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Luigi Cipriani, Da Ustica a Bologna. Due stragi francesi?

Relazione alla Commissione stragi inverno 1989-1990

"Molto probabilmente non si trattò di un attacco deliberato ma di un errore durante una esercitazione militare. Tuttavia ammettere la verità avrebbe significato mettere in moto movimenti pacifisti ed il governo italiano non avrebbe potuto facilmente accettare la installazione dei missili a Comiso. Nell'ambito dell'alleanza occidentale si decise quindi di nascondere in tutti i modi la verità, distruggendo ogni possibile prova e mettendo in atto varie forme di depistaggio"

Il 1980 si aprì sotto i migliori auspici di stabilità. Naufragati i governi di unità nazionale, eliminato Aldo Moro, usciti di scena De Martino e Mancini nel Psi, ogni possibilità di apertura al Pci e di alternativa di sinistra al regime che dal dopoguerra governa l'Italia svanì. Il trio Andreotti-Forlani-Craxi inaugurò la nuova fase pentapartito coi laici a fare da puntello, mentre Gelli con l'intervista del 5 ottobre al Corriere celebrò la vittoria del piano P2. Unici momenti di tensione, in Italia come in Europa, erano i grandi movimenti pacifisti che si opponevano alla installazione dei nuovi missili nucleari Usa. Sotto la pressione dei movimenti molti governi europei, compreso quello tedesco, erano riluttanti ad accettare il diktat Usa. L'Italia ruppe il fronte accettando l'installazione dei Cruise con testate nucleari a Comiso. La posizione del governo italiano in quel momento divenne importantissima per superare le difficoltà sorte tra europei e Usa, nell'ambito della strategia Nato, sulla dislocazione dell'armamento nucleare Usa in Europa

27 giugno. La tragedia di Ustica

La sera del 27 giugno 1980 alle ore 20.59'.45'' come risulta dalle registrazioni radar, il Dc9 I-Tigi Itavia partito alle ore 20.08 da Bologna (anziché, come previsto, alle 18.15) verso Palermo venne colpito da un missile nel cielo di Ustica e si inabissò con ottantuno persone a bordo. Molto probabilmente non si trattò di un attacco deliberato ma di un errore durante una esercitazione militare. Tuttavia ammettere la verità avrebbe significato mettere in moto movimenti pacifisti ed il governo italiano non avrebbe potuto facilmente accettare la installazione dei missili a Comiso.

Nell'ambito dell'alleanza occidentale si decise quindi di nascondere in tutti i modi la verità, distruggendo ogni possibile prova e mettendo in atto varie forme di depistaggio ad opera dei servizi segreti. Bisognava assolutamente guadagnare tempo, per impedire che la magistratura potesse scoprire la verità, e nel frattempo costruire azioni di depistaggio credibili visto che, questa volta, la strage non era stata progettata prima.

28 giugno 1980. Il caso Marco Affatigato agente dello Sdece e della Cia

Il giorno successivo alla strage di Ustica, alle 15, arrivò alla redazione romana del Corriere una telefonata dei Nar secondo la quale la strage di Ustica era dovuta ad un incidente capitato a uno di loro, Marco Affatigato che si trovava sull'aereo e portava con sé una bomba. Per poterlo ritrovare tra le vittime, i Nar aggiunsero che Affatigato portava al polso un orologio di marca francese Baume & Mercier. La telefonata come fu dimostrato era un falso, un primo tentativo di depistaggio sul quale occorre soffermarci per capire chi poteva averlo organizzato e perché.

Marco Affatigato era un fascista dei Nar (rectius esponente di Ordine nuovo inserito presso i gruppi neofascisti operanti nell'Italia centrale, spec. Fnr, NdR) noto perché ospitò Mario Tuti dopo la strage di Empoli, ma i gruppi della destra extraparlamentare lo stavano cercando per assassinarlo perché sospettato di essere un informatore dei servizi segreti. Infatti Affatigato, da tempo latitante in Francia, viveva a Nizza e dopo aver lavorato per la Cia divenne informatore del servizio segreto francese, lo Sdece diretto da De Maranche. Dove fosse latitante Affatigato era noto anche al Sismi perché frequentava un loro informatore, il massone Marcello Soffiati. Quindi solo il servizio francese e quello italiano erano in grado di conoscere il particolare dell'orologio con tanto di marca.

Chi organizzò la telefonata falsa dei Nar conosceva bene quello che era successo nel cielo di Ustica e non poteva ritenersi coperto dal fatto che tutti allora propendevano per un incidente causato da un cedimento strutturale del Dc9 Itavia. Prima o poi si sarebbero trovate tracce di esplosivo sui corpi e sui rottami dell'aereo: occorreva immediatamente coprire la verità e l'unica scelta possibile era accreditare l'ipotesi di una bomba. Data la ristrettezza dei tempi, e da come successivamente si svolsero i rapporti tra Sismi e Sdece, è molto probabile che fu il servizio francese a fare la falsa telefonata dei Nar e non è da escludere che lo Sdece avesse previsto di eliminare Affatigato e farne ritrovare il cadavere in mare. Probabilmente Affatigato, sentendo odore di bruciato, fuggì in tempo salvando la pelle e facendo fallire il primo tentativo di depistaggio nell'inchiesta per la strage di Ustica. Ed è forse in questa occasione, per il modo di agire dello Sdece, che i rapporti tra Santovito e De Maranche si ruppero, e fu necessario l'intervento di Francesco Pazienza per riannodare i fili nell'incontro di Parigi del gennaio 1981.

28 giugno 1980. Il ministro dei trasporti Formica insedia la commissione d'inchiesta del ministero sotto la direzione di Luzzati

La commissione Luzzati consegnò la propria relazione due anni dopo, il 16 marzo 1986, quando si autoscioglierà per manifesta inutilità.

La conclusione principale alla quale la commissione Luzzati pervenne fu quella che ad abbattere il Dc9 Itavia fu un'esplosione, senza chiarire se interna od esterna, mentre era già chiaro che fu un missile. Del resto lo stesso Luzzati era cosciente di quello che accadeva intorno ad Ustica, perché nella trasmissione della Bbc disse che i responsabili non si sarebbero mai scoperti.

29 giugno 1980. Il Sismi contatta lo Sdece

Nonostante l'allora ministro della difesa Lagorio non attivasse il Sismi perché inaffidabile, il servizio militare si mise immediatamente in moto chiedendo al Sios aeronautica i tracciati radar e contattando il servizio segreto francese. Conferma indiretta dei contatti con i francesi venne dallo stesso Lagorio il quale al Corriere del 27 aprile 1988 dichiarò: "E credo che se il nostro servizio di informazione si rivolse a quello francese, non fece che il suo dovere". Comunque i francesi non si degnarono di rispondere.

30 giugno 1980. E' stato un missile francese

Pochi giorni dopo la strage di Ustica un giornale inglese, l'Evening Standard uscì con una notizia molto precisa, secondo la quale a colpire il Dc9 Itavia fu un missile lanciato dalle portaerei francesi Foch e Clemenceau che stavano facendo esercitazioni con un aereo bersaglio. I francesi risposero che le loro navi il 27 giugno erano in porto a Tolone. Non risulta che l'Italia fece nulla per accertarlo. Giova solo ricordare che le forze armate francesi non sono coordinate dalla Nato perché non vi fanno parte e che dispongono in Corsica di basi per la sperimentazione di alte tecnologie missilistiche militari.

E' molto probabile che il Dc9, partito da Bologna con due ore di ritardo, non fosse stato loro segnalato e che si sia trovato a loro insaputa nell'area delle esercitazioni. Va inoltre ricordato che i francesi sono dotati di missili che vengono guidati dal radar dell'avversario, che può essere entrato in sintonia col segnale emesso dal Dc9: il quale, come ha confermato la perizia Blasi, fu colpito nella parte anteriore dove sono sistemati gli apparecchi elettrici ed elettronici, cessando immediatamente di trasmettere. Gli aerei bersaglio di cui la Francia dispone potevano benissimo dislocarsi alla quota del Dc9 (circa 10.000 metri) e rappresentare quella traccia ad alta velocità (700 nodi) che incrociò la rotta dell'aereo Itavia e venne rilevata sia dagli esperti Usa sia dalla commissione Luzzati e da altri esperti. Infatti il loro modello 1094 Matra Vanneau può raggiungere quota 24.000 metri per una velocità massima di 3.100 Km./h con un raggio d'azione di 185 Km.

In merito alla presenza di unità da guerra nel Tirreno l'allora ministro della difesa, sull'Avanti del 4 novembre 1988, ha dichiarato: "Gli Stati uniti e la Francia avevano allora alcuni loro reparti nel Tirreno". L'ex ministro smentì di fatto i francesi i quali hanno sempre affermato che le loro forze navali erano nella rada di Tolone.

8 luglio 1980. Formica tiene in vita l'ipotesi del missile

Nonostante gran parte dei parlamentari, la stampa e l'Alitalia (in modo interessato) propendessero nettamente per il cedimento strutturale dell'aereo, il ministro dei trasporti Formica si oppose all'approvazione di una mozione di condanna dell'Itavia, lasciando un varco aperto verso la ricerca della verità. Tra le altre cominciò a farsi strada l'ipotesi che ad abbattere il Dc9 fosse stato un missile.

2 agosto 1980. La strage di Bologna per coprire quella di Ustica

Quella di Bologna rispetto alle precedenti fu una strage anomala, perché avvenne in una situazione politica ampiamente stabilizzata, tale da tranquillizzare gli alleati del nostro paese; perciò la strage assume la caratteristica di un tentativo di cancellare dalla città, dall'attenzione della stampa, dal dibattito politico, dall'opera dei magistrati la strage di Ustica.

Perché proprio Bologna è presto detto. Innanzitutto perché a Bologna risiedevano gran parte dei familiari delle vittime di Ustica, che dovevano essere zittiti con una strage di enormi proporzioni in città. In secondo luogo perché il Sismi poteva contare sull'appoggio di importanti magistrati alla Procura della repubblica. Infine, la interpretazione in chiave politica, di attacco alla roccaforte del Pci, sarebbe essa stessa stata un depistaggio sui reali obiettivi, scaricando sulla manovalanza fascista, ampiamente infiltrata dal Sismi, le responsabilità.

Come era facilmente prevedibile, il Pci abboccò immediatamente all'amo della strage fascista per colpire le istituzioni democratiche. Ovviamente gli appelli a fare quadrato attorno alle istituzioni contro gli attacchi della destra si sprecarono, tutto il dibattito politico, l'informazione, la magistratura, i servizi vennero impegnati su questo fronte e Ustica cadde nell'oblio.

4 agosto 1980. Mandato di cattura contro Marco Affatigato

Subito dopo la strage di Bologna cominciarono i depistaggi. Guarda caso si iniziò da quel Marco Affatigato, agente dello Sdece residente a Nizza e ben noto al Sismi, già comparso nel caso di Ustica. Un maresciallo della questura di Lucca credette di ravvisare, in un identikit sulle persone viste a Bologna in occasione della strage, il fascista Marco Affatigato agente dello Sdece. Il 4 agosto la Procura della repubblica di Bologna emise un mandato di cattura nei suoi confronti, ed il 6 agosto venne arrestato dalla polizia a Nizza.

Affatigato dimostrerà che il 2 agosto si trovava a Nizza, ma intanto il Sismi di Santovito cominciò a tessere la tela, il nome di Affatigato comparve successivamente nella informativa che Musumeci fece pervenire ai magistrati bolognesi. Il che è comprensibile: dovendo costruire un falso colpevole bisognava conoscerne molto bene i movimenti, le amicizie eccetera, magari coordinandosi meglio con lo Sdece come avvenne successivamente.

10 agosto 1980. Nasce la pista del Sisde per la strage di Bologna. Il caso Semerari-Signorelli-Calore

Il 10 agosto 1980 Sergio Farina, fascista del quartiere Balduina di Roma, in carcere da sei anni per violenza carnale, divenne uno dei supertestimoni sulla strage di Bologna. Agli agenti del Sisde accorsi per interrogarlo raccontò che i suoi compagni di cella Sergio Calore e Dario Pedretti erano gli organizzatori della strage con l'aiuto esterno di Francesco Furlotti. Sulla scorta di un rapporto del Sisde e dell'Ucigos, la Procura della repubblica presso il tribunale di Bologna il 28 agosto emise mandati di cattura nei confronti di Semerari, Signorelli, Calore e altri per la strage di Bologna.

15 agosto 1980. Viene recuperato un relitto simile ad un aereo bersaglio

Nell'agosto 1980 -ha confermato l'allora comandante del 41° stormo dell'Aeronautica di stanza a Sigonella- vennero ripescati nelle vicinanze di Lipari rottami molto simili a quelli di un Drone (aereo bersaglio). I rottami vennero fotografati proprio nella base dell'Aeronautica e vi rimasero fino all'ottobre 1980. Le foto vennero inviate a Bari, sede del comando sud dell'Aeronautica. Non risulta che l'Arma aerea abbia mai consegnato alla commissione Luzzati le foto e tantomeno i rottami che la commissione aveva disposto venissero tutti concentrati a Napoli.

25 agosto 1980. Dopo Affatigato spunta un altro personaggio legato ai francesi, Paul Durand del Fane

Su Panorama del 25 agosto 1980 apparve, sotto la firma di Corrado Incerti, un articolo nel quale si accusava tale Paul Durand di avere partecipato alla strage di Bologna: si tratta di un personaggio che più avanti ritroveremo nelle informative che Musumeci fece pervenire ai giudici di Bologna. All'epoca della strage Paul Durand era ispettore in prova presso la polizia giudiziaria di Versailles, ma fino all'aprile era funzionario del Renseignements generaux- equivalente del nostro Ufficio affari riservati del Ministero degli interni- col nome di Paul Dupuis. Costui inoltre era esponente di rilievo del Fane, organizzazione neonazista. Durand effettuò nel luglio 1980 un viaggio in Italia che venne seguito passo passo dai servizi italiani.

In data 3 agosto 1980 il Sisde inviò all'Ucigos un dettagliatissimo rapporto sul suo viaggio, sulle persone incontrate e sulle tappe percorse. I servizi italiani sapevano quindi benissimo che Durand era estraneo alla strage, eppure il Sismi buttò il suo nome tra le carte dei magistrati per depistare. In poche parole il nome di Paul Durand diventò interessante per il viaggio compiuto in Italia nel periodo luglio-agosto 1980: molto ben conosciuto dai servizi francesi, poteva essere utilizzato nella operazione di depistaggio concordata col Sismi.

15 settembre 1980. Il Sismi lancia la pista internazionale in alternativa a quella Semerari-Signorelli

Nella prima settimana di settembre 1980, Pazienza e Santovito convocarono il giornalista di Panorama Andrea Barberi, sostenendo che era una vergogna che i giudici di Bologna elogiassero il Sisde per le informazioni date sulla strage, mentre il Sismi aveva fatto molto meglio. Ciò detto Pazienza mostrò al giornalista una informativa destinata alla presidenza del Consiglio che comparve su Panorama del 15 settembre 1980 sotto il titolo La grande ragnatela.

25 settembre 1980. Entra in campo Gelli per orientare le indagini sulla pista internazionale

Il 25 settembre il dottor Elio Cioppa, funzionario del Sisde, incontrò Licio Gelli per conoscere il suo parere sulla strage di Bologna. Gelli rispose che a suo parere i giudici di Bologna stavano seguendo una pista errata (Semerari, Signorelli eccetera) e che bisognava seguire la pista del terrorismo internazionale. Giova ricordare che Cioppa era iscritto alla P2 -tessera 1890- e che venne messo in moto da Gelli stesso per innescare una nuova fase del depistaggio.

ottobre 1980. Entra in campo l'ex procuratore capo del tribunale di Bologna Ugo Sisti

Seguendo una metodologia già messa in atto durante il sequestro Cirillo, il dottor Ugo Sisti, ex procuratore capo presso il tribunale di Bologna, mise in contatto i magistrati dell'ufficio istruzione di Bologna con il colonnello Musumeci del Sismi. Anche in questo caso, Musumeci si inserì in una vicenda non di sua competenza, escludendo il capo della prima divisione del Sismi Notarnicola.

Negli uffici del Sismi ebbe inizio l'elaborazione delle false informative che andranno sotto il nome "terrore sui treni" per depistare i giudici di Bologna.

2 novembre 1980. Informativa Musumeci riguardante il viaggio di Paul Durand in Italia

Nel novembre 1980 il colonnello Musumeci, tramite la polizia giudiziaria, fece pervenire al giudice Gentile una informativa riguardante attentati terroristici che organizzazioni della destra europea avrebbero dovuto compiere sui treni in Italia. Torna in scena Paul Durand, il francese militante del Fane infiltrato dei servizi francesi, il quale nel suo viaggio in Italia si sarebbe dovuto incontrare con Maurizio Bragaglia in una riunione promossa da delle Chiaie che avrebbe coinvolto anche il gruppo tedesco Hoffman

30 novembre 1980. Gli esperti Usa della Ntsb propendono per l'ipotesi del missile

Improvvisamente la strage di Ustica uscì dall'oblio nel quale si era tentato di confinarla, grazie ad esperti Usa non controllabili dalla macchina del depistaggio, i quali clamorosamente diffusero la notizia che molto probabilmente fu un missile ad abbattere il Dc9 su Ustica. L'Associazione dei parenti delle vittime riprese l'iniziativa.

18 dicembre 1980. Il presidente dell'Itavia insiste sull'ipotesi del missile

Sulla base del rapporto dei periti Usa il presidente dell'Itavia, la società proprietaria del Dc9, sino allora messa sotto accusa per l'incidente, scrisse una lettera al ministro Formica denunciando la campagna denigratoria promossa dall'Alitalia contro la sua compagnia, ribadendo che ad abbattere il Dc9 fu un missile.

Per tutta risposta la Procura della repubblica di Roma denunciò Davanzali per diffusione di notizie false e tendenziose. Il 22 gennaio 1981 il ministro Formica firmerà il decreto di revoca della concessione dei servizi di trasporto aereo di linea affidati alla società Itavia.

gennaio 1981. Il depistaggio messo in atto con la strage di Bologna viene perfezionato in accordo con lo Sdece

Il riemergere dell'ipotesi del missile rese necessario rilanciare la pista sulla strage di Bologna, concordando un'ipotesi di depistaggio credibile con riferimenti precisi. Il 9 gennaio, nella saletta Vip di Fiumicino, Pazienza, Santovito e Mike Leaden, di ritorno da Parigi dove avevano avuto un incontro riservato con il capo dello Sdece De Maranche, consegnarono al capo della I divisione Sismi un appunto circa attentati sui treni che si sarebbero dovuti compiere in Italia da parte di Freda, Ventura, Delle Chiaie con l'aiuto del Fane e di gruppi tedeschi. Il 12 gennaio il colonnello Musumeci trasmise alla polizia una nuova informativa che, riprendendo quella fatta pervenire in precedenza ai magistrati di Bologna, precisava che a trasportare in Italia materiale esplodente per compiere gli attentati sarebbero stati Raphael Lagrande e Dimitris Martin che si sarebbero incontrati ad Ancona con altri terroristi. A Bologna nel medesimo giorno, durante un controllo sul treno 5114 Taranto-Milano, la polizia ritrovò una valigia contenente armi, esplosivo, documenti vari, biglietti d'aereo, quotidiani eccetera.

Ancora nello stesso giorno, per dare credibilità alla pista terrore sui treni, Pazienza metteva in moto il commissario Francesco Pompo' il quale sotto sua dettatura redasse due informative su trafficanti di armi e droga che si apprestavano a fare attentati in Italia. Per emarginare definitivamente Notarnicola, che come capo della I° divisione Sismi avrebbe dovuto essere titolare dell'indagine sulla strage di Bologna, Pazienza fece sapere che, secondo i francesi, egli era un agente di Gheddafi. Paxienza convocò infine il giornalista Lando dell'Amico, gli mostrò "documenti" secondo i quali Pertini, quando era fuoruscito in Francia, fu pagato dal Kgb. Questo gran lavoro di Pazienza venne adeguatamente retribuito dal Sismi: egli incassò dal 22 ottobre 1980 al 27 aprile 1981 più di un miliardo, come ha accertato il tribunale di Roma nella sentenza di primo grado contro Pazienza, Santovito e altri.

Francesco Pazienza era approdato al Sismi nel 1979, ma raggiunse il massimo potere nei confronti di Santovito nel periodo dei depistaggi. Evidentemente era in possesso di informazioni che gli consentivano un potere ricattatorio enorme, al punto da far dire ai magistrati di Roma che il vero capo del Sismi fosse lui e non Santovito. Significativamente i giudici aggiunsero: "Dalla lettura dei documenti si desume chiaramente la posizione di preminenza che Pazienza, già al soldo del servizio segreto militare francese, lo Sdece e collegato con centri di potere stranieri, era riuscito a conquistare nell'organigramma del Sismi".

febbraio 1981. Santovito conferma che sono stati fascisti francesi a consegnare la bomba

Il 15 gennaio 1981 il Procuratore della repubblica di Roma inviò richiesta al Sisde e al Sismi di trasmettere ulteriori informazioni in merito all'informativa terrore sui treni. Il 2 febbraio il Sismi a firma di Santovito rispondeva che si erano acquisite nuove informazioni:

  1. Legrand e Martin sarebbero ripartiti per la Francia dopo la consegna del materiale, per via aerea.
  2. I biglietti d'aereo contenuti nella valigia erano stati acquistati da Giorgio Vale che teneva i contatti, per conto di Terza posizione, con il Fane e il gruppo Hoffman. Il Vale, che veniva indicato come il personaggio chiave dell'operazione terrore sui treni, aveva locato un appartamento ad Imperia per dirigere l'operazione. Il rapporto del Sismi aggiungeva che del gruppo di quattro-sei persone impegnato per il trasporto dell'esplosivo, Dimitris e Legrand avrebbero dovuto ad Ancona ritirare i biglietti aerei e le armi automatiche e recarsi a Milano, mentre gli altri avrebbero proseguito per Bologna. In merito a chi fossero "gli altri" il Sismi non era in grado di dare informazioni.

7 febbraio 1981-30 giugno 1983. La Digos di Bologna smentisce le informative del Sismi

Alla fine del giugno 1983 la Digos di Bologna, facendo seguito al rapporto del 7 febbraio 1981, riassumeva in questi termini le indagini svolte sulla base delle informative che il Sismi aveva fornito ai magistrati.

  1. Veniva esclusa la presenza di Giorgio Vale ad Imperia e che fosse stato quest'ultimo ad acquistare i biglietti d'aereo a Bari.
  2. Si riferiva che effettivamente tra i passeggeri di un volo dell'11 gennaio 1981 da Monaco a Milano vi era un certo Dimitris.
  3. Si confermava quanto già scritto nel rapporto del 7 febbraio 1981 a proposito di Philip Legrand il quale era un architetto francese venuto diverse volte in Italia e alloggiato presso alberghi milanesi per ragioni di affari, comunque né Legrand né Dimitris si erano presentati nel giorno e nell'ora stabilita dai biglietti d'aereo acquistati a Bari.

Nell'incontro del 9 gennaio con il capo dello Sdece il depistaggio, dopo i primi grossolani tentativi, venne perfezionato utilizzando personaggi conosciuti ai francesi che si recavano spesso in Italia, e che a loro insaputa furono tenuti d'occhio dallo Sdece. Quando i giudici chiesero notizie sulla fonte delle informazioni, ebbero dapprima il nome di un malavitoso pugliese morto da tempo; successivamente l'ufficio di Musumeci rispose che: "fonte delle notizie era costituita da persone straniere non più contattabili".

17 marzo 1981. La perquisizione ordinata dai giudici milanesi porta alla scoperta della P2 di Gelli

Nel bel mezzo dell'operazione depistaggio vennero scoperti gli elenchi della P2. Il presidente del Consiglio Forlani tenne nel cassetto per due mesi i nomi degli affiliati ma alla fine dovette dimettersi e i vertici dei servizi segreti vennero decapitati perché tutti affiliati alla loggia segreta. Santovito nell'agosto 1981 viene mandato in pensione, tutta l'operazione terrore sui treni perse di credibilità.

Occorreva trovare il modo di rilanciarla e, comunque, aggrovigliare ulteriormente le indagini dei magistrati di Bologna.

11 aprile 1981. Semerari viene scarcerato per mancanza di indizi

Arrestato il 28 agosto 1980 su segnalazione del Sisde, Aldo Semerari nel successivo aprile 1981 venne scarcerato per mancanza di indizi, dando un duro colpo alla credibilità delle indagini sulla strage di Bologna.

Molto probabilmente Semerari non era implicato direttamente nella strage ma la scarcerazione avvenne al momento opportuno perché il criminologo -che era legato al Sismi e fungeva da garanzia per malavitosi, fascisti di borgata, banda della Magliana, camorristi e mafiosi che spesso il servizio militare aveva usato come braccio armato- era venuto a conoscenza dei retroscena più scabrosi del regime, e tra questi il delitto Moro.

Nel carcere il criminologo aveva cominciato a dare segni di cedimento psicologico preoccupanti ed aveva minacciato più volte di vuotare il sacco se i servizi non lo avessero aiutato ad uscire di galera. Il criminologo riuscì nello scopo e venne scarcerato ma col suo comportamento firmò la propria condanna a morte.

11 ottobre 1981. Entra in scena Ciolini agente dello Sdece e collaboratore di Gelli

Nell'ottobre 1981 tale Ciolini, agente dello Sdece, venne arrestato in Svizzera per truffa. Dal carcere di Champ Dollon di Ginevra, Ciolini inviò una lettera al console generale d'Italia Mor nella quale veniva indicata l'esistenza di un'organizzazione terroristica di nome O.t. Secondo Ciolini, O.t. aveva legami con la frazione dell'Olp che aveva eliminato i giornalisti Toni e De Palo e che era responsabile di alcune stragi (piazza Fontana, Italicus e Bologna). In riferimento alla strage di Bologna, riproducendo lo schema delle informative di Musumeci, Ciolini indicava in Delle Chiaie, Danet e Fiebelkon i responsabili della strage.

A mettere in moto Ciolini fu un uomo dei servizi, tale Reitani, con lo scopo di togliere definitivamente credibilità all'inchiesta sulla strage di Bologna, cosa che puntualmente avvenne. Successivamente Ciolini riuscì ad incastrare un magistrato che condusse l'inchiesta sulla strage di Bologna, il dottor Gentile, che venne accusato di aver divulgato documenti processuali sottoposti a segreto istruttorio.

14 marzo 1982. Una tragedia come quella di Ustica stava per verificarsi a sud di Ponza

Nel maggio 1982, nella zona di Ponza, un aereo Dc9 dell'Ati venne a trovarsi nel mezzo di una manovra aeronavale della Nato e improvvisamente venne investito da una fortissima turbolenza. La solita commissione d'inchiesta dell'Aeronautica disse che era da escludere che durante le manovre fossero stati lanciati missili.

Il Dc9 dell'Ati Milano-Palermo era seguito da un G222 della 46° aerobrigata decollato da Grosseto. Entrambi gli aerei si trovarono al centro della manovra Nato Distant drum 82 ed erano seguiti da due C130 carichi di paracadutisti. Il comandante del Dc9 Ati ascoltò una comunicazione tra Roma radar e il pilota del G222 nella quale si affermava che era in atto un fittissimo traffico di aerei militari che rendevano pressocché inutile il Notam, in quanto non avevano inserito il trasponder ed era impossibile stabilire a quali quote stessero volando. Improvvisamente, durante la conversazione, il comandante sentì una fortissima vibrazione, il tutto mentre sotto di lui si stava sparando contro attacchi aerei simulati. Fortunatamente l'aereo riuscì ad atterrare a Palermo.

4 giugno 1982. Un altro Dc9 Ati, capitato in mezzo ad una manovra della VI flotta Usa sopra Ustica, è costretto a rientrare a Roma

Il 4 giugno 1982 un altro Dc9 Ati in servizio da Fiumicino a Cagliari per il volo Bm110, dopo regolare decollo, fu costretto ad invertire la rotta e tornare all'aereoporto Leonardo da Vinci di Roma.

Nella zona tra Ponza e Ustica erano in corso manovre aeronavali della VI flotta Usa ed il centro radar di Ciampino segnalò traffici sconosciuti di caccia militari decollati da portaerei ed entrati nella rotta del Dc9. Alla richiesta del comandante del Dc9 di essere diretto su una aerovia alternativa, il centro radar rispose che in quella volavano due caccia sconosciuti, non rimaneva che tornare a Roma.

Quindi gli incidenti reali o mancati nel cielo di Ustica erano frequentissimi; e la probabilità che un missile, sfuggito al controllo o lanciato senza tener conto dei Notam, abbia colpito il Dc9 Itavia il 27 giugno 1980 è confermata.

1 dicembre 1982. La rivista dell'aviazione conferma che nella zona di Ustica i controlli radar sono inefficienti

Il comandante Dino Mesturino, presidente della commissione tecnica dell'Anpac, dichiarò alla rivista Aereonautica: gli americani usano propri radar per dirigere autonomamente il traffico dei loro velivoli, non fornendo indicazioni sui movimenti; in queste condizioni non è certo possibile alcuna forma di coordinamento. Gli Usa e -aggiungiamo noi- qualunque altra forza armata non inquadrata nelle forze Nato, come quella francese.

1 ottobre 1982. L'inchiesta della Bbc conferma che ad abbattere il Dc9 Itavia fu un missile. Spunta l'ipotesi del Mig 23 libico

Nell'ottobre 1982 un'inchiesta della Bbc rese evidente che un missile abbattè il Dc9 di Ustica ma anziché di un incidente, a dire di un esperto del Pentagono, tale John Trasne, si trattò di un attacco deliberato portato avanti da più caccia. Il conduttore della trasmissione, affermando che in quel periodo i rapporti tra Libia e Italia erano pessimi, officiò l'ipotesi che ad attaccare fossero aerei libici.

L'esperto americano confermò che i Mig 23 in possesso dei libici erano in grado di portare quel tipo di attacco e di armamento. Si affacciò in questo modo un'ipotesi, quella dell'attacco libico, che più volte tornerà sulla stampa e nelle informative del Sismi; ma che, come vedremo, non fu che l'ennesimo depistaggio.

21 novembre 1984-5 agosto 1986

Dopo i depistaggi l'inchiesta su Ustica cadde in un lungo oblio per riemergere solo nell'agosto 1986 quando, in occasione del sesto anniversario, i parenti rivolgendosi a Cossiga sollecitarono un suo intervento perché finalmente si facesse giustizia. Il Presidente della repubblica inviò una lettera al presidente del Consiglio Craxi nella quale sottolineava che, anche per non perdere credibilità di fronte alla comunità internazionale, era necessario superare tutte le difficoltà che avevano impedito di individuare i responsabili della strage di Ustica.

10 agosto 1986. L'intervento di Cossiga rimette in moto l'inchiesta e spuntano due perizie

In seguito alla lettera di Cossiga a Craxi, vennero resi noti gli esiti di due perizie, l'una dei laboratori dell'Aeronautica militare e l'altra di una commissione tecnica, comprendente alcuni esperti del Cnr i quali confermarono che ad abbattere il Dc9 Itavia fu un missile. Per avere certezza, tuttavia, gli stessi tecnici del Cnr sollecitarono il recupero del relitto.

I tecnici dell'Areonautica militare, al contrario, sostennero che ad abbattere il Dc9 fu una bomba posta all'interno, perché a loro dire le tracce di esplosivo T4 trovate sui corpi e sui seggiolini non si sarebbero potute trovare qualora l'esplosione fosse avvenuta all'esterno del velivolo. Inoltre aggiunsero che nelle testate dei missili non viene messo solo T4 ma anche altri esplosivi non rinvenuti nelle loro analisi. Si coprirono di ridicolo, visto che tracce di Tnt oltre al T4 furono già rinvenute nei laboratori inglesi che svolsero le indagini per conto della commissione Luzzati, come è stato confermato dalla relazione Pratis.

Ancora una volta l'Aeronautica militare volle nascondere la verità, nonostante fossero passati sei anni e numerosi esperti avessero chiaramente dimostrato che fu un missile ad abbattere l'aereo nel cielo di Ustica.

20 ottobre 1988. Due anni più tardi si saprà che i periti del Cnr furono minacciati

I professori Antonio Molorni e Antonio Acampora del Cnr di Napoli che, grazie al loro spettometro di massa, scoprirono le tracce di vari esplosivi e che con ulteriori esami avrebbero potuto scoprire anche la nazionalità del missile, sul finire del loro lavoro ebbero entrambi la sensazione di essere controllati ed i loro telefoni intercettati. Avvertirono il giudice Bucarelli che non ritenne di aprire un'inchiesta sui fatti.

Intervistati da Repubblica il 20 ottobre 1988, i due professori del Cnr dissero che con l'impiego di spettrometri di massa esistenti in Italia era possibile rilevare se sui rottami vi fossero tracce del metallo di cui era composto l'involucro del missile, aggiungendo: "Lo spettrometro rileva la sostanza quando è presente anche in quantità molto piccola, un milionesimo di milionesimo di grammo". Ma quel tipo di ricerca non venne effettuato.

12 ottobre 1986. Rispondendo alla Camera ad interrogazioni, Giuliano Amato dichiara che il relitto verrà recuperato

A seguito delle sollecitazioni di Cossiga, il caso Ustica tornò in Parlamento e alla Camera il sottosegretario alla presidenza del Consiglio di allora, Giuliano Amato, dichiarò che su Ustica non fu mai posto il segreto di stato; che non esisteva alcuna connessione tra l'incidente del Dc9 e la caduta del Mig libico avvenuto il 18 luglio 1980 in Calabria; e che era stato chiesto alla Marina Usa di fare rilevamenti fotografici e televisivi per rintracciare il relitto a 3500 metri di profondità.

I rilevamenti furono effettuati e consegnati ad Amato da parte dell'ambasciata Usa.

12 ottobre 1986. Inopinatamente riemerge l'ipotesi di un missile francese

Dopo lungo tempo riapparve sul Messaggero, a firma del giornalista Dany Aperio Bella, che l'ipotesi più credibile era un missile lanciato dal convoglio francese che accompagnava la portaerei Clemenceau verso un aereo bersaglio, che si era venuto inavvertitamente ad incrociare con il volo Bologna-Palermo partito con due ore di ritardo. L'ipotesi del missile francese venne presentata come quella che durante il dibattito parlamentare non ebbe controindicazioni da parte di Amato.

28 ottobre 1986. Ritorna l'imbeccata giusta. Cancellati i francesi, si torna al Mig libico caduto a Castelsilano in Calabria

Alcuni giorni dopo, al medesimo giornalista del Messaggero arrivò l'imbeccata giusta per portarlo su una strada che si rivelerà l'ennesimo depistaggio. Si torna a parlare del Mig libico pilotato da un traditore, fatto inseguire da Gheddafi dalla caccia, che nel tentativo di abbatterlo colpì per errore il Dc9 Itavia. Questa versione, inventata dal Sismi come vedremo, dovette però fare i conti col fatto che il Governo sostenne che il Mig libico era caduto il 18 luglio 1980 e non il 27 giugno.

Entrarono in scena a questo punto i periti medici che avevano eseguito l'autopsia sul cadavere del pilota. I periti, smentendo quanto da loro scritto in una prima relazione -cioè che la morte risaliva a pochi giorni prima, come era la versione dei carabinieri e dell'Areonautica- dissero di aver avuto un ripensamento e che la morte del pilota libico poteva certamente risalire al 27 giugno. Di questo ripensamento i due periti dissero di avere dato notizia al magistrato in una nota aggiuntiva. La nota però non è mai stata trovata e il magistrato smentisce categoricamente di averla ricevuta.

Che il ripensamento dei due medici fu suggerito dal Sismi per accreditare un nuovo depistaggio, si è avuta conferma durante la loro audizione in Commissione stragi dove è apparso chiaro: sotto l'incalzare dei medici esperti della Commissione stessa, i due sono caduti in contraddizioni evidenti.

30 aprile 1987. Un anno dopo le dichiarazioni di Amato parte l'operazione recupero affidata ai francesi

Nel maggio 1987 la società statale francese Infremer ricevette l'incarico mediante trattativa privata di recuperare il relitto del Dc9. La nave francese Le Noirot ebbe un mese di tempo per scandagliare un'area di quaranta miglia e localizzare il relitto, dando una prima risposta al giudice Bucarelli.

La società francese si mostrò molto generosa e disse che, qualora entro il 2 giugno non avesse raggiunto l'obiettivo, si sarebbe accollata le spese e avrebbe abbandonato l'incarico. Tutto ciò appare molto strano perché lo stesso Amato aveva dichiarato che il relitto era stato rintracciato e fotografato dalla Marina militare Usa già nel 1986. Per quale motivo i francesi vollero rifare tutto il lavoro di ricerca impiegando grandi mezzi, prima di dare il via al recupero vero e proprio?

A questo punto è utile ricostruire tutta la tormentata storia del recupero del relitto del Dc9 Itavia.

Nell'ottobre 1980 il giudice Santacroce, che stava indagando sul disastro di Ustica, chiese al ministro dei trasporti, il socialista Vincenzo Balzamo, di recuperare il relitto del Dc finito nel mare a 3500 metri di profondità; ma non ottenne risposta. Il ministro Balzamo quantificò in dieci miliardi la spesa per il recupero e nel 1983 girò la pratica ad Amintore Fanfani che era presidente del Consiglio. Fanfani rispose al nuovo ministro dei trasporti Casali Nuovo che non vi era una disponibilità finanziaria di tale dimensione; e suggerì di utilizzare fondi a disposizione del Ministero dei trasporti. Sempre nel 1983 il giudice Santacroce, prima di formalizzare l'inchiesta che passò a Vittorio Bucarelli, tornò alla carica affermando che se si voleva veramente scoprire la verità su Ustica era necessario recuperare il relitto.

Passarono altri tre anni e l'1 agosto 1986 vi fu, su pressione dei parenti delle vittime, l'intervento del Presidente della repubblica nei confronti del presidente del Consiglio di cui abbiamo già detto. L'appalto stranamente venne affidato ai francesi su semplice trattativa privata. La cosa venne spiegata da Amato col fatto che gli Usa -che pure già avevano rintracciato e fotografato il relitto e nonostante disponessero della più grande ditta del mondo attrezzata a tale scopo- avrebbero fatto intendere alla Commissione d'inchiesta, tramite l'ambasciatore, che non volevano impegnarsi nel caso Ustica.

La società italiana Saipem si offrì di realizzare il recupero anche per la difesa di interessi nazionali ma non venne presa in considerazione. Si preferì affidare il recupero a una ditta statale di un paese che era tra quelli coinvolti nella responsabilità della strage.

30 giugno 1987-20 maggio 1988. I francesi recuperano la scatola nera del Dc9

I francesi asserirono, per voce del direttore dei lavori della Infremer Dominique Girard, che dovettero perdere tempo per localizzare il relitto, ignorando nuovamente che esso era già stato fotografato dalla Marina Usa.

Sorge quindi il sospetto che abbiano voluto guadagnare tempo, per verificare che nella scatola nera non vi fossero informazioni per loro compromettenti.

I francesi completarono il recupero del relitto un anno dopo, nel maggio 1988. La commissione peritale Blasi confermò che ad abbattere il Dc9 Itavia fu un missile ma -caso strano- tra i rottami non fu trovato neanche un pezzo pur piccolo del missile. Anche in questo caso, il sospetto che non tutto il materiale recuperato dalla Infremer sia stato consegnato alla commissione d'inchiesta è forte.

30 aprile 1987. Un dossier del Sismi rilancia l'ipotesi del Mig libico

In previsione del recupero del relitto il Sismi -avendo ormai la certezza che i periti avrebbero definitivamente confermato l'ipotesi del missile- riesumò il depistaggio basato sul Mig libico. Depistaggio che avrebbe consentito di gestire la nuova verità scaricandone la responsabilità su Gheddafi.

Nel marzo 1987 il Sismi fece pervenire al magistrato un dossier, secondo il quale il pilota libico, al comando di un prototipo di Mig 23, tradì Gheddafi per passare agli Usa il velivolo russo. Scoperto, venne inseguito da due caccia inviati da Gheddafi; gli inseguitori intercettarono il traditore e lanciarono due missili, uno dei quali colpì il Dc9 Itavia che si era venuto a trovare nel suo percorso casualmente oppure -altra versione- appositamente per proteggersi il traditore usò l'aereo civile come copertura. Il Mig 23 fuggito venne successivamente abbattuto con la mitragliera e cadde a Castelsilano in Calabria.

Abbiamo già detto che il dossier del Sismi altro non fu che un ennesimo tentativo di depistare le indagini del magistrato. Si può aggiungere che gli esperti della Aeronautica dimostrarono che nessun Mig avrebbe avuto l'autonomia di volo, partendo dalla Libia, per inseguire in traditore e poi tornare alla base. Inoltre il Mig precipitato in Calabria non aveva affatto caratteristiche di prototipo tali da interessare gli Usa ma era un tipo arretrato, non dotato di apparecchiature elettroniche sofisticate, che l'Urss normalmente vendeva ai paesi del terzo mondo.

28 ottobre 1988. Recuperati i resti dell'aereo Itavia, viene rilanciata la tesi del Mig libico caduto in Calabria

Ancora sul Messaggero comparve un'intervista del perito Erasmo Rondenelli il quale affermò che dopo la prima relazione ebbe un ripensamento, dovuto allo stato di avanzata decomposizione del cadavere del pilota libico: la data del decesso doveva pertanto farsi risalire a venti giorni prima del 18 luglio, ovvero proprio al 27 giugno 1980.

Di questa seconda perizia, come già detto, non fu trovata traccia. Va solo aggiunto che l'altro perito, il dottor Zurlo, subì un'aggressione prima di essere interrogato dal magistrato; al quale poi riferì di avere avuto anch'egli un ripensamento sulla data della morte del pilota, che doveva farsi risalire a venti giorni prima.

2 novembre 1988. La ricostruzione di Tg1.7 attribuisce la responsabilità all'Italia

Continuando con la operazione confusione e depistaggi, incollando mezza verità con ipotesi fantasiose, Tg1.7 mise sul piatto il tracciato di un secondo radar di Ciampino di cui nessuno ebbe mai notizia. Dal tracciato del secondo radar emerse che il giorno 27 giugno 1980 erano in corso manovre militari nel Tirreno a est della Sardegna, nonostante la smentita dell'Areonautica; che venne lanciato un aereo bersaglio e che la caccia italiana, nel tentativo di abbatterlo, colpì con un missile il Dc9 Itavia.

3 novembre 1988. Otto anni dopo la strage l'ambasciata Usa consegna al magistrato un tracciato radar di una portaerei in rada a Napoli

In gran segreto e con ben otto anni di ritardo, nel novembre 1988 -dopo che sulla stampa si era parlato di un attacco della caccia Usa portata da una portaerei come causa della strage di Ustica- l'ambasciata Usa consegnò alla magistratura un tracciato radar, più nitido di quello di Ciampino, nel quale si potevano notare le tracce di due caccia che si avvicinarono al Dc9 Itavia.

In sostanza si trattò di una nuova versione dell'attacco di Mig libici; risultò strano che, dopo otto anni, gli Usa si accorsero di avere quel tracciato radar.

11 novembre 1988. Otto anni dopo, il segretario della Nato Woerner dichiara che l'Italia non ha mai chiesto informazioni su Ustica

Il segretario della Nato, in un'intervista del novembre 1988, affermò che l'Italia non si rivolse mai ufficialmente alla Nato per sapere dove erano dislocate le forze atlantiche il 27 giugno 1980 e se vi erano manovre in corso nell'area del Tirreno.

Il fatto, clamoroso, è stato confermato dalla relazione Pratis.

Comunque, significativamente, il segretario della Nato affermò che era da escludere ogni responsabilità dell'Alleanza nella strage di Ustica; ma di non poter escludere che manovre delle forze nazionali Usa, francesi, tedesche fossero in corso in quella data.

30 gennaio 1989. Interpellata dalla Commissione Pratis, la Nato esclude ogni responsabilità nella strage di Ustica

16 marzo 1989. La Commissione peritale Blasi consegna la perizia confermando che fu un missile ad abbattere il Dc9 Itavia

17 marzo 1989. Il ministro della difesa ordina un'indagine allo stato maggiore dell'Areonautica militare

La relazione dello stato maggiore dell'Areonautica militare verrà conclusa nel maggio 1989. La relazione confermava l'esclusione di ogni responsabilità da parte dell'Arma e degli alleati e indicava in un'esplosione avvenuta all'interno dell'aereo la causa dell'incidente di Ustica.

16 maggio 1989. La Commissione Pratis nominata dalla presidenza del Consiglio termina i lavori

Nel maggio 1989 la Commissione nominata dal presidente del Consiglio De Mita -incaricata di verificare se non vi furono negligenza e inadempienza da parte della pubblica amministrazione nel condurre le inchieste sul caso Ustica- concluse i propri lavori assolvendo tutti e sposando la tesi dello stato maggiore dell'Areonautica.

2 luglio 1989. Tornano i francesi. Un dossier della France Press rilancia la tesi dei Mig libici

L'agenzia giornalistica France Press asserì di essere entrata in possesso dei grafici di Ciampino che i carabinieri si sarebbero dimenticati di sequestrare la sera dell'incidente di Ustica. Secondo questi tracciati si vedrebbero due caccia, uno proveniente da est che cerca di coprirsi dall'attacco di un intercettore proveniente da ovest. Si torna al Mig libico che per sottrarsi all'attacco tentò di nascondersi dietro il Dc9 Itavia, mentre il caccia intercettore colpiva per errore l'aereo Bologna-Palermo. Per avvalorare la tesi, la France Press riesumò la vicenda del Mig libico caduto il Calabria non il 18 luglio ma il 27 giugno 1980.

Tornano i francesi con l'ennesimo tentativo di nascondere le vere responsabilità della strage di Ustica, così come furono protagonisti dei depistaggi sulla strage di Bologna. A fare naufragare il nuovo depistaggio hanno provveduto i magistrati romani; i quali in un comunicato dissero di essere già a conoscenza dei tracciati citati dall'agenzia francese e di averli allegati alle relazioni dei periti d'ufficio.