheranno pubblicamente – specie se in interviste rilasciate a giornali "non amici" – sia il proprio partito che il Pdk. La direttiva fa salvo il diritto di critica interna. Il sindacato dei giornalisti del Kurdistan (comunque fedele al governo) rifiuta di commentare la direttiva e annuncia che si esprimerà solo se e quando la direttiva risulterà di intralcio al lavoro dei media.

31 marzo 2008

A Bassora si smette di combattere, grazie a un accordo raggiunto con la mediazione iraniana tra una delegazione di deputati iracheni e Moqtada al Sadr, nelle città iraniana di Qom (dove attualmente al Sadr risiede e completa i suoi studi teologici per diventare ayatollah). Moqtada ordina all’Esercito al Mahdi di cessare le ostilità; la battaglia si conclude con un nulla di fatto per il governo. Secondo il ministero degli Interni i combattimenti sono costati 488 morti e oltre 900 feriti, mentre le stime Onu parlano di oltre 700 morti e di oltre 1.500 feriti. A Baghdad la calma non è tornata: Sadr city è sempre sotto attacco e le condizioni degli abitanti sono critiche, mentre la zona verde è ancora bersagliata da razzi.

1 aprile 2008

A Londra, il segretario alla Difesa Des Browne comunica alla Camera dei Comuni che il ritorno di 1.600 soldati dall’Iraq è rinviato, alla luce dei recenti avvenimenti nel corso dei quali le truppe britanniche sono state chiamate a supportare l’esercito iracheno. La decisione, comunque attesa (v. sopra, 20 marzo 2008), evidenzia il ruolo importante che i militari britannici hanno avuto nei combattimenti di Bassora. L’Alto commissariato Onu per i rifugiati (Unhcr), in un suo rapporto, stima in oltre 2.770.000 gli sfollati interni iracheni a fine marzo 2008; di questi, oltre 1.570.000 hanno lasciato le loro case dopo l’attentato del 21 febbraio 2006 alla moschea di Samarra (v. sopra, cap. "Le elezioni politiche e il governo unitario"). Ora il flusso degli spostamenti si è attenuato, dato che la violenza etnico – religiosa scatenata in questi due anni ha prodotto comunità ormai pressoché omogenee.

3 aprile 2008

Moqtada al Sadr indice una manifestazione di protesta contro l’occupazione, da tenersi a Najaf il 9 aprile (quinto anniversario della caduta di Baghdad), invitando un milione di iracheni – e non solo i suoi seguaci – a parteciparvi. Il 4 aprile moltissime persone, dopo la preghiera del venerdì, manifestano spontaneamente nelle zone sciite di Baghdad chiedendo che i soldati Usa lascino i loro quartieri e protestando contro il governo: al Sadr conseguentemente decide di spostare la manifestazione da Najaf a Baghdad, ritenendo che possa avere maggior seguito e visibilità

5 aprile 2008

Il Consiglio politico per la sicurezza nazionale (organo composto dal presidente dell’Iraq e dai suoi vice, dal primo ministro e dai leader dei principali partiti rappresentati in Parlamento) intima ai partiti iracheni di sciogliere le proprie milizie, pena la messa al bando. La legge elettorale, che dovrà essere approvata in vista delle elezioni provinciali, vieterà di conseguenza la partecipazione alle elezioni ai partiti che hanno milizie. Pur nell’assenza di riferimenti espliciti, è scontato che il comunicato del Consiglio per la sicurezza – in cui i due esponenti sadristi sono stati politicamente isolati – abbia come obiettivo il movimento di al Sadr e il suo esercito al Mahdi, che il governo non è riuscito a liquidare con le armi; quanto alla Brigata Badr, è abbondantemente integrata nelle forze di sicurezza irachene. Lo stesso al Maliki, in un’intervista alla Cnn trasmessa il 7 aprile, è esplicito: i sadristi "non avranno più il diritto di partecipare al processo politico né alle prossime elezioni se non scioglieranno l’Esercito al Mahdi" . Nella stessa intervista il premier annuncia una caccia senza quartiere ai miliziani sadristi, fino al conseguimento di una "vittoria decisiva". Padre Yousef Adel, sacerdote siriaco ortodosso e direttore di una scuola superiore frequentata da alunni sia cristiani che mussulmani, muore a Baghdad crivellato da colpi d’arma da fuoco sparati da un’auto in corsa.

8 aprile 2008

Moqtada al Sadr annulla la manifestazione di massa contro l’occupazione indetta per il 9 aprile, temendo che il governo possa decidere di attaccarla militarmente. Nel comunicato il leader sciita chiede al governo di impegnarsi a "proteggere gli iracheni, fermare lo spargimento di sangue e l’offesa al proprio onore"; ribadisce le annose richieste di "esigere il ritiro degli occupanti o almeno fissare un calendario per il loro ritiro"; aggiunge che, "se l’interesse pubblico lo chiederà", metterà fine al cessate il fuoco proclamato a fine agosto 2007 e prorogato nel febbraio 2008. Intanto a Sadr city continuano gli scontri armati, l’intervento delle truppe e dell’aviazione Usa determina un elevatissimo numero di vittime (al Sadr Hospital si contano ad oggi 85 morti e 446 feriti; all’Imam Ali Hospital, 115 morti e 511 feriti). L’immenso e poverissimo quartiere, assediato e bombardato, rischia la catastrofe umanitaria: manca il cibo, i negozi sono in gran parte distrutti, le case crollano sotto i bombardamenti seppellendo i propri abitanti o lasciandoli senza tetto. Moltissimi sono gli sfollati. A Washington, il generale David Petraeus e l’ambasciatore Ryan Crocker, in due giorni di audizione riferiscono al Congresso sulla situazione in Iraq. I due vantano i progressi conseguiti con il surge, ma devono ammettere che sono "fragili" e "non omogenei". Quindi Petraeus annuncia che, al ritiro di parte delle truppe aggiuntive del surge, seguirà un "periodo di valutazione e consolidamento" di almeno 45 giorni. Bush segue la linea tracciata dal generale, annunciando il 10 aprile che a luglio interromperà qualsiasi ritiro, per un tempo indeterminato.

9 aprile 2008

Il Consiglio degli Ulema denuncia che nella provincia di Anbar almeno sei ex detenuti sunniti, liberati di recente dal carcere di Haditha, sono stati uccisi da membri dei Sahwa. La polizia locale conferma le uccisioni. Si tratterebbe di vendette, per uccisioni che le vittime di oggi avrebbero compiuto quando la zona era sotto il controllo di al Qaeda in Iraq.

10 aprile 2008

Secondo il "Guardian", l’accordo bilaterale che Iraq e Usa stanno negoziando autorizzerà gli Usa a condurre operazioni militari e a compiere arresti in Iraq senza alcuna limitazione di tempo, di entità delle forze o tipologia delle armi impiegate, di poteri sui cittadini iracheni. Alla totale libertà di azione si affianca l’impunità, sia per i militari che per i contractor. Gli stessi poteri si estenderebbero alle forze britanniche. Il "Guardian" trae le notizie da una bozza dell’accordo bilaterale, datata 7 marzo 2008 e definita "segreta" e "sensibile", di cui è riuscito a entrare in possesso. I contenuti della bozza sono ripresi da altri media e la loro esattezza è confermata anche da fonti dirette.

11 aprile 2008

A Najaf un commando uccide in un agguato Sayyed Riad al Nuri, esponente del movimento sadrista (e parente di Moqtada, il quale tuttavia invita i suoi seguaci alla calma). La città è posta sotto coprifuoco.

14 aprile 2008

E’ annunciata la nascita di una nuova forza politica, il Fronte iracheno della dignità, cui aderiscono gli esponenti dei principali Consigli del risveglio (Sahwa). Il suo leader è Thamir Khadim al Tamimi, più noto come Abu Azzam al Tamimi, che secondo diverse fonti in passato era uno dei capi dell’Esercito islamico in Iraq e successivamente è passato alla guida del Consiglio del risveglio di Abu Ghraib. Del Fronte sono membri anche altri ex combattenti della resistenza sunnita, provenienti in particolare dall’Esercito islamico in Iraq, dalle Brigate della rivoluzione del 1920, dell’Esercito dei mujaheddin. La nuova formazione dichiara di rifiutare la violenza e l’appiattimento su qualsiasi confessione religiosa; mette in guardia contro il ritiro delle forze armate statunitensi, nel timore di una "occupazione iraniana" considerata assai più deleteria; chiede l’integrazione del movimento del risveglio nelle forze di sicurezza irachene. Il Consiglio degli Ulema non accoglie con favore l’iniziativa, ricordando che i Consigli del risveglio hanno finito per legittimare l’occupazione dell’Iraq, che sono al soldo degli Stati uniti e che i loro metodi sono preoccupanti (v. anche sopra, 9 aprile 2008). Certo i metodi dei Consigli del risveglio si prestano a critiche. Nei quartieri in cui hanno preso il sopravvento su al Qaeda regna comunque il terrore, le "norme di convivenza" che stabiliscono sono diverse a seconda dei diversi leader, ma sempre imposte a pena della vita: per alcuni, e non per altri, le donne possono lavorare, studiare o guidare l’auto, per alcuni e non per altri portare il lutto è un atto blasfemo, mentre si dice che nei quartieri da loro controllati la poligamia sia in aumento. Il ministero del Petrolio comunica l’elenco delle 35 compagnie (su 120) selezionate per partecipare alle prime gare d’appalto nei settori del petrolio e del gas: tra queste, multinazionali come Bp, Chevron, Exxon, Shell, Total, Lukoil, Repsol e le italiane Eni e Edison. Paolo Scaroni, amministratore delegato dell’Eni, sostiene che "non si può rimanere fuori dall’Iraq", anche se "compatibilmente con la sicurezza delle nostre persone". Forse l’ex ministro italiano delle Difesa Martino pensava proprio alla protezione dei tecnici dell’Eni, quando nel corso della recente campagna elettorale ha proposto di inviare nuovamente truppe italiane in Iraq.

15 aprile 2008

Mentre le truppe irachene e statunitensi sono impegnate contro l’Esercito al Mahdi, nelle zone sunnite e nella stessa Baghdad una serie di attentati mette a rischio la relativa pacificazione finora garantita dai Consigli del risveglio: attentatori suicidi colpiscono a Baquba una zona affollata, a Ramadi un ristorante frequentato dalla polizia, a Baghdad una pattuglia della polizia, per un bilancio complessivo di una cinquantina di morti e 70 feriti. Abu Omar al Baghdadi diffonde via Internet un appello a tutti i sunniti perché abbandonino le forze di sicurezza irachene e i Consigli del risveglio e si riuniscano ai mujaheddin jihadisti, in cambio di una "amnistia". Questo invito può non cadere nel vuoto, visto che il governo disattende la promessa di integrare i Sahwa nelle forze di sicurezza irachene. Nell’appello di al Baghdadi non manca infine l’attacco agli sciiti, in particolare al "traditore" Moqtada al Sadr. Il Consiglio per il dialogo nazionale, guidato da Khalaf al Ulayyan, abbandona il Fronte per l’accordo iracheno, di cui era una delle componenti, imputandogli un’impronta troppo confessionale dovuta soprattutto alla presenza nella coalizione del Partito islamico iracheno. Khalaf al Ulayyan afferma che la sua formazione desidera allearsi con forze politiche nazionaliste, come il Fronte iracheno per il dialogo nazionale, Fadhila o il movimento sadrista.

16 aprile 2008

Regna una certa confusione sulla sorte dei generali Abdul Jalil Khalaf e Mohan al Feraji, rispettivamente capo della polizia e comandante delle operazioni militari di Bassora, capri espiatori per l’esito non proprio brillante dell’operazione "Carica dei cavalieri" e inoltre poco amati nelle sfere governative per la loro neutralità e indipendenza dal potere. Per entrambi si parla di una promozione- rimozione, motivata dalla fine delle loro missioni e dal passaggio a incarichi "più importanti" (non è dato per ora sapere quali), come dichiara un portavoce del ministero degli Interni all’agenzia Aswat al Iraq e come conferma lo stesso Khalaf al "Washington Post". La Reuters invece, citando come fonte il generale al Askari (portavoce del ministero della Difesa), sostiene che al Feraji sia ancora al suo posto e comandi le operazioni militari a Bassora; mentre il "Los Angeles Times" si rifà sempre a dichiarazioni di al Askari per sostenere che al Feraji rimane a Bassora, ma ora nella veste di rappresentante del governo.

19 aprile 2008

A Bassora le forze irachene, appoggiate da pesanti bombardamenti dell’aviazione Usa e dell’artiglieria britannica, attaccano le zone in mano ai sadristi, conquistando – a detta dello stesso al Feraji, ancora al suo posto – il quartiere di Hayaniya. L’attacco incontra una resistenza che, stando alla Bbc, non è chiaro se sia da attribuire all’Esercito al Mahdi o a combattenti indipendenti: secondo dirigenti sadristi locali, i combattenti del Mahdi stanno rispettando la tregua. Continuano gli scontri a Sadr city, dove la tensione è aggravata dalla decisione Usa di costruire un muro di cemento che isoli la parte sud del quartiere (800.000 abitanti), da cui proverrebbero i razzi che minacciano la zona verde. Nel quartiere sciita, dall’inizio dei combattimenti, i morti sarebbero 300 e i feriti oltre 1.600 secondo Aswat al Iraq. Forze irachene e miliziani del Mahdi si scontrano anche a Nassiriya. Al Sadr lancia al governo "l’ultimo ammonimento" a seguire la "via della pace" e a far cessare le infiltrazioni della Brigata Badr nell’esercito, minacciando di ricorrere alla "guerra aperta" se continueranno gli attacchi all’Esercito al Mahdi.

21 aprile 2008

L’inviato speciale Onu per l’Iraq, Staffan de Mistura, afferma che la questione di Kirkuk e degli altri territori contesi necessita di una soluzione politica che garantisca le minoranze, non di un referendum organizzato frettolosamente. De Mistura aveva già proposto di testare su quattro distretti a popolazione mista – kurda e araba – una "soluzione Onu", da applicarsi in caso di successo ad altri distretti nei territori contesi e alla stessa Kirkuk: oggi afferma che i distretti campione potrebbero essere più di quattro, tutti nei pressi di Kirkuk.

23 aprile 2008

Il presidente della Commissione elettorale, Faraj al Hayderi, invita il Parlamento ad approvare celermente la legge sulle elezioni provinciali, altrimenti non sarà possibile effettuarle alla data prevista del 1 ottobre; inoltre lamenta di non aver ancora ricevuto i fondi per l’organizzazione delle elezioni. Ma il suo invito e le sue lagnanze non trovano risposta. Una delegazione del Parlamento iracheno, composta da rappresentanti non solo dei partiti sciiti ma anche delle due coalizioni sunnite e della coalizione kurda, giunge a Sadr city e chiede che termini l’assedio al quartiere, in cui le sofferenze della popolazione sono inenarrabili. Nonostante Moqtada al Sadr ancora inviti i suoi al rispetto della tregua, rischia di rimanere inascoltato da chi, sotto una pressione intollerabile, reclama il diritto all’autodifesa.

25 aprile 2008

I rappresentanti delle diverse fazioni irachene si ritrovano ad Helsinki, in Finlandia (cfr. sopra, 31 agosto 2007), sempre su invito della Crisis management initiative, per un nuovo incontro finalizzato a rivedere l’accordo di Helsinki alla luce dell’evoluzione della situazione irachena. L’incontro – rigorosamente riservato – si conclude il 27 aprile, con l’impegno di ritrovarsi fra tre mesi a Baghdad: anche delle conclusioni si sa poco, tranne il fatto che tutti "hanno accettato il metodo primario del dialogo e del negoziato per risolvere i dissidi politici".

27 aprile 2008

Il deputato sadrista Falah Shanshal riferisce all’agenzia Aswat al Iraq che una cinquantina di parlamentari appartenenti a diversi gruppi (Fronte per l’accordo iracheno, Alleanza irachena unita, indipendenti) hanno organizzato oggi un sit in a Baghdad per chiedere la fine dell’assedio a Sadr city, pronti a ripetere l’iniziativa domani se non troveranno ascolto. Contemporaneamente la zona verde di Baghdad è colpita da un bombardamento che provoca due morti, una ventina di feriti e paralizza l’area per l’intera giornata. Solo pochi giorni fa il comando Usa spiegava con soddisfazione che gli incessanti raid aerei su Sadr city avevano bloccato il lancio di missili sulla zona verde.

29 aprile 2008

A Sadr city, attacchi particolarmente violenti causano almeno 50 morti e 130 feriti, tra cui molte donne e bambini, secondo le testimonianze dei residenti (accolta anche dal "Washington Post"). Il raid aereo avrebbe demolito almeno cinque edifici, seppellendo gli abitanti tra le macerie. La versione delle truppe Usa è di aver ucciso 28 combattenti, dopo essere state attaccate mentre evacuavano un soldato ferito. Il sindacato dei giornalisti di Bassora, seguito per solidarietà il 30 aprile da quello di Nassiriya, indice uno sciopero a tempo indeterminato per protestare contro le aggressioni subite dal suo presidente e da uno dei suoi membri ad opera delle forze di sicurezza irachene; il sindacato chiede una immediata inchiesta sui fatti. A Baghdad, davanti al Tribunale speciale presieduto da Abdul Rauf Rahman, si svolge la prima udienza del processo contro l’ex vice presidente iracheno Tareq Aziz, che insieme a due fratellastri di Saddam Hussein e ad Ali Hasan al Majid (già condannato a morte nel processo sulla campagna Anfal, v. sopra, 24 giugno 2007) deve rispondere della condanna a morte decretata nel 1992, al termine di un processo sommario, per 42 commercianti accusati di aver speculato sui prezzi di beni di prima necessità mentre il paese soffriva per l’embargo. Tareq Aziz – di cui era già circolata la falsa notizia della morte – appare in precarie condizioni di salute e visibilmente provato dai cinque anni di detenzione, trascorsi in gran parte in isolamento.

30 aprile 2008

Il giornalista iracheno Khudier al Nasrawi è arrestato a Kerbala dalla polizia locale, senza che ne siano resi noti i motivi. Lo riferisce Aswat al Iraq, sulla scorta della testimonianza del fratello del giornalista.

1 maggio 2008

I militari Usa morti nel passato mese di aprile sono stati 47, il dato peggiore dal settembre 2007. La strategia "vincente" di Petraeus sta iniziando a mostrare la corda: non basta più pagare i Consigli del risveglio perché si facciano uccidere al posto dei soldati statunitensi, le perdite tra questi ultimi mostrano ugualmente una tendenza alla risalita. Nella provincia di Anbar, ad esempio, gli attacchi contro le truppe Usa sono ricominciati. Poco prima della mezzanotte, l’aviazione turca bombarda nuovamente il Kurdistan iracheno nella zona dei monti Qandil, prendendo di mira obiettivi del Pkk e – pare – del Pjak.

2 maggio 2008

Un rapporto dell’Ufficio per il coordinamento degli affari umanitari dell’Onu (Ocha) illustra la drammatica situazione di Sadr city dopo più di un mese di assedio e bombardamenti. Secondo i dati del governo iracheno i morti nelle operazioni militari sono 925 e i feriti 2.600; secondo le ong locali, il 60% delle vittime è costituito da donne e bambini. In nove settori della città il coprifuoco impedisce la circolazione di qualsiasi veicolo, in altri nove l’accesso e la circolazione sono di fatto impediti dai combattimenti: in tutte queste zone per la popolazione è difficile accedere al cibo, all’acqua e ai principali servizi. Le infrastrutture idriche, già in pessime condizioni, sono state ulteriormente compromesse e gli abitanti si procurano l’acqua attingendola da serbatoi collettivi, riempiti con cadenza irregolare da autobotti. Ordigni esplosivi sono nascosti ai bordi delle strade e nei mucchi di rifiuti, ovunque si trovano bombe o munizioni inesplose. Il Sadr Hospital e l’Imam Ali hospital sono aperti, ma la loro dotazione di farmaci è insufficiente, altri ospedali funzionano solo parzialmente, 1/3 dei centri sanitari pubblici è chiuso; la raccolta dei rifiuti è sospesa. Parecchie scuole sono chiuse, alcune di esse sarebbero divenute basi per le truppe irachene e statunitensi, oppure per le milizie. Molte abitazioni sono distrutte o gravemente danneggiate; molti sono i senza tetto, gran parte dei quali cerca riparo nelle moschee, nelle scuole o presso conoscenti. Secondo l’International organization for migration (Iom), 500 famiglie avrebbero abbandonato Sadr city; secondo la Mezzaluna rossa irachena, sarebbero riuscite a farlo meno di 1.000 famiglie. Il coprifuoco e l’insicurezza rendono comunque difficile lasciare Sadr city.

3 maggio 2008

Un raid aereo statunitense a Sadr city colpisce il Sadr hospital danneggiandolo in modo grave, incendiando alcune ambulanze e ferendo una trentina di persone. Il comando Usa afferma invece di aver distrutto "un centro di comando e di controllo di elementi criminali", forse riferendosi a una baracca vicina all’ospedale che, secondo gli abitanti della zona, era un punto di sosta di pellegrini. Il generale Raied Shaker, comandante dell’esercito iracheno nella zona di Kerbala, annuncia di aver scoperto nella città un grosso quantitativo di armi iraniane. Il generale Usa David Petraeus dà un grande risalto alla notizia, annunciando che tali armi saranno mostrate ai media il 7 maggio e successivamente distrutte. Petraeus, qualche giorno avanti, ha anche annunciato la prossima pubblicazione di un dossier che documenta le interferenze iraniane in Iraq: secondo indiscrezioni, conterrebbe foto di armi iraniane – alcune di fabbricazione recentissima – trovate in mano a combattenti sciiti, nonché verbali d’interrogatorio di combattenti sciiti che ammettono di esser stati addestrati in Iran. Le prove di ingerenza raccolte sono contestate alle autorità iraniane da una delegazione che al Maliki invia a Teheran. Ma il 4 maggio, al ritorno della delegazione, il governo informa che l’Iran ha presentato a sua volta delle prove a discarico, il che rende necessaria l’istituzione di una commissione d’indagine che verifichi la fondatezza delle accuse statunitensi. La pubblicazione del dossier di Petraeus viene così più volte rinviata. Quanto alle armi trovate a Kerbala, i tecnici dell’esercito Usa non trovano nulla che possa collegarle all’Iran: sono di fabbricazione irachena e simili a quelle trovate in possesso dei guerriglieri sunniti di al Qaeda. L’esibizione delle armi, il 7 maggio, è così sostituita da una conferenza stampa del generale Kevin Bergner: la cosa più interessante del suo discorso – fa notare il blog del "Los Angeles Times" – è che non pronuncia neanche una volta la parola "Iran".

5 maggio 2008

A Baghdad l’esercito iracheno arresta 42 poliziotti sospettati di collaborare con i sadristi; al Mohammed Bakr Hakim hospital, dopo aver picchiato diverse persone fra cui il direttore, arresta 35 membri del personale tra medici, ausiliari, inservienti e chiude la struttura.

7 maggio 2008

L’esercito iracheno invita la popolazione di Sadr city ad abbandonare le proprie case e a trasferirsi in due stadi della capitale, che potrebbero ospitare circa 16.000 persone in 500 tende. Adn- Kronos international, sulla base delle dichiarazioni di due deputati sadristi, riferisce che il gruppo facente capo a Moqtada al Sadr intenderebbe presentare a breve le prove di gravi violazioni dei diritti umani commesse a Baghdad e Bassora da al Maliki e da molti funzionari della sicurezza; il gruppo sadrista avrebbe inoltre chiesto la soppressione del ministero per i Diritti umani, a suo parere incapace di tutelare le vittime degli abusi e di aiutare in alcun modo la popolazione. Il 6 maggio un altro deputato del gruppo, Nassar al Rubaie, si è autosospeso "per protesta contro quanto sta accadendo a Sadr city", attribuendone la responsabilità alla leadership politica e religiosa. Al Cairo, una delegazione irachena sunnita chiede ai paesi arabi di maturare una posizione comune – sotto la guida dell’Egitto – per "salvare l’Iraq e la sua gente" dalla "occupazione iraniana" e li invita a riaprire le loro ambasciate in Iraq, in modo da non lasciare terreno all’Iran. La delegazione fa capo al Consiglio dei capi tribali e dei notabili iracheni; questo organismo, fondato di recente, ha sede a Baghdad e un ufficio provvisorio ad Amman ed è presieduto da sheik Majid Abdel Razzaq al Ali Suleiman, capo della potente tribù dei Dulaimi. Nei giorni successivi, la delegazione chiede che anche Usa e Ue siano investiti del problema e ribadisce che "se l’Iraq perdesse l’identità araba, l’Iran si mangerebbe il Golfo in un boccone". Richiesto se avesse documenti comprovanti l’ingerenza iraniana, Suleiman afferma che non sono necessari, dato che il ministro della Difesa iracheno ha mostrato in Tv armi e mortai di recente fabbricazione iraniana giunti a Bassora e che a Baghdad e Diwaniya compaiono quotidianamente migliaia di armi provenienti dall’Iran.

8 maggio 2008

Le forze Usa e irachene chiudono l’emittente del movimento sadrista, radio al Ahd, per ordine di al Maliki ma in assenza di un provvedimento della magistratura. L’emittente, già oggetto di un raid dell’esercito iracheno avvenuto il 6 maggio, è accusata di incitare al terrorismo e di occupare con i suoi uffici una proprietà pubblica. Il direttore di radio al Ahd nega le accuse, affermando che l’emittente anzi "propugna la pace come cultura alternativa alla violenza" e occupa uffici regolarmente presi in locazione dal sindacato.

9 maggio 2008

A Sadr city, durante la preghiera del venerdì, il sadrista sheik Sattar Battat rimarca criticamente il silenzio di Najaf – sede della massima autorità religiosa sciita – pur dopo 50 giorni di sanguinoso assedio al quartiere: "ciò significa che Najaf accetta il massacro a Sadr city".

12 maggio 2008

Rappresentanti di Moqtada al Sadr e deputati dell’Alleanza irachena unita sottoscrivono ufficialmente una tregua di 4 giorni (concordata il 10 maggio), in vista di una cessazione dei combattimenti a Sadr city. Secondo l’accordo, le forze irachene entreranno nel quartiere in numero sufficiente a prendere il controllo della sicurezza, evitando così il supporto delle truppe straniere; avranno quindi il potere di imporre la legge e combattere le illegalità; sarà proibito qualsiasi attacco contro zone residenziali, uffici governativi e la zona verde; il governo farà bonificare il quartiere dalle bombe nascoste ai bordi delle strade; in cambio cesseranno i raid contro i sadristi, che non potranno essere arrestati senza uno specifico mandato. I sadristi tengono a sottolineare che accettano la tregua e il divieto di portare armi in pubblico, ma che non sono disposti a sciogliere l’Esercito al Mahdi e a consegnare le armi. Secondo alcune voci della maggioranza governativa, l’accordo sarebbe anche questa volta frutto di una mediazione iraniana: la delegazione irachena, inviata a Teheran con lo scopo dichiarato di contestare alle autorità iraniane le prove delle loro interferenze in Iraq (v. sopra, 3 maggio 2008), avrebbe perseguito in realtà lo scopo di chiedere l’intercessione iraniana per un accordo con al Sadr. Versione che per altro i sadristi non confermano. Il comando Usa rende noti i dati sugli attacchi avvenuti in Iraq nei mesi di marzo e aprile, rivolti soprattutto contro le forze statunitensi e irachene. Tali attacchi sono oltre 700 al mese, quasi il triplo di quelli di febbraio; le armi impiegate sono più potenti e, da quando è iniziato l’assedio di Sadr city, sono aumentati i lanci di missili provenienti da altri quartieri della capitale. Il 10 maggio, per inciso, un elicottero da combattimento Apache è stato oggetto di un attacco missilistico che, pur avendo mancato il bersaglio, tuttavia evidenzia l’accresciuta potenzialità minacciosa della guerriglia. Osama al Najafi, deputato della Lista nazionale irachena, rivela al quotidiano "Azzaman" che sarebbe imminente, anche in vista delle prossime elezioni amministrative, la nascita di una ampia coalizione nazionalista comprendente – oltre la Lista nazionale irachena – il Fronte iracheno per il dialogo nazionale e Fadhila, mentre il movimento di al Sadr starebbe ancora trattando l’eventuale adesione.

13 maggio 2008

Una delegazione di 144 capi tribali provenienti dalle province di Salaheddin e di Diyala (a maggioranza sunnita) si reca in visita a Kerbala – e viene accolta dall’ayatollah Ali al Sistani, massima autorità religiosa sciita. La visita della delegazione, che rappresenta tribù sia sunnite che sciite, intende contribuire al superamento di divisioni e lotte fra confessioni ed etnie ed esprime una forte aspirazione all’unità dell’Iraq.

14 maggio 2008

L’Aclu pubblica un rapporto del governo Usa secondo il quale in Iraq, nel mese di aprile 2008, le forze statunitensi custodivano in carcere circa 500 minorenni. Il rapporto giustifica la detenzione di minorenni sulla base del sospetto che essi avessero partecipato alle azioni contro le forze della coalizione o fornito supporto ai combattenti; afferma chela reclusione serve per insegnare loro a contribuire positivamente al futuro dell’Iraq; aggiunge che "la maggior parte viene attualmente tenuta in carcere per non più di 12 mesi". Il Pentagono, senza altri commenti, conferma il contenuto del rapporto. A Bassora, i rappresentanti di 15 sindacati riuniti in conferenza chiedono al governo l’abolizione della legge 150/1987 (che vieta i sindacati nel settore pubblico) e del decreto 8750/2005 (che vieta ai sindacati di percepire quote associative, di possedere beni e che ha confiscato i loro patrimoni); chiedono inoltre la piena attuazione dell’art. 22 della costituzione, che garantisce la libertà di associazione sindacale.

15 maggio 2008

A Mossul, sotto assedio da giorni, iniziano due operazioni militari che intendono liberare la città dai combattenti qaedisti. Un’operazione, denominata "Madre delle due primavere", è affidata alle forze irachene che, coordinandosi con le milizie tribali sunnite, effettuano perquisizioni e rastrellamenti casa per casa, alla ricerca di armi e di combattenti: nei primi due giorni sono arrestati 833 sospetti e solo 51 di essi sono rilasciati. L’altra, denominata "Ruggito del leone", è affidata ai militari Usa che controllano la zona del lago Tharthar, cercando di bloccare le vie di rifornimento e di fuga dei miliziani qaedisti. Il premier al Maliki aveva promesso l’intervento militare a Mossul già dal 23 gennaio scorso, quando il capo locale della polizia è stato ucciso da un attentatore suicida vestito da poliziotto (v. sopra); ora lo presenta come la resa dei conti definitiva con al Qaeda. Il governo sostiene infatti che al Qaeda sia stata cacciata dalle sue roccaforti nelle province di Anbar e Diyala e nei quartieri sunniti di Baghdad e si sia quindi ritirata a Mossul: la liberazione di Mossul da al Qaeda equivarrebbe dunque alla sconfitta definitiva di quest’ultima. In realtà nella provincia "liberata" di Anbar c’è una ripresa di azioni qaediste (v. sopra, 1 maggio 2008) e, nei quartieri sunniti di Baghdad, pare che – più che scomparsa – al Qaeda stia mantenendo per ora un basso profilo, sulla base di accordi con i Sahwa.

18 maggio 2008

Nouri al Maliki, dopo aver incontrato il rappresentante speciale dell’Onu Staffan de Mistura, annuncia che "per garantire la sicurezza degli elettori e impedire le frodi" le elezioni provinciali non si terranno tutte in un’unica data, ma saranno scaglionate. Le critiche alla decisione non tardano ad arrivare. Iyad Allawi, leader della Lista nazionale irachena, fa notare che questa procedura può favorire, anziché ostacolare, le frodi elettorali: preoccupato, manifesta i suoi timori in lettere inviate all’Onu e a diversi governi. Il Fronte per l’accordo iracheno teme che con elezioni scaglionate il risultato elettorale di una provincia possa influenzare il voto nelle altre. Il presidente del Parlamento, Mahmud al Mashadani, ritiene che sarebbe più semplice tutelare la sicurezza degli elettori, controllando la situazione con il coprifuoco, se elezioni si svolgessero in un’unica data. Il Parlamento, che avrebbe dovuto approvare il disegno di legge sulle elezioni provinciali entro il 13 maggio, incontra difficoltà a trovare l’accordo su alcune questioni. Alcuni gruppi propendono per un sistema a liste bloccate (senza preferenze), altri per quello a liste aperte (con preferenze). I kurdi pretendono che la provincia di Taamim, che ha Kirkuk come capitale, costituisca un unico distretto elettorale, mentre gli altri schieramenti vorrebbero suddividerla in più distretti, per non togliere voce alle zone in cui prevalgono gli arabi e i turcomanni; pare inoltre che i kurdi vogliano rinviare il voto di Kirkuk a dopo il referendum. L’ipotesi di rinvio delle elezioni provinciali si fa sempre più probabile.

20 maggio 2008

A Baghdad si riapre il processo contro Tareq Aziz (v. sopra, 29 aprile 2008), senza la presenza dei suoi difensori che, come denuncia il figlio Ziad, non hanno ottenuto i visti necessari dalle autorità irachene. Un cecchino Usa – secondo l’accusa di un’emittente legata al partito di governo Dawa, al Afaq Tv, nonché dell’associazione stampa irachena – uccide il cameraman Wissam Ali Udah, mentre torna a casa a piedi, nel corso di scontri scoppiati nella parte est di Baghdad tra forze Usa e combattenti sciiti. Secondo la polizia locale, le vittime civili di questi scontri sono almeno altre 13. Per il comando Usa, l’uccisione del cameraman è imputabile a "criminali" ed è avvenuta ore dopo l’attacco ai combattenti sciiti. Il presidente statunitense George Bush è costretto a esprimere telefonicamente il suo rammarico al presidente iracheno Nouri al Maliki per l’azione di un tiratore Usa, che il 9 maggio scorso aveva usato il Corano come bersaglio durante un’esercitazione. Il Corano trapassato da 14 proiettili era poi finito in mani irachene, scatenando reazioni che hanno costretto il generale Hammond, capo del comando di Baghdad, a chiedere scusa e perdono. Di fronte alla marea montante della rabbia irachena, Bush esprime "preoccupazione" e garantisce che il colpevole è stato censurato e allontanato dall’Iraq. Successivamente la portavoce Dana Perino, rispondendo alla precisa domanda di un giornalista, assicura che le espressioni del presidente Usa equivalgono a scuse formali. Il governo iracheno chiede che al soldato sia inflitto il massimo della pena. Molte reazioni all’inqualificabile azione si registrano anche in Afghanistan.

22 maggio 2008

A Baiji, un attacco aereo Usa uccide sei contadini sunniti e due bambini: il capo della polizia locale lamenta che ciò sia avvenuto nonostante egli fosse in costante contatto con le forze statunitensi. Il comando Usa afferma che gli adulti erano qaedisti, ma ammette l’uccisione dei due bambini.

27 maggio 2008

Il Consiglio iracheno per la sicurezza nazionale raccomanda che i negoziati in corso tra Iraq e Usa sull’accordo bilaterale a lungo termine si svolgano in modo da garantire un esito "soddisfacente per il popolo iracheno e che non danneggi i suoi interessi". La parte dell’accordo che regolamenta la presenza e l’attività delle forze Usa nel paese (Sofa, Status of forces agreement), è quella che suscita le maggiori apprensioni: dalla intesa di Bush e al Maliki che ha dato il via ai negoziati (v. sopra, 26 novembre 2007) fino alla rivelazione fatta dalla stampa della bozza dell’accordo (v. sopra, 10 aprile 2008), molte forze politiche hanno pesantemente criticato sia l’ipotesi stessa di accordo a lungo termine sia, ancor più, i contenuti che l’accordo sembra destinato ad assumere. Se le critiche più decise provengono dai gruppi sunniti contrari all’occupazione e dal movimento sadrista, sembra che lo stesso Ali al Sistani abbia, sia pure cautamente, avanzato delle riserve sull’accordo: secondo un suo rappresentante, in un recente incontro con al Maliki il grande ayatollah ha invitato "a far di tutto per tornare alla sovranità, a tutti i livelli". Il 25 maggio, al Alam Tv – un’emittente iraniana pubblica che trasmette in lingua araba – cita invece una "fonte vicina ad al Sistani" secondo la quale l’ayatollah avrebbe detto al premier, ben più esplicitamente, che non permetterà la firma dell’accordo finché avrà vita.

30 maggio 2008

Esce in settimana un libro di memorie di Scott McClellan, portavoce della Casa bianca dal luglio 2003 all’aprile 2006. Nel libro McClellan è durissimo nei suoi giudizi sull’operato dell’amministrazione Bush; afferma, tra l’altro, che la guerra in Iraq non era necessaria e che il governo è ricorso a ogni possibile sotterfugio e inganno per nasconderne i veri obiettivi. L’ex portavoce si attira le critiche dei suoi antichi sodali neocon, che gli chiedono come mai non sia stato sfiorato da alcun dubbio quando ancora era in servizio.

28 maggio 2008

Moqtada al Sadr invita gli iracheni a protestare in massa, ogni venerdì dopo la preghiera, contro l’accordo a lungo termine tra Iraq e Usa, fino a che l’accordo sarà annullato. Il 30 maggio – primo venerdì dopo l’appello di al Sadr – in migliaia manifestano contro l’accordo, a Baghdad e in tutto il sud del paese.

29 maggio 2008

A Stoccolma si chiude con un nulla di fatto la conferenza del Patto internazionale con l’Iraq (ideato a Sharm el Sheik nel vertice del 3- 4 maggio 2007, v. sopra). I principali paesi creditori dell’Iraq – Arabia saudita, Kuwait, Emirati arabi uniti e Qatar – non appaiono disposti, nonostante le pressioni Usa, a rimettere nemmeno in parte il debito iracheno nei loro confronti (i paesi del Club di Parigi lo hanno rimesso nella misura dell’80%; v. sopra, cap. "L’Iraq sovrano", 21 novembre 2004). Niente sconti nemmeno sui 28 miliardi $ di risarcimenti per l’invasione del Kuwait del 1990, che l’Iraq deve corrispondere alla commissione Onu per le compensazioni, a favore di vari paesi e di soggetti commerciali e civili danneggiati. Il ministro degli Esteri iraniano Manouchehr Mottaki accusa gli Stati uniti e i loro alleati di essere responsabili della grave situazione dell’Iraq, mentre l’Iran – afferma – ha contribuito notevolmente alla ricostruzione.

4 giugno 2008

Ahmed Nouri Raziak, cameraman per i servizi televisivi di Associated Press, è arrestato a Tikrit da forze Usa e irachene, quindi rinchiuso a Camp Cropper. Il 30 giugno le forze Usa comunicano ad Ap che la Corte penale centrale irachena ha deciso di non perseguire il cameraman, contro il quale non sussistono prove sufficienti; aggiungono che la sua posizione sarebbe stato presto esaminata dalla commissione iracheno-statunitense deputata alla revisione dei casi dei detenuti, competente anche a disporne il rilascio. L’8 maggio 2008 le forze Usa comunicano invece ad Ap che il loro cameraman rimarrà prigioniero almeno per altri 6 mesi, "per ragioni imperative di sicurezza"

5 giugno 2008

"The Independent" prosegue nelle rivelazioni relative ai negoziati Usa- Iraq in vista dell’accordo di lungo termine. Secondo il quotidiano britannico gli Usa hanno un forte strumento di pressione per indurre al Maliki alla firma di un accordo che in Iraq non piace praticamente a nessuno: infatti, se il mandato Onu scadrà senza essere sostituito da un accordo bilaterale, gli Usa faranno cadere anche la speciale "immunità" nei confronti di richieste di risarcimento di cui godono, in virtù di un ordine presidenziale, 50 miliardi $ in riserve estere che il governo iracheno è costretto a tenere presso la Federal reserve bank di New York. La perdita dell’immunità si tradurrebbe nella perdita immediata di 20 miliardi $, dato che nei tribunali Usa pendono contro l’Iraq richieste di risarcimenti per tale cifra. La difficoltà di arrivare a una conclusione negoziale che non sia un accordo capestro per l’Iraq e la crescente opposizione interna all’accordo stesso potrebbero indurre il governo iracheno a chiedere un’ulteriore proroga del mandato Onu: in questo senso le dichiarazioni di "un alto funzionario iracheno" pubblicate oggi dal "Washington Post". Nei giorni successivi corre voce che anche gli Stati uniti siano disposti ad accettare un rinvio a dopo le prossime elezioni presidenziali: ma David Satterfield, responsabile per l’Iraq del dipartimento di Stato Usa, la smentisce il 10 giugno 2008, asserendo che il negoziato si potrà chiudere nel termine previsto. Il 13 giugno al Maliki, parlando con i giornalisti ad Amman – dove è in visita – ammette l’esistenza di intoppi nel negoziato, perché la delegazione Usa avanza pretese che violano la sovranità irachena: in particolare l’immunità per le truppe statunitensi e i contractor, la possibilità di arrestare iracheni e condurre operazioni militari in totale autonomia dal governo iracheno, il preteso controllo dei cieli e delle acque d’Iraq. Aggiunge tuttavia che il negoziato continuerà fino al raggiungimento di un risultato reciprocamente accettabile. L’inconsueto sussulto di orgoglio nazionale del premier è ben presto soffocato dal ministro degli Esteri Hosyiar Zebari: il 16 giugno egli afferma alla Cnn che il negoziato non conosce intoppi e si può chiudere entro luglio e che le difficoltà citate dal premier sono superabili vista la flessibilità mostrata dalla delegazione Usa. Il 18 giugno, in un’intervista a "The Independent" Zebari cita – come esempio della "flessibilità" statunitense – la rinuncia a chiedere l’immunità per i contractor (ma non per i soldati Usa).

7 giugno 2008

In vista delle elezioni provinciali, il panorama dei partiti si sta modificando. E’ resa pubblica in data odierna la notizia dell’espulsione di Ibrahim al Jafari dal Dawa. Al Jafari, scalzato dal ruolo di premier (v. sopra, cap. "Le elezioni politiche e il governo unitario", 20 aprile 2006) dal suo allora vice Nouri al Maliki – che lo ha successivamente sostituito anche come segretario del partito – si è via via spostato su posizioni nazionaliste (v. sopra, 13 gennaio 2008), fino a fondare recentemente un gruppo che rispecchiasse il suo nuovo orientamento, denominato Movimento riformista nazionale (o semplicemente Islah, cioè Riforma): di qui l’espulsione dal suo vecchio partito. Dal canto suo Iyad Allawi sta saldando nuove alleanze, dopo l’uscita di alcune componenti – tra cui il Partito comunista iracheno – dalla Lista nazionale irachena da lui guidata (v. sotto, 12 giugno 2008). Un ex partecipante alla coalizione di Allawi, il giudice Wael Abdul Latif, anticipa il 9 giugno la prossima presentazione di un nuovo partito – già registrato presso la Commissione elettorale – denominato Partito dello Stato.

9 giugno 2008

La soluzione politica elaborata dall’Unami per il problema di Kirkuk e dei territori contesi è presentata al primo ministro iracheno Nouri al Maliki, al primo ministro del Kurdistan Nechirvan Barzani e al Consiglio di presidenza iracheno. L’Unami parte dall’esame di quattro distretti campione a popolazione mista – Akre, Makhmur, Hamdaniya e Mandali – ne esamina la storia amministrativa, il tipo di popolazione e la presenza di eventuali sfollati, i risultati delle elezioni parlamentari, le condizioni sociali, economiche e di sicurezza, i servizi pubblici, le rivendicazioni. In sintesi si propone che Akre – a popolazione prevalentemente kurda e già amministrato dal governatorato di Dohuk (facente parte della regione autonoma kurda) – rimanga al Krg; Makhmur – attualmente in provincia di Ninive ma appartenente dal 1932 al 1991 alla provincia di Arbil (facente parte della regione autonoma kurda) – andrebbe pure al Krg, tranne il sotto distretto di Qaraj, popolato da arabi, che sarebbe unito ad altro distretto confinante; Hamdaniya – appartenente alla provincia di Ninive fin dal 1932, fortemente legato alla capitale provinciale Mossul e popolato in prevalenza da cristiani, arabi e shabak (minoranza kurda con un particolare culto religioso) – continuerebbe ad appartenere alla medesima provincia; allo stesso modo Mandali – appartenente dal 1932 alla provincia di Diyala – per continuità amministrativa rimarrebbe alla medesima provincia. L’Unami sta procedendo allo stesso modo relativamente ad altri distretti (Tal Afar, Tilkaif, Shekhan, Sinjar e Khanaqin), sperando di concludere presto il lavoro. La soluzione, tuttavia, scontenta praticamente tutti. Avanzano critiche in primo luogo esponenti politici kurdi, ma anche sunniti e nazionalisti: pur se il loro disaccordo è determinato da motivi diversi, tutti sottolineano l’incostituzionalità ex art. 140 della soluzione Unami. Un primo gruppo di 130 soldati australiani lascia l’Iraq; il nuovo premier australiano Kevin Rudd ha promesso in campagna elettorale il ritiro completo del contingente (550 soldati) entro la metà dell’anno in corso. Secondo la Bbc, in Gran Bretagna il governo starebbe valutando la possibilità di un ritiro completo dall’Iraq entro fine anno, pressato com’è dai vertici militari che vorrebbero più truppe in Afghanistan. La situazione che aveva impedito a fine marzo una prevista riduzione di truppe (v. sopra, 20 marzo 2008) è giudicata in miglioramento e, a detta del segretario alla Difesa Des Brown, Bassora sarebbe addirittura "una città trasformata". La federazione sindacale dei lavoratori del settore petrolifero (Ifou) denuncia il trasferimento antisindacale, disposto dal ministro del Petrolio, di otto suoi sindacalisti da raffinerie del sud a una raffineria di Baghdad situata in una zona pericolosissima. L’unica colpa degli otto sindacalisti è l’aver combattuto la corruzione dell’apparato ministeriale e la svendita delle risorse naturali irachene alle compagnie straniere: tuttavia sono accusati di tutto, dalla contiguità con le milizie al contrabbando, pur in mancanza di qualsiasi prova. La vicenda otterrà una certa risonanza solo quando sarà ripresa dal "Guardian" il 25 luglio 2008.

12 giugno 2008

Truppe della forza di reazione rapida della I divisione dell’esercito iracheno (le stesse impiegate a Bassora nell’operazione Carica dei cavalieri) sono inviate ad Amara, capitale della provincia di Maysan; attorno alla città sono istituiti nuovi check point. Il 13 giugno 2008, Nouri al Maliki dichiara Maysan "provincia senza armi" e dà tempo fino al 18 giugno perché chi possiede armi le consegni, in cambio di un compenso: dal 19 giugno inizieranno le operazioni militari. Aswat al Iraq parla di "forze congiunte", irachene e statunitensi, schierate – oltre che ad Amara – anche in altre zone della provincia; i vertici delle forze irachene, tuttavia, accreditano la versione di un ruolo puramente consultivo delle truppe Usa. Gli elicotteri sorvolano Amara, lanciando volantini che invitano la popolazione a mantenere la calma, a non farsi coinvolgere in scontri e a restare in casa. Gli abitanti cercano di procurarsi scorte di cibo, gli ospedali sono in allerta. L’offensiva sarebbe giustificata dal fatto che ad Amara si sarebbero rifugiati "capi di milizie" fuggiti da Bassora a seguito dell’operazione Carica dei cavalieri; inoltre la città sarebbe lo snodo per inoltrare alle "milizie sciite" le armi provenienti dall’Iran. In verità Maysan è l’unica provincia amministrata dal movimento di al Sadr, che in essa riscuote un indiscutibile e vasto consenso. Per i partiti governativi è essenziale distruggere o almeno depotenziare il movimento sadrista in provincia di Maysan prima delle elezioni. Cercando di parare il colpo, l’Esercito al Mahdi si offre di collaborare nell’operazione, per evitare scontri e perdite. Moqtada al Sadr – riferisce la Reuters – ha inviato ad Amara una delegazione di religiosi per colloqui con i funzionari locali sulle modalità dell’operazione; il sadrista al Muhudir, governatore della provincia, è intenzionato a garantire il rispetto dei diritti umani e la supervisione di un comitato formato da leader tribali. Ma al "New York Times", l’esponente sadrista Liwa Sumaysim si dice convinto che il governo voglia usare l’operazione per indebolire il movimento di al Sadr in vista delle elezioni. La provincia di Maysan ha una tradizione di ostinata opposizione a qualunque potere ‘superiore’: diede non pochi problemi a Saddam Hussein e, nel 2003, si liberò dal suo regime senza aspettare l’arrivo della coalizione; ha poi continuato a dare problemi ai britannici che ne hanno avuto il controllo fino al 18 aprile 2007. Citando come fonte Osama al Najafi, esponente della Lista nazionale irachena, Aswat al Iraq riferisce che la prossima settimana sarà ufficialmente annunciata la nascita del Fronte nazionale iracheno, del quale faranno parte – oltre la Lista nazionale irachena – i parlamentari sadristi, Fadhila, il Blocco arabo per il dialogo (formazione sunnita creata a febbraio con la fusione tra il Fronte iracheno per il dialogo nazionale e alcuni indipendenti usciti dal Fronte per l’accordo iracheno), il Consiglio per il dialogo nazionale (ex componente del Fronte per l’accordo iracheno), infine il Movimento riformista nazionale recentemente costituito da al Jafari (v. sopra, 7 giugno 2008). Tutte queste forze non partecipano al governo e intendono fare opposizione in Parlamento, difendendo l’unità nazionale, contrastando il settarismo confessionale e puntando sull’identità araba e islamica del paese; la nuova formazione avrebbe un centinaio di deputati su 275.

13 giugno 2008

Moqtada al Sadr, in un comunicato inviato all’Esercito al Mahdi, annuncia la sua decisione di creare un "gruppo speciale", unico autorizzato a portare armi e a compiere attacchi (ma esclusivamente contro gli occupanti e mai contro altri iracheni). Il successivo 14 giugno, Liwa Sumaysim, capo del comitato politico del movimento sadrista, annuncia che il movimento non si presenterà alle elezioni provinciali, perché non crede che sotto occupazione sia possibile tenere libere elezioni ed eleggere governi effettivi e autonomi. Tuttavia il movimento non promuoverà il boicottaggio delle elezioni, anzi appoggerà "tecnocrati e politici indipendenti" compresi nelle varie liste, per impedire agli avversari (leggi Siic, ndr) di impadronirsi delle amministrazioni provinciali. Ma Moqtada è più pragmatico di quanto i proclami sadristi lascino intendere: la creazione del "gruppo speciale" armato gli preclude bensì – stante la direttiva del Consiglio di sicurezza (v. sopra, 15 aprile 2008) – la partecipazione alle elezioni, quindi egli probabilmente inserirà i suoi candidati come indipendenti in altre liste amiche (lo ha già fatto in passato).

15 giugno 2008

Il generale Tariq Abdul Wahab, che comanda le operazioni militari ad Amara, afferma alla Tv di stato: "Abbiamo preparato un’operazione nel sud del paese con molta cura, non solo dal punto di vista militare, ma anche sociale, politico e religioso" e precisa che "dal punto di vista sociale abbiamo avuto diversi incontri con i capi tribù locali, per coordinare l’operazione con loro e favorire la nascita di comitati nella popolazione civile" in appoggio all’operazione stessa. Il 16 giugno il ministero degli Interni fa sapere che offensive analoghe a quella che sta per scattare nella provincia di Maysan potrebbero presto coinvolgere le province di Dhi Qar e di Diyala. Il 17 giugno il governatore al Muhudir, riferendosi sempre all’imminente offensiva, ribadisce che "c’è accordo fra tutte le parti, compreso il movimento sadrista, sulla necessità di imporre la legge, ma nell’attuare l’operazione dovrebbero essere protetti i diritti dei cittadini": lancia quindi un monito a che non siano violati i diritti umani e non siano effettuati arresti senza mandato.

18 giugno 2008

Il governo iracheno emana un’ordinanza con cui vieta a chiunque – partito, organizzazione o singolo – qualsiasi rapporto con il gruppo iraniano dei Mujahideen- e Khalq (in sigla Mek: i Mujaheddin del Popolo). L’organizzazione, che si oppone al regime islamico iraniano, in Iraq ha goduto a suo tempo del favore – interessato – di Saddam Hussein, che se ne è pure servito durante guerra contro l’Iran e successivamente per contrastare le rivolte sciite e kurde scoppiate dopo la prima guerra del Golfo. Dopo l’invasione dell’Iraq, il gruppo ha goduto della protezione statunitense in virtù della quale i suoi combattenti sono tuttora ospitati a Camp Ashraf, in provincia di Diyala (nonostante sia compreso nell’elenco delle formazioni terroriste stilato dal dipartimento di Stato Usa). Ora però il governo iracheno rivendica a sé il controllo di Camp Ashraf e dei check point che lo circondano e intende deportare i Mek, definiti "terroristi" e accusati di "ingerenza negli affari interni iracheni". L’ambasciata iraniana a Baghdad esprime vivo apprezzamento per la decisione; in difesa dei Mek si levano le voci di esponenti sunniti e della Croce rossa. Il 20 giugno 2008, Aswat al Iraq, citando come fonte un esponente del Siic, rivela che il governo iracheno avrebbe intrapreso un negoziato con gli Stati uniti – e ne intraprenderà un altro con la Croce rossa – per riavere Camp Ashraf e ottenere che i Mek lascino l’Iraq.

19 giugno 2008

Il "New York Times" pubblica e contribuisce a diffondere una notizia finora ripresa solo dalla stampa specialistica: le trattative tra governo iracheno e sei importanti gruppi petroliferi per la modernizzazione e il potenziamento degli impianti in alcuni grossi giacimenti del paese. In assenza della legge sul petrolio e, conseguentemente, di un ente nazionale petrolifero iracheno, il meccanismo individuato è quello degli accordi tecnici di servizio (Tsa), di durata limitata e assegnati senza gare d’appalto alle compagnie che da due anni offrono gratuitamente la loro opera al ministero del Petrolio iracheno. Si tratta di Shell, Bp, Exxon mobil, Total, Chevron e di un consorzio capeggiato da Anadarko: le prime quattro hanno sfruttato il petrolio iracheno dal 1929 al 1972, anno in cui sono state allontanate dal paese in seguito alla nazionalizzazione voluta da Saddam Hussein. Il 1 luglio 2008 il "New York Times" rivela anche che alla stesura dei Tsa – sui quali ancora si tratta – hanno contribuito consiglieri statunitensi assegnati al ministero del Petrolio iracheno e un alto funzionario del dipartimento di Stato Usa.

20 giugno 2008

Ad Amara le forze governative arrestano 200 agenti della polizia locale e un dirigente statale, accusandoli di avere contatti con l’Esercito al Mahdi. A Kerbala, durante la preghiera del venerdì, Abdel Mahdi al Kerbalaie (rappresentante di al Sistani) afferma la neutralità dell’autorità religiosa rispetto a tutti i candidati e le formazioni che parteciperanno alle elezioni provinciali, specificando che ciò vale anche per "quelli che seguono la guida degli ammaestramenti di al Sistani". Al Kerbalaie ribadisce inoltre che l’accordo a lungo termine Usa- Iraq dovrà rispettare la piena sovranità irachena e dovrà ottenere l’approvazione del Parlamento.

23 giugno 2008

Le autorità giordane restituiscono al governo iracheno 2.466 reperti archeologici di grande valore, recuperati sventando svariati tentativi di vendita al mercato nero. Dopo l’invasione dell’Iraq, sarebbero almeno 32.000 i reperti trafugati e contrabbandati fuori dal paese. Il governo iracheno si è rivolto ai paesi in cui essi potrebbero avere mercato chiedendo di cercarli e restituirli, in cambio di ricompense; è riuscito così a recuperarne 8.500, parte dei quali dal governo siriano.

24 giugno 2008

Abdul al Salal, un contractor con la doppia cittadinanza italiana e irachena, muore (con altre 9 persone, 4 statunitensi e 5 iracheni) in un attentato che investe la sede del consiglio circoscrizionale di Sadr city, in cui si stanno tenendo elezioni suppletive per sostituire alcuni consiglieri sadristi dimissionari e eleggere un nuovo presidente. Il comando Usa accusa dell’attentato "i gruppi speciali" legati ad al Sadr. Per il sadrista Sheik Salman Fraij, Sadr city era "stabile e tranquilla, fino a che gli occupanti, un mese fa, vi si sono stabiliti"; quanto all’attentato, sarebbe "un atto pianificato per dividere i membri del consiglio", il frutto di una "cospirazione da parte dei consiglieri che governano con gli americani".

26 giugno 2008

Il quotidiano "Azzaman" denuncia che, nonostante le recenti operazioni militari dirette ad eliminare la guerriglia qaedista, Mossul è già tornata a essere teatro di violenza e di attentati. Secondo alcuni funzionari locali, che chiedono di non essere nominati, la nuova ondata di violenza è attribuibile all’entità delle truppe impiegate in città, ragguardevole ma insufficiente a capitalizzare i risultati delle operazioni lanciate il 15 maggio scorso (v. sopra). Secondo altri funzionari, pure anonimi, la responsabilità è attribuibile a quei partiti che si avvalgono di milizie, riferendosi in particolare ai partiti kurdi e ai loro peshmerga, capaci di provocare tensioni in una città prevalentemente araba.

27 giugno 2008

Le forze Usa, in un raid compiuto a Janaja (in provincia di Kerbala) senza coordinarsi con le autorità irachene, seminano il terrore tra gli abitanti, uccidono un civile disarmato e ne arrestano un altro, che sta visitando la città ma non vi risiede. Lo denuncia il governatore provinciale Akil al Khazaali, mentre il fratello della vittima rende nota la sua parentela con il premier Nouri al Maliki: l’ucciso – Ali Abdulhussein al Maliki – era cugino del premier e guardia del corpo personale della sorella del medesimo. Nouri Al Maliki è originario della zona e gli abitanti di Janaja appartengono in gran parte alla stessa sua tribù. Si ritiene che l’accaduto possa avere ricadute sui negoziati relativi all’accordo bilaterale Usa- Iraq, specie in ordine alle pretese statunitensi di ampia autonomia nelle operazioni militari e di immunità.

30 giugno 2008

Il ministro del Petrolio Hussein al Shahristani rende noti i sei giacimenti che saranno affidati a società petrolifere straniere, con contratti a lungo termine e mediante gare d’appalto: si tratta di Rumaila, Zubair, West Qurna Fase 1, Bay Hassan, Kirkuk e Maysan. A questi si aggiungono due giacimenti di gas: Akkaz e Mansuriya. Le compagnie ammesse alle gare d’appalto sono 41: alle 35 già selezionate (v. sopra, 14 aprile 2008) sono state aggiunte le 6 compagnie statali di Angola, Algeria, Turchia, Pakistan, Thailandia e Vietnam. I contratti, promette Shahristani, non saranno i contestati Psa, ma contratti di servizio; le compagnie straniere che intendono partecipare alle gare dovranno aprire una sede a Baghdad e operare in joint venture con un partner iracheno. Le offerte presentate dalle compagnie saranno vagliate e approvate dal governo: nonostante nei giorni scorsi qualche voce dal ministero del Petrolio la annunciasse, non è prevista l’approvazione del Parlamento, sicuramente per eludere l’opposizione che potrebbero fare i gruppi sunniti e il movimento sadrista.

30 giugno 2008

La provincia di Anbar sarebbe dovuta passare al controllo delle autorità irachene entro la data odierna, ma il passaggio di consegne è stato rinviato. Pare che le forze jihadiste, già scacciate dai Consigli del risveglio, stiano tornando nella zona; dopo mesi di relativa calma, riprendono gli attentati, soprattutto contro i Consigli del risveglio (già demotivati per essere stati usati dalle forze statunitensi e poi traditi nelle loro aspettative). Così verso la metà di luglio il governo impone un coprifuoco a tempo indeterminato al capoluogo Ramadi e ai principali centri della provincia.

1 luglio 2008

Il rappresentante speciale Onu per l’Iraq, Staffan de Mistura, dopo una riunione a Baghdad con esponenti delle varie forze politiche irachene, afferma di aver comunicato ai deputati che le elezioni provinciali non si potranno tenere alla data prevista, vista la mancata approvazione della legge elettorale; prevede però che, qualora questa sia approvata entro il prossimo settembre, le elezioni si potranno svolgere entro la fine del 2008. Il quotidiano "Azzaman", sulla base di dati del ministero dei Diritti umani, riferisce che in Iraq, dal 2005 al 2007, sono stati uccisi 340 docenti universitari e 2.334 donne. Il ministero dei Diritti umani sottolinea che il governo e le autorità occupanti rifiutano di indagare su queste uccisioni, così che i loro autori sono liberi, mentre le carceri Usa e irachene traboccano di persone incarcerate sulla base di semplici sospetti.

2 luglio 2008

Ad Amara, nell’ambito dell’operazione Auspicio di pace, sono arrestati il presidente e due membri del Consiglio provinciale. Ancora più clamoroso è il tentato arresto del governatore provinciale al Muhudir ad opera delle forze governative e statunitensi, che fanno irruzione nella sua casa e, non trovandolo, arrestano 30 addetti alla sua sicurezza. L’ufficio sadrista locale conferma l’esistenza di un mandato di arresto per il governatore e parla di tradimento: il premier aveva promesso che nessuno sarebbe stato arrestato per la sua appartenenza al movimento sadrista, invece si fa sempre più evidente l’intento dei partiti governativi di liquidare i sadristi. Persino il vice presidente iracheno Adel Abdel Mahdi, del Siic, critica le violazioni dei diritti umani e chiede una seria indagine sul raid in casa di al Muhudir, sugli arresti del presidente e dei due membri del Consiglio provinciale e sugli arresti effettuati il 20 giugno scorso (v. sopra). Il presidente del Consiglio provinciale è rilasciato il 6 luglio. Il ministro degli Esteri Hosyiar Zebari annuncia un accordo in base al quale gli Stati uniti rinuncerebbero all’immunità per i contractor dipendenti da società private e addetti alla scorta e alla sicurezza del personale civile Usa. Un gesto di buona volontà teso a far digerire agli iracheni l’ostico accordo di lungo termine sul quale si sta ancora trattando. In una riunione a porte chiuse con la commissione parlamentare sull’Energia, il ministro del Petrolio Shahristani – a detta di due componenti della commissione stessa – avrebbe espresso scetticismo sulla conclusione positiva a breve dei negoziati relativi ai Tsa (v. sopra, 19 giugno 2008). Pare che il disaccordo verta principalmente sui termini di pagamento.

3 luglio 2008

Il governo iracheno a Il governo iracheno annuncia che nella prossima campagna elettorale sarà vietato l’uso di immagini e simboli religiosi; sarà vietata inoltre la propaganda elettorale nei luoghi di culto. Il divieto (riferito soprattutto al frequente uso a fini politici dell’immagine di al Sistani) si conforma alla volontà della suprema autorità religiosa, che ha già reso nota la propria neutralità rispetto alle elezioni (v. sopra, 20 giugno 2008). I sadristi si dichiarano a favore dell’annunciato provvedimento, che hanno caldeggiato; invece gli esponenti del Siic – il partito che più utilizza l’immagine di al Sistani - contestano il divieto, che violerebbe a loro dire le libertà garantite dalla costituzione.

6 luglio 2008

La radio pubblica statunitense Npr rivela, sulla scorta delle dichiarazioni di importanti esponenti politici iracheni, che i negoziati tra Usa e Iraq sono ben lontani dal giungere alla conclusione di uno Status of forces agreement (Sofa).

7 luglio 2008

Il premier iracheno Nouri al Maliki, dagli Emirati arabi uniti dove è in visita ufficiale (e dove ha ottenuto un importante successo politico: il condono dell’intero debito iracheno verso gli Emirati stessi), afferma che il suo governo è orientato a porre fine alla presenza straniera nel paese e a ripristinare la pienezza della sovranità. Al Maliki giudica quindi necessario giungere "o a un memorandum d’intesa in base al quale le truppe straniere lascino il paese o a un memorandum d’intesa che fissi un calendario alla loro presenza, così da esplicitare che ci sarà una data precisa in cui essa avrà termine". Il premier iracheno aggiunge che i negoziati con gli Usa continuano e che le posizioni si sono avvicinate, anche se non si può dire che sia stato raggiunto un accordo; ma aggiunge anche che allo scadere del mandato Onu cesseranno "gli arresti unilaterali" da parte degli Usa, come anche "le operazioni unilaterali e l’immunità". Il successivo 8 luglio, il consigliere per la sicurezza nazionale Mowaffaq al Rubaie, sciita e vicino all’ayatollah Ali al Sistani, da Najaf ribadisce: "Non accetteremo nessun memorandum d’intesa se non conterrà una data specifica per il ritiro completo delle forze straniere".

9 luglio 2008

Nahrainnet, un sito iracheno vicino ai sadristi, afferma – sulla scorta delle testimonianze di militari e di abitanti delle zone interessate – che aerei militari israeliani atterrano e decollano di notte dalle due basi militari Usa di al Assad (presso Haditha) e Ali bin Taleb (presso Nassiriya). Le fonti ritengono che un accordo tra forze Usa e israeliane consenta a queste ultime di compiere addestramenti notturni in Iraq e sospettano che le due basi irachene possano essere utilizzate come punti di partenza per attacchi all’Iran. Il ministero della Difesa iracheno smentisce la notizia nei giorni successivi, affermando che nessun aereo militare israeliano è stato visto compiere esercitazioni nei cieli iracheni e liquidando come falsa l’insinuazione che il governo possa ignorare ciò che avviene nello spazio aereo iracheno. Seguono le smentite delle autorità militari israeliane e del Pentagono.

11 luglio 2008

A Diwaniya, durante la preghiera del venerdì, le forze di sicurezza irachene compiono un raid in una moschea sciita gestita dal movimento sadrista e arrestano l’imam Hussein al Karbalaie, che sta tenendo il sermone. I sadristi denunciano l’episodio come un tassello della campagna condotta contro di loro dal Siic, in vista delle elezioni amministrative; il Siic, per ora maggioritario in zona, respinge l’accusa e sostiene la legittimità dell’arresto, giustificandolo col fatto che l’imam avrebbe usato "toni offensivi contro il governo". L’aviazione turca bombarda ripetutamente le basi del Pkk nel nord Iraq: Behoz Erdal, uno dei leader storici della formazione kurda, rimane gravemente ferito (morto, secondo fonti governative).

15 luglio 2008

Attentati sanguinosi si compiono a Baquba e Mossul; a Baghdad invece sfugge agli attentatori il ministro per l’Energia. Al Arabiya trasmette un messaggio audio attribuito a Izzat Ibrahim al Douri: rivolgendosi a Bush, il presunto al Douri lo invita a lasciare l’Iraq e a svelare quale sia la vera entità delle perdite subite dagli Usa nel paese. Il messaggio contiene anche critiche ad al Qaeda in Iraq e all’Esercito al Mahdi per i "tanti errori commessi".

16 luglio 2008

Diwaniya passa oggi sotto il controllo delle autorità irachene (il passaggio di gestione era previsto per la fine dello scorso giugno, ma è stato rinviato). Secondo le autorità militari Usa, la provincia "ha fatto molti passi avanti nella sicurezza"; in realtà la lotta tra il Siic – che controlla l’amministrazione e le forze di sicurezza – e il movimento di al Sadr – forte di un maggior sostegno popolare – è oltremodo aspra, come in genere in tutto il sud. Nonostante la violenza continui in tutto l’Iraq, il Pentagono richiama in patria l’ultima brigata del surge, di circa 10.000 soldati: con questo rientro, i militari Usa nel paese scendono a circa 150.000.

19 luglio 2008

I candidati che il Fronte per l’accordo iracheno, rientrato nel governo, presenta per i ministeri che è riuscito ad ottenere (sei, come prima dell’abbandono: v. sopra, 25 luglio 2007) ottengono la fiducia del Parlamento. Delle tre forze che compongono il Fronte, il filo americano Partito islamico iracheno ha ottenuto ben quattro ministeri; solo due ne ha ottenuto il Consiglio per il dialogo nazionale, di tendenza nazionalista, che non nasconde il suo malcontento; nessun ministero alla Conferenza del popolo iracheno di Adnan al Dulaimi. Il Parlamento da la fiducia anche a quattro ministri destinati a sostituire altrettanti sadristi che hanno abbandonato il governo nella primavera scorsa (v. sopra, 16 aprile 2007): i prescelti appartengono all’Alleanza irachena unita, nonostante l’opposizione dei sadristi che propongono invece tecnici indipendenti.

21 luglio 2008

Barak Obama, candidato democratico alle elezioni presidenziali Usa, visita l’Iraq incontrando il premier Nouri al Maliki, il suo vice sunnita Tariq al Hashemi appena rientrato al governo (v. sopra, 19 luglio 2008) e il presidente Jalal Talabani. Obama ha promesso che in caso di elezione ritirerà dall’Iraq le truppe statunitensi entro 16 mesi: la promessa fa il gioco di al Maliki, che da qualche tempo ha fatto suo l’obiettivo del ritiro delle truppe Usa, tradizionale cavallo di battaglia del suo rivale Moqtada al Sadr, allo scopo di indebolirlo politicamente.

22 luglio 2008

Il Parlamento iracheno approva la legge sulle elezioni provinciali, nonostante l’abbandono dell’aula di una sessantina di deputati kurdi e 15 sciiti (che protestano così contro la decisione del presidente Mashadani di ricorrere al voto segreto). Sul nodo Kirkuk, il testo approvato stabilisce di rinviare le elezioni nelle zone "contese". I kurdi contestano il voto (non valido secondo loro per l’assenza totale di una componente). Il giorno successivo il presidente Jalal Talabani, kurdo, facendo sue le ragioni della protesta, dichiara pubblicamente "irresponsabile" l’approvazione avvenuta con queste modalità e, il 24 luglio, il Consiglio di presidenza rifiuta la ratifica della legge, rinviandola al Parlamento. Nonostante le pressioni di Washington, a questo punto è impossibile non solo rispettare la data del prossimo 1ottobre prevista per le elezioni provinciali, ma anche votare entro il 2008. I parlamentari andranno in ferie senza aver approvato la legge, riconvocati per il 9 settembre. Nasce un’alleanza tra 12 partiti – sunniti, sciiti e laici – comprendente anche ex baatisti, ex combattenti della resistenza e indipendenti, denominata "Raggruppamento del 22 luglio" e ispirata a principi nazionalisti. Il Raggruppamento nasce come reazione ai più recenti comportamenti colonialistici delle forze di occupazione, quali la sottrazione delle risorse petrolifere irachene, tentata con la legge sul petrolio di ispirazione Usa; l’eccidio provocato dalla Blackwater; la proposta di spartizione dell’Iraq in tre macroregioni, approvata dal Senato statunitense su proposta del senatore democratico Joe Biden. La nuova alleanza si oppone alle ingerenze straniere, non solo statunitensi ma anche iraniane, alle divisioni etniche e confessionali imposte dagli occupanti e ai partiti attualmente al potere, che traggono la loro legittimazione dalle potenze straniere e non dal consenso popolare.

25 luglio 2008

Il premier iracheno Nouri al Maliki, in visita in Italia, incontra il presidente del consiglio italiano Silvio Berlusconi, che gli promette l’invio di un maggior numero di istruttori per le forze armate irachene. Nel corso dell’incontro con il pontefice Benedetto XVI, al Maliki promette di aiutare e proteggere la comunità cristiana in Iraq, mentre il papa nulla gli chiede sul conto del cristiano Tareq Aziz, che sta subendo in Iraq un processo al di fuori di ogni legalità e per il quale anche in Italia c’è una vasta mobilitazione.

26 luglio 2008

Un cameraman della Reuter, Ali al Mashadani, che collabora anche con Bbc e National public radio (la radio pubblica Usa), è arrestato dalle forze statunitensi nella zona verde di Baghdad, mentre sta svolgendo le pratiche per ottenere un accredito stampa, e subito rinchiuso a Camp Cropper. Non si conoscono, al solito, né le accuse mosse al giornalista né i fatti in base ai quali è avvenuto l’arresto: le forze Usa ripetono solo la formula di rito secondo la quale Mashadani "costituisce una minaccia per l’Iraq e le forze della coalizione". Mashadani è già stato arrestato dalle forze Usa nell’agosto 2005 (v. sopra, cap. "Assemblea nazionale, nuovo governo, Costituzione, 8 agosto 2005) e tenuto prigioniero fino a gennaio 2006, poi nel corso del 2006 di nuovo incarcerato per due settimane. Ali al Mashadani sarà rilasciato il 21 agosto, senza altra spiegazione che "la conclusione delle indagini a suo carico ne hanno consentito la liberazione".

28 luglio 2008

A Kirkuk, una manifestazione di protesta contro il rinvio del voto provinciale è fatta oggetto di un attentato suicida che provoca almeno 36 morti e un’ottantina di feriti. Le autorità locali impongono il coprifuoco. Nella moschea di Khadimiya, a Baghdad, in questi giorni sono attesi oltre 3.000.000 di pellegrini sciiti per i riti in onore dell’imam Moussa al Khadim, che culminano domani. In mattinata tre attentatrici suicide si fanno esplodere tra la folla uccidendo una trentina di persone. Si temono ora nuovi attentati e nella capitale è imposto per tutto il giorno di domani il blocco della circolazione.

29 luglio 2008

Una nuova operazione militare congiunta delle forze Usa e irachene – denominata Bashaer al Kheir, in arabo "Bella speranza" – inizia nella provincia di Diyala, contro i miliziani di al Qaeda e "per riportare l’ordine nella provincia". Secondo fonti militari irachene, già oggi numerosi raid colpiscono Baquba, sotto coprifuoco come tutti gli altri centri della provincia. L’operazione ha caratteri diversi dal solito: il grosso delle forze è iracheno e insieme ai soldati giungono nella provincia anche giudici, polizia stradale e membri dei dipartimenti per le forniture elettriche, idriche e sanitarie. Nelle intenzioni del governo, tutto ciò – assieme al contenimento degli abusi più gravi contro i civili – dovrebbe garantire un positivo ritorno di immagine. Il 5 agosto al Maliki annuncia una amnistia per i qaedisti della provincia che consegneranno le armi entro 7 giorni.

30 luglio 2008

In Turchia, la Corte Costituzionale respinge il ricorso, presentato in marzo scorso dal procuratore Yalcinkaya, tendente ad ottenere la chiusura del partito di governo – Akp – accusato di attività anti- laiche e l’interdizione quinquennale dalla vita politica per i suoi principali esponenti, Erdogan e Gul in primis. La Corte tuttavia commina all’Akp una ammonizione e il dimezzamento del finanziamento pubblico. La decisione segna un sostanziale pareggio tra governo islamico e establishment militare, che determinerà un tacito accordo di reciproca non ingerenza: i militari smetteranno di contestare la politica del governo e avranno in cambio piena libertà di azione nel nord iracheno.

8 agosto 2008

Un portavoce di Moqtada al Sadr comunica che il leader sciita sarebbe disposto a sciogliere l’Esercito al Mahdi, qualora gli Usa iniziassero il ritiro delle proprie truppe sulla base di un calendario certo. Contemporaneamente al Sadr, in un comunicato letto nelle moschee durante la preghiera del venerdì, annuncia che nel prossimo futuro i suoi miliziani si dedicheranno, disarmati, ad attività sociali, culturali e religiose; solo una unità specializzata dell’esercito al Mahdi continuerà ad avere compiti militari, di resistenza all’occupazione. Il ministero del Petrolio annuncia la ripresa, dopo 20 anni, delle esplorazioni petrolifere, che inizierà dal giacimento di al Gharaf, presso Nassiriya.

14 agosto 2008

Diversi attentati, in data odierna e nei giorni successivi, colpiscono pellegrini sciiti diretti a Kerbala per una ricorrenza religiosa.

22 agosto 2008

Migliaia di seguaci di Moqtada al Sadr manifestano – a Sadr city e in diverse città irachene – contro l’accordo che l’Iraq sta concludendo con gli Usa e che consentirebbe il prolungamento della presenza militare statunitense in Iraq. Le proteste sono rivolte anche contro Condoleezza Rice, giunta a sorpresa in Iraq per accelerare la conclusione dell’accordo.

26 agosto 2008

Al Maliki annuncia il raggiungimento di una intesa di massima con gli Usa per il ritiro dei soldati statunitensi entro il 2011; aggiunge che, nel frattempo, gli stessi non godranno di immunità. "Per ogni soldato straniero che si trovi sul suolo iracheno deve esistere un termine preciso, non indeterminato" dice il premier "e il sangue iracheno deve essere protetto". Washington, tuttavia, smentisce. Il quotidiano al Hayat riferisce che il ramo del Baath guidato da Izzat al Douri, in un comunicato, ha invitato gli elettori a boicottare le future elezioni provinciali, perché svolgendosi sotto occupazione non potranno produrre che l’esito desiderato dagli occupanti. Secondo al Hayat un invito al boicottaggio elettorale sarebbe giunto anche dal Consiglio degli Ulema, che però smentisce la notizia. In ogni caso, l’affluenza ai centri di registrazione è apparsa un po’ scarsa e la Commissione elettorale, pur non fornendo dati, ha prorogato varie volte la scadenza per la registrazione al fine di consentire un maggiore afflusso. Il presidente della stessa Commissione elettorale Faraj al Haydari ha lamentato le intimidazioni che le forze di sicurezza hanno messo in atto per scoraggiare gli elettori a registrarsi: irruzioni nei centri di registrazione, acquisizione degli elenchi degli elettori registrati, rimozione dei manifesti che invitano alla registrazione.

28 agosto 2008

Il ministero del Petrolio iracheno e la compagnia petrolifera statale cinese (Cnpc) annunciano il raggiungimento di un accordo preliminare, del valore di 3 miliardi $, per l’esplorazione del giacimento di al Adab, nella provincia di Wasit (sud est iracheno). L’accordo odierno conferma un contratto concluso nel 1997, durante il regime di Saddam, che a quel tempo non poté entrare in vigore a causa delle sanzioni imposte dall’Onu all’Iraq. L’accordo definitivo è stipulato il 10 novembre 2008 (v. infra)

29 agosto 2008

Il quotidiano "al Hayat" riferisce che al Maliki ha sostituito la delegazione incaricata di negoziare l’accordo con gli Usa con una nuova squadra, guidata dal consigliere per la sicurezza nazionale Mowaffaq al Rubaie e composta in gran parte da funzionari della presidenza del consiglio. All’aeroporto di Baghdad, le forze Usa arrestano Ali al Lami, direttore esecutivo della Commissione per la debaatificazione, mentre rientra da Beirut insieme ai suoi familiari. Il comunicato delle autorità militari Usa non dà il nome dell’arrestato (che sarà rivelato dalle autorità irachene), ma ne parla come di persona sospettata di lavorare "ai massimi livelli" dei "gruppi speciali" (nel lessico Usa, milizie sciite appoggiate dall’Iran) e colpevole di "attacchi criminali multipli, tra cui attentati e attacchi contro obiettivi iracheni". In particolare, al Lami è sospettato di coinvolgimento nell’attentato del 24 giugno 2008 (v. sopra). L’arresto è stigmatizzato come infondato e lesivo dei diritti umani da Ahmed Chalabi, presidente della commissione per la debaatificazione, che ha parole di elogio nei confronti di al Lami; analogo l’atteggiamento di esponenti sadristi. Alcuni esponenti sunniti plaudono invece all’arresto, accusando al Lami di essere una creatura dell’Iran e di aver perseguito politiche discriminatorie in senso confessionale.

1 settembre 2008

La provincia di Anbar – un tempo la zona più calda dell’Iraq – passa, almeno formalmente, al controllo delle autorità irachene, con una cerimonia che si svolge a Ramadi tra rigide misure di sicurezza. Gli Usa tuttavia mantengono dispiegati nella provincia 28.000 uomini equipaggiati con armi pesanti (erano 37.000 in febbraio), ufficialmente col compito di addestrare le forze irachene. Il passaggio di consegne era inizialmente previsto per lo scorso giugno. Governo iracheno e autorità militari Usa esprimono soddisfazione e compiacimento per un evento fino a poco tempo fa impensabile, ma il Consiglio del risveglio – che ne avrebbe desiderato un ulteriore rinvio – esprime la sua irritazione disertando, in gran parte, la cerimonia. Il Consiglio del risveglio, l’artefice della "pacificazione" di Anbar, sperava che la permanenza delle truppe americane potesse protrarsi almeno fino alle elezioni provinciali, perché l’avrebbe garantito contro le potenziali scorrettezze elettorali del rivale Partito islamico iracheno. I timori dei combattenti del risveglio sono accresciuti dalla rimozione del capo della polizia loro alleato, generale Tariq Yussef al Asal al Dulaimi, avvenuta pochi giorni addietro per imprecisate "ragioni amministrative"; tanto più che, dopo il passaggio di consegne, ad al Dulaimi subentra Riad al Karbule, vicino al Partito islamico iracheno. Non solo: il governo iracheno pare voglia disattendere la promessa, rivolta ai combattenti del risveglio, di farli entrare nella polizia e nell’esercito (l’impegno è stato mantenuta solo per 5.200 di essi, dei 58.000 pattuiti, sui circa 100.000 pagati dalle forze Usa). Il governo, per di più, avrebbe stilato un elenco di membri dei Consigli del risveglio da far arrestare per le loro attività nella resistenza precedenti alla partecipazione al movimento del risveglio, 650 nella sola Baghdad e altre centinaia in provincia di Diyala (come riporta il "New York Times" del 22 agosto 2008). Gli arresti dei membri del risveglio sono effettivamente già cominciati, in particolare nella provincia di Diyala, altri se ne attendono; alla minaccia dell’arresto si affianca quella degli squadroni della morte.

2 settembre 2008

Le forze usa arrestano, nella sua casa di Mahmoudiya, Ibrahim Jassam, un fotografo freelance che collabora con la Reuter. Per le forze Usa, costituisce "una minaccia per la sicurezza".

4 settembre 2008

Omar Hashem, un cameraman che lavora per la televisione locale "Baghdad", è arrestato dalle forze Usa, assieme al padre e a due fratelli, nella sua abitazione situata nel quartiere di Adhamiya: lo annuncia un funzionario dell’emittente, che appartiene al Partito islamico iracheno. Le autorità militari Usa ammettono in un comunicato l’arresto di un giornalista, di cui non fanno il nome, considerato "una minaccia per la sicurezza dell’Iraq e delle forze della coalizione" e preso "assieme ad altri sospettati di appartenere a una rete terroristica che compiva attentati". Il cameraman e suo padre – ma non i fratelli – sono liberati il giorno successivo.

5 settembre 2008

In una situazione di protesta sindacale forte e combattiva contro le politiche economiche e salariali del governo (in particolare, tagli del salario fino al 30% e eliminazione di molte indennità), una delegazione della Federation of workers councils and unions in Iraq (Gfwcui, secondo sindacato per numero di iscritti) è ricevuta al ministero delle Finanze, retto dal tristemente noto Bayan Jabor (esponente del Siic, titolare degli Interni nel precedente governo e, in quella veste, fautore di carceri clandestine e di squadroni della morte). All’uscita il presidente della Gfwcui, Subhi al Badri, è fermato da un gruppo di guardie appartenenti alla Brigata Badr che lo picchiano, gli sparano e tentano di sequestrarlo. Il sindacalista sfugge per un pelo ai proiettili ed evita il rapimento grazie all’intervento dei lavoratori, ma in serata le guardie, con una telefonata al vice presidente della Gfwcui, minacciano di uccidere al Badri non appena riusciranno a trovarlo. Le lotte dei lavoratori e la mobilitazione internazionale seguita alle intimidazioni costringeranno il governo iracheno a revocare, il 18 settembre, i tagli del salario e delle indennità: rimane all’ordine del giorno il varo di una legge che riconosca i diritti sindacali, negati oggi come in passato sotto Saddam Hussein.

8 settembre 2008

Esce negli stati uniti un libro inchiesta di Bob Woodward (il giornalista del Watergate), intitolato "The war within". Il libro rivela tra l’altro che, per ordine dell’amministrazione Bush, i servizi segreti Usa hanno sempre spiato il premier iracheno Nouri al Maliki ("sappiamo tutto quello che dice" confida una fonte dei servizi al giornalista). Nel corso di una sparatoria dalla dinamica incerta, avvenuta a Baghdad tra guardie del corpo del ministro per le Migrazioni e vigili, una donna che si trova su un minibus rimane uccisa e altre 6 persone sono ferite. Il Parlamento della regione autonoma kurda chiede che l’acquisto dagli Usa di nuove armi moderne destinate all’esercito iracheno avvenga con la clausola che tali armi non siano usate contro la regione kurda e i suoi abitanti. Il governo di Baghdad starebbe infatti per acquistare dagli Usa 36 caccia F-16. La reazione della sciita Alleanza irachena unita e del sunnita Fronte per l’accordo iracheno alla richiesta kurda è indignata; al Maliki tuttavia ha effettivamente inviato il mese scorso l’esercito iracheno per cacciare i peshmerga da zone che si trovano fuori dal confine meridionale della regione autonoma kurda, ma delle quali i kurdi hanno indebitamente preso il controllo, nelle province di Ninive, Taamim, Salaheddin e Diyala. I kurdi fanno resistenza, affermando che non intendono occupare le zone in questione, ma solo dare la caccia agli insorti e proteggere la popolazione civile: tuttavia, dopo negoziati e sotto la pressione dell’esercito iracheno, cominciano ad abbandonare qualche postazione (Khanaqin, Jalawla), pur minacciando di intervenire di nuovo non appena l’esercito iracheno se ne andrà.

9 settembre 2008

Il presidente Usa George Bush annuncia che un battaglione di circa 1000 uomini, stanziato nella provincia di Anbar, non sarà sostituito al suo prossimo rientro. A febbraio inoltre lascerà l’Iraq, senza rimpiazzo, una brigata di circa 4.000 effettivi con altri 3.400 soldati di supporto. Dopo queste partenze, i soldati Usa in Iraq saranno circa 138.000.

11 settembre 2008

Il ministro del Petrolio Hussein al Shahristani annuncia l’abbandono dell’ipotesi di concludere accordi tecnici di servizio a breve termine (Tsa; v. sopra 19 giugno e 2 luglio 2008) per il potenziamento della produzione in 6 importanti giacimenti. Le compagnie straniere – ma solo le 41 selezionate – per lavorare in Iraq dovranno attendere il primo round di gare di appalto annunciato il 30 giugno 2008 (v. sopra). La Shell, tuttavia, il 22 settembre 2008 si aggiudica, senza gara di appalto, un accordo preliminare di joint venture (49% alla Shell e 51% alla società di stato irachena) per sfruttare, nella zona di Bassora, il gas prodotto durante l’estrazione del petrolio. La procedura, scarsamente trasparente, costituisce senza gara d’appalto un monopolio di fatto in capo alla Shell, come denuncia anche la commissione Energia del Parlamento il 26 novembre 2008; il ministero ribadisce dal canto suo di aver rispettato la legge. Il 12 febbraio 2009, un portavoce del ministero del Petrolio annuncia che la firma del contratto definitivo è prossima e che nella joint venture si è aggiunta anche la Mitsubishi.

13 settembre 2008

A Mossul, tre giornalisti e il loro autista, tutti dipendenti di al Sharqiya (una Tv satellitare con sede a Dubai), sono rapiti e uccisi mentre stanno realizzando un servizio. Un funzionario di al Sharqiya accusa la televisione di Stato irachena – al Iraqiya – di avere la responsabilità morale del delitto "per la campagna diffamatoria orchestrata contro i giornalisti di al Sharqiya dopo che l’emittente ha trasmesso un servizio sulla tortura nelle carceri irachene".

16 settembre 2008

Il comandante delle forze Usa in Iraq, generale David Petraeus, lascia l’incarico perché promosso a capo del Comando centrale (Centcom, che copre Medio oriente e Asia). Gli subentra il suo vice, generale Ray Odierno. L’agenzia nazionale di stampa siriana comunica che Nawaf Aboud al Sheik Faris, nominato ambasciatore siriano in Iraq, ha giurato di fronte al presidente Bashar Assad: la Siria fa seguito così alla ripresa di rapporti con l’Iraq e alla riapertura delle rispettive ambasciate avvenuta due anni addietro (v. sopra, 20 novembre 2006). L’Iraq tuttavia non ha ancora nominato il suo ambasciatore in Siria e la situazione tra i due paesi non è idilliaca, date le ricorrenti accuse di appoggio ai ribelli che l’Iraq rivolge alla Siria. Faris raggiungerà Baghdad il 13 ottobre 2008 (fra gli ambasciatori in Iraq che diversi governi arabi hanno di recente nominato finora, per motivi legati alla sicurezza, ha raggiunto la capitale irachena solo quello degli Emirati arabi uniti).

17 settembre 2008

Amnesty international denuncia, in un rapporto pubblicato in occasione della settimana di azione a sostegno del trattato internazionale sul commercio degli armamenti, che i governi di Stati Uniti e Gran Bretagna non controllano gli ingenti quantitativi di armi che attraverso i loro paesi giungono in zone di conflitto, tra le quali l’Iraq; il sistema dei subappalti rende ancora meno trasparente il commercio di armi. Secondo il quotidiano "Azzaman", che si rifà a fonti parlamentari, i morti per una epidemia di colera che di recente ha colpito l’Iraq sono almeno 1.000 e si teme che il contagio sia già fuori controllo. Il colera è scoppiato in agosto, causato dalle pessime condizioni igieniche, dall’uso obbligato di acqua non potabile, dalla impossibilità di una corretta conservazione del cibo (manca la corrente elettrica per molte ore al giorno).

19 settembre 2008

Ad al Dour, presso Tikrit, secondo la versione della polizia locale, elicotteri statunitensi bombardano una casa, distruggendola e uccidendo otto persone che vi si trovano, appartenenti alla stessa famiglia, tra cui tre donne. Secondo la versione Usa, gli uccisi sono tre sospetti terroristi e tre donne, la cui morte è un "incidente" imputabile comunque ai "terroristi" che "rischiano la vita di donne e bambini pur di fare il loro diabolico lavoro".

24 settembre 2008

Il Parlamento approva la legge per le elezioni provinciali: in base ad essa le elezioni si terranno entro il 31 gennaio 2009, ma saranno rinviate nelle tre province kurde (per le quali dovrebbero essere indette dall’autorità regionale, dopo che il Parlamento kurdo avrà approvato una sua legge elettorale regionale) e a Kirkuk: per quest’ultima – come proposto dall’inviato Onu Staffan de Mistura – la soluzione sarà individuata da un comitato composto da due kurdi, due arabi, due turcomanni e un cristiano. Nell’attuale formulazione la legge non prevede una garanzia di rappresentanza delle minoranze etniche e confessionali, ma di fronte alle manifestazioni di protesta, specie dei cristiani, Nouri al Maliki si affretta a promettere di risolvere il problema. Il sistema elettorale è a lista aperta, consente cioè di esprimere la preferenza per un candidato (nelle elezioni del 2005, a lista chiusa, l’elettore poteva votare solo la formazione politica)

25 settembre 2008

Un raid aereo turco investe molti villaggi sulle montagne Qandil, nel nord Iraq, danneggiando edifici e causando tre feriti, secondo un portavoce del Pkk. L’esercito turco non fa parola del raid, mentre comunica di aver ucciso sei combattenti del Pkk in uno scontro nel sud est della Turchia.

1 ottobre 2008

Da oggi il governo iracheno inizia a prendere il controllo delle milizie del risveglio: oltre 90.000 combattenti finora formalmente indipendenti ma coordinati, armati e stipendiati dalle forze Usa. Tuttavia rimangono difficili i rapporti (v. sopra, 1 settembre 2008) tra governo sciita e miliziani del risveglio per lo più sunniti, molti dei quali ex baatisti, ex ufficiali del disciolto esercito iracheno, attivi in formazioni della resistenza contro l’occupazione.

2 ottobre 2008

Il governo iracheno conclude accordi preliminari, volti all’aumento di produzione di energia e al potenziamento della rete elettrica, con General electric, Siemens Ag e un’altra società non meglio specificata.

4 ottobre 2008

L’aviazione turca colpisce obiettivi del Pkk nel nord Iraq, in risposta ad una incursione che il giorno precedente i guerriglieri hanno compiuto contro una postazione militare turca e che ha ucciso 15 soldati. Da questo momento i raid turchi nel Kurdistan iracheno si fanno quasi quotidiani. La legge che prolunga di un altro anno il mandato a condurre operazioni militari in territorio iracheno, destinato altrimenti a scadere il 17 ottobre 2008, è approvata dal Parlamento turco il 9 ottobre con 115 voti a favore e 18 contrari. Il comando Usa annuncia in un comunicato che il giorno precedente, nel quartiere di Adhamiya, è stato ucciso "uno dei massimi dirigenti di al Qaeda in Iraq", Ahmad al Zubaydi.

5 ottobre 2008

A Mossul un’intera famiglia di 11 persone è sterminata dai soldati Usa nel corso di una operazione. Lo denuncia l’agenzia Aswat al Iraq, citando fonti della polizia irachena che ha portato i cadaveri all’obitorio. Il portavoce della forza multinazionale afferma di non essere a conoscenza dell’episodio.

7 ottobre 2008

"The Independent" pubblica un servizio che documenta, attraverso il racconto di testimoni, le esecuzioni sommarie e segrete dei prigionieri rinchiusi nel centro di detenzione di Khadimiya.

8 ottobre 2008

Maurizio Torrealta, di Rainews24 presenta, in anteprima a Roma, una inchiesta sull’ultimo giorno di Desert Storm, la guerra del Golfo del 1991, in cui gli Usa potrebbero aver sganciato una testata atomica di 5 kilotoni nella zona tra Bassora e il confine con l’Iran. L’inchiesta prende le mosse dalle dichiarazioni rilasciate ad un sito internet da un veterano statunitense, Jim Brown, ingegnere meccanico della X divisione montana di Fort Drum, che partecipò a Desert Storm e che, rintracciato e intervistato, conferma l’attacco atomico. Le dichiarazioni del veterano sono convalidate dalle rilevazioni del Seismological international center, che nella zona e nel giorno indicati registrano un’attività pari a quella che può scatenare un’atomica da 5 kilotoni. La prova definitiva potrebbe essere data solo dalla registrazione delle onde sismiche per capire se sono di superficie o di profondità: nel primo caso, infatti, non potrebbe trattarsi di un terremoto. Ma per compiere questa indagine occorre la collaborazione di diversi centri sismici che, in tutto il mondo, abbiano registrato l’evento. Per ora si può aggiungere che a Bassora il tasso di mortalità annua per tumore è passato da 32 nel 1989 a più di 600 nel 2002. Il dipartimento della Difesa statunitense dichiara per altro che durante Desert Storm sono state usate solo armi convenzionali. E poi perché gli Usa avrebbero sganciato un’atomica destinata a colpire anche gli sciiti che si erano sollevati contro Saddam? Torrealta afferma: "noi dovevamo solo verificare le dichiarazioni, sul perché non ci pronunciamo". Si può avanzare l’ipotesi che l’atomica fosse, come il bombardamento del convoglio in fuga, una rappresaglia per lo Scud che aveva ucciso 28 soldati statunitensi. Del resto, a quel tempo, gli Usa non negavano né confermavano l’uso di atomiche, secondo la teoria della "ambiguità calcolata". Il veterano Usa, nell’intervista, racconta anche altre cose che andrebbero sottoposte a riscontro, ad esempio che anche in Afghanistan, in un giorno tra l’1 e il 3 marzo del 2002, gli Usa avrebbero sganciato una testata atomica con caratteristiche analoghe.

10 ottobre 2008

Nouri al Maliki, da Najaf (dove ha incontrato Ali al Sistani), annuncia che le trattative per la conclusione dell’accordo con gli Usa sono ferme sulla questione dell’immunità per militari e contractor statunitensi. Aggiunge tuttavia che c’è intesa sulle date per il ritiro delle truppe Usa: entro il 30 giugno 2009 esse lasceranno le città irachene per ritirarsi nelle loro basi e lasceranno l’Iraq entro il 31 dicembre 2011 (date confermate anche da "un alto funzionario Usa" ad Ap, che però non è ottimista sulla rapida conclusione dell’accordo). Al Maliki afferma inoltre che, se il Parlamento voterà a favore dell’accordo – una volta concluso – anche al Sistani darà la sua approvazione. Aswat al Iraq riferisce che 295 famiglie cristiane sono fuggite da Mossul negli ultimi tre giorni, dopo i tanti omicidi di persone appartenenti alla minoranza caldea (v. infra, 12 ottobre 2008).

12 ottobre 2008

Il governo iracheno intende inviare a Mossul circa 3.000 poliziotti (in genere arabi, sia sciiti che sunniti) per tentare di arginare le violenze in genere e in particolare le uccisioni di cristiani. Mossul ha la comunità cristiana più antica e più numerosa di tutto l’Iraq, ma i suoi membri – appartenenti soprattutto alla chiesa caldea (di rito orientale che riconosce l’autorità papale) e alla chiesa assira (protestante) – sono in continua diminuzione, come del resto sono in diminuzione i cristiani in tutto l’Iraq, passati dagli 800.000 presenti nel paese al momento dell’invasione del 2003 ai 250.000 attuali. Dal punto di vista governativo, i problemi di Mossul e dell’intera provincia di Ninive non sono dati solo dall’attività di al Qaeda e della resistenza sunnita, ma anche dalla presenza dei peshmerga, portati qui dalle forze Usa fin dal 2003. Per il governo, la presenza di milizie kurde non integrate nell’esercito iracheno è illegale fuori dai confini del Kurdistan. Benché Ninive non faccia parte della regione kurda,il consiglio provinciale è attualmente in mano al Pdk di Barzani, a causa del boicottaggio sunnita delle elezioni del 2005, e la leadership kurda intende annettere al Kurdistan ben cinque zone della provincia. Le stesse uccisioni di cristiani potrebbero rispondere non tanto alla logica della "guerra agli infedeli" portata avanti da al Qaeda (che negherà il suo coinvolgimento in un comunicato ritenuto credibile dal governo iracheno), quanto soprattutto a quella, politica, di indebolire la comunità cristiana in vista delle prossime elezioni: molti esponenti politici arabi puntano esplicitamente il dito contro i peshmerga, anche se i kurdi ovviamente smentiscono. Oltre ad inviare i poliziotti arabi, al Maliki sta iniziando a sostituire con truppe arabe le truppe kurde dell’esercito stanziate a Ninive.

13 ottobre 2008

In un’intervista al britannico "Times", Nouri al Maliki afferma che i 4.100 soldati di Sua Maestà presenti nel sud del paese non sono più necessari per la sicurezza. All’Iraq ormai, secondo il premier iracheno, più che queste truppe sono utili investitori britannici e accordi commerciali con Londra. Il comandante delle forze Usa in Iraq, generale Ray Odierno, accusa "agenti iraniani" di comprare il voto di deputati iracheni perché si oppongano in Parlamento all’accordo di lungo termine che l’Iraq sta negoziando con gli Usa. Odierno ricorda che tra l’Iran e i partiti sciiti oggi al potere – tra cui il Dawa di Nouri al Maliki – intercorrono legami di antica data, ma ammette che le sue accuse non sono suffragate da alcuna prova. Il ministro del Petrolio illustra a Londra – in un incontro a porte chiuse – le condizioni della partecipazione al primo round di gare d’appalto per lo sfruttamento dei giacimenti petroliferi iracheni, nonché i dati tecnici relativi ai giacimenti stessi.

14 ottobre 2008

L’Alto commissariato Onu per i rifugiati (Unhcr) chiede che siano trovati fondi e soprattutto paesi disposti ad accogliere i 3.000 palestinesi fuggiti da Baghdad, che ora vivono in condizioni impossibili, esposti a temperature estreme e tempeste di sabbia, nei campi profughi presso il confine con la Siria. Finora centinaia di palestinesi sono stati costretti a trasferirsi in paesi lontanissimi dalla loro patria, come Danimarca, Olanda, Islanda, Brasile, Cile, Canada e Nuova Zelanda. Infatti, nonostante la risoluzione 194 dell’Onu garantisca il diritto al ritorno dei profughi palestinesi, l’Onu non prova nemmeno a chiedere ad Israele di accoglierli.

15 ottobre 2008

Secondo fonti Usa, i negoziati sull’accordo a lungo termine con l’Iraq si sono conclusi con l’intesa su una bozza finale che, oltre le date per il ritiro delle truppe statunitensi già rese note (v. sopra, 10 ottobre 2008), conterrebbe anche una soluzione al problema dell’immunità per militari e contractor Usa. A grandi linee le autorità irachene potrebbero perseguire i militari Usa solo per reati commessi fuori dalle loro basi e fuori dal contesto di operazioni militari, mentre i contractor sarebbero equiparati ai dipendenti del dipartimento di Stato e avrebbero le medesime immunità diplomatiche. Al di là di una affermazione di principio della giurisdizione irachena, i privilegi di soldati e contractor Usa resterebbero in pratica immutati. La bozza è all’esame del Consiglio politico per la sicurezza nazionale (organismo composto dal presidente dell’Iraq e dai suoi vice, dal premier, dal presidente del Parlamento e dai leader delle principali formazioni politiche) che dovrebbe discuterla a giorni. In caso di parere favorevole dovrà essere approvata dal Consiglio dei ministri con maggioranza di 2/3 e, successivamente, discussa e approvata dal Parlamento. Il comando Usa annuncia che lo scorso 5 ottobre, nel corso di una operazione a Mossul, è stato ucciso Abu Qaswara, combattente di origine marocchina, definito come il numero 2 (l’ennesimo, ndr) di al Qaeda in Iraq.

17 ottobre 2008

L’Unhcr, rifacendosi a dati delle autorità irachene che però non è in grado di confermare, ipotizza che da Mossul siano fuggite 1.560 famiglie cristiane, pari a 9.360 persone: circa la metà dei cristiani della città.

18 ottobre 2008

Accogliendo l’invito di Moqtada al Sadr, decine di migliaia di iracheni provenienti da tutto il paese manifestano a Baghdad contro l’accordo a lungo termine con gli Usa. L’imponente manifestazione, autorizzata, si svolge tra strettissime misure di sicurezza. Il messaggio di Moqtada è letto alla folla da un suo collaboratore ed esprime assoluta contrarietà a un accordo che perpetua l’occupazione e nega la sovranità irachena. Nella riunione del 19 ottobre del Consiglio politico per la sicurezza nazionale, secondo il portavoce governativo Ali al Dabbagh, solo i kurdi si mostrano favorevoli all’accordo di sicurezza con gli Usa, tutte le altre forze esprimono riserve. Anche l’Alleanza irachena unita, in un comunicato del 20 ottobre, definisce insoddisfacente l’accordo e ne chiede modifiche.

19 ottobre 2008

Nouri al Maliki annuncia che anche il governo britannico si prepara a negoziare con il governo iracheno un accordo relativo alla posizione delle sue truppe alla scadenza del mandato Onu. La Gran Bretagna ha tuttora circa 4.000 soldati in Iraq, nella base militare presso l’aeroporto di Bassora.

21 ottobre 2008

Il governo iracheno chiede degli emendamenti alla bozza di accordo con gli Stati uniti. Le modifiche sono chieste da ministri sia sciiti che sunniti. Il segretario statunitense alla Difesa, Robert Gates, afferma che il suo governo è molto riluttante a riaprire i negoziati. Le pressioni Usa si fanno ogni giorno più forti, fino a trasformarsi in minacce: in caso di mancata firma dell’accordo da parte irachena, il Pentagono arriva a ventilare la sospensione, dopo il 1 gennaio 2009, non solo delle operazioni militari ma anche delle forniture di moltissimi servizi essenziali all’Iraq (la denuncia è del vice presidente iracheno Tariq al Hashimi, che il 26 ottobre afferma di aver ricevuto, assieme ad altri leader iracheni, una lettera del generale Odierno in tal senso).

23 ottobre 2008

La provincia di Babel passa al controllo delle autorità irachene, con una cerimonia che si svolge nella sua capitale Hilla. Nei prossimi giorni le forze irachene prenderanno il controllo anche della provincia di Wasit.

25 ottobre 2008

Con un duro comunicato, il Partito islamico iracheno annuncia di aver sospeso ogni rapporto con gli Stati uniti, a causa dell’uccisione immotivata di uno dei suoi membri, Sajid Yassin Hamid al Alwani, nel corso di un raid delle forze Usa e irachene compiuto ieri a Falluja. Secondo il comunicato, le forze Usa avrebbero fatto irruzione in una casa, arrestando un uomo e uccidendo al Alwani che stava dormendo nel suo letto. Diversa la versione del comando Usa, secondo il quale l’operazione si basava su un mandato di arresto che il ministero degli Interni iracheno avrebbe spiccato contro un esponente di Hamas in Iraq; quando i soldati sono entrati in casa, un uomo armato avrebbe sparato e i soldati avrebbero risposto al fuoco; nella casa, infine, l’esercito iracheno avrebbe trovato bombe di fabbricazione artigianale. Hamas in Iraq nasce da una scissione delle Brigate della rivoluzione del 1920; entrambe le formazioni, tra le più rilevanti nella resistenza sunnita all’occupazione, sono ora in parte confluite nei Consigli del risveglio, irriducibili rivali del Partito islamico iracheno specie in vista delle elezioni provinciali. Gli Usa, schierati a favore dei Consigli del risveglio, farebbero di tutto per contrastare il Partito islamico iracheno, secondo le accusa di quest’ultimo; nel presente caso, avrebbero prestato fede a false informazioni, infliggendo un nuovo colpo al Partito islamico.

26 ottobre 2008

Un raid statunitense colpisce un edificio ancora in costruzione nel villaggio siriano di Sukariya (vicino alla cittadina di Abu Kamal, a soli 8 km dal confine iracheno) uccidendo otto persone, fra cui quattro bambini. Dopo l’invasione dell’Iraq, gli Usa hanno spesso compiuto sconfinamenti e violazioni dello spazio aereo siriano, ma l’attacco odierno è senza precedenti. La Siria protesta duramente e chiede un’indagine internazionale, dagli Usa per ora non arriva nessuna comunicazione ufficiale in merito (una fonte militare anonima ha però confermato la notizia, asserendo che l’attacco era diretto contro al Qaeda), il governo iracheno afferma che nell’area colpita operano combattenti di al Qaeda, che da essa lanciano attacchi in Iraq. L’attacco statunitense giunge al termine del mandato di George W. Bush, proprio mentre la Siria e parecchi paesi occidentali stanno tentando di migliorare i rapporti reciproci. Il raid Usa viola, oltre che il diritto internazionale, anche i principi dell’accordo in corso di negoziazione con l’Iraq (e non ne facilita la conclusione): uno dei punti concordati, infatti, vieta agli Stati uniti di usare il territorio iracheno come base per lanciare attacchi ai paesi confinanti.

27 ottobre 2008

Dal momento che nella legge elettorale approvata il 24 settembre 2008 (v. sopra), l’articolo che doveva assicurare la rappresentanza delle minoranze è stato eliminato, l’Onu presenta un piano, predisposto dal consigliere speciale per l’Iraq Staffan de Mistura, che riserva alle minoranze dodici seggi. Di questi, sette andrebbero ai cristiani, tre ai yazidi, uno agli shabak e uno ai sabei. Il 3 novembre 2008 il Parlamento iracheno recepisce parzialmente il suggerimento dell’Onu, limitando a sei soltanto i seggi per le minoranze; di questi, tre andranno ai cristiani (uno nel consiglio provinciale di Baghdad, uno in quello di Bassora e uno in quello di Ninive), un seggio a testa andrà ai yazidi, agli shabak (entrambi a Ninive) e ai sabei (a Baghdad). Una corte irachena condanna a morte Ibrahim al Qaraghuli, riconosciuto colpevole di aver partecipato al sequestro, alle torture e all’uccisione dei soldati statunitensi Tucker e Menchaca (v. sopra, cap. "Le elezioni politiche e il governo unitario", 19 e 20 agosto 2006), mentre due suoi coimputati sono assolti per mancanza di prove. Al Qaraghuli è stato condannato per le impronte digitali lasciate sul cruscotto della jeep usata per trascinare i corpi dei due soldati; tecnici dell’esercito statunitense avevano rilevato, nel corso del processo, tracce di Dna che avrebbero incriminato anche i due coimputati, ma la Corte non ha ritenuto di accogliere la prova. E’ la prima volta, dall’invasione dell’Iraq, che una corte irachena giudica degli iracheni per reati commessi contro militari Usa.

3 novembre 2008

Violenze e tensioni tornano ad aumentare in tutto il paese. Oggi si segnalano diversi morti e il ferimento del vice ministro del Petrolio Qutub, nei giorni successivi gli attentati si moltiplicano e nella capitale la violenza torna quasi ai livelli del 2006.

8 novembre 2008

Il premier Nouri al Maliki chiede che la costituzione irachena sia modificata in modo da rafforzare i poteri del governo federale e tutelare così l’unità del paese. Le reazioni del governo regionale kurdo sono immediate ("respingiamo ogni tentativo di limitare i poteri del Kurdistan o di qualunque altra provincia"). Le parole del premier sono tuttavia dirette anche al Consiglio supremo islamico iracheno (Siic), principale partner governativo del Dawa di al Maliki. Il Siic infatti è fautore di una macroregione sciita nel centro- sud dell’Iraq composta da ben nove province irachene, speculare alla regione kurda e come questa dotata di amplissima autonomia. Il Dawa invece, come i sadristi e Fadhila, è contrario a questo disegno.

9 novembre 2008

Le elezioni provinciali sono fissate per il 31 gennaio 2009.

10 novembre 2008

Iraq e Cina concludono un accordo in base al quale due compagnie cinesi, China national petroleum corp (Cnpc) e Zhenhua oil si aggiudicano per 23 anni lo sfruttamento del giacimento di Ahdab, nel sud est iracheno. Nel 1997, ai tempi di Saddam Hussein, era stato concluso un accordo molto simile, che però fu congelato a causa delle sanzioni Onu e poi delle vicende belliche. L’accordo odierno riprende quello del 1997, con la differenza che è un contratto di servizio mentre l’altro era uno Psa. Il ministero del Petrolio iracheno rende noto che potranno partecipare al primo round delle gare d’appalto per lo sfruttamento di otto importanti giacimenti, oltre le 35 società già qualificate (v. sopra, 14 aprile 2008), anche 6 compagnie statali di Pakistan, Thailandia, Angola, Algeria, Turchia e Vietnam.

11 novembre 2008

I partiti kurdi Upk e Pdk diffondono una nota congiunta nella quale esprimono un netto rifiuto alla creazione di Consigli del risveglio, che ritengono contrari alla Costituzione, nelle province kurde e nelle cosiddette zone contese (zone esterne ai confini della regione autonoma kurda, ma sulle quali i kurdi avanzano pretese di controllo). Il giorno successivo è lo stesso premier Nouri al Maliki – per altro da sempre ostile ai Consigli del risveglio – a ribattere tessendone invece l’elogio: "La creazione dei Sahwa è stata necessaria per garantire sicurezza e ordine in province caratterizzate da un deficit di sicurezza, prima che le nostre forze armate riuscissero a controllare la situazione".

13 novembre 2008

Il presidente della regione autonoma kurda, Massud Barzani, invita il presidente turco Abdullah Gul nel Kurdistan iracheno, affermando che sarebbe il benvenuto e auspicando un miglioramento di rapporti che sarebbe facilitato anche dal cambio della guardia a Washington. Il giorno successivo, 14 novembre, il quotidiano turco "Hurriyet", rifacendosi ad una notizia dell’agenzia Firat (vicina al Pkk), informa che il governo turco e il governo regionale del Kurdistan iracheno avrebbero sottoscritto un accordo basato sul reciproco riconoscimento, sull’apertura di una sede diplomatica turca ad Arbil e sull’impegno del governo regionale del Kurdistan a troncare i rapporti con il Pkk e a cacciare i suoi militanti dalla regione.

14 novembre 2008

A Bassora, presso la sede locale della Commissione elettorale irachena, sono depositate le firme di 34.800 elettori in calce alla richiesta di fare della provincia di Bassora una regione federale autonoma, sul modello del Kurdistan. L’iniziativa, promossa dal giudice e deputato Wael Abdul Latif, ottiene il sostegno dei partiti kurdi e di Fadhila (mentre il Siic auspica nel sud una macroregione sciita comprendente nove province e al Maliki, al contrario, vuole mantenere l’unitarietà dello stato, come del resto i sadristi). Il 10 dicembre la Commissione elettorale stabilisce che la raccolta di firme per ottenere il referendum partirà il 15 dicembre 2008 e si concluderà il 19 gennaio 2009: si richiedono le firme del 10% degli elettori registrati nella provincia. Ma il numero di firme necessario non viene raggiunto nel termine stabilito, sicché la Commissione elettorale indipendente irachena annuncia il 21 gennaio 2009 che il referendum non si farà. Una delegazione di 30 imprese italiane, guidata dal sottosegretario allo Sviluppo economico Adolfo Urso, visita la regione autonoma del Kurdistan iracheno, per valutare le opportunità di investimento. Nel corso della visita, il capo del governo regionale kurdo Nechirvan Barzani propone di fornire all’Italia e all’Europa il metano kurdo, mediante la creazione di un gasdotto che, attraverso la Turchia, raggiunga le linee che da Est arrivano in Europa

15 novembre 2008

In tutto il paese i cittadini arabi, sunniti e sciiti, manifestano in difesa del premier Nouri al Maliki, oggetto di critiche e attacchi da parte della leadership kurda che lo accusa di voler estendere illegalmente i poteri dello stato centrale nelle cosiddette zone contese. Le critiche kurde sono rivolte ai "consigli di supporto", alleanze su base tribale simili ai consigli del risveglio: nati nel sud, a sostegno delle forze di sicurezza, i consigli di supporto, con l’appoggio del premier, stanno ora sorgendo anche in alcune zone del nord, tra cui appunto le zone contese. Il successo delle manifestazioni è sicuramente dovuto alla svolta sempre più marcatamente nazionalista che Nouri al Maliki sta cercando di imprimere alla politica del suo governo.

16 novembre 2008

Il consiglio dei ministri approva l’accordo di sicurezza con gli Stati uniti, con 27 voti favorevoli su 28 presenti (ma i membri dell’esecutivo sono 38, quindi 10 sono assenti). L’accordo consta di un Sofa (Status of forces agreement) – su cui si è focalizzata l’attenzione politica e mediatica – e di uno Sfa (Strategic framework agreement) assai meno pubblicizzato ma anche più rilevante, in quanto mira a mantenere a tempo indeterminato l’egemonia economica, militare e culturale Usa sull’Iraq. Il portavoce governativo al Dabbagh illustra i punti principali dell’accordo e le modifiche strappate in questi ultimi giorni di negoziato. Il Sofa prevede che le forze Usa lascino le città e i paesi iracheni entro il 30 giugno 2009; che le stesse entro il 31 dicembre 2011 lascino l’Iraq; non prevede più che le forze Usa possano prolungare la loro permanenza su richiesta del governo iracheno (in base allo Sfa, invece, gli Usa si impegnano a non chiedere una presenza militare o basi "permanenti" in Iraq, ma ciò non impedisce che ottengano una presenza militare o basi per 50 o 100 anni...). Gli Stati uniti non potranno utilizzare il territorio iracheno per attaccare altri paesi (ma lo Sfa consente che essi "difendano" l’Iraq qualora la sua sicurezza sia minacciata da altri paesi, ed ecco servito, se del caso, il pretesto per attaccare Iran o Siria). Le forze Usa non potranno effettuare operazioni militari che non siano concordate con le autorità irachene né potranno irrompere in case irachene senza il mandato di un giudice iracheno. La posizione processuale dei 16.000 detenuti in mano alle forze Usa sarà trasferita alla magistratura irachena. Al Dabbagh non chiarisce come l’accordo risolve la questione dell’immunità di soldati e contractor statunitensi, fa solo riferimento alla futura creazione di una Commissione congiunta. In realtà l’accordo limita l’esercizio della giurisdizione irachena sui militari Usa e gli impiegati civili del Pentagono operanti in Iraq ai soli casi di crimini gravi (l’elencazione è demandata alla Commissione congiunta) e premeditati compiuti fuori dalle basi e fuori servizio; se l’indiziato sia o meno in servizio al momento del reato è accertato dalle autorità statunitensi (in caso di contestazione, le parti si consulteranno attraverso la Commissione congiunta); l’arresto o il fermo di un membro delle forze Usa o di un dipendente civile del Pentagono da parte delle autorità irachene deve essere immediatamente notificato alle autorità militari statunitensi, cui il soggetto deve essere consegnato entro 24 ore; le autorità irachene possono esercitare la giurisdizione, nei casi previsti, solo dopo aver notificato alle autorità Usa la scoperta del presunto reato; l’autorità giudiziaria irachena, infine, ha giurisdizione sui reati compiuti dai contractor. Nei casi, assai più frequenti, di giurisdizione statunitense, qualora la vittima del reato sia irachena, le Parti stabiliranno attraverso la Commissione congiunta le procedure idonee a che tale persona possa essere informata dello svolgimento del processo, essere in esso ascoltata, presentare reclami: a tal fine le autorità militari statunitensi "cercheranno" di tenere il processo in Iraq, ma se il processo si dovrà svolgere negli Stati uniti "si cercherà di far di tutto" per garantire la presenza fisica della vittima al medesimo. I sadristi restano fieramente contrari all’accordo di sicurezza, si dichiarano pronti a usare ogni via legale per bloccarlo, pretendono la maggioranza qualificata di 2/3 per l’approvazione parlamentare e invitano la popolazione a manifestare il proprio dissenso, ma in Parlamento possono contare solo su 29 deputati (erano 30, uno è stato assassinato lo scorso mese). Il Partito islamico iracheno vorrebbe sottoporre l’accordo a referendum popolare – che Tariq al Hashimi richiede da tempo – e annuncia che ostacolerà, a tal fine, l’approvazione parlamentare: la posizione del partito sunnita è dovuta forse alla fatwa contro l’accordo pronunciata dal leader dei Fratelli mussulmani iracheni, sheik Abdel Karim Zaydan. L’ayatollah sciita Ali al Sistani, cui il testo definitivo dell’accordo è stato sottoposto ancor prima dell’approvazione governativa, avrebbe invece lasciato intendere che non si opporrà, in caso di avallo sia governativo che parlamentare.

19 novembre 2008

Turchia, Stati uniti e Iraq creano a Baghdad un Comitato congiunto allo scopo di cooperare per bloccare le attività del Pkk in territorio iracheno e "in ogni regione prossima al confine turco- iracheno". All’incontro sono presenti anche rappresentanti del Krg. In base all’accordo, d’ora in poi la Turchia dovrà ottenere l’autorizzazione del governo centrale iracheno prima di intraprendere operazioni militari contro il Pkk nel Kurdistan iracheno.

21 novembre 2008

A Baghdad, su invito di Moqtada al Sadr, decine di migliaia di persone manifestano in piazza Firdaus contro l’accordo di sicurezza con gli Usa. Il Consiglio di presidenza chiede a Nouri al Maliki di sospendere l’attività dei "consigli di supporto" (v. sopra, 15 novembre 2008), per poterne valutare la legalità, contestata sia dai kurdi (per i consigli di supporto operanti nelle zone contese del nord), sia dal Siic (che vede nei consigli di supporto operanti al sud uno strumento usato dal premier per rafforzare la sua posizione e il suo partito).

24 novembre 2008

Il medico e giornalista kurdo Adel Hussein è condannato a 6 mesi di carcere e a una multa dal Tribunale di Arbil, per aver violato la morale pubblica scrivendo un articolo scientifico sull’omosessualità; questo anche se la nuova legge sulla stampa, vigente nella regione autonoma kurda dallo scorso ottobre, non prevede più il reato di violazione della morale pubblica. Hussein è graziato dal presidente kurdo Massud Barzani il 7 dicembre successivo, assieme ad altri 120 detenuti, in occasione della festa del sacrificio.

27 novembre 2008

Mentre gli attentati si moltiplicano, specie nella capitale, il Parlamento approva a maggioranza semplice l’accordo con gli Usa. Votano a favore 144 dei 198 (su 275) deputati presenti, poco più del minimo, che è di 138 voti. I voti favorevoli provengono dai partiti kurdi, dai partiti sciiti di governo e anche dal blocco sunnita, che però ha ottenuto – in cambio del suo voto – che l’accordo approvato oggi sia sottoposto a un referendum popolare. La consultazione dovrebbe tenersi entro luglio 2009 e, se l’accordo fosse respinto, gli Usa avrebbero un anno di tempo per lasciare il paese. Il Consiglio di presidenza ratifica l’accordo il 4 dicembre 2008, un giorno segnato da due sanguinosi attentati contro la polizia a Falluja.

30 novembre 2008

La Corte penale centrale irachena, valutata l’assenza di prove contro il fotografo Ibrahim Jassam (v. sopra, 2 settembre 2008), ordina alle forze Usa di rilasciarlo da Camp Cropper. Queste ultime rifiutano il rilascio del prigioniero e comunicano che il suo caso sarà esaminato dopo il 31 dicembre, assieme a quello di tutti gli altri detenuti – i circa 16.000 attualmente in custodia alle forze Usa che devono passare alla custodia delle autorità irachene in base all’accordo di sicurezza – secondo il livello di minaccia che rappresenta (cfr infra, 11 dicembre 2008).

2 dicembre 2008

Il Tribunale speciale iracheno condanna a morte Ali Hasan al Majid (Ali il chimico, cugino di Saddam Hussein), per "uccisioni di massa e crimini contro l’umanità" avvenuti durante la repressione della rivolta sciita del 1991, al termine della guerra del Golfo. Il Tribunale speciale ha già inflitto una prima condanna a morte ad Ali Hasan al Majid il 24 giugno 2007 (v. sopra), nell’ambito del processo per la campagna Anfal.

11 dicembre 2008

Le forze Usa annunciano che inizieranno a trasferire alle autorità irachene i casi dei circa 16.000 detenuti da loro custoditi a partire dal febbraio del 2009, riesaminando ogni mese un gruppo di 1.500 dossier. A Kirkuk, un attentato causa almeno 55 morti e circa 100 feriti in un ristorante in cui, dopo qualche ora, si sarebbe svolto un incontro tra kurdi dell’Upk ed esponenti di tribù arabe alla presenza, forse, dello stesso presidente iracheno Jalal Talabani.

14 dicembre 2008

Mentre il presidente statunitense George W. Bush, durante l’ultima visita in Iraq del suo mandato, sta tenendo una conferenza stampa assieme al premier iracheno Nouri al Maliki, Muntadher al Zaidi, giornalista della Tv al Baghdadiya, gli lancia contro in rapida successione entrambe le sue scarpe, gridando: "Questo è un bacio d’addio, cane!" e aggiungendo: "E’ da parte delle vedove, degli orfani e di quanti sono stati uccisi in Iraq". Bush schiva le scarpe e Al Zaidi, gettato subito a terra da un altro giornalista iracheno, viene letteralmente sommerso dai poliziotti e trascinato via: sarà incriminato per aggressione a un capo di stato estero. Al Baghdadiya, una Tv indipendente con sede al Cairo, solidarizza con il proprio giornalista che "ha esercitato la sua libertà d’espressione"; Muntadher diviene rapidamente un eroe per gli iracheni, che manifestano a migliaia contro il suo arresto, mentre le scarpe lanciate divengono ovunque, altrettanto rapidamente, un potente simbolo di resistenza e lotta. Il 12 marzo 2009 Muntadher al Zaidi è condannato a tre anni di carcere per il suo gesto.

17 dicembre 2008

Il premier britannico Gordon Brown visita a sorpresa l’Iraq e, in conferenza stampa assieme al premier iracheno Nouri al Maliki, annuncia che le forze britanniche di stanza in Iraq porteranno a termine il loro compito entro il 31 maggio 2009 e che, nei due mesi successivi, lasceranno il paese. Rimarranno solo 300 soldati che, come già fanno ora, continueranno ad addestrare le forze irachene. La presenza delle truppe britanniche e, in generale, delle truppe non statunitensi in Iraq (circa 6.000 soldati complessivamente) oltre la scadenza del mandato Onu dovrà essere disciplinata dal Parlamento iracheno (v. infra, 23 dicembre 2008). Aviazione turca e artiglieria iraniana bombardano il Kurdistan iracheno per colpire postazioni del Pkk: tuttavia, secondo fonti kurde, le bombe colpiscono interi villaggi, costringendo alla fuga la popolazione civile. I bombardamenti turchi continuano i giorni successivi

18 dicembre 2008

Dapprima il "New York Times" e, successivamente, un portavoce del ministero degli Interni iracheno danno notizia dell’arresto di 23 funzionari, appartenenti – pare – al ministero stesso. Il portavoce aggiunge che l’indagine alla base degli arresti odierni si estende anche ad altri ministeri, ma smentisce la notizia che i fermati siano accusati di preparare un colpo di stato. La vicenda è confusa; una voce afferma che i funzionari sono accusati di appartenere ad al Awda (= Ritorno), una delle formazioni in cui si è riorganizzato clandestinamente il Baath; secondo altre voci, i fermati sarebbero invece accusati di aver tentato di incendiare il ministero, o di aver appoggiato operazioni terroristiche; non si conosce con precisione il numero degli arrestati (23 o 24?) né si è certi che appartengano tutti al ministero degli Interni. Oltretutto sembra che le accuse, quali che siano, non siano suffragate da prove sufficienti; secondo fonti del ministero degli Interni, anzi, pare che il premier al Maliki stesse premendo da tempo per ottenere l’arresto di alcuni funzionari del ministero, ma che il ministro degli Interni Jawad al Bulani facesse opposizione ritenendoli innocenti. Di certo si sa che Bulani (uno sciita che ha aderito in passato a diverse formazioni politiche) ha ora creato il Partito costituzionale iracheno, che intende presentarsi alle elezioni provinciali e potrebbe fare concorrenza alla coalizione guidata dal Dawa di al Maliki: il sospetto è che gli arresti siano un tentativo del premier di indebolire una forza rivale, in vista delle elezioni. Jawad al Bulani, che si trova all’estero al momento degli arresti, tornato immediatamente in Iraq parla di un’operazione "costruita" su accuse false e ne denuncia le motivazioni elettorali, pur senza far riferimento esplicito al partito del premier; annuncia inoltre la prossima liberazione degli arrestati (che avviene, pare, il 20 dicembre 2008). Il consiglio provinciale di Ninive, per iniziativa dei partiti kurdi, vota a maggioranza (i 19 voti kurdi contro i 7 complessivi di Siic e Partito islamico iracheno) un rinvio delle elezioni provinciali. Il giorno successivo, tuttavia, la Commissione elettorale indipendente irachena dichiara illegittima la delibera, dal momento che solo il premier, con l’autorizzazione del Parlamento, può rinviare le elezioni.

23 dicembre 2008

Il Parlamento iracheno autorizza il governo a concludere accordi con i vari paesi della Forza multinazionale circa la presenza dei loro soldati in Iraq dalla scadenza del mandato Onu (31 dicembre 2008) fino a tutto luglio 2009. Il disegno di legge relativo era stato respinto due volte e, ieri, il voto veniva rinviato perché un gruppo di deputati aveva chiesto le dimissioni del presidente Mahmud al Mashadani, in relazione alla vicenda di Muntadher al Zaidi, bloccando i lavori parlamentari. Oggi il presidente del Parlamento accetta di dimettersi e la legge finalmente passa.

31 dicembre 2008

Il ministro del Petrolio Hussein al Shahristani annuncia il secondo round di gare d’appalto per assegnare i contratti relativi a 11 giacimenti di petrolio e di gas. Le gare dovrebbero svolgersi entro la fine del 2009 e vi potranno partecipare anche società non selezionate per il primo round.

1 gennaio 2009

La Green zone torna sotto il controllo iracheno, con una cerimonia che si svolge nel "Palazzo repubblicano", uno dei palazzi di Saddam Hussein in riva al Tigri che ora diverrà sede del governo iracheno ma che, dopo l’invasione del 2003, divenne prima quartier generale delle forze Usa poi sede dell’ambasciata statunitense (la nuova, immensa sede dell’ambasciata, pronta da tempo, sarà inaugurata ufficialmente il 5 gennaio 2009). Anche l’aeroporto di Bassora è formalmente consegnato agli iracheni dalle forze britanniche, ma le truppe occupanti continueranno a usarlo e, dopo la partenza degli inglesi, sarà controllato di fatto dalle truppe statunitensi, alle quali è indispensabile per proteggere le linee di rifornimento dal Kuwait.

9 gennaio 2009

Decine di migliaia di iracheni manifestano in tutto il paese contro l’aggressione militare israeliana a Gaza. Moqtada al Sadr chiede "alla nobile resistenza irachena di compiere azioni contro il principale alleato del nemico sionista". Con un annuncio a pagamento sul quotidiano arabo "Al Quds al Arabi", sei gruppi della resistenza sunnita lanciano una campagna "contro l’occupante- a sostegno di Gaza": si tratta dell’Esercito dei Mujaheddin in Iraq, dell’Esercito islamico in Iraq, del Movimento di resistenza islamica, di Hamas in Iraq, di Ansar al Sunna e del Fronte islamico della resistenza irachena.

15 gennaio 2009

L’Unione dei sindacati del petrolio, insieme ad altri sindacati e forze politiche, indice uno sciopero dei lavoratori che manifestano contro l’aggressione militare israeliana a Gaza.

20 gennaio 2009

L’amministratore delegato dell’Eni, Paolo Scaroni, riferendo alla commissione Industria del Senato italiano, afferma di contare sull’assegnazione all’Eni del giacimento di Nassiriya da parte del governo iracheno. Scaroni ritiene che non ci sarà una gara d’appalto, ma che il governo iracheno sceglierà in base alla conoscenza e alle competenze delle varie compagnie: quello di Nassiriya "é un campo che conosciamo bene, dove abbiamo condotto studi geologici e ipotesi di sfruttamento sia con personale italiano che iracheno". Il giorno successivo, un portavoce del ministero iracheno del Petrolio conferma che l’Eni è una delle tre compagnie che hanno presentato proposte per il giacimento di Nassiriya (le altre sono la spagnola Repsoil e la giapponese Nippon oil). Il portavoce aggiunge che le offerte sono allo studio e che si tratterà di un contratto di servizio. Se le speranze di Scaroni sono fondate, sta arrivando a maturazione il frutto dell’intervento militare italiano in Iraq. Gli iracheni neri di Bassora (discendenti dagli schiavi condotti a forza in Iraq dall’Africa orientale), che costituiscono il 15- 20% della popolazione provinciale, festeggiano l’insediamento di Barak Obama alla presidenza degli Stati uniti. I festeggiamenti sono però contenuti, a causa dell’assassinio avvenuto lo scorso 17 gennaio di Hassan Zaidan al Lihaibi, vice segretario del Movimento degli iracheni liberi (formazione politica dei neri iracheni) e candidato – con altri esponenti dello stesso Movimento – alle elezioni provinciali nelle liste del Fronte per il dialogo nazionale.

29 gennaio 2009

Il portavoce del ministero degli Interni annuncia che la licenza della Blackwater, in scadenza a maggio, non sarà rinnovata per ordine del ministro al Bulani, in conseguenza agli eventi del 16 settembre 2007 (v. sopra). Il portavoce aggiunge che la decisione è stata notificata all’ambasciata statunitense, che dovrà cercare un’altra società di sicurezza. Gli Usa sembrano inclini, per ora, a sostituire la Blackwater con altre compagnie già operanti in Iraq, come la Dyn Corp e la Triple Canopy, che potrebbero assumere parte del personale attualmente impiegato da Blackwater. Tuttavia la tendenza di fondo della nuova amministrazione Obama in materia di sicurezza appare presto quella di una diminuzione del ruolo dei contractor – che in base al Sofa ricadono per di più sotto la giurisdizione irachena – e parallelamente di un maggiore ricorso a personale dipendente dal Pentagono (v. infra, 31 gennaio 2009). A Tikrit è inaugurato un monumento in fibra di vetro e rame dello scultore Laith al Amari: rappresenta una enorme scarpa, in ricordo delle scarpe lanciate contro Bush da Muntadher al Zaidi. Già il 31 gennaio, però, la polizia fa rimuovere il monumento, denunciando un uso politico del suolo pubblico.

31 gennaio 2009

Le elezioni provinciali si svolgono in un Iraq immobile e isolato. Frontiere e aeroporti sono chiusi, da ieri vige il coprifuoco, a Baghdad non possono circolare le auto, Bassora e Mossul sono isolate dal 30 gennaio al 1 febbraio. Tre candidati di diversi partiti sunniti sono stati uccisi negli ultimi giorni, si temono violenze, intimidazioni e frodi. Invece il clima rimane sostanzialmente tranquillo, anche se non mancano inconvenienti: migliaia di elettori non riescono a votare, perché il loro nome, misteriosamente, non risulta negli elenchi Le urne sono aperte dalle 7 alle 17. Anche nelle province in cui le elezioni sono state rinviate (le tre province kurde e Taamim) sono aperti seggi per consentire il voto degli sfollati interni. Il numero dei componenti dei consigli provinciali è proporzionale alla popolazione delle rispettive province, con un minimo di 25 (nelle elezioni del 2005 invece i seggi erano 41 per ogni consiglio provinciale, tranne quello di Baghdad che ne aveva 51). Il sistema elettorale è, per la prima volta in Iraq, quello della lista aperta (con la possibilità di esprimere una preferenza). L’affluenza alle urne è inferiore a quella delle elezioni provinciali del 2005 e alle previsioni: vota solo il 51 % degli aventi diritto Tuttavia nelle zone a maggioranza sunnita (dove nella scorsa tornata elettorale l’affluenza alle urne è stata molto bassa per il boicottaggio sunnita) la percentuale dei votanti aumenta in modo considerevole rispetto alle precedenti elezioni. Il generale Ray Odierno, comandante delle forze Usa in Iraq, ordina a tutte le unità a lui sottoposte di iniziare a ridurre il numero dei contractor – Usa o stranieri – del 5% ogni trimestre, assumendo al loro posto personale iracheno.

5 febbraio 2009

La commissione elettorale rende noti i risultati preliminari delle elezioni provinciali. Si profila una netta vittoria della coalizione guidata da Nouri al Maliki, denominata Alleanza per lo stato di diritto, che vince in tutto il sud ed è prima in 9 province (con risultati ottimi a Baghdad e Bassora, dove ottiene rispettivamente il 38% e il 37% dei voti); una vittoria che il premier ha accuratamente preparato nel corso dell’ultimo anno, scatenando campagne militari contro i suoi rivali, creando e finanziando i "consigli di supporto", abbandonando gli eccessivi riferimenti religiosi e costruendosi una immagine nazionalista, di difensore dell’unità e sovranità irachena. Nel sud iracheno, solo a Kerbala la lista del premier è superata da Yussuf al Habubi, un ex baatista già sindaco della città che si è fatto apprezzare dai suoi concittadini sciiti per l’efficienza e l’integrità morale: al Habubi, presentatosi a livello individuale, ottiene quasi il 15% . La coalizione guidata dal Siic – Lista del Martire del pulpito e delle forze indipendenti – non arriva prima in nessuna provincia (ne governava sette), nemmeno nel suo feudo di Najaf, dove arriva seconda dopo la coalizione del premier, così come a Bassora, Babel, Qadissiya, Wasit e Muthanna. I sadristi, che non si presentano direttamente ma sostengono formazioni formalmente "indipendenti", arrivano al secondo posto – dopo la coalizione del premier – a Maysan (che prima controllavano), a Baghdad e a Dhi Qar. A Ninive si assiste alla notevole affermazione di al Hadba, una coalizione araba laica e nazionalista che prende il nome dal minareto pendente di Mossul e candida, tra l’altro, sunniti influenti e imprenditori; al Hadba con il suo 48% abbondante ha la possibilità strappare la maggioranza del consiglio provinciale e il governatorato ai partiti kurdi. A Salaheddin prevale il Fronte per l’accordo di Salaheddin, filiazione locale del Fronte per l’accordo iracheno che qui si riduce ai soli Partito islamico iracheno e Conferenza generale del popolo d’Iraq (Gcpi) di Adnan al Dulaimi: ottiene il 14,5%, seguito a ruota dalla Lista nazionale irachena di Iyad Allawi con il 13,9%. Partito islamico iracheno e Gcpi, assieme ad altre formazioni minori, ottengono il primo posto anche a Diyala (21%), seguiti dalla coalizione dei partiti kurdi (17%). Ad Anbar sono testa a testa il Raggruppamento del progetto nazionale iracheno (alleanza di 13 formazioni sunnite nazionaliste, tra cui il Fronte per il dialogo iracheno di Saleh al Mutlaq e il Consiglio per il dialogo iracheno) che ottiene il 17,6% e un’alleanza di gruppi del Risveglio guidata da Ahmed Abu Risha, fratello del leader tribale ucciso da al Qaeda (v. sopra, 3 e 13 settembre 2007). I dati definitivi si avranno dopo la decisione dei numerosi ricorsi: contestano i risultati elettorali la Lista di Allawi e i sadristi (entrambi annunciano ricorsi) nonché il nuovo Partito costituzionale iracheno di Jawad al Bulani. La politica delle alleanze post elettorali potrà ulteriormente modificare il quadro.

10 febbraio 2009

Nouri al Maliki, rafforzato dal lusinghiero risultato delle elezioni provinciali, durante una conferenza stampa tenuta insieme al presidente francese Nicolas Sarkozy replica alle recenti affermazioni del vice presidente Usa Joe Biden (secondo il quale la nuova amministrazione Usa dovrebbe essere "molto più aggressiva" nello spingere l’Iraq sulla via delle riforme politiche). Al Maliki sostiene dunque che "il tempo delle pressioni sull’Iraq è finito" e ricorda che il governo iracheno ha saputo "risolvere i problemi creati da Paul Bremer, come lo smantellamento dell’esercito e di altre istituzioni".

12 febbraio 2009

E’ indetta una gara d’appalto per la trivellazione di 40 pozzi petroliferi in due giacimenti, Majnun e Bin Umar, che si trovano nella provincia di Bassora. Intanto pare che il ministero del Petrolio, anche per compensare la diminuzione dei prezzi dei prodotti petroliferi, intenda offrire condizioni più favorevoli alle compagnie che partecipano al primo round di gare d’appalto (i cui rappresentanti si trovano in questi giorni a Istanbul per l’ultimo incontro con al Shahristani): si parla di un aumento della loro partecipazione nelle joint venture che gestiranno i giacimenti (dal 49 al 75%) e di una diminuzione della produzione annua minima cui sono tenute. Le compagnie straniere inoltre insistono per concludere dei Psa (che consentono una partecipazione agli utili) anziché dei contratti di servizio; su questo il ministro del Petrolio per ora sembra non voler cedere, anche se alcune delle compagnie selezionate si sono ritirate (tuttavia, in una riunione dell’Opec, che si terrà a Vienna alla fine del prossimo mese di marzo, Shahristani lascerà intendere che l’Iraq forse potrebbe rassegnarsi ai Psa, anche se solo per i giacimenti ancora da esplorare).

13 febbraio 2009

Mentre è in corso il pellegrinaggio degli sciiti a Kerbala nella ricorrenza dell’Ashura, una attentatrice suicida si fa esplodere tra la folla uccidendo almeno 35 persone; il 16 febbraio un altro attentato colpisce un minibus carico di pellegrini.

19 febbraio 2009

I risultati definitivi delle elezioni confermano sostanzialmente quelli preliminari (v. sopra, 5 febbraio 2009) ma, tradotti in seggi, svelano uno scenario complesso. La vittoria di al Maliki è confermata in tutte le province del sud, ma solo a Baghdad (28 seggi su 57) e a Bassora (20 seggi su 35) l’Alleanza per lo stato di diritto ha la maggioranza assoluta. Nelle altre province, i risultati in termini di seggi ottenuti dalla coalizione guidata dal premier la costringeranno a stringere alleanze con altre formazioni politiche. Ci sono anche casi in cui l’Alleanza per lo stato di diritto, pur essendo prima in termini di voti, ha lo stesso numero di seggi del secondo arrivato, il rivale Siic: a Maysan le due formazioni hanno 8 seggi a testa su 27, a Najaf 7 seggi a testa su 28, a Muthanna 5 seggi a testa su 26. Il Siic, nonostante il vistoso arretramento, in alcune situazioni potrebbe diventare determinante; lo stesso vale per i sadristi. Nelle province sunnite, la situazione è chiara a Ninive con la netta vittoria di al Hadba. Altrove la situazione è più complicata: il Fronte per l’accordo di Salaheddin, nell’omonima provincia, è primo ma ha gli stessi seggi della Lista nazionale irachena di Allawi (5 a testa su 28); a Diyala, la coalizione guidata da Partito islamico iracheno e da Gcpi è prima, ma con soli 9 seggi su 29, seguita dal Progetto nazionale iracheno e dalla coalizione kurda con 6 seggi a testa.

21 febbraio 2009

Le autorità irachene riaprono, dopo tre anni, il malfamato carcere di Abu Ghraib, con il nuovo nome di "Carcere centrale di Baghdad". Il vice ministro della Giustizia Busho Ibrahim, attorniato dai vertici dell’amministrazione penitenziaria, guida i giornalisti nella visita del carcere, completamente ristrutturato e capace di contenere dai 13 ai 14.000 detenuti. Il complesso prevede aree per attività ricreative, sportive, culturali e lavorative; l’amministrazione si impegna a trattare i detenuti "secondo gli standard internazionali".

22 febbraio 2009

Un portavoce delle forze di sicurezza irachene rende noto che è stato spiccato un mandato d’arresto contro Muhammad al Daini, un parlamentare del Fronte iracheno per il dialogo nazionale, accusato di aver organizzato nel 2007 l’attentato alla caffetteria del Parlamento in cui morì un deputato del suo stesso partito (v. sopra, 12 aprile 2007) e di aver ordinato una serie di omicidi. Alla base del mandato d’arresto, le confessioni videoregistrate di due ex guardaspalle (uno dei quali anche nipote) di al Daini. Il 23 febbraio, in conferenza stampa, al Daini respinge le accuse, sostenendo che sono una ritorsione per le sue posizioni patriottiche e in favore dei diritti umani; quanto alle confessioni delle guardie del corpo, il parlamentare ipotizza che siano state estorte con la tortura. Certo è che al Daini si è impegnato in prima persona per il ritiro delle forze di occupazione, si è sempre battuto contro la spaventosa situazione carceraria irachena (sia nelle carceri Usa che in quelle governative) e, il 30 ottobre scorso, ha denunciato a Ginevra l’esistenza di oltre 420 luoghi di detenzione segreta gestiti dal governo iracheno, chiedendo l’intervento della comunità internazionale. Il mandato di arresto può diventare esecutivo con un voto del Parlamento che tolga l’immunità parlamentare ad al Daini; con il Parlamento paralizzato – dal momento che non riesce a eleggere il successore di Mahmud al Mashadani – ci si attende che la votazione sia messa in calendario fra settimane o addirittura mesi. Invece il Parlamento, riunito in seduta straordinaria già il 25 febbraio, toglie in gran fretta l’immunità ad al Daini. Ancor prima della votazione parlamentare, le autorità irachene ordinano che l’aereo con cui al Daini si sta recando in Giordania faccia ritorno a Baghdad e, dopo l’atterraggio nella capitale, alcuni agenti salgono a bordo e arrestano il parlamentare. Stando alle prime notizie, al Daini è portato via con un convoglio di auto delle forze di sicurezza; secondo notizie successive, avrebbe lasciato l’aeroporto con altri parlamentari su un’auto da cui però avrebbe chiesto ben presto di scendere, facendo perdere le sue tracce. Le autorità irachene inscenano una caccia all’uomo in tutto l’Iraq, la famiglia del parlamentare ritiene invece che sia detenuto e teme per la sua incolumità.

23 febbraio 2009

Il Museo nazionale iracheno riapre, per volontà del ministro del Turismo al Juburi (e probabilmente del premier), ma contro il parere del ministero della Cultura che – confortato dall’opinione di illustri archeologi – la sconsiglia sottolineando le carenze dei sistemi di sicurezza. In realtà la riapertura è solo formale e si riduce a uno spot: un gruppo scelto di invitati, tra cui al Maliki – non il pubblico – può visitare 8 sale (su 26), nelle quali sono esposti i pezzi recuperati dopo il saccheggio conseguente all’invasione del 2003. I reperti più preziosi rimasti in dotazione al Museo sono altrove, al sicuro: i visitatori possono ammirarne solo le fotografie. Dopo la visita dei vip, il Museo chiude di nuovo e la direzione ancora non sa quali attività si potranno svolgere in futuro.

27 febbraio 2009

Il presidente statunitense Barak Obama, confermando notizie recentemente circolate, annuncia che le truppe Usa si ritireranno dall’Iraq entro il 2011 – come previsto dall’accordo di sicurezza – ma che la maggior parte delle stesse lascerà il paese entro l’agosto 2010. Il ritiro statunitense non sarà, però, integrale: in Iraq, a garantire la stabilità del paese, resterà una "forza residua" dalla consistenza ben poco "residuale", che lo stesso Obama quantifica in 35.000- 50.000 soldati. Anche se il presidente non dice niente a proposito di armamenti e di equipaggiamenti, il Pentagono intende lasciarne una parte in Iraq, in dotazione sia dei soldati Usa rimasti sia dell’esercito iracheno cui saranno venduti o donati; una parte andrà in Afghanistan, dove l’amministrazione vuole intensificare lo sforzo bellico; il rimanente andrà alle altre basi Usa in Medio oriente (Arabia saudita, Kuwait, Qatar).

2 marzo 2009

Il ministro italiano dello Sviluppo economico, Claudio Scajola, visita l’Iraq guidando una delegazione di rappresentanti delle maggiori imprese italiane (Eni, Finmeccanica, Technital). Scajola incontra il primo ministro iracheno Nouri al Maliki e i principali ministri del suo governo; dichiara che l’Iraq è avviato verso la normalità e che è il momento della ricostruzione. Il Tribunale speciale iracheno, in ordine alle responsabilità per la repressione delle rivolte popolari che, nel 1999, seguirono all’uccisione di Muhammad Sadeq al Sadr (leader religioso sciita, zio di Moqtada) assolve Tareq Aziz, mentre condanna a morte altri esponenti governativi del passato regime – tra cui Ali Hasan al Majid, per il quale si tratta della terza condanna capitale (v. sopra 24 giugno 2007 e 2 dicembre 2008) – e all’ergastolo due alti funzionari del Baath.

6 marzo 2009

Il premier Nouri al Maliki invita gli iracheni a riconciliarsi fra loro, perdonando anche quanti, per errore o per costrizione, collaborarono con il regime di Saddam Hussein. L’invito giunge nel corso di una "conferenza di riconciliazione" che si svolge a Baghdad con i rappresentanti di una tribù sciita. Nell’occasione il premier vanta l’utilità e i buoni risultati delle "conferenze di riconciliazione" con i leader tribali, che a suo dire sono alla base della ricostruzione del paese, nonché dei "consigli di supporto" che promuovono la collaborazione tra le tribù e il governo.

11 marzo 2009

Il Tribunale speciale iracheno condanna a 15 anni di carcere Tareq Aziz, accusato insieme a 7 coimputati di aver ispirato la condanna a morte, dopo un processo sommario, di 42 commercianti e uomini d’affari che nel 1992 – mentre l’Iraq era sottoposto alle sanzioni dell’Onu – furono imputati per malversazione, accaparramento, violazione delle norme sul controllo dei prezzi. Il presidente Usa Barak Obama conferma la nomina a ambasciatore in Iraq di Christopher Hill, che aveva già preannunciata lo scorso mese.

14 marzo 2009

A Kerbala, centinaia di persone manifestano perché la carica di governatore sia affidata a Yussuf al Habubi (v. sopra, 5 febbraio 2009). Al Habubi ha ottenuto quasi il 15% di voti ma, essendosi presentato da indipendente, a livello individuale, ha conseguito un solo seggio. Ora l’Alleanza per lo stato di diritto e un’altra lista sciita, "Speranza per la Mesopotamia" starebbero per coalizzarsi e per rivendicare la carica di governatore, avendo ottenuto, insieme, 18 seggi su 27.

15 marzo 2009

Il primo ministro Nouri al Maliki, in un’intervista ad Ap, dichiara di aver comunicato al presidente Usa Barak Obama che qualsiasi ritiro di truppe dovrà avvenire con l’approvazione del governo iracheno e in coordinamento con esso. "Non voglio nessun ritiro" dice al Maliki "se le aree interessate non sono sicure al 100% e sotto controllo".

23 marzo 2009

Il presidente turco Abdullah Gul, in visita ufficiale a Baghdad, sollecita le autorità irachene a smantellare le basi del Pkk nel nord Iraq, dalle quali i guerriglieri kurdi lancerebbero attacchi contro la Turchia. Il presidente iracheno Jalal Talabani, in conferenza stampa accanto a Gul, pone un immediato aut aut al Pkk: o disarmare o abbandonare subito l’Iraq. Il giorno successivo, il Pkk respinge l’appello di Talabani: "non prendiamo ordini da lui", dichiara un portavoce del gruppo ad Ap, aggiungendo "avvertiamo Talabani che le sue parole avranno conseguenze disastrose e che molte conquiste dei kurdi iracheni andranno perse".

26 marzo 2009

Mullah Nathim al Jiburi, dirigente pentito di al Qaeda e attualmente leader dei Sahwa di Duluhiya, racconta ad una radio Usa in lingua araba che i nuovi attentati compiuti in Iraq (in particolare nella sua zona) sarebbero frutto dell’alleanza stretta, negli ultimi tempi, tra al Qaeda e Ansar al Sunna. I due gruppi, a detta del mullah, si sarebbero riavvicinati in seguito a un appello lanciato lo scorso mese da Abu Omar al Baghdadi e alcuni capi delle due formazioni si sarebbero recati in Afghanistan per avere il placet di al Zawahri.

27 marzo 2009

Il consigliere iracheno per la Sicurezza nazionale, Mowaffaq al Rubaie, annuncia in conferenza stampa la volontà di allontanare i Mujaheddin del popolo (Mek) da Camp Ashraf e dal paese: " sono terroristi stranieri che vivono illegalmente in Iraq, se ne devono andare". L’allontanamento dei Mek, inoltre, a detta di al Rubaie è un passo per migliorare i rapporti tra Iraq e Iran (v. sopra, 18 giugno 2008). Al Rubaie parla di un allontanamento che avvenga in modo molto rapido, ma umano; da Parigi, invece, il Consiglio nazionale della resistenza iraniana, vetrina politica dei Mek, afferma che il governo iracheno sta ponendo le premesse per una catastrofe umanitaria e promette che i Mujaheddin del popolo non lasceranno Camp Ashraf. Gli Usa, dal canto loro, pur avendo inserito i Mek nell’elenco delle organizzazioni terroriste, non vogliono che siano rimpatriati. Secondo al Rubaie, i primi a lasciare l’Iraq potrebbero essere quei Mek (poco meno di 1.000 su quasi 3.500) che hanno documenti di paesi terzi; occorre dunque convincere tali paesi ad accettarli e, a tal fine, sarebbero già in corso colloqui con i rispettivi ambasciatori. Gli altri Mek sarebbero trasferiti in due ex basi militari statunitensi nel deserto di al Anvar, vicino alla frontiera con l’Iran. Il primo ministro al Maliki, nel corso di un incontro con il presidente del Parlamento iraniano Ali Larijani, invita le imprese iraniane a investire in Iraq. Larijani si trova da qualche giorno in visita in Iraq e, secondo il quotidiano iracheno "Azzaman", la sua missione avrebbe un risvolto segreto: riconciliare i due maggiori partiti sciiti iracheni, Siic e Dawa, la cui rivalità è sempre più accesa.

30 marzo 2009

Nel quartiere al Fadhil a Baghdad, dopo due giorni di scontri tra polizia e miliziani del risveglio che si rifiutano di consegnare uno dei loro capi, Adel al Mashadani, interviene l’esercito, che circonda il quartiere e cattura il leader tribale. A carico di Mashadani ci sarebbero ben 80 mandati di arresto, le accuse vanno dai rapporti con al Qaeda agli omicidi e alle estorsioni. L’ennesimo scontro tra Sahwa sunniti e governo sciita non ritarda comunque il passaggio di consegne tra il governo Usa e quello iracheno, che assume ufficialmente la responsabilità e il controllo di tutti i miliziani del risveglio, completando il processo iniziato il 1 ottobre 2008 (v. sopra): infatti, con una cerimonia che si celebra a Tikrit il 2 aprile 2009, anche l’ultimo gruppo di combattenti del risveglio passa in carico al governo iracheno, il quale stanzia altresì i fondi necessari al pagamento degli stipendi arretrati delle milizie sahwa.

1 aprile 2009

A Bassora, con la consegna del comando militare dalle autorità britanniche a quelle statunitensi, inizia il ritorno in patria dei circa 4.000 soldati del Regno unito, che si concluderà entro maggio. Resteranno però 400 unità, con il compito ufficiale di addestrare le forze di sicurezza, che copre normalmente l’attività di agenti speciali. In 6 anni di occupazione le forze britanniche hanno subito 179 perdite.

3 aprile 2009

L’associazione per i diritti umani Everyone ed Iraqi lgbt chiedono una mobilitazione internazionale contro la condanna a morte di 128 omosessuali iracheni. La legge del paese punisce l’omosessualità con la detenzione fino a 7 anni e con la pena capitale in caso di recidiva. Sarebbero state eseguite nell’ultimo triennio 65 condanne a morte di omosessuali nel 2006, 33 nel 2007 e 34 nel 2008. Le nuove esecuzioni avverrebbero a 20 per volta e la prima serie sarebbe imminente. In questi giorni, per di più, dopo che a Sadr city le autorità religiose hanno ribadito la condanna dell’omosessualità, si stanno verificando uccisioni di gay, forse ad opera degli stessi parenti delle vittime.

6-7 aprile 2009

Il leader baathista Izzat Ibrahim al Douri, in un discorso diffuso da "al Jazeera", lancia un messaggio aperturista sia verso l’amministrazione Obama sia verso le altre forze irachene auspicando da un lato un "ampio fronte di intesa", dall’altro "un nuovo governo" in luogo dell’esecutivo al Maliki, inidoneo a guidare il paese verso la riconciliazione. Secondo l’ex premier Iyad Allawi, Al Douri viene gratificato di un contatto con gli americani; che per altro, con grande probabilità, è stato avviato in precedenza. Quanto alla riconciliazione, come essa sia a tutt’oggi improbabile è evidente dai fatti di questi giorni. Il 6 aprile, due autobombe provocano secondo le cronache "una ventina di morti" a Baghdad, la maggior parte a Sadr city, e tre volte tanto feriti. Circa il segnalato arresto di Adel al Mashadani (v. 30 marzo), i baathisti lo attribuiscono alla sua adesione al Baath, così come gli arresti dei mesi scorsi nella capitale e a Diyala, e non credono che il premier intenda davvero creare le unità sunnite di sicurezza, promesse agli Usa. Fra il 2 e il 3 aprile, un raid aereo statunitense diretto contro un gruppo sunnita, in base ad un mero sospetto, ne ha ucciso un componente e ferito altri 2. Si conferma in questi stessi giorni il rifiuto di diversi miliziani del risveglio di passare sotto il controllo di Baghdad - vuoi per diffidenza politica vuoi per la quasi certezza che i pagamenti promessi non saranno rispettati- con il probabile rientro di gruppi di dissociati nella rete baathista e di al Qaeda.

9 aprile 2009

A Baghdad, nel sesto anniversario dell’occupazione americana, decine migliaia di sciiti accolgono l’invito di Moqtada al Sadr a manifestare per il ritiro delle forze straniere, gridando "No all’America, sì all’Iraq" (Barack Obama ha attuato una visita a Baghdad proprio ieri). Nei comizi, i toni usati verso il nuovo governo americano sono di formale apertura, accompagnati per altro dal chiaro invito a non ritardare il promesso ritiro. La dimostrazione sadrista vuole ottenere altresì la fine immediata della repressione verso il movimento che avrebbe visto, secondo dati diffusi nell’occasione, almeno 200 nuovi arresti dal marzo, portando il numero complessivo dei prigionieri sadristi a circa 12.000: cifra che naturalmente non riceve conferme ufficiali. Il premier Nouri al Maliki intanto, non casualmente nel giorno della manifestazione, è giunto in visita a Mosca per concordare gli investimenti russi nel petrolifero ed altri settori (particolarmente interessata è la Lukoil, che vorrebbe far rivivere un contratto stipulato con il governo di Saddam Hussein) per fronteggiare la crisi derivante dalla caduta del prezzo del greggio.

16 aprile 2009

"Osservatorio Iraq" riporta uno studio prodotto da ricercatori londinesi e divulgato da "New England Journal of Medicine" secondo il quale i primi 5 anni di guerra (da marzo 2003 a marzo 2008) hanno mietuto la maggior parte delle vittime per effetto di esecuzioni (il 33%, un terzo almeno delle quali ha subito torture prima dell’uccisione), la seconda causa di morte è individuata nel fuoco di armi leggere (20%), al pari degli attacchi aerei che, combinati con quelli da terra, hanno causato il maggior numero di uccisi fra donne e bambini. Gli attacchi kamikaze hanno prodotto il 14% del totale degli uccisi, diversamente da quanto è fatto credere dalla propaganda occidentale. Sempre oggi è divulgata la condanna di un sergente statunitense, John Hatley, per aver assassinato 4 prigionieri a Baghdad nell’aprile 2007: condanna dovuta non tanto al crimine in sé quanto al fatto che la decisione di attuarlo fu presa senza input superiore.

23-24 aprile 2009

Due nuovi attacchi, a Baghdad e Baquba, con un bilancio di quasi ottanta morti, forniscono l’occasione al comando americano di un ripensamento circa il rispetto del 30 giugno come data per il ritiro dalle province di Diyala e Ninive ed il numero delle unità che saranno lasciate nella capitale. Il giorno dopo, le vittime salgono a quasi 150 per effetto di un attacco suicida, compiuto da due donne nel tempio dedicato all’imam al Kadhim, nel distretto di Kadimiya. In questi giorni per di più è divulgato l’appello dell’emiro qaedista noto come Abu Hamza al Muhaji, rivolto alle milizie sunnite - ivi compresi i miliziani del risveglio che ostenteranno ravvedimento - a ricreare la rete della resistenza. Poche ore dopo gli attacchi, è annunciata la cattura da parte dell’esercito iracheno di Abu Omar al Baghdadi, presunto capo di al Qaeda in Iraq che molti ritengono una figura virtuale. Per vincere la diffidenza, nei prossimi giorni le autorità mostreranno un video nel quale un uomo dichiara di essere al Baghdadi.

25 aprile 2009

A Kut, a poche ore dalla visita a Baghdad del segretario di Stato americano Hillary Clinton, un raid statunitense uccide un poliziotto e una donna. Dura la reazione del premier al Maliki che accusa i soldati americani di aver compiuto un "crimine", senza alcuna giustificazione militare, e di aver violato l’intesa secondo la quale ogni attacco deve essere preventivamente concordato con il governo. Il giorno seguente la polizia arresta due ufficiali dell’esercito iracheno accusati di aver consentito l’operazione senza informarne il governo stesso. Centinaia di dimostranti si radunano davanti la moschea di Kut invocando un’inchiesta e la punizione degli americani responsabili del raid .

29 aprile 2009

A Baghdad, 3 autobombe esplose in rapida successione a Sadr City provocano un eccidio, con un bilancio di 41 morti e decine di feriti, mentre una quarta viene neutralizzata: la strage è messa in relazione all’arresto di Abu Omar al Baghdadi. Sempre oggi l’aviazione turca bombarda alcune basi del Pkk nel nord del paese, come rappresaglia per l’ultimo attacco separatista compiuto nella zona sud orientale della Turchia, che ha provocato la morte di 10 soldati.

4 maggio 2009

Dopo l’esecuzione di 3 condanne a morte per impiccagione l’Onu, attraverso le agenzie operanti in Iraq, indirizza alle autorità irachene un ammonimento sull’eccesso di esecuzioni eseguite nel paese, sovente dopo processi non equi che hanno infranto, fra l’altro, il divieto di acquisire come prove confessioni e dichiarazioni estorte con torture e mezzi coercitivi; e chiede al governo sia di preparare la riforma delle leggi penali, sia una moratoria della pena di morte.

5 maggio 2009

L’ultimo arresto, compiuto oggi a Dhuliuya, di un esponente di spicco dei miliziani del Risveglio, Nadhim al Jubouri, seguito a diversi altri nelle settimane scorse, causa la reazione degli altri leader che ventilano rappresaglie e la rottura definitiva col governo di Baghdad. Quest’ultimo a sua volta accusa i miliziani di essere tornati in parte nella rete di al Qaeda, mentre altri sarebbero colpevoli di attività criminali comuni. Nel commentare il sostanziale fallimento del rientro delle milizie Sahwa sotto il controllo del governo iracheno, sancito appena un mese fa, "Peacereporter" segnala che la promessa del pagamento di arretrati ancora non è stata adempiuta, con la conseguenza che diversi miliziani tornano per sopravvivere alle vecchie attività; e inoltre che "i sospetti sulle infiltrazioni criminali nelle forze di sicurezza non escludono nemmeno la polizia irachena che, già nel 2004, era al centro di accuse in questo senso. Allora, molti ufficiali del ministero dell’Interno furono accusati di operare come agenti di giorno e come squadre della morte di notte..."

10 maggio 2009

A Baghdad, è annunciato l’arresto per corruzione di Sabah al Sudani, fratello del ministro del Commercio che risulta egli stesso indagato (si dimetterà a fine mese, evitando una mozione di sfiducia). Da un rapporto della commissione contro la corruzione, divulgato dal "New York Times", risulta che nel solo anno scorso le denunce presentate a questo titolo sono state oltre 5000, 2000 circa delle quali non hanno avuto seguito, le condanne solo un centinaio; e che prima del ministero del Commercio figurano nella graduatoria dei più corrotti quelli dell’Interno e della Giustizia. Un altro annuncio riguarda l’autorizzazione del governo centrale all’amministrazione regionale curda ad iniziare l’esportazione, che utilizzerà l’oleodotto collegato al porto di Ceyhan (Turchia), del greggio estratto dai giacimenti nel suo territorio, i cui proventi dovranno essere depositati nelle casse federali.

11-12 maggio 2009

Due giorni di sangue a Kirkuk. Nel primo, un’autobomba provoca 3 morti e una decina di feriti presso una moschea. Nel secondo, i morti sono 7 ed i feriti 18 nell’attacco, attribuito ai peshmerga, contro i poliziotti di guardia alla sede del maggiore partito turcomanno. La tensione è alta anche a Bashiqa e Ninive, dove i curdi non intendono riconoscere il diritto di governare ad al Hadba, la coalizione vincitrice delle elezioni di fine gennaio (v.a. nota 5 febbraio 2009). A seguito di questi eventi, una manifestazione araba a Mossul chiede l’espulsione delle sanguinarie milizie curde e l’effettività del ritiro americano alla data prevista del 30 giugno. Una difficile mediazione è tentata da esponenti sadristi, giunti in questi giorni a Mossul. Il loro leader Moqtada intanto si troverebbe, espressamente invitato dalle autorità, in Turchia.

19 maggio 2009

A Baghdad, è stabilita la data delle elezioni politiche: il 30 gennaio 2010 (che slitterà al 7 marzo). Ma la tensione cresce nel Kurdistan (v. nota 11-12 maggio) e nelle zone sunnite. A Diyala, il consiglio provinciale sospende la propria attività per protesta contro gli arresti di sunniti che hanno colpito nei giorni scorsi Riyadh al Mujami, esponente dei consigli del Risveglio, ed il capogruppo di Iraqi Accord Front, Abu Mejadeh, entrambi accusati di terrorismo. A Diyala e Baquba sarebbero confluite nelle scorse settimane 30.000 unità delle forze speciali di Baghdad, provocando la latitanza di decine di miliziani del Risveglio. Non migliora certo le cose la notizia, diffusa in questi giorni, che un tribunale di Kentucky ha rifiutato la condanna a morte, comminando in suo luogo la reclusione a vita, per il marine americano Steven Green, criminale che ha assassinato, dopo averla stuprata e torturata, una bambina irachena di Mahmudiya, 13enne, sterminandone poi l’intera famiglia.

25 maggio 2009

Non lontano da Falluja, un attentato ad un convoglio americano uccide un funzionario del dipartimento di Stato, tale Barnich, e 2 militari al seguito. L’attacco, tenuto segreto per oltre un giorno, provoca la reazione del capo di Sm dell’esercito generale George Casey, che prospetta la permanenza delle truppe statunitensi in Iraq, oltre che in Afghanistan, per 10 anni, pur ridotte numericamente: potrebbe trattarsi, ha aggiunto, di "10 brigate da combattimento" oltre alle "forze di supporto". Nel mese in corso gli Usa subiscono in Iraq 24 perdite - fra militari e mercenari - poche a confronto dei 225 iracheni uccisi nello stesso lasso di tempo e tuttavia uno dei peggiori bilanci per il maggior contingente di occupazione.

10-30 giugno 2009

S’intensifica la violenza in tutto il paese all’approssimarsi del formale passaggio dei poteri di sicurezza dalle autorità americane a quelle irachene, previsto per il 30 giugno. Fra gli attentati segnaliamo: 10 giugno, eccidio presso il mercato di Nassiriya, 30 morti e 70 feriti, attribuito alla rete qaedista; 15 giugno, uccisione nella moschea al Shawaf di Baghdad del deputato Harith al Obaidi, noto soprattutto per la sua iniziativa contro le torture e gli arresti illegali, ed altre 4 vittime nella sparatoria; 20 giugno, strage perpetrata con un’autobomba dalle milizie curde alla moschea sciita di Rasool, presso Kirkuk, con un bilancio di oltre 70 morti e 170 feriti; 22 giugno, attacchi contro il comune di Abu Ghraib, uno scuolabus carico di ragazzi sciiti a Sadr City, un altro nel centro di Karrada, un attentato contro l’esercito che uccide 3 soldati a Diyala, attribuiti a forze sunnite ma non rivendicati: bilancio della giornata, 27 morti e 75 feriti. 25 giugno, 10 caduti (fra i quali 6 poliziotti) e altre decine di feriti in attacchi fra Mossul, Falluja e Baghdad, anch’essi non rivendicati. Il governo sciita accusa le forze curde per la ondata di violenza nella zona di Kirkuk e quelle sunnite per gli attentati non rivendicati nel resto del paese, il premier Nouri al Maliki punta il dito contro i servizi dei paesi sunniti interessati a destabilizzare il paese, ed il vice presidente Tareq al Hashimi si dice certo che gli attacchi "sono un tentativo di far slittare o sospendere il ritiro delle forze americane dai centri urbani secondo il calendario previsto".

17 giugno 2009

A Baghdad, su pressione dell’Onu, il governo istituisce una commissione d’inchiesta, da anni rivendicata dai sunniti e dal movimento sadrista, sulle torture ed i trattamenti coercitivi praticati, seguendo l’esempio americano, nelle carceri irachene. E’ stata preceduta da un gruppo ristretto, istituito dal ministero dell’Interno, che ha accertato 43 casi di arresti eseguiti senza adeguata motivazione e/o seguiti da abusi. Anche l’attuale commissione comprende funzionari dei ministeri interessati (Interni e giustizia) ma è allargata ad organismi esterni e dovrebbe godere dell’attenzione, se non della supervisione, dell’Onu. Intanto, nel carcere di Baghdad, i prigionieri sadristi hanno intrapreso lo sciopero della fame per rivendicare il rispetto dei loro diritti.

23 giugno 2009

A Baghdad, il ministro del Petrolio Hussein al Shahristani risponde alle critiche rivolte alla sua politica. Critici sono i curdi, che la ritengono lenta e dissuasiva verso gli investimenti stranieri per le troppe condizioni poste. Il principale motivo del contendere fra Baghdad ed il governo regionale curdo è il rifiuto del ministro del Petrolio di approvare le convenzioni da questo stipulate con compagnie straniere, sulla base di una propria legge, e l’avvertenza a quelle compagnie che, insistendo esse nell’applicazione delle convenzioni non ratificate da Baghdad, riceveranno l’interdizione a lavorare in tutto il paese. Una critica di opposto segno, appoggiata dalla compagnia nazionale South Oil Company e dal sindacato dei lavoratori petroliferi, accusa le convenzioni che stanno per essere stipulate, di durata ventennale, come uno sperpero a vantaggio delle compagnie straniere che, secondo i critici, dovrebbero gestire solo le nuove esplorazioni, cui la compagnia nazionale non può sopperire. Il ministro replica che, prima delle nuove esplorazioni, è necessario aumentare la produzione; inoltre di avere notificato alle compagnie petrolifere, selezionate per la prima tranche di appalti, che dovranno anticipare complessivamente 2 miliardi e mezzo $ a titolo di prestito, utili a rimpinguare le casse dello Stato; infine che diverse compagnie sono state invitate a modificare le proprie offerte, così che il governo potrà scegliere le migliori, data la competizione. Fra i numerosi invitati a riformare le offerte, ritenute del tutto inadeguate, vi sono gli italiani, interessati allo sfruttamento dei giacimenti di Nassiriya. Imprese italiane si sono aggiudicate invece lavori di costruzione del porto di Fao, nel sud del paese, per un valore preventivato di 2,8 miliardi euro.

27 giugno 2009

Il quotidiano arabo- londinese "Al Hayat" conferma che gli Usa hanno aperto "un doppio canale" di trattativa con le due distinte ali del Baath (v.a. 6-7 aprile 2009).

30 giugno 2009

Si celebra in tutto il paese, in concomitanza con il ritiro delle forze statunitensi dalle città irachene, la "giornata della sovranità nazionale". Fabbriche, uffici, scuole restano chiusi e particolarmente nella capitale si festeggia l’evento, nel parco Zawraa, con esibizione di cantanti, attori e letterati.