USTICA E BOLOGNA, IL GRANDE IMBROGLIO

 

Luigi Cipriani, Intervento in aula 2 agosto 1990 (anniversario strage diBologna),

in Stenografici sedute parlamentari X Legislatura

" Signor presidente, da quella lapide dobbiamo togliere le parole "strage fascista", perché ciò è riduttivo e fa parte del depistaggio operato sulla strage di Bologna, diversa dalle altre stragi e che ha molto più a che fare con Ustica e con i rapporti tra Italia, Francia, Stati uniti, i servizi occidentali e le strutture segrete. Dire che sono stati Fioravanti e compagni è stato un depistaggio: su quella lapide bisogna scrivere "strage di stato"! "

Signor presidente del Consiglio, sono rimasto deluso dalle sue comunicazioni di ieri perché mi ero illuso che il cambiamento della situazione internazionale, senz'altro positivo e di pacificazione, per il quale -debbo riconoscerlo- lei ha svolto un ruolo importante e positivo, l'avesse in qualche modo convinto a pronunciare un discorso diverso da quello che abbiamo ascoltato ieri. Quanto lei ha affermato l'avremmo potuto ascoltare nei medesimi termini anche dieci anni fa: "deviazioni" di alcuni individui, sostanziale fedeltà dei servizi e degli apparati statali, impossibilità di raggiungere prove certe. Risultato: una situazione che rimane del tutto inestricabile. Si sarebbe potuto fare invece un discorso diverso, e mentre chiediamo agli altri paesi dell'est e dell'ovest di aprire i loro cassetti, avremmo potuto cominciare ad aprire i nostri, perché credo che gli elementi vi siano.

Vorrei partire dalla vicenda relativa alla Cia e alla P2, perché mi sembra essenziale per inquadrare tutto il resto del mio discorso, e cercare di capire se quello che dicono Remondino e i due agenti -Brenneke, collaboratore saltuario e Ibrahim, agente della Cia a tutti gli effetti- coincide. In effetti vi sono due persone che parlano e nella sostanza dicono le medesime cose. Non mi pare sia poi così nuova questa vicenda. Che la Cia, secondo la teoria americana della sicurezza nazionale a livello planetario abbia operato, finanziato e sia intervenuta con operazioni golpiste, di finanziamento di terroristi a livello internazionale non è affatto cosa nuova. Ricordo solo gli avvenimenti del Cile, lo sbarco alla Baia dei Porci a Cuba, il tentativo di assassinare Fidel Castro e quanti altri. D'altronde la vicenda Iran-contras dimostra come, anche al di fuori di autorizzazioni ufficiali del congresso americano, la Cia abbia trovato il modo di finanziare le proprie operazioni vendendo armi agli iraniani con il sostegno dei servizi israeliani. Ricordo anche che il presidente degli Stati uniti di allora e quello attuale furono coinvolti in questa vicenda. Quindi, non si tratta di fatti tanto nuovi!

Voglio poi riferirvi una recente dichiarazione del generale Viviani, che adesso è nostro collega, il quale di Cia e di P2 se ne intende. Ebbene egli ha rilasciato recentemente un'intervista a Radio radicale che lei, signor presidente del Consiglio, avrebbe dovuto ascoltare perché Viviani ha parlato molto chiaro. Egli ha detto infatti: "Venne fatto nell'ambito della Nato un patto politico segreto, ma non illegale, contro possibili invasioni da parte dell'Unione sovietica o l'andata al potere della sinistra in Italia". Questa affermazione trova conferma in quanto successe nel 1949 con il generale De Lorenzo che firmò questi patti segreti nell'ambito del Patto atlantico. Dice ancora il generale Viviani: "Nel 1969 la Nato era molto preoccupata della situazione italiana" (c'erano le grandi lotte operaie e studentesche) "e temeva in un cedimento della Democrazia cristiana. I governi della Nato e gli Stati uniti diedero incarico alla Cia di gestire, tramite il Sid e il Sismi, depositi segreti di armi e di esplosivi in Italia".

Vi è anche una deposizione del generale Notarnicola il quale dice al giudice Casson di avere avuto notizia, in occasione della strage di Peteano, dell'esistenza di depositi di esplosivo nel nord; e dice che l'ammiraglio Martini si dovette a suo tempo mobilitare per impedire che, casualmente, la magistratura scoprisse quei depositi. Dice il generale Viviani: "Vennero reclutati migliaia di ex militari, poliziotti e carabinieri di orientamento anticomunista. In Sardegna venne realizzato un campo di addestramento per civili da inquadrare in questa struttura occulta paramilitare". Anche questa non è una novità: l'esistenza della base in Sardegna a capo Marrangiu è confermata dall'inchiesta che fece il giudice Tamburino, a suo tempo, sulla vicenda della Rosa dei venti. Signor presidente del Consiglio, affinché lei abbia la possibilità di andare a controllare le carte, le dico anche che a comandare questa base era il colonnello Pastore Stocchi, che era nella segreteria di Miceli quando questi era a capo del Sios. Dico anche che per mantenere l'operazione al di fuori di ogni pubblicità fu costituita una società fittizia che acquistò il terreno, il cui amministratore unico era il colonnello Luigi Tagliamonte, già amministratore del Sifar. Quindi, i nomi in queste storie si ripetono nel tempo. Il generale Viviani afferma inoltre che i paesi Nato si preoccuparono del costo dell'operazione e che fu la Cia a garantire il finanziamento delle strutture, che comportarono migliaia di reclutati, armamenti, depositi, al fine di intervenire in tempi rapidi nel caso in cui la situazione italiana si fosse sviluppata in un certo modo. Per quanto concerne l'attendibilità di Brenneke, il generale Viviani lo definisce un personaggio fragile di mente, aggiungendo peraltro che a volte anche soggetti di questo tipo vengono utilizzati dai servizi segreti.

A conferma del fatto che esiste ed è esistita una struttura clandestina ma non illegale, si possono portare altre dichiarazioni; ne consegue che il giornalista Remondino non è stato il primo a parlare di questi fatti. Il generale Miceli, nell'udienza tenuta presso il tribunale di Roma il 13 dicembre 1977 in occasione del processo Orlandini, ha dichiarato: "Esiste ed esisteva ancor prima del mio arrivo al Sid un organismo segretissimo, sempre per il conseguimento di scopi di carattere istituzionale. Tale organismo è strutturato all'interno del servizio, alle dirette dipendenze di una delle dodici branche di esso. Della sua esistenza sono a conoscenza le massime autorità dello stato. Trattasi di un organismo che, visto dal profano, potrebbe essere valutato in modo errato". Il generale Miceli prosegue: "Questo organismo non necessariamente è diretto dal capo dei servizi". Ciò significa che è eterodiretto, molto probabilmente da Bruxelles. Il generale Siro Rossetti, che fu infiltrato nella loggia P2 (altro personaggio che se ne intende!) ha dichiarato al giudice Tamburino: "Ho detto che non mi sorprenderebbe che esistesse un'organizzazione parallela ed occulta se si formula l'ipotesi, anche questa verosimile, che il vertice di questa organizzazione si trovi o comunque dipenda da una certa forza internazionale". Vi sono poi le dichiarazioni del colonnello Spiazzi, che si muovono nella stessa direzione. Che esista quindi una struttura segreta, dotata di depositi di armi e di esplosivi, con capacità operativa e eterodiretta, non è una scoperta di questi giorni. Se ne è parlato molto in Italia e credo che finalmente, a partire dall'inchiesta del giudice Tamburino sulla Rosa dei venti, se le carte relative anziché essere insabbiate venissero recuperate, potremmo capire molto di quello che è successo nel nostro paese e soprattutto dei rapporti tra i servizi segreti italiani, i politici che li dirigevano e la rete internazionale di sicurezza degli Stati uniti.

Vi sono poi altri elementi. Frank Gigliotti, massone e agente della Cia fu la persona che, nel 1960, rimise in piedi la massoneria italiana facendole firmare un accordo con il Governo italiano. A seguito di tale accordo, alla massoneria fu restituito palazzo Giustiniani e Frank Gigliotti fu nominato massone a vita. Vennero inoltre riconosciute le logge massoniche presenti nelle basi Nato in Italia. Anche in questo caso quindi, i collegamenti tra servizi segreti, massoneria e basi Nato esistenti nel nostro paese vengono confermati e appaiono preesistenti alle ultime dichiarazioni rese. Credo che vi sia materiale a sufficienza. Non mi sembra dunque opportuno lanciare anatemi e chiamare provocatore un giornalista che ha effettuato verifiche su verifiche e ha consegnato alla magistratura documenti -la cui veridicità dovrà essere dalla stessa accertata- nei quali si fanno nomi e cognomi, si citano conti cifrati, banche e finanziarie che in questi anni hanno operato per finanziare la P2.

Fissarsi esclusivamente sul mito della P2, che sarebbe stata onnipresente e onnioperante, è anche questo un modo per non capire. La P2 è stata una fetta di quella struttura che negli anni si è modificata ed è andata assumendo forme e configurazioni differenti: soprattutto quando, di volta in volta, venivano scoperte dalla magistratura operazioni che, pur non andando fino in fondo, manifestavano chiaramente il modo di operare di queste strutture nel nostro paese.

Chiarito il quadro nel quale ci muoviamo e le possibilità di fare luce sulle varie vicende, vorrei far riferimento al legame politico che Brenneke ha evidenziato nelle sue dichiarazioni. L'esistenza di Philip Guarino a lei dovrebbe essere molto nota. Dei rapporti di questo individuo con la P2 non parliamo da oggi. Philip Guarino è quello che negli Stati uniti ha diretto il comitato elettorale di Reagan e di Bush. E' stato nel passato grande amico di Sindona; era uno dei dirigenti della banca Franklin che Sindona acquistò negli Stati uniti. Dei rapporti di Philip Guarino con Gelli parla anche Matteo Lecs. Lecs è un massone che viene inquisito per la vicenda della strage di Bologna, nell'ambito di un filone che non è stato sviluppato dai magistrati e che riguardava le riunioni tenute a Livorno. A queste riunioni partecipava un ufficiale della base americana Camp Derby e vi si discutevano le operazioni che Gelli e la P2 conducevano in quel periodo. Il capitano Pandolfi chiese che Matteo Lecs venisse interrogato dai magistrati di Bologna. E costui affermò che, avendo a un certo punto bisogno di fare corsi di perfezionamento negli Stati uniti, andò da Gelli e questi lo indirizzò da Philip Guarino. Matteo Lecs disse quindi che, per un certo periodo, aveva vissuto in casa di Philip Guarino diventando suo amico personale, tanto che Guarino gli mostrava le lettere che Gelli gli inviava regolarmente dall'Italia, in cui descriveva la situazione del nostro paese. Quindi anche i rapporti tra Philip Guarino, Gelli e la P2 non sono affatto sconosciuti. E' agli atti la dichiarazione di questo Lecs Matteo il quale sostiene che gli elenchi veri della P2 sono depositati in codice presso il Pentagono.

Si tratta -ripeto- di un filone che non è stato sviluppato nell'inchiesta sulla strage di Bologna. Che questo Lecs Matteo sia in qualche modo credibile, lo dimostra il fatto che egli allega in originale (se vuole glielo faccio vedere) l'invito alla festa che venne tenuta negli Stati uniti per quella che venne chiamata l'incoronazione di Reagan. Si tratta di un invito autografo di Philip Guarino indirizzato al suo amico Matteo Lecs. Anche questi sono fatti che noi conoscevamo e che in Italia erano noti. Purtroppo i giudici di Bologna non hanno voluto approfondire questa traccia. Mentre hanno preferito seguire la pista falsa di quei fascisti non hanno seguito quella, molto più interessante, del ruolo dei servizi segreti e dei depistaggi che furono messi in atto.

Chiarito questo quadro, vorrei ora affrontare la problematica della strage di Bologna. Lei ieri ha detto che sarebbe importante riuscire tutti insieme a ordinare cronologicamente i fatti per cercare di capire cosa effettivamente è successo a Bologna. Vorrei dare appunto un contributo in tal senso invitandola se possibile, a parlare in termini non così generici e riduttivi come ha fatto nella sua introduzione di ieri e a darci una risposta più precisa. Io credo che lei sia in grado di darla.

Nel 1980 la situazione politica interna ed internazionale fu caratterizzata essenzialmente da un evento: la decisione di installare i missili atomici in Sicilia. I grandi movimenti pacifisti che allora si svilupparono nel nostro paese ed in Europa furono l'elemento fondamentale che caratterizzò quella fase. Gheddafi dichiarò che avrebbe bombardato le basi dei missili nucleari in Sicilia. Era in grado di farlo: esisteva allora un accordo di assistenza militare tra la Libia e Malta per cui la possibilità per i libici, in un gesto di follia, di arrivare alle basi missilistiche in Sicilia era garantita. Inoltre Gheddafi aveva basi militari a Malta. A livello internazionale si decise quindi di risolvere il problema Gheddafi, perché gli Stati uniti non potevano assolutamente consentire che le basi fossero minacciate in qualche modo. In quel tempo si verificò l'incidente definito della "Secca di Medina". La Saipem, per conto di Malta, installò una piattaforma petrolifera per fare ricerche in quelle che allora Gheddafi considerava le sue acque territoriali. La marina libica si diresse verso la piattaforma, Malta ordinò alle motovedette di intervenire a sostegno della piattaforma italiana ma esse non uscirono perché erano comandate da ufficiali libici.

Era in corso la guerra del Ciad. I francesi erano impegnati militarmente contro la Libia in quella zona. Il 27 giugno 1980 avvenne quella che è chiamata la tragedia di Ustica. Ricordo -è una cosa che deve essere tenuta presente- che l'aereo sorvolò l'isola con due ore di ritardo e che quindi il suo passaggio non era previsto. Dalle carte di cui dispone la Commissione che indaga sulla vicenda di Ustica -anche queste, chissà perché, non riprese ampiamente dalla stampa- risulta un fatto molto preciso. Uno degli identificatori del radar di Marsala (uno dei pochi che hanno parlato) disse: io sapevo, perché avevo il piano di volo, che quella sera era previsto un volo che da Tripoli andava verso Varsavia con un'alta personalità libica a bordo. Intercettai quell'aereo e lo identificai, inserii poi il codice 56 che è quello che indica che l'aereo, potenzialmente ostile, è stato identificato ed è autorizzato dal piano di volo a sorvolare il nostro paese. L'identificatore aggiunge però che improvvisamente l'aereo, arrivato sulle coste della Sicilia, deviò verso Malta e scomparve.

Il generale Pisano conferma, in Commissione, questo fatto e dice che c'è un aereo con traccia A iota 060, classificato come zombie che non è stato possibile identificare perché non aveva né piano di volo né trasponder. Ma si afferma che sui tabulati l'aereo è marchiato codice 56. Su questo punto il generale si contraddice perché, se non fosse stato identificato e non fosse esistito un piano di volo, quell'aereo non avrebbe potuto essere classificato come codice 56, cioè autorizzato a sorvolare. Sarebbe stato un aereo non identificato e quindi la difesa aerea avrebbe fatto immediatamente alzare i nostri caccia per intercettarlo, considerato che ormai era arrivato nel nostro spazio aereo. Lo ripeto, su questo specifico punto c'è una contraddizione di fondo in ciò che afferma il generale Pisano: "E' vero, esiste questo codice di identificazione, ma non siamo in grado di dire che aereo era". Se l'aereo non fosse stato identificato e non ci fosse stato un piano di volo, il calcolatore non avrebbe potuto battere codice 56, autorizzandolo a volare.

E' un fatto che quella sera c'era questo volo e accadde l'incidente di Ustica. Il 2 agosto avviene la strage di Bologna. Proprio la mattina di quel giorno l'onorevole Zamberletti, sottosegretario di stato per gli affari esteri firmava a Malta, la stessa ora della strage, un patto di assistenza militare fra l'Italia e Malta. Il 6 agosto, in Libia, viene sventato un tentativo di golpe contro Gheddafi, golpe che aveva come retroterra l'Egitto e come sostenitori i paesi occidentali; alcuni italiani implicati fra i golpisti furono arrestati e condannati e, qualche anno dopo, scambiati con libici tenuti in galera in Italia. Pertanto è evidente che il 6 agosto, in Libia, erano presenti personaggi dei servizi italiani per questo tentativo di golpe anti Gheddafi. Abbiamo questo intrecciarsi di fatti e di date: strage di Ustica, strage di Bologna, tentativo di golpe anti Gheddafi, aereo non identificato che quella sera si trovò sulla stessa rotta del Dc9, in ritardo di due ore sul piano di volo.

Signor presidente, sulla strage di Bologna iniziarono subito i depistaggi. Si è parlato di Belmonte e di Musumeci. Ma ce n'è uno precedente ed è quello che i magistrati Persico e Marino denunciarono a suo tempo. Ci fu infatti un personaggio dei servizi che si faceva chiamare capitano Manfredi, il quale teneva riunioni nelle caserme dei carabinieri di Bologna con giornalisti e avvocati nel corso delle quali sosteneva che il giudice Persico, incaricato della prima istruttoria sulla strage di Bologna, era pagato dal Sismi e che il procuratore capo di Bologna, dottor Marino, era affiliato alla P2. Tutte notizie che risultarono false. Ma già il giorno dopo la strage vi fu un uomo dei servizi che depistava e metteva zizzania tra i magistrati di Bologna, tant'è che poi intervenne il Consiglio superiore della magistratura e per lunghi mesi i magistrati furono coinvolti in queste vicende e frenati nelle indagini. Questo personaggio, tuttora in servizio, si chiama Mannucci Benincasa ed è capocentro Cs (controspionaggio ndr) di Firenze. E' colui il quale ha sostituito Viezzer che era notoriamente il galoppino di Gelli. Tale personaggio era appunto in rapporto con Gelli.

Signor presidente, le chiesi notizie su questo. Il generale Notarnicola ci disse che al di fuori degli elenchi erano rimasti personaggi che forse erano quelli più pericolosi perché facevano parte dei circuiti occulti. Questo Mannucci Benincasa interviene sulla strage di Ustica. Lei sa, onorevole Andreotti, che dopo la strage di Ustica vi fu quella falsa telefonata a Reinard che attribuiva a Marco Affatigato la paternità dell'attentato. Ebbene, ciò si è rivelato un chiaro depistaggio, eppure Mannucci Benincasa prende l'aereo, vola a Roma dal generale Notarnicola e gli dice che la notizia ha fondamento e che si deve seguire quella pista. Quindi, questo signore interviene subito dopo Ustica depistando; interviene subito dopo Bologna, depistando ancora una volta; lo troviamo quando Gelli viene arrestato in Svizzera senza sapere a quale titolo si trovasse lì.

Legato a questo personaggio c'è Umberto Nobili che chiese di iscriversi alla P2. Interrogato disse: "Mi sono recato all'hotel Excelsior portando il mio curriculum, poi mi è stato detto di non salire perché il gran maestro era già impegnato". Ebbene, questo signore che chiede di iscriversi alla P2 durante la vicenda di Ustica apparteneva al Sios (Stato maggiore dell'Aeronautica ndr). Costui ebbe molti incontri con Gelli e non si è mai riusciti a chiarire che ruolo abbia svolto nella vicenda di Ustica. Queste cose le chiesi, signor presidente del Consiglio, in una interrogazione presentata il 5 dicembre 1989 che non ha mai ricevuto risposta. Se lei potesse fornirmi chiarimenti al riguardo, le sarei grato.

Proseguiamo con le operazioni di depistaggio. La cosiddetta informativa "terrore sui treni" nasce prima della sua divulgazione ufficiale. Dopo la strage di Ustica si ha la netta sensazione di una durissima rottura tra i servizi italiani e quelli occidentali, tant'è che l'allora ministro della difesa Lagorio ci disse in Commissione che se il Sismi si fosse rivolto ai servizi alleati per chiedere informazioni, gli avrebbero riso in faccia. All'indomani della strage di Ustica vi fu quindi uno scontro tra Sismi e servizi alleati. Lo stesso Sismi, nella persona del generale Musumeci, tenta in un primo momento di orientare le indagini sulla pista francese. Anche Affatigato era un uomo dei servizi francesi. Egli stesso dichiara: "Quando fuggii in Francia, De Maranche mi mandò a chiamare dicendomi che se volevo restare in Francia latitante dovevo collaborare con loro: quindi collaborai con la Cia di Parigi e con lo Sdece di De Maranche". Per ben due volte si tenta quindi di indirizzare le indagini sulla pista francese. Successive informative cominciano ad ampliare il fronte; si inseriscono terroristi tedeschi e si tenta di lanciare la pista internazionale quando Gelli convoca Cioppa dicendogli: la pista Semerari che state seguendo non è quella giusta, seguite quella internazionale.

La rottura tra i servizi italiani e quelli francesi viene ricucita da Francesco Pazienza, notoriamente uomo dei servizi francesi di Cousteau. Egli torna in Italia nel 1979 ma è un personaggio praticamente sconosciuto, non ha quel potere che avrà successivamente nel Sismi. Il 9 gennaio del 1981 Pazienza opera il ricongiungimento tra i servizi italiani e quelli francesi patrocinando un viaggio di Santovito, Michel Leaden, e lui stesso in Francia dove incontrano De Maranche. Tornano in Italia e consegnano al generale Notarnicola la versione concordata e perfezionata tra servizi italiani e francesi della famosa informativa "terrore sui treni". Qui si cambia l'orizzonte e vengono inseriti i soliti fascisti italiani (Delle Chiaie, Ventura). Ripeto quindi che l'informativa "terrore sui treni" nasce in Francia con la presenza di Michel Leaden, personaggio della Cia. In questo modo Pazienza non solo svolge un'azione di depistaggio ma di intorbidamento.

Quella visita in Francia fu un vero pozzo di San Patrizio perché il 12 gennaio cominciano ad uscire le informative. La prima è quella secondo la quale il generale Ferrara, addetto militare del presidente Pertini, in occasione del terremoto in Italia cercò di organizzare un golpe, cercando di coinvolgere lo stesso presidente nella vicenda. Francesco Pazienza tira fuori il secondo dossier e dice che Pertini, fuoruscito in Francia durante il fascismo, era sul libro paga del Kgb. Un vero pozzo di San Patrizio. Esce un'altra informativa che dice che il generale Notarnicola, avversario di Santovito e della cricca piduista nei servizi, era al soldo dei libici. Quindi da quella visita in Francia parte un'operazione di depistaggio a vasto raggio. Poi Pazienza convoca Elio Cioppa e gli detta quelle famose informative secondo le quali trafficanti di armi e di droga in Italia si appresterebbero a compiere attentati sui treni. Cioppa informa poi la Digos, dice che da fonte autorevole gli è stata data questa informazione. A partire da quella data abbiamo la presenza determinante, sul depistaggio per la strage di Bologna, di chi aveva lavorato in collegamento con quella di Ustica e il rapporto tra servizi italiani e francesi diventa l'elemento centrale di quell'operazione di depistaggio. Allora le dichiarazioni dell'ammiraglio Martini di questi giorni assumono un significato ben diverso e molto più credibile circa un'operazione che vede coinvolti questi due paesi.

Questi famosi depistatori di Bologna, che usano esplosivo poi risultato uguale a quello utilizzato nella strage, al contrario di quello che si diceva avesse usato Fachini, utilizzano biglietti di aereo le cui prenotazioni corrispondono ai nomi di Fumagalli, Giorgio Vale, Cavallini. Quindi, i depistatori che avrebbero dovuto coprire i fascisti, autori della strage, lasciano riferimenti per cui si arriverà proprio a quei nomi.

Signor presidente, ho già detto l'altro giorno in Commissione e ripeto oggi: da quella lapide dobbiamo togliere le parole "strage fascista", non perché improvvisamente le mie simpatie politiche sono cambiate, ma perché ciò è riduttivo e fa parte del depistaggio operato sulla strage di Bologna, diversa dalle altre stragi e che ha molto più a che fare con Ustica e con i rapporti tra Italia, Francia, Stati uniti, i servizi occidentali e le strutture segrete. Su quella lapide, signor presidente, bisogna scrivere "strage di stato"!

Dire che sono stati Fioravanti e compagni è stato un depistaggio perché non era pensabile che il generale Musumeci si sarebbe impegnato in un'operazione di quel genere; operazione successivamente scoperta da Notarnicola, il quale afferma che le informative di Musumeci le leggeva su Panorama, sui giornali. Quindi la cosa fu rapidamente svelata. Credo che i magistrati di Bologna abbiano commesso un errore: quello di condannare gli uomini dei servizi soltanto come calunniatori e come truffatori per essersi impossessati dei soldi.

Chi ha depistato sa quello che è successo e sa chi voleva coprire. Questa è una strage dei servizi, signor presidente.

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Luigi Cipriani, Intervento in aula 6 novembre 1989 (illustrazione interpellanze sulla strage di Bologna). In Stenografici sedute parlamentari cit.

" Signor presidente, noi non abbiamo mai definito la strage di Bologna come strage fascista. Noi abbiamo sempre chiamato questa strage, strage di stato perché fu chiaro fin dal principio che vi fu un intervento massiccio del Sismi per depistare ed impedire che si arrivasse alla verità. Chi era intervenuto per depistare sapeva quel che era successo e quindi doveva costruire false verità"

Signor presidente, noi non abbiamo mai definito la strage di Bologna come strage fascista. Lo scoprirà il processo se la manovalanza era fascista. Noi abbiamo sempre chiamato questa strage, strage di stato perché fu chiaro fin dal principio che vi fu un intervento massiccio del Sismi per depistare ed impedire che si arrivasse alla verità. Chi era intervenuto per depistare sapeva quel che era successo e quindi doveva costruire false verità.

Solo in questo quadro potremo capire il ruolo svolto dall'avvocato Montorzi. Ma prima voglio parlare di un altro avvocato di Bologna, per spiegare come l'azione all'interno del processo fu immediata da parte del Sismi. Si tratta dell'avvocato Umberto Guerini, [vedi nota] attuale consigliere comunale del Psi a Bologna, membro del collegio di difesa di parte civile dell'Associazione delle vittime della strage. Questo avvocato ne venne espulso dopo che si scoprì una serie di articoli usciti su Critica sociale, settimanale del Psi, nei quali si calunniavano due magistrati: il giudice istruttore Nunziata e il procuratore della repubblica Marino che era succeduto a Sisti. Il tribunale di Milano condannò i giornalisti calunniatori i quali dissero di aver avuto le informazioni dal Guerini. Il giudice Persico scrisse una lettera all'attuale prefetto antimafia- che allora stava indagando sulle "deviazioni" del Sismi- per informarlo di un fatto emerso al processo: l'esistenza di un avvocato, impegnato nel collegio di parte civile che durante l'istruttoria faceva riunioni coi funzionari del Sismi a Bologna all'interno di caserme dei carabinieri. Questo avvocato era Umberto Guerini. I tentativi di depistaggio, di infiltrarsi direttamente nel processo attraverso gli avvocati da parte del Sismi furono perciò numerosi ed evidenti.

Ora si è detto che noi (gruppo Dp ndr) ci siamo accodati all'ipotesi di Montorzi infiltrato. Effettivamente non ci siamo accodati, l'abbiamo lanciata per primi perché abbiamo ricostruito la storia di questo personaggio. Lui disse di essere stato congedato dai carabinieri per motivi di salute, ma fece capire di essere perseguitato: ci sono però curiose coincidenze, curiosi rapporti. Montorzi è un carabiniere doc, un suo parente era comandante della regione di Bologna: una tradizione di famiglia. Viene congedato dai carabinieri e dice: lì dentro avevo una vita grama avendo sposato la figlia di un militante del Pci e con un fatto del genere nei carabinieri non si fa carriera. A chi lo ha accusato di essere un agente del Sismi, o comunque collegato al Sismi, rispondeva che chi è imparentato coi comunisti non ha il Nos (nullaosta servizi ndr). E' stata questa menzogna ad insospettirci, perché ha rivelato che Montorzi aveva bisogno di costruirsi la parte della vittima. In effetti non solo non fu punito ma fece strada, andò a comandare la tenenza di Assisi: e per comandare una tenenza dei carabinieri bisogna avere il Nos. Oltre questo vi sono altri fatti strani. Il suo comandante era il colonnello Calabresi iscritto alla P2, fu coinvolto in una sparatoria all'interno della caserma Mazzoni di Bologna, e in questo caso fu coperto dai carabinieri. Montorzi è dunque un personaggio che trova coperture importanti all'interno dell'Arma. Quando studiò da avvocato a Perugia un suo docente era il professor Deiana, avvocato di Gelli. Quindi le aree di contatto, le frequentazioni di un certo tipo sono di lunga data, non è chiaro -o è molto chiaro!- perché si dimise dai carabinieri. Tirando le conclusioni della sua vicenda, noi abbiamo accreditato l'ipotesi che nel quadro delle azioni che il Sismi operò immediatamente dopo, e all'interno del processo sulla strage di Bologna, il suo pentimento sia l'elemento ulteriore che è stato utilizzato per scardinare il processo.

Io qui però devo dire che il processo è stato un processo debole, come tutti i processi costruiti sui pentiti e su personaggi non affidabili, che hanno cercato scorciatoie anziché prove, anziché andare a fondo delle questioni. Si è preferito agire sui pentiti e sul pentitismo che hanno portato allo svuotamento dei processi. Io non credo ai pentimenti repentini. Né vedo quali elementi Gelli abbia portato a prova della propria estraneità, perché se c'è un personaggio implicato direttamente e indirettamente nei depistaggi, coperture, informative, attacchi a persone che non stavano al gioco è proprio lui. Se c'è un ruolo chiaro all'interno di questa vicenda, è quello del Sismi che come sappiamo era interamente controllato dalla P2 e da Gelli. Semmai il pentimento dell'avvocato Montorzi avrebbe dovuto essere su altre questioni, sul suo ruolo all'interno del processo: un ruolo da esagitato nelle accuse nei confronti dei fascisti senza che mai si arrivasse a prove reali, concrete a carico dei personaggi che attualmente sono in carcere.

Invece si glissa sul resto delle operazioni, sul ruolo che all'interno di questa vicenda hanno svolto i servizi segreti e il Sismi. Noi confermiamo il ruolo di depistaggio, il tentativo di portare a nulla il processo di Bologna e la necessità di un'estrema attenzione sul ruolo svolto da questi personaggi, da Montorzi al Ravarino, il quale si definisce un agente della Cia ma è più semplicemente un truffatore ricattato ed utilizzato ampiamente a Bologna per operazioni poco chiare. Chiediamo che si verifichi quali furono le cause di malattia che portarono al congedo di Montorzi, che ci risulta percepisca la pensione di invalidità dall'Arma, e vorremmo sapere anche quanto percepisce.

 

NOTA: In data 23 luglio 2004 l’avv. Umberto Guerini ci ha inviato una richiesta di rettifica della notizia che lo riguarda, particolarmente segnalando:

A) la continuità del suo impegno professionale “come legale dell’Anpi, della Provincia di Bologna, del Comune di Bologna e di altri Comuni della provincia. Sono stato difensore di parte civile nel primo processo per la ricostituzione del partito fascista svoltosi a Bologna, nel processo c.d. di Ordine nero, nel processo per la strage del treno Italicus (sul quale ho scritto un libro), nel processo per l’omicidio del giudice Amato ad opera dei Nar, nel processo per la strage del 2 agosto 1980, nel processo per la strage del Salvemini, nel processo davanti alla Corte costituzionale per la legittimità dell’art.513 c.p.p. e in altri processi di minore risonanza nazionale ma sempre di una qualche rilevanza, a riprova che la fiducia delle istituzioni democratiche bolognesi e dei familiari delle vittime nei miei confronti è continuata ininterrottamente dalla metà degli anni 70 fino ad oggi”. Ed inoltre di essere stato “eletto nell’autunno del 1986 assessore al Bilancio del Comune di Bologna nella giunta diretta da Renzo Imbeni svolgendovi un ruolo politico non certo secondario”;

B) di essere stato oggetto, a suo tempo, di una campagna persecutoria “costruita a tavolino” che egli avrebbe in prosieguo di tempo smascherato e di essere stato estraneo ai depistaggi del Servizio.

La prima segnalazione ci risulta veritiera, difatti la riportiamo per intero, particolarmente come fatto sopravvenuto al dissidio che a suo tempo si creò nel collegio difensivo del processo (dissidio senza esclusione di colpi fra avvocati legati al Pci ed al Psi, che portò fra l’altro alla sospensione dell’avv. Guerini dal collegio difensivo nel giugno 1985, poi ad una rottura nel collegio stesso) riportato esattamente da Luigi Cipriani. L’attività legale e politica profusa anche in seguito dall’avv. Guerini a favore degli enti locali citati non richiede quindi una rettifica, bensì soltanto la presente nota aggiuntiva per correttezza di informazione.

La seconda segnalazione, invece, non pare aver pregio alcuno. Richiesto di documentazione sulla sua dichiarata attività a difesa della propria immagine, e notiziato delle fonti (o meglio, quelle fra esse che abbiamo reperito nel nostro archivio) sulla base delle quali Luigi Cipriani espresse il proprio giudizio, l’avv. Guerini non ha saputo indicare nulla per contrastare il giudizio stesso. Ai lettori segnaliamo pertanto che esso trova riscontro: nel processo per diffamazione contro il giornalista del periodico socialista ‘Critica sociale’ Andrea Pamparana che, in due articoli del giugno e del settembre 1981, accusò i giudici Marino e Persico di appartenere alla P2, accusa rivelatasi completamente falsa e la cui fonte fu lo stesso avvocato Umberto Guerini (il quale, difatti, fu costretto ad una ritirata in una lettera inviata alla Corte il 28 novembre 1983 ); in una lettera dello stesso giudice Persico al dott. Sica che indica Umberto Guerini come uno dei partecipanti a riunioni tenute dal capocentro del controspionaggio di Firenze, Mannucci Benincasa, che si faceva chiamare ‘capitano Manfredi’, in caserme dei carabinieri allo scopo di ‘intossicare’ il processo sulla strage di Bologna; nell’audizione del generale Notarnicola del 21 novembre 1989 che conferma i depistaggi stessi. (m.m.c.)

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