Primato in piaggeria (m.m.c. – settembre 2009)
E’ ormai
opinione diffusa che le opposizioni italiane non rappresentano un’alternativa
politica, il loro sforzo principale consistendo nell’imitazione dei programmi e
talora perfino del linguaggio del centrodestra, considerato modello vincente,
mentre il contrasto è limitato a questioni di forma, pur non trascurabili,
piuttosto che di sostanza. Nella politica estera questa rincorsa è giunta
all’assurdo.
Si va dalla
censura praticata dalle voci di opposizione, identica a quella del
centrodestra, sugli omicidi israeliani, le angherie e le confische di terre nei
Territori palestinesi all’appoggio illimitato all’escalation bellica americana
in Afghanistan dove, per fare solo un esempio recente, Piero Fassino perfeziona
il pensiero, per così chiamarlo, del ministro La Russa: siamo “una missione di
pace in zona di guerra” e mica la guerra è colpa nostra, no, “non siamo noi a
fare guerra ai talebani, sono i talebani a fare guerra a noi”, pretendendo di
contenderci il territorio (il LORO territorio) “per consegnare il paese alla
barbarie”. Si va dal sostegno ai governi e personaggi fantoccio (Karzai come il
presidente scaduto di Ramallah) ai proclami ed alle sanzioni contro i governi
legittimi e le forze della resistenza anticoloniale (il governo venezuelano,
Hamas, Hezbollah), agli attacchi contro l’Iran, dove il coro parte a comando
non appena il padrone schiocca le dita. Ciò accade da molti anni e non varrebbe
nemmeno più la pena di commentarlo, bensì di considerarlo un dato acquisito.
La novità
relativa, da un anno circa a questa parte, è lo scavalcamento in servilismo
atlantico delle opposizioni scattato non appena il governo Berlusconi ha dato
un segnale di autonomia da Washington nei rapporti con Mosca. Tutto è
cominciato l’anno scorso con l’aggressione militare della Georgia all’Ossezia
del sud, quando Berlusconi ha manifestato una posizione assai più vicina al
Cremlino, giustificandone la reazione militare, che alla Casa Bianca.
Naturalmente l’ha fatto a modo suo, perorando “lo spirito di Pratica di
Mare” (il progetto di un’alleanza fra
Occidente e Russia, le potenze atomiche, contro la rinascita islamica e il sud
del mondo, progetto odioso quanto fortunatamente fallito) ed in più esaltando,
con la consueta megalomania, un proprio ruolo di indispensabile messaggero di
pace: se non ci fossi stato io sarebbe scoppiata una seconda guerra fredda, eccetera
... Però il segnale è stato chiaro, difatti accolto a Washington con gelo
piuttosto ostentato e durato mesi. Già allora le opposizioni, lungi
dall’accogliere la scelta del governo come un tentativo in qualche modo
positivo di distensione fra i due blocchi, l’hanno rintuzzata mostrando
angoscia e riprovazione: oh mamma, cosa dirà il Padrone? Fa che Dio Obama,
appena insediato, se la prenderà con l’Italia?, gemevano gli sventurati,
mandando segnali a ripetizione circa la loro completa sottomissione, putacaso
gli capitasse di nuovo di vincere un’elezione.
Secondo
atto. La richiesta obamiana, anticipata prima dell’insediamento, di aumentare i
contingenti di occupazione alleati in Afghanistan, vide una certa resistenza
nel governo italiano, non certo per pacifismo ma perché già impegnato in modo
smisurato rispetto alle capacità di bilancio. Il Pd invece si orientò da subito
verso il sì – scriveva Massimo Franco nella sua “Nota” sul “Corriere della
sera” del 15 novembre 2008, così riassumendo il pensiero dei Democratici : “se
ci chiede più truppe gliele daremo”. L’analista aggiungeva che i dirigenti del
Pd “sognano nel 2009 un dibattito parlamentare con Berlusconi che rifiuta le
richieste della Casa Bianca; e il centrosinistra che invece avalla l’escalation
militare” e segnalava “riflessi domestici paradossali, tipo l’immagine di un
PdL ‘filorusso’ e un Pd ‘filoUsa’: cosa mai accaduta prima”. Decisamente
penosi, poi, sono stati i rimproveri a Berlusconi per non essere andato di
persona a fare numero all’insediamento della nuova divinità, per altro
incontrata poche settimane dopo, che ha completato il secondo atto.
Il terzo
atto ha avuto origine da una dichiarazione critica del ministro Frattini,
precedente la rinuncia americana al progetto originario di scudo spaziale in
funzione anti- asiatica. L’atteggiamento delle opposizioni, in primis del Pd,
si può riassumere in un brano di “La Repubblica”, tratto da un editoriale di
Sandro Viola intitolato “Gli uomini forti”: “...dalla discutibilità del piano
americano ad una presa di posizione così netta come quella del ministro
Frattini a favore delle ragioni di Mosca, c’era parecchia strada da
fare...Un’adesione al punto di vista russo che i russi, oggi senza veri
alleati, avrebbero potuto aspettarsi solo da Raul Castro, da Hugo Chavez o dal
presidente nicaraguese Daniel Ortega”. Paragone già per sé piuttosto
stravagante, ancor più se si pensa che la scelta di Frattini per la Farnesina è
stata favorita proprio da Washington che mise invece un vero e proprio veto su Roberto
Formigoni, “colpevole” di rapporti con Saddam Hussein. Fu un’interferenza
pesante, accettata –per quanto ne sappiamo - senza discutere da Berlusconi,
tanto meno messa in discussione dalle “opposizioni”.
Quarto
atto: un’interferenza (finora) aggirata riguardo la “guerra dei gasdotti” che
oppone Washington al Patto asiatico, nella quale il governo italiano ha optato
per il South Stream, favorito dal Cremlino, anziché per il Nabucco, destinato a
dribblare Mosca. Gli “avvertimenti” circa lo scontento americano sono stati
almeno due. Uno, indiretto ma lapidario, sarebbe stato affidato
dall’ambasciatore uscente Ronald Spogli (che non ha smentito) al senatore Paolo Guzzanti, passato come noto
dall’adorazione verso Berlusconi all’ostilità dichiarata (causa appunto i
rapporti Berlusconi - Putin) : “L’ordine è arrivato dagli Usa: Berlusconi va
eliminato. Motivo: i contratti energetici...Me lo disse chiaro e tondo
l’ambasciatore Spogli che andai a salutare quando lasciò l’ambasciata...Da
allora un fatto nuovo di enorme gravità si è aggiunto: l’Italia ha
silurato il gasdotto
Nabucco..../preferendo/ l’oro di Putin”. Il secondo avvertimento è arrivato in
via diretta dal nuovo ambasciatore David Thorne, in un’audizione al Senato
americano: “ci sono alcune posizioni della politica estera italiana che
continuano a preoccuparci”. L’avvertimento è stato ripetuto lo stesso 16
settembre in un’intervista concessa al “Corriere della sera”: “...una delle più gravi preoccupazioni della
politica americana è la dipendenza energetica dell’Europa e dell’Italia. Che
non dipenda da una sola fonte e che la diversifichi”. Non basta: “sappiamo che
l’Italia ha da tanto strette relazioni con la Libia, dalla quale riceve
energia. L’accoglienza libica ad al Magrahi non è stata un bello spettacolo...”.
Qualcuno ha
sentito un mormorio di protesta levarsi dalle opposizioni parlamentari su
queste interferenze? Ma figurarsi, sono musica per le loro orecchie,
particolarmente per le orecchie Pd. Sul
rapporto con la Libia, poi, si sono sbizzarrite. “Vergognoso regalo al
dittatore” ha sentenziato Massimo Donadi dell’IdV, riferendosi allo spettacolo
delle Frecce tricolori nel quarantennale dell’ascesa al potere di Gheddafi,
seguito a ruota dal democratico Rutelli ed altri: “noi non le avremmo mandate!”.
Qualcuno di costoro pensava forse ai migranti sbattuti nei così detti “centri
di accoglienza” libici, che superano i nostri in obbrobrio, o direttamente nel
deserto a schiattare? non credo proprio, piuttosto la musica pare quella solita
della Voce del Padrone, che canta con le loro bocche.
La cosa
buffa è che costoro si domandano perché perdono consensi. Pensare che talvolta
riescono in una impresa davvero
straordinaria: apparire perfino peggiori di Berlusconi.