6. VERSO UNA NUOVA GUERRA

L’11 settembre 2001, l’ipotesi fantapolitica di una santa alleanza tra Saddam Hussein e Osama bin Laden, la bugia di regime – insinuata con insistenza nell’opinione pubblica americana fino a farla divenire certezza – che gli attentatori delle Torri gemelle fossero iracheni anziché per lo più sauditi, sono gli strumenti con cui il governo di George W. Bush accredita, immediatamente dopo gli attentati, la "necessità" di un attacco militare all’Iraq; ma la recrudescenza degli attacchi aerei sull’Iraq a partire dai primi mesi del 2001 fa pensare che la amministrazione repubblicana abbia deciso la guerra all’Iraq ben prima dell’11 settembre. Ora un libro di Ron Suskind (premio Pulitzer per il giornalismo), "Il prezzo della lealtà", basato sulla testimonianza dell’ex segretario al Tesoro Usa Paul O’Neill, oltreché su migliaia di documenti verificabili da lui forniti, rivela che l’intuizione è esatta, che il governo Bush discute di come fare la guerra all’Iraq "nei primi mesi del 2001", che gli argomenti accampati per giustificarla sono pretestuosi.

Sicuramente Saddam Hussein è una delle poche voci, a livello mondiale, che osano far notare la sproporzione tra il cordoglio americano e internazionale per le vittime dell’11 settembre e l’indifferenza sostanziale che invece circonda le ben più pesanti perdite umane determinate dalla politica e dalle guerre Usa: senza mai peraltro rivendicare una vicinanza materiale o morale agli attentatori delle Torri gemelle. Così il 15 settembre 2001 Saddam Hussein ricorda in una lettera che "quanto è successo l’11 settembre dovrebbe essere paragonato a ciò che il governo e l’esercito degli Stati uniti stanno facendo nel mondo. Ad esempio oltre un milione e mezzo di iracheni sono morti per l’embargo imposto dall’America e dall’Occidente". E il 20 ottobre risponde alla lettera di un cittadino americano esprimendogli le sue condoglianze per i morti delle Torri gemelle, ma non le estende al governo americano: "Non penso che la sua amministrazione meriti che gli iracheni esprimano cordoglio per l’accaduto, a meno che essa non faccia le condoglianze al popolo iracheno per il milione e mezzo di iracheni da essa uccisi".

La "giustizia infinita" del presidente Bush e dei suoi alleati si abbatte, prima di tutto, sull’Afghanistan, ma l’attenzione di Usa e Gran Bretagna non è per questo sviata dall’Iraq, dove continuano, quasi quotidiani, gli attacchi aerei: si calcola che i civili iracheni uccisi dai bombardamenti angloamericani dalla fine della guerra del 1998 all’inizio di ottobre 2001 siano 368. Continua anche la preparazione della guerra all’Iraq, dal punto di vista sia materiale che del condizionamento dell’opinione pubblica interna e internazionale. Sotto quest’ultimo aspetto è continuamente ribadita non solo la falsa connessione dell’Iraq agli attentati dell’11 settembre, ma anche l’esistenza di fantomatiche ‘prove’ che dimostrerebbero l’attuale possesso iracheno di armi di distruzione di massa. Degno di nota anche il tentativo di imputare all’Iraq la enfatizzata spedizione di lettere all’antrace indirizzate a sedi istituzionali e a media americani: quando poi inchieste giornalistiche e giudiziarie arrivano a documentare la provenienza interna dell’antrace, si smette di parlarne e il contagio epistolare cessa per incanto. Nonostante gli sforzi, il coinvolgimento internazionale raggiunto non è ampio come quello realizzato per la prima guerra del Golfo. L’Onu non dà il suo avallo; i governi europei si dividono sull’appoggio o l’opposizione alla guerra; e in generale ben pochi paesi condividono fin dall’inizio sul piano dell’impegno militare l’impresa bellica angloamericana.

20 settembre 2001

A Londra, il governo britannico invia 20.000 soldati in Oman, mentre sono già 20 le navi da guerra britanniche nel golfo Persico.

20 settembre 2001

Il settimanale britannico "Jane’s", specializzato in problemi militari, afferma in un articolo che secondo il Mossad israeliano gli attacchi dell’11 settembre sono stati organizzati da Osama Bin Laden per conto, però, del regime iracheno che ne sarebbe, quindi, il mandante occulto.

16 ottobre 2001

Negli Stati uniti, dopo l’ultimo caso di carbonchio diffuso attraverso posta infetta, il presidente Bush, che inizialmente aveva tentato di collegare la diffusione del contagio ad Al Qaeda, afferma ora di sospettare nella vicenda la regia di un paese estero – anche se non lo nomina, è evidente il riferimento all’Iraq – ma di non averne le prove.

2 novembre 2001

A Londra, è diffusa ad arte la falsa notizia che Atta, uno dei piloti suicidi nell’attacco alle Torri gemelle di New York, fosse un agente iracheno e che avesse ricevuto dal governo di Saddam Hussein almeno una tonnellata di antrace.

5 dicembre 2001

A Cincinnati (Ohio, Usa) è arrestato Clayton Lee Waagner, sospettato di aver spedito almeno 200 finte lettere all’antrace, molte delle quali a cliniche dove si pratica l’aborto. Si effettuano indagini anche su laboratori che producono antrace per la Cia o l’esercito. Appare ormai evidente che le origini del contagio sono interne agli Usa. La pista interna era già stata indicata da un’inchiesta del Washington Post, che aveva costretto le autorità militari ad ammettere la produzione, in violazione della Convenzione sulle armi biologiche del 1972, di spore di antrace particolarmente virulente, dello stesso tipo di quelle usate per gli attentati. Per mesi governo e servizi hanno cercato, invano, di trovare connessioni tra gli attentati all’antrace e l’Iraq, che però non ha mai posseduto questo particolare ceppo di antrace.

7 dicembre 2001

A Berlino, in un’intervista al quotidiano "Die Welt", il segretario generale della Nato George Robertson afferma che "se ci dovessero essere delle prove sul coinvolgimento dell’Iraq negli attentati contro gli Stati Uniti, allora l’art.5 potrebbe ancora valere". Si riferisce all’interpretazione estensiva dell’art.5 del trattato Nato, che ha imposto il coinvolgimento del Patto atlantico nell’attacco all’Afghanistan.

10 marzo 2002

Il quotidiano "La Repubblica", nell’articolo a firma di Vittorio Zucconi intitolato "L’ordine di Bush al Pentagono ‘Pronti a usare l’atomica’ ", scrive che il presidente americano ha autorizzato l’uso preventivo di armi atomiche contro 7 nazioni: Russia, Cina, Libia, Siria, Iran, Iraq e Corea del nord.

15 marzo 2002

A Bonn, il cancelliere tedesco Gerhard Schroeder annuncia il rifiuto della Germania a partecipare ad un attacco militare contro l’Iraq deciso unilateralmente dagli Stati uniti. Solo se sarà l’Onu ad autorizzare l’azione militare la Germania potrà intervenire.

19 marzo 2002

A Roma, Henry Kissinger, nel corso di una conferenza a Palazzo Giustiniani sul tema della globalizzazione, afferma che gli Stati uniti devono attaccare l’Iraq e che i paesi europei non hanno il potere per impedirlo.

15 giugno 2002

Secondo fonti ufficiose americane, Israele sta armando con missili nucleari 3 sottomarini acquistati dagli Stati uniti, con evidenti intenti offensivi nei confronti dei paesi arabi del Golfo Persico, in particolare Iran ed Iraq.

5 luglio 2002

Il "New York Times" diffonde la notizia che gli Stati uniti hanno pronto il piano di attacco militare all’Iraq che coinvolgerà 8 paesi e vedrà l’impiego di 250 mila uomini per l’offensiva terrestre.

28 luglio 2002

Sulla stampa sono fatte filtrare notizie relative ad operazioni che i commandos britannici delle Sas da almeno un mese stanno compiendo nel sud dell’Iraq, in preparazione del preventivato attacco militare di Stati uniti e Gran Bretagna.

12 settembre 2002

A New York, il presidente americano George Bush conferma la sua volontà di attaccare militarmente l’Iraq a breve scadenza, pretendendo l’avallo dell’Onu; se questo però venisse a mancare non modificherebbe la decisione americana di attaccare egualmente.

13 settembre 2002

A New York, Silvio Berlusconi si allinea totalmente con le tesi del presidente americano George Bush sulla necessità di attaccare militarmente l’Iraq sotto l’egida dell’Onu. Poche ore più tardi è ricevuto da Bush a Camp David.

23 settembre 2002

A Copenaghen, nel corso del vertice dell’Asem, il presidente francese Jacques Chirac attacca il presidente del Consiglio italiano Silvio Berlusconi per la sua posizione filo americana sull’attacco militare all’Iraq. Germania e Francia sono contrarie alla guerra, mentre Inghilterra, Spagna e Italia si dichiarano favorevoli.

27 settembre 2002

A Roma, nel corso di una conferenza stampa in Campidoglio, Gino Strada, parlando a nome di ‘Emergency’, annuncia che l’associazione ha raccolto 140 mila firme contro la guerra che gli Stati uniti intendono muovere all’Iraq. Alla conferenza è presente Sergio Cofferati che condivide le posizioni pacifiste di Emergency.

5 ottobre 2002

A Venezia, Roma, Firenze, Milano, Napoli, Genova ed altre città italiane, si svolgono manifestazioni a favore della pace e contro l’intervento militare americano in Iraq con azioni dimostrative e cortei.

6 ottobre 2002

Saddam Hussein autorizza gli ispettori dell’Onu a visitare i palazzi presidenziali, in modo da smentire le accuse americane di detenervi armi vietate.

7 ottobre 2002

A Cincinnati, (Ohio, Usa) in un discorso televisivo alla nazione, il presidente americano George Bush ribadisce la sua volontà di scatenare una guerra preventiva contro l’Iraq se questo non si piegherà ad accettare le richieste americane.

10 ottobre 2002

A Washington, la Camera dei rappresentanti concede al presidente George Bush, con 286 voti e favore e 133 contrari, il potere di agire militarmente contro l’Iraq.

16 ottobre 2002

A Mosca, Silvio Berlusconi incontra il presidente russo Vladimir Putin e si allinea alle sue posizioni favorevoli alle ragioni dell’Iraq, affermando che questo paese non ha armi di distruzione di massa, e contraddicendo quanto dichiarato da lui stesso al Parlamento italiano. Rientrato a Roma, Berlusconi incontra subito l’ambasciatore americano Mel Sembler al quale spiega che egli ha sintetizzato le affermazioni di Putin senza però farle proprie.

13 novembre 2002

Saddam Hussein accetta la risoluzione dell’Onu che impone il ritorno dei propri ispettori in Iraq, ritardando così l’attacco militare programmato dagli americani.

20 novembre 2002

E’ reso noto che il presidente americano George Bush ha inviato una lettera ai capi di Stato e di governo, compreso quello italiano, nella quale chiede un diretto coinvolgimento militare nella guerra contro l’Iraq. Silvio Berlusconi dichiara subito la propria incondizionata disponibilità ad aderire alle pretese di Bush.

21 novembre 2002

A Praga, nel corso del vertice della Nato, i rappresentanti dell’organizzazione approvano un documento a sostegno della linea aggressiva decisa dal presidente americano George Bush nei confronti dell’Iraq. Si decide, inoltre, l’ingresso nella Nato di 7 nuovi paesi europei: Bulgaria, Estonia, Lituania, Lettonia, Romania e Slovacchia, tutti ovviamente a favore dell’intervento contro l’Iraq.

7 dicembre 2002

Saddam Hussein consegna all’Onu un dossier di 11.807 pagine sullo stato degli armamenti di cui è in possesso.

10 dicembre 2002

In 200 città e paesi italiani si svolgono manifestazioni a favore della pace e contro la guerra all’Iraq in occasione del 54° anniversario della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo.

14 dicembre 2002

A Washington, a proposito della guerra contro l’Iraq, il consigliere per la Sicurezza nazionale Condoleeza Rice afferma: Possiamo fare la guerra anche senza l’Onu".

17 dicembre 2002

Il ministro della Difesa italiano Antonio Martino, dinanzi alle commissioni Difesa di Camera e Senato, dichiara che il governo concederà agli Usa le basi militari italiane nell’eventuale guerra contro l’Iraq. Le opposizioni protestano perché una decisione in tal senso può essere assunta solo dal Parlamento e non dal governo.

18 dicembre 2002

Il presidente americano George Bush afferma che il dossier presentato dall’Iraq contiene solo falsità e che Saddam Hussein "ha perso l’ultima possibilità". Intanto altri 50.000 soldati americani si preparano a partire per il Golfo Persico, in vista di un conflitto ormai certo.

15 gennaio 2003

Gli Usa chiedono l’appoggio della Nato alla imminente aggressione contro l’Iraq. Per tutto il mese, si susseguono intensi bombardamenti soprattutto sulla ‘no fly zone’ nel sud del paese, che causano perdite fra la popolazione civile.

21 gennaio 2003

Al Consiglio di sicurezza dell’Onu, la Francia – che insieme alla Germania ha manifestato opposizione al progetto di attacco all’Iraq – dichiara che potrebbe fare ricorso al diritto di veto.

27 gennaio 2003

Nel rapporto presentato al Consiglio di sicurezza dell’Onu, il capo degli ispettori Blix chiede tempo per verificare l’attuazione da parte del governo iracheno del programma di disarmo ed afferma di non avere prove della detenzione di armi di distruzione di massa da parte dell’Iraq.

29 gennaio 2003

Otto governi europei (Gran Bretagna, Spagna, Portogallo, Italia, Danimarca, Polonia, Ungheria, Repubblica ceca) sottoscrivono una mozione di appoggio agli Usa, di fatto contrapposto alle posizioni franco- tedesche.

5 febbraio 2003

Al Consiglio di sicurezza dell’Onu, Colin Powell esibisce le cosiddette prove (basate su foto satellitari ed intercettazioni telefoniche) del riarmo del regime di Baghdad e dei suoi legami con la rete di Al Qaeda.

7 febbraio 2003

A Monaco, si svolge la conferenza internazionale della Nato sulla sicurezza, nel corso della quale Francia e Germania presentano un piano alternativo al conflitto, basato sulla mobilitazione dell’Onu per garantire il disarmo del regime di Baghdad.

11 febbraio 2003

La televisione de Qatar Al Jazeera trasmette una videoregistrazione di Osama bin Laden, che esorta i mussulmani alla guerra santa contro i piani aggressivi degli Usa. Il Pentagono vi ravvisa subito una ulteriore ‘prova’ dei legami fra Al Qaeda e Saddam Hussein.

11 febbraio 2003

A Baghdad, l’inviato del Vaticano cardinale Etchegaray incontra Saddam Hussein ed altri esponenti del governo iracheno.

13 febbraio 2003

Tarek Aziz, in visita a Roma, incontra il Papa.

22 febbraio 2003

Gli ispettori dell’Onu, per bocca di Blix, chiedono al regime di Baghdad la distruzione dei missili Samoud ed il controllo delle rampe di lancio.

24 febbraio 2003

Usa, Gran Bretagna e Spagna presentano una nuova risoluzione sul disarmo iracheno, che suona come ultimatum ed annuncio dell’imminente aggressione all’Iraq.

1 marzo 2003

Il governo iracheno fa distruggere i primi missili Samoud, rispettando i termini imposti dagli ispettori; altri missili saranno distrutti nei prossimi giorni.

1 marzo 2003

La Turchia annuncia l’interdizione del passaggio di truppe americane di terra sul proprio territorio.

5 marzo 2003

Mentre il Papa indirizza un messaggio personale al presidente americano, nel quale sottolinea la contrarietà ad un attacco preventivo contro l’Iraq, Francia e Germania, alle quali si è aggiunta l’Urss, dichiarano nuovamente l’intenzione di ricorrere al potere di veto contro una risoluzione che autorizzi l’intervento armato in Iraq. Anche la Cina rifiuta l’ultimatum al governo iracheno.

7 marzo 2003

Sul quotidiano "Il Manifesto", nell’articolo "Guerra, il fine giustifica i pozzi", Sergio Finardi osserva che occorre andare al di là della analisi economicista generalmente diffusa, secondo la quale l’attacco all’Iraq è motivato prevalentemente dal controllo delle risorse petrolifere. "Gli Stati uniti – scrive- hanno perso nel 1978, con l’uscita di scena dello scià, una pedina fondamentale nella politica di contenimento sovietico- russo nell’area e nella gestione della cerniera che immette l’area asiatico- centrale al controllo dell’Oceano indiano, punto di passaggio strategico". Altro elemento di valutazione sta nel "rafforzamento della posizione israeliana nel contesto mediorientale: è almeno da 15 anni che gli uomini oggi cardine dell’amministrazione statunitense e legati a doppio filo con la lobby pro- Sharon stanno cercando un ridisegno dell’area mediorientale che imponga la liquidazione della questione palestinese e renda stabilmente egemone la posizione militare di Tel Aviv".

10 marzo 2003

Il Pentagono ribadisce la volontà americana di attaccare l’Iraq, anche al di fuori delle risoluzioni dell’Onu. Parte una intensa campagna di pressione anglo- americana sui paesi membri non permanenti del Consiglio di sicurezza (Angola, Camerun, Guinea, Messico, Cile, Pakistan, Siria, Bulgaria) nel tentativo di ottenere l’appoggio alle posizioni oltranziste. Contemporaneamente, si intensificano i raid aerei nel sud dell’Iraq.

16 marzo 2003

Nelle Azzorre, si tiene il vertice ristretto Usa- Gran Bretagna- Spagna che ribadisce la necessità di attaccare l’Iraq.

17 marzo 2003

All’indomani del vertice delle Azzorre, parlando in diretta televisiva, Bush lancia un ultimatum a Saddam Hussein annunciando che, se egli non lascerà il governo del paese entro 48 ore, inizierà l’attacco. Kofi Annan ordina l’evacuazione del personale Onu dal paese.

18 marzo 2003

Gli Usa annunciano che oltre 30 paesi compongono la ‘alleanza dei volonterosi’ (15 dei quali desiderano restare anonimi) che condivide ed appoggia le posizioni americane sull’Iraq. Essi sono: Italia, Spagna, Gran Bretagna, Danimarca, Olanda, Islanda, Albania, Turchia, Macedonia, Slovacchia, Repubblica ceca, Estonia, Lituania, Lettonia, Polonia, Ungheria, Georgia, Romania, Afghanistan, Azerbaigian, Uzbekistan, Colombia, El Salvador, Filippine, Eritrea, Etiopia, Giappone, Corea del sud, Australia, Israele, Egitto, Giordania. Il governo di Ankara, dopo aver rettificato la precedente posizione (cfr. 1 marzo 2003) dichiarando che consentirà il passaggio delle truppe angloamericane sul proprio territorio – a condizione di partecipare all’occupazione militare del nord dell’Iraq – rettifica nuovamente annunciando che concederà il sorvolo, ma non il transito di terra.

20 marzo 2003

A Baghdad, all’alba, inizia la offensiva aerea angloamericana sulla città, mentre le prime truppe di terra varcano i confini del paese.