Negazionismo
(gennaio 2007)
La dichiarazione rilasciata il 25 gennaio, in
occasione della giornata in memoria della Shoah, dal presidente della Repubblica
Giorgio Napolitano compatta l’estabilishment, al completo e senza incrinature,
in una posizione di subordinazione rigida all’alleato (o padrone?), Israele,
contro i palestinesi, con la ripetizione dell’assunto più caro al sionismo.
“Va combattuto- ha detto il Presidente- ogni rigurgito di antisemitismo anche
quando esso si travesta da antisionismo /che/ significa negazione della fonte
ispiratrice dello Stato ebraico, delle ragioni della sua nascita, ieri, e della
sua sicurezza, oggi, al di là dei governi che si alternano alla guida di
Israele”. Dichiarazione non nuova, ripetuta anzi molte volte da esponenti del
centrodestra e della ‘Sinistra per Israele’; ma, appunto, tale da chiudere
il cerchio, visto che dai rappresentanti politici (compresi quelli della
sinistra un tempo radicale ed oggi, approdati al governo, sottomessi da far
pena) non si è levato, se non erro, neanche un bhe. Contemporaneamente il
ministro della Giustizia, se possibile superando il suo predecessore in
piaggeria, ha prospettato l’aggravante dell’istigazione all’odio razziale
per i così detti negazionisti, identificati in chicchessia – così almeno è
parso dalle cronache- contrasti la versione ufficiale della Shoah, coincidente
con quella fornita dallo stesso Israele e dal mondo ebraico ufficiale.
Circa quest’ultimo punto, non conoscendo abbastanza
le contestazioni fatte a quella versione da poter avere un’opinione
indipendente e fondata (difficile averla, del resto, per la mancata divulgazione
di quelle ricerche ed assunti) mi limito ad osservare - in aggiunta alla
riprovazione per nuovi reati di opinione, sollevata da più parti- che, ove un
simile progetto diventi legge anche da noi, farebbe perciò stesso sorgere -
come succede da tempo in Germania, in Austria ed in Francia-
sospetti anche in persone che non ne hanno mai coltivati in precedenza:
il sospetto cioè che non la si sia raccontata del tutto giusta, che su quella
tragedia enorme sia stata fatta una qualche ‘cresta’, strumentalizzazione o
manipolazione, o vi sia comunque qualcosa da nascondere, tanto che occorra
minacciare la prigione per ottenere la condivisione. Così come non è dubbio
che l’arresto del britannico David Irving, per fare l’ultimo esempio noto,
abbia fornito a questi una notevole popolarità, prescindendo dai suoi meriti o
demeriti (sui quali non mi
pronuncio poiché non l’ho mai letto). Per incidens, non è vero che i
ricercatori pervenuti a conclusioni differenti da quella ufficiale siano stati
tutti nazisti o fascisti; il più autorevole fra essi, anzi, fu uno strenuo
oppositore del nazismo e per questo imprigionato in un lager, Paul Rassinier,
socialista, messo all’indice e perseguitato per essersi discostato dalla
storiografia ebraica sui lager stessi che, per sua sfortuna, conobbe dal di
dentro. C’è da chiedersi inoltre che strana solidarietà si manifesti, con
siffatti atteggiamenti repressivi, alle stesse vittime della Shoah: quasi fosse
una brutta cosa scoprire, da ricerche
libere e putacaso serie, che, per ipotesi, siano morti un numero di ebrei
inferiore a quanto detto, o non siano stati buttati vivi nei camini. Strana
solidarietà davvero!
Ma, prescindendo dalle versioni della Shoah - ed
anche ove non si ritenga opportuno ridiscuterne - la cosa più importante è il negazionismo
che traspare vistosamente proprio da petizioni come quella di Napolitano, e dei
tanti altri che sostengono l’equiparazione fra antisemitismo ed antisionismo.
La tragedia del popolo palestinese, oggetto di una brutale politica di apartheid
e pulizia etnica, è cancellata, rimossa, negata
appunto, fatto che sostanzia per tale il negazionismo. Linguisticamente e
sostanzialmente, è negato addirittura
il popolo palestinese per tale, sia perché non viene neppure nominato, e la sua
immane tragedia cancellata in nome “delle ragioni della nascita, ieri, e della
sicurezza, oggi” di Israele - per usare l’espressione del Presidente –
entrambe le quali ragioni, quelle di ieri e quelle di oggi, si sono sostanziate
in un feroce massacro accompagnato dalla diaspora e da una quantità di
indicibili sofferenze, espropriazioni ed umiliazioni inflitte dal regime
sionista . Negati una seconda volta, i palestinesi, perché si identificano i
semiti con i soli ebrei (ma non sono i ‘figli di Sem’ tutti i popoli di
quelle regioni?) come se ci fossero solo questi ultimi, e soltanto a questi
ultimi spettasse un diritto alla vita ed alla sicurezza. In definitiva, vorrei
sentir parlare di negazionismo – escludendosi comunque le manette- anche e
soprattutto per tragedie, persecuzioni e genocidi, attuali
o i cui autori siano tutt’oggi imperanti e temuti, tanto da generare
atteggiamenti passivi e codardi di rimozione di massa, quali si verificarono
appunto in Germania fino alla caduta del regime nazionalsocialista e si
verificano oggi a fronte dei crimini americani ed israeliani. Vorrei sentir
parlare di negazionismo con riferimento alla rimozione dell’Olocausto dei
nativi d’America, perpetrato dagli europei e dai coloni inglesi fondatori
degli Usa, perché questi sono i soggetti
ad ora dominanti e quel genocidio (10 volte le vittime della Shoah, anche
quantificate nella versione ufficiale ebraica) è certamente il più notevole
della storia moderna; alla rimozione, attualissima, dell’Olocausto arabo-
mussulmano, iniziato con lo smembramento dell’Impero ottomano e a tutt’oggi
perdurante, con un rilevante incremento dal 2001. Nel quale Olocausto un posto
centrale va appunto al martirio palestinese, la cui tragedia è generata dal
sionismo e dai suoi proteggenti: da tutti
i governi sionisti, nella loro successione dal 1948 ad oggi, non a correnti
alternate, come dimostra anche il dossier Palestina pubblicato a fianco di
questi pensieri.
Quando i simpatizzanti della causa palestinese –
che sono migliaia e migliaia, anche in Italia, a dispetto delle rappresentanze
politiche- ricevono accuse di antisemitismo, fascismo rosso od altre assurdità,
dovrebbero a mio avviso rinviarle al mittente con maggior decisione, non
mancando davvero gli argomenti per farlo; anziché, come vedo fare talvolta,
stare sulla difensiva. L’accusa di antisemitismo o comunque di essere nemici
del popolo ebraico, particolarmente, è facile rispedirla a chi la fa
riflettendo che la identificazione totale
fra gli ebrei dell’epoca contemporanea ed il sionismo, operata da
quest’ultimo e dai suoi alleati - non riuscendo essi a nasconderne,
rimuovendoli con le parole, la vera natura ed i crimini- non può andare davvero
a vantaggio degli ebrei stessi. Ancora una volta, strana solidarietà! Ancorché
sia purtroppo reale l’appoggio della maggioranza
degli ebrei, non solo israeliani, a quel regime persecutivo e odioso, benché la
storia ebraica sia in parte una storia di violenze fatte e ricevute, di
incapacità di vivere in pace accanto ai propri vicini, diviene foriero di
antisemitismo, proprio nel senso di antiebraismo, inferire che sia sempre
stato così, dai secoli dei secoli, e che per
tutte le generazioni a venire sarà giocoforza così. Questo semmai è pregiudizio
antiebraico, parlandosi di un popolo che ha nel passato davvero sofferto molto,
sia nell’antichità che nell’epoca moderna, sotto l’Inquisizione e sotto
il regime hitleriano. E non casualmente, dato quanto si diceva a proposito di
negazionismo, della prima sofferenza, benché durata secoli, gran poco si
ricorda: perché Hitler è morto ed invece la Chiesa è viva e vegeta e non
rammenta volentieri i suoi misfatti.