Lezione
di civiltà
(gennaio 2006)
Una forza vitale, espressione del popolo palestinese
del quale interpreta la sofferenza come la determinazione, un pesce
nell’acqua, coraggioso e tenace, consapevole dei propri compiti. Così appare
Hamas all’indomani della vittoria alle elezioni politiche, ancor più per il
contrasto con le reazioni occidentali, dominate dallo sconcerto quanto, al
solito, arroganti: minacce di assassinio da parte di Israele, furto – così si
chiama l’appropriazione di cose altrui, come da ultimo i proventi fiscali dei
palestinesi- ultimatum demenziali a sottomettersi alla dittatura militare sui
Territori, rovesciamento delle parti fra aggressore e aggredito, ricatti sugli
aiuti alla popolazione civile (ma sarebbe meglio chiamarli un parziale
risarcimento dei danni di guerra prodotti dall’occupazione, sobbarcati
dall’Europa in luogo del regime sionista che si guarda dal farlo in proprio).
Tutte cose non nuove, reiterate con insistenza monotona quasi non rendendosi
conto, chi le fa, che sono armi spuntate, che manca l’ascoltatore. Il
movimento islamico, naturalmente, rifiuta i diktat e non è in vendita: cosa
che, in Occidente, non si riesce neppure a concepire. Un oggetto misterioso!
Povera Europa, che schifo fai, nella tua parte di
cameriere dell’asse israelo- americano. In poche frasi, l’oggetto misterioso
non commerciabile ti ha dato una lezione di civiltà, politica e giuridica, da
farti sprofondare. Se potessi guardarti allo specchio, ti faresti pena. Ma non
ne sei capace.
Nella pena c’è stata una nota quasi comica, ad
opera del nostro pomposo ministro degli Esteri Gianfranco Fini, cui è stato
affidato di ostentare la presunta compattezza “della comunità
internazionale” nell’ultimatum al movimento islamico. Ha fatto – come in
verità sovente gli accade - la figura del pierino, smentito, a poche ore di
distanza dalla riunione del Quartetto, dalla Russia che ha annunciato di
considerare un errore le decisioni assunte e le sue prossime trattative con
Hamas. Ora, che Vladimir Putin avrebbe colto l’occasione di tirare indietro ad
Usa ed Europa gli scherzetti in Asia centrale, non ci voleva Leonardo da Vinci
per prevedere. Ma il Fini, poveretto, non è così sottile. Nemmeno, il nostro,
arriva ad afferrare che nella “comunità internazionale”, oltre ad Usa,
Israele ed Europa, ci sono diversi altri soggetti, desiderosi di rivestire un
ruolo. In primis gli stati arabi, le cui diplomazie si stanno attivando in modo
inconsueto, quasi frenetico, e non solo per risolvere l’impasse degli aiuti.
Perfino i regimi compromissori con l’Occidente, come l’Arabia e l’Egitto,
stanno mostrando un insolito attivismo, preoccupati come sono di tranquillizzare
la popolazione mussulmana, il cui cuore batte all’unisono con la Palestina,
non foss’altro che per salvare se stessi; ed intenzionati a spiazzare
l’Europa. Così come si stanno attivando sullo scenario siro- libanese, in
modi altrettanto inconsueti e semi- indipendenti. Si può anche prevedere che la
Francia - tornata alla grandeur, come dimostra la parte attiva su quest’ultimo
scacchiere, ma che ha sempre giocato in proprio - non tarderà molto a smarcarsi
in qualche modo dal Quartetto, mostrandosi più duttile. Perciò, non appare un
caso che sia stata affidata al Fini la parte declamatoria delle decisioni di
Bruxelles. Viene da chiedersi chi altri avrebbe fatto una parte del genere, e in
quel modo.