9. ESCALATION MILITARE AMERICANA E RISPOSTA IRACHENA

 

Alla fine del marzo 2004 gli Stati uniti intraprendono una escalation del conflitto. All’inizio c’è un’azione provocatoria di Paul Bremer: la chiusura avvenuta il 28 marzo a Baghdad del giornale "Hawaz al Natiqar", che fa riferimento agli sciiti radicali di Moqtada al Sadr e che pubblica una disamina critica dell’operato americano in Iraq. Il giornale sostiene che la guerra all’Iraq è motivata dalla volontà americana di distruggere non il regime di Saddam Hussein ma lo stato iracheno e il suo patrimonio storico- culturale, di combattere l’Islam militante e soprattutto di favorire il progetto del ‘grande Israele’: la chiusura avviene subito dopo le grandi manifestazioni popolari contro l’uccisione dello sceicco Yassin a Gaza, che in Iraq sono indette unitariamente dai leader religiosi sciiti e sunniti e dai partiti nazionalisti arabi. Analogamente la mossa di Bremer (seguita il 2 aprile dall’arresto di Mustafa al Yacoubi, stretto collaboratore di Moqtada al Sadr) infiamma gli animi non solo dei sostenitori di al Sadr, ma di gran parte degli sciiti di ogni schieramento, dei sunniti e dei laici.

Contemporaneamente la martoriata Falluja, sotto tiro fin dall’inizio dell’occupazione e città simbolo della resistenza, è da una settimana teatro di aspri combattimenti. Il 30 marzo un gruppo della resistenza attacca due jeep a bordo delle quali viaggiano quattro americani dipendenti della società militare privata Blackwater (la stessa che si occupa della scorta a Bremer), armati e con giubbotti antiproiettile: i quattro sono crivellati di colpi d’arma da fuoco, le jeep prendono fuoco e gli attaccanti si allontanano. La folla estrae dai mezzi i corpi carbonizzati e ne fa scempio, poi li appende ai tralicci di un ponte sull’Eufrate (lì accanto si trova un mercato bombardato nel 1991dagli angloamericani: una strage) con un cartello di minaccia: "Falluja sarà il cimitero degli Usa". I marines bloccano per ritorsione le vie d’accesso alla città: inizia un terribile assedio. Nelle azioni belliche americane non si riesce ad individuare una linea strategica: la principale potenza occupante sembra lacerata tra la necessità di portare avanti il processo di normalizzazione dell’Iraq e il desiderio di regolare i conti con al Sadr e con i mujahiddin sunniti di Falluja, procede a fasi alterne con violenti attacchi e tregue da lei stessa subito violate. Diamo un sintetico diario di queste settimane cruente, che precedono il ‘passaggio di poteri’ al ‘nuovo’ governo provvisorio.

4 aprile 2004

Nelle principali città irachene scoppia la rivolta degli sciiti radicali. Gli scontri provocano circa 60 morti, tra i quali almeno 8 marines americani. A Sadr city e a Bassora, gran parte degli agenti iracheni arruolati dagli occupanti si schiera con i ribelli. La milizia di Moqtada al Sadr – l’esercito al Mahdi – fin qui essenzialmente polizia religiosa, si trasforma in forza combattente contro l’occupazione, anche se il leader radicale raccomanda ai suoi uomini di "mantenere la calma e di reagire solo se attaccati". L’inviato dell’Onu Lakhdar Brahimi giunge a Baghdad, per lavorare alla costruzione della ‘entità governativa irachena’ cui il 30 giugno la Cpa sciogliendosi trasmetterà i suoi poteri.

5 aprile 2004

Le truppe americane attaccano al Shula (quartiere sciita di Baghdad), mitragliano gli uffici di Moqtada al Sadr, ma sono costretti a ritirarsi. La milizia di al Sadr assalta il governatorato di Bassora e un Palazzo governativo a Kufa. A Falluja, circondata da 2000 marines e sotto coprifuoco, si combatte ferocemente. Negli Stati uniti, il senatore Ted Kennedy pronostica che l’Iraq sarà per Bush ciò che il Vietnam è stato per Nixon (per la verità, Nixon nel 1972 fu rieletto…).

6 aprile 2004

Gli ulema sunniti rivolgono un appello a sciiti e sunniti perché insieme scaccino dall’Iraq gli occupanti stranieri. Ad Abu Ghraib (quartiere sunnita di Baghdad vicino allo sciita al Shula) sunniti e sciiti si scontrano uniti contro le truppe americane. Gli Usa ricercano Moqtada: intendono arrestarlo per l’uccisione dell’ayatollah al Khoei (v. sopra, 10 aprile 2003). Rastrellamenti e raid aerei a Falluja, scontri in tutto il sud del paese.

6 aprile 2004

A Nassiriya, qualche centinaio di soldati italiani si scontra per ore con i dimostranti che sostengono al Sadr e occupano i ponti della città. La riconquista dei ponti, ordinata dai comandi militari americani, causa la morte di un numero imprecisato di civili iracheni (almeno 15, probabilmente molti di più) mentre tra i soldati italiani ci sono soltanto contusi e 3 feriti leggeri.

7 aprile 2004

Continuano gli scontri in tutto l’Iraq: in tre giorni si contano centinaia di morti iracheni e 40 americani; anche 6 iraniani in pellegrinaggio a Kerbala rimangono uccisi. Il Consiglio governativo discute la proposta di far cadere l’accusa, rivolta ad al Sadr, di essere il mandante dell’uccisione di al Khoei, in cambio della fine della rivolta sciita; ma il portavoce militare Mark Kimmit comunica che le forze americane hanno piani diversi: "Attaccheremo l’esercito al Mahdi e lo distruggeremo". Al Sistani chiede con una fatwa che "i problemi dell’Iraq siano risolti in modo pacifico, evitando il caos e lo spargimento di sangue".

8 aprile 2004

A Falluja i medici denunciano la mancanza di farmaci; i morti dall’inizio dell’assedio sono 300 e i feriti 500. Da Baghdad migliaia di persone si sono messe in marcia verso Falluja, inneggiando all’unità dell’Islam e inalberando i ritratti di al Sadr e di Yassin, accompagnati da decine di camion carichi di viveri e medicinali. Il corteo, fermato a Ramadi dai soldati Usa, è liberato dall’intervento di una grande folla di iracheni accorsi, e può proseguire per la sua destinazione. Il ministro dell’Interno, lo sciita Nuri al Badram, si dimette dall’incarico, in dissenso con la condotta delle forze occupanti (sarà sostituito il giorno seguente dal sunnita Damir Sumaidy).

8 aprile 2004

Con il rapimento di 3 giovani giapponesi, che saranno rilasciati dopo diversi giorni, iniziano i sequestri a scopo politico di cittadini stranieri (v. più oltre il cap. "I sequestri").

9 aprile 2004

A Falluja i morti sono 450; il sindaco chiede al mondo intero di "premere sugli americani per fermare il massacro e dare la possibilità di seppellire i morti e soccorrere i feriti": ma la sospensione dell’attacco, annunciata da Bremer, dura solo 90 minuti. Anche Adnan Pachachi, filo americano e membro del Consiglio governativo, definisce l’assedio di Falluja "un atto illegale e totalmente inaccettabile"; condividono la critica altri 6 membri del Consiglio, sunniti e sciiti, che annunciano la propria sospensione dalla carica. Il ministro iracheno ai Diritti umani Abdel Basit Turki si dimette; minaccia le dimissioni anche un terzo ministro, Ghazi al Yawer, di cui "France press" raccoglie lo sfogo tra il deluso e l’irato: "Questo è un genocidio". Moqtada al Sadr, che si è rifugiato a Najaf, nel sermone del venerdì si rivolge "al nemico Bush", consigliandogli di ritirarsi dall’Iraq, perché ora ha di fronte un’intera nazione.

9 aprile 2004

Ad Abu Ghraib sono sequestrati 4 italiani, secondo la testimonianza di un giornalista della Reuters. La Farnesina dichiara che in base alle sue liste non manca nessuno e della vicenda ufficialmente non si parla più: ma, secondo insinuazioni insistenti, i rapiti sono in realtà 2, appartengono al Sismi e sono rilasciati dopo una trattativa- lampo condotta alla chetichella; secondo altre voci, invece, a fine giugno essi sono ancora nelle mani dei rapitori.

10 aprile 2004

I morti iracheni a Falluja sono 700 secondo fonti americane (70 tra i soldati della coalizione), ma altre testimonianze parlano di 1000 o più morti: molti infatti non muoiono in ospedale e sono sepolti dove capita. I feriti non riescono a raggiungere gli ospedali perché colpiti dai cecchini americani appostati sui tetti; si denuncia l’impiego di cluster bomb.

11 aprile 2004

I soldati di un battaglione del nuovo esercito iracheno rifiutano di partecipare agli attacchi contro Falluja, affermando di non essersi arruolati per combattere altri iracheni. Anche nella polizia irachena continuano numerose le diserzioni (addirittura il 50%, secondo il comandante della I divisione corazzata che controlla Baghdad) e molti poliziotti si uniscono alla resistenza.

12 aprile 2004

Il comandante delle truppe americane in Iraq, Ricardo Sanchez, afferma che "la missione delle forze Usa è di uccidere o catturare Moqtada al Sadr", mentre le truppe della coalizione accerchiano Kerbala, Najaf e Kufa.

13 aprile 2004

Moqtada al Sadr dichiara alla televisione libanese "al Manar" (vicina a Hezbollah): "Sono pronto a sacrificarmi e chiedo al popolo di non permettere che la mia morte rappresenti la fine della lotta per la libertà e contro l’occupazione"; ma annuncia trattative per porre fine alla rivolta degli sciiti. A Baghdad, Hazim al Araji, collaboratore di al Sadr, è arrestato sotto gli occhi dei giornalisti dopo un’intervista al Tg1 italiano; dopo qualche ora è rilasciato.

13 aprile 2004

Al Jazeera diffonde un video che mostra quattro italiani catturati da una formazione irachena (il rapimento, si saprà poi, risale al giorno precedente): i quattro lavorano nella sicurezza militare privata, per società americane. I sequestratori chiedono, per la liberazione degli ostaggi, il ritiro delle truppe italiane, le scuse ufficiali di Silvio Berlusconi – da presentarsi tramite le televisioni arabe – per le offese recate all’Islam, l’interessamento italiano per la liberazione dei detenuti iracheni. Il governo respinge le condizioni e ogni ipotesi di trattativa, imitato da un’opposizione che è divisa sulla richiesta di ritiro delle truppe italiane dall’Iraq, ma è compatta nel recitare con il governo il ritornello "non si tratta coi terroristi". (v. più oltre il cap. "I sequestri")

14 aprile 2004

Dopo le drammatiche testimonianze delle continue atrocità commesse dalle truppe Usa a Falluja, le associazioni umanitarie (Human rights watch, Amnesty international) chiedono un’inchiesta seria e indipendente sulle responsabilità americane.

14 aprile 2004

Al Jazeera annuncia l’uccisione di uno degli ostaggi italiani: ha ricevuto il video dell’esecuzione, ma sceglie di non diffonderlo.

15 aprile 2004

L’ayatollah al Sistani lancia un avvertimento, trasmesso poi alla coalizione occupante dagli sciiti membri del Consiglio governativo: Najaf è una ‘linea rossa’ che le truppe angloamericane non devono superare. Le trattative tra le autorità di coalizione e al Sadr continuano, anche con l’aiuto diplomatico di una delegazione iraniana: il giovane leader sciita avrebbe accettato, se non di sciogliere la sua milizia come preteso dai comandi Usa, di trasformarla in un’organizzazione politico – sociale senza attività militari.

16 aprile 2004

Nel sermone del venerdì, al Sadr afferma che non scioglierà la sua milizia "perché non l’ho creata io solo, ma con la cooperazione del popolo iracheno". Il leader sciita invita inoltre i sequestratori a liberare gli ostaggi che non appartengono a nazioni occupanti.

16 aprile 2004

Lakhdar Brahimi, nel suo tentativo di creare un’entità governativa irachena presentabile entro il 30 giugno, propone di sciogliere il Consiglio governativo e di formare un governo di "tecnici…onesti e autorevoli, rispettati e accettati da tutti gli iracheni" nel quale non entrino i leader dei partiti presenti nell’attuale Consiglio.

18 aprile 2004

Il nuovo governo spagnolo di Zapatero annuncia a sorpresa il ritiro immediato delle proprie truppe dall’Iraq. Prima delle elezioni il leader socialista aveva promesso un ritiro il 30 giugno, qualora non fosse intervenuto in Iraq un cambiamento rilevante con l’intervento dell’Onu: ora osserva che "non ci sono indizi che lascino prevedere una variazione sostanziale della situazione politica e militare esistente in Iraq, nei tempi previsti e nel senso reclamato dal popolo spagnolo". La decisione spagnola provocherà innanzitutto il disfacimento della brigata "plus ultra", che accanto e sotto il comando spagnolo riunisce le truppe dei paesi centroamericani: presto annunciano il ritiro l’Honduras, la Repubblica Dominicana, mentre il contingente del Nicaragua, partito a febbraio per una normale rotazione, non è stato e non sarà più rimpiazzato, ufficialmente per ragioni di bilancio. La Norvegia, invitata a mantenere le truppe oltre il 30 giugno, rifiuta. Il premier polacco Leszek Miller auspica una diminuzione degli effettivi (ma sta per dimettersi e la decisione spetta al suo successore). Il premier tailandese Thaksin Shinawatra annuncia il ritiro dei soldati, nel caso subissero nuovi attacchi. La Corea del sud pretende lo spostamento dei suoi soldati nel meno rischioso nord kurdo- americano.

18 aprile 2004

Il presidente americano Bush formalizza la nomina di John Negroponte quale ambasciatore e, di fatto, nuovo proconsole americano in Iraq al posto di Paul Bremer dopo il 30 giugno . Negroponte, ambasciatore in Honduras tra il 1981 e il 1985, ispirò e diresse la guerriglia dei contras – che ebbe appunto base in Honduras – contro il governo sandinista del Nicaragua; attualmente è ambasciatore Usa presso l’Onu.

20 aprile 2004

Ad Abu Ghraib (Baghdad), un attacco a colpi di mortaio contro il locale carcere, dove sono rinchiusi almeno 4500 oppositori dell’occupazione, causa la morte di 22 detenuti e il ferimento di un altro centinaio. Gli americani si affrettano ad attribuire la responsabilità delle morti alla resistenza, ma la versione fa acqua da tutte le parti. L’Inc comunica che l’avvocato Salem Chalabi, nipote di Ahmed Chalabi, presiederà la Corte incaricata del processo a Saddam Hussein. Un convoglio della Croce rossa italiana riesce ad entrare a Falluja portando acqua, viveri e medicinali: è la prima di 4 analoghe missioni e il governo italiano spera che faciliti la liberazione dei tre ostaggi.

21 aprile 2004

A Bassora, 4 autobombe dirette contro altrettante stazioni di polizia causano 68 morti: una decina sono poliziotti, ma gli altri sono civili: due minibus che trasportano studenti e bimbi dell’asilo sono coinvolti negli attacchi. Mentre il sindaco della città accusa al Qaeda degli attentati, la folla inferocita respinge i militari e i medici inglesi accorsi sui luoghi delle esplosioni, imputando loro una corresponsabilità nella strage che dal popolo è attribuita alla Cia o al Mossad.

22 aprile 2004

Elicotteri apache e caccia F-16 bombardano il quartiere al Jolan di Falluja causando, secondo fonti militari americane, più di 30 morti.

23 aprile 2004

A Falluja, gli abitanti si rifiutano di consegnare le armi, in mancanza di un impegno americano a non entrare in città. A Najaf, anch’essa circondata da 2000 marines, Moqtada al Sadr avverte nel sermone del venerdì: "Abbiamo sufficienti armi e un gran numero di seguaci, ci sono molti credenti pronti al martirio: finora abbiamo rifiutato questa pratica, ma se saremo costretti a farlo, lo faremo".

23 aprile 2004

Paul Bremer tenta di assicurarsi il favore dei sunniti, promettendo la revisione di tutti i casi relativi a membri del disciolto partito Baath allontanati dai loro posti di lavoro statale: questo suscita le ire dello sciita Ahmed Chalabi, timoroso di esser messo da parte e di perdere il potere raggiunto col favore degli Usa.

26 aprile 2004

A Falluja, i marines costretti a ritirarsi di fronte alla resistenza dei combattenti che difendono la città, fanno intervenire gli aerei e gli elicotteri. A Najaf i marines, ignorando l’avvertimento di al Sistani a non violare la ‘linea rossa’ e le raccomandazioni dell’inviato Onu Lakhdar Brahimi, entrano nella periferia della città; a Kufa avvengono violenti scontri. Il governo provvisorio decide che il nuovo Iraq avrà una nuova bandiera: tre strisce azzurro- giallo- azzurro e una mezzaluna azzurra in campo bianco (colori e composizione ricordano provocatoriamente quelli della bandiera israeliana), al posto del vecchio vessillo con i pericolosi colori del nazionalismo panarabo (rosso, bianco, nero con scritta verde).

26 aprile 2004

La televisione al Arabiya diffonde un nuovo video con le immagini degli ostaggi italiani, e la richiesta dei rapitori, rivolta al popolo italiano, di organizzare una manifestazione contro la guerra in Iraq entro 5 giorni: in caso contrario gli ostaggi sarebbero uccisi senza altro avvertimento.

26 aprile 2004

Il governo britannico sta decidendo quanti nuovi soldati inviare in Iraq (da 2000 a 3000, sembra) per ovviare alla defezione spagnola. Nel frattempo, 52 ex diplomatici inviano a Blair una durissima lettera in cui criticano il suo passivo allineamento a Bush, soprattutto nell’atteggiamento di difesa acritica di Israele e nel modo in cui conduce l’occupazione dell’Iraq. "Descrivere la resistenza (irachena ndr) come guidata da terroristi fanatici e da stranieri non convince né aiuta" scrivono tra l’altro i diplomatici, secondo i quali Londra dovrebbe esercitare un’influenza critica e moderatrice su Washington: "se questa influenza non è accettata o non è benvenuta, allora non bisogna più sostenere politiche destinate al fallimento".

27 aprile 2004

I combattenti di Falluja sconfessano un accordo raggiunto dal sindaco (nominato da Bremer) con gli occupanti, che li impegna a consegnare le armi pesanti, sostenendo che lo faranno solo dopo l’impegno americano a non attaccare più la città. L’aviazione intensifica i devastanti bombardamenti sulla città, in particolare sul quartiere di al Jolan, anima della resistenza: Paul Bremer ha l’impudenza di garantire che Falluja sarà ricostruita nel giro di poche settimane. Presso Kufa un attacco dei marines a un posto di blocco dell’esercito al Mahdi causa circa 70 vittime; un altro scontro avviene all’entrata nord di Najaf; i soldati americani sono entrati in città, nei quartieri tra Najaf e Kufa, insediandosi nella caserma lasciata libera dai militari spagnoli che controllavano la città e dei quali ora prendono il posto, in aperta violazione della ‘linea rossa’ fissata da al Sistani.

28 aprile 2004

Continuano i bombardamenti a Falluja, è un’ecatombe, si parla di altre 600 vittime. Il segretario dell’Onu Kofi Annan depreca la violenza delle azioni militari di una potenza occupante contro gli abitanti del paese occupato. Il network americano Cbs diffonde le immagini di prigionieri iracheni vergognosamente torturati nel carcere di Abu Ghraib da soldati americani giubilanti: le foto risalgono al 2003 e la responsabile dei centri di detenzione in Iraq, generale Janis Karpinski è stata sollevata dall’incarico nel gennaio 2004; tuttavia la crudezza delle immagini ha un fortissimo impatto. La questione tortura è ripresa anche da Seymour Hersh sul "New Yorker". (v. più oltre il cap. "Le torture sui prigionieri iracheni").

29 aprile 2004

Dopo una giornata di scontri, a Falluja si profila una tregua, in base a un accordo tra notabili locali e il partito islamico iracheno da un lato, i comandi Usa e alcuni ex generali del disciolto esercito iracheno dall’altro: i marines si ritireranno dalla città, che passerà sotto il controllo di un generale iracheno. Ma l’aviazione americana bombarda ancora.

29 aprile 2004

A Roma, una manifestazione per la pace di 5000 persone, indetta dai familiari degli ostaggi, sfila da Castel S. Angelo a S. Pietro. Il papa chiede ai rapitori la liberazione degli ostaggi "in nome dell’unico Dio", auspicando "un clima di riconciliazione e di dialogo in vista del recupero della piena sovranità e indipendenza" dell’Iraq.

30 aprile 2004

A Falluja entra Jassim Mohammed Saleh, un ex generale di Saddam Hussein cui il comando militare Usa ha affidato la sicurezza della città; i marines cedono il campo ai primi reparti della nuova forza di protezione che dovrà controllare Falluja. I combattenti festeggiano la loro vittoria sulle forze americane, mentre le autorità americane si attendono che Saleh li arresti o li uccida; i marines in ogni caso distano pochi chilometri, pronti ad intervenire. A Najaf continuano le trattative. Nel carcere di Abu Ghraib, dopo lo scandalo delle torture, sarà inviato il generale Geoffrey Miller, ex comandante di Guantanamo: il lager degli orrori in cui anche i più elementari diritti umani sono costantemente violati.

2 maggio 2004

Con un improvviso e ridicolo voltafaccia, il Pentagono sostituisce il generale Saleh, cui i marines hanno affidato la città di Falluja, con il generale Mohammed Latif, che pure ha partecipato alle trattative ma ha credenziali di oppositore a Saddam Hussein.

6 maggio 2004

Violando nuovamente la ‘linea rossa’ i carri armati americani, dopo aspri combattimenti e l’uccisione di molti miliziani del Mahdi, entrano a Najaf (dove gli occupanti sostituiscono il governatore fedele ad al Sadr con un loro uomo, Adnan al Zofri) e a Kerbala (dove, attaccato il quartier generale di al Sadr, si posizionano presso i santuari). Si combatte anche a Kufa. Moqtada al Sadr sfugge comunque all’attacco. I soldati italiani subiscono due attacchi presso Nassiriya e rispondono al fuoco: un bersagliere italiano è leggermente ferito, mentre secondo fonti della polizia locale due civili e un combattente iracheni sono uccisi.

8 maggio 2004

L’esercito al Mahdi combatte le truppe britanniche e la polizia irachena a Bassora, attacca edifici e occupa un ponte. Il sabotaggio, nella penisola di Fao (60 km a sud di Bassora), di un tratto dell’oleodotto che porta il greggio verso i terminali nel Golfo determina la temporanea paralisi delle esportazioni. Il bombardamento del quartiere di Sadr city e degli uffici di Moqtada alla periferia di Baghdad causa la morte di almeno35 persone.

11 maggio 2004

Su un sito considerato vicino ad al Qaeda appare il video dell’uccisione dell’americano Nick Berg, rapito il 9 aprile, e la rivendicazione di un gruppo facente capo ad Abu Mussab al Zarqawi. Il corpo dell’ostaggio è stato trovato decapitato lo scorso 8 maggio (v. più oltre il cap. "I sequestri").

12 maggio 2004

A Kerbala, la moschea Mukhaiyam, base dei seguaci di al Sadr, è per metà distrutta e 25 miliziani sono uccisi; 7 alberghi e parecchi negozi sono in fiamme. Minacciata nuovamente anche Falluja.

14 maggio 2004

Dopo la preghiera del venerdì, il portavoce dell’Ufficio del martire al Sadr annuncia il jihad e dichiara inviolabile la città di Nassiriya. I miliziani di al Mahdi immediatamente occupano il ponte principale della città, impegnano scontri al governatorato, assaltano la sede locale della Cpa (all’interno della quale si trovano, oltre alle truppe italiane, anche civili e giornalisti) ferendo 2 paramilitari filippini.

15 maggio 2004

A Najaf , durante feroci combattimenti, i carri armati americani per inseguire alcuni guerriglieri in cerca di scampo entrano perfino nel cimitero attiguo al mausoleo di Ali, dove ogni sciita desidera essere sepolto, distruggendo le tombe. Le trattative per una soluzione ‘tipo Falluja’ continuano senza successo: gli occupanti sperano infatti che i commercianti esasperati per i mancati guadagni, le grandi famiglie filoamericane, gli sciiti di al Dawa e dello Sciri sostenuti dal nuovo governatore inducano Moqtada e seguaci ad andarsene, o arrivino ad eliminarlo fisicamente. A Nassiriya continuano gli attacchi alla sede della Cpa e nei pressi della base ‘Libeccio’: qui sono feriti 3 lagunari, uno dei quali morirà il giorno successivo. Le truppe italiane rispondono al fuoco ‘secondo le regole di ingaggio’ e i combattimenti sono violentissimi.

16 maggio 2004

A Nassiriya, rompe l’assedio dei guerriglieri l’intervento di un caccia americano che bombarda 5 veicoli che trasportano munizioni, secondo la versione ufficiale; o 15 abitazioni uccidendo una decina di persone tra cui alcuni civili, secondo altre testimonianze.

17 maggio 2004

A Najaf e Kerbala, i carri armati e l’aviazione americana uccidono almeno 30 guerriglieri del Mahdi. A Baghdad, una autobomba esplode presso il palazzo presidenziale, ora occupato da Paul Bremer, uccidendo il presidente di turno del Consiglio governativo Ezzedine Salim, appartenente al partito sciita al Dawa di cui è stato tra i fondatori.

18 maggio 2004

Negli scontri a Najaf muoiono 51 combattenti del Mahdi.

18 maggio 2004

A Mukaradeeb, un villaggio di 25 case nel deserto occidentale al confine con la Siria, alle 2,30 del mattino, alcuni elicotteri e blindati americani bombardano e fanno strage dei partecipanti ad un matrimonio, mentre stanno dormendo dopo i festeggiamenti: muoiono almeno 45 persone. Nonostante le testimonianze dei sopravvissuti e dei medici dell’ospedale di al Qaem delineino concordemente lo scenario sopra descritto, nonostante la presenza tra i morti di 11 donne, di 14 bambini, di un cantante e di musicisti piuttosto famosi in Iraq, il portavoce militare americano Mark Kimmitt insiste per qualche giorno nella versione dell’attacco ad un centro di combattenti stranieri. Ma il 24 maggio la Associated Press diffonde un video, girato dal fotografo ufficiale del matrimonio poche ore prima della strage, che toglie ogni dubbio sullo svolgimento dei fatti. La strage è probabilmente frutto della volontà americana di ‘punire’ il villaggio e le tribù del deserto circostante per le attività di contrabbando attraverso il vicino confine.

21 maggio 2004

A Kerbala e Najaf, nella notte, carri armati e Ac-130 bombardano le postazioni dell’esercito al Mahdi e uccidono 40 iracheni. Più tardi, a Kufa, durante la preghiera del venerdì , Moqtada al Sadr incita 15.000 seguaci a continuare la rivolta contro gli invasori; a Najaf invece la battaglia si estende al cimitero e impedisce la celebrazione della preghiera festiva. Retate di sciiti radicali anche a Kirkuk.

22 maggio 2004

Una autobomba esplosa in un quartiere orientale di Baghdad ferisce il vice ministro degli Interni, generale Abdul Jabbar Youssef al Sheikhli, uccide 4 delle sue guardie del corpo e un passante. Come Ezzedine Salim (v. 17 maggio 2004), anche al Sheikhli appartiene al partito sciita al Dawa. Poco dopo, colpi di mortaio colpiscono un ingresso del palazzo presidenziale occupato da Paul Bremer, ferendo due militari e un civile.

23 maggio 2004

Il "Sunday Times" pubblica gli stralci di un memorandum predisposto dal ministero degli Esteri britannico, nel quale si critica la conduzione americana della guerra in Iraq: "Le tattiche militari statunitensi particolarmente pesanti utilizzate a Falluja e Najaf qualche settimana fa hanno scatenato l’opposizione sunnita e sciita contro la coalizione"; questo "ci ha fatto perdere consensi all’interno dell’Iraq" e ha determinato "la diffusione dei combattimenti anche nel sud del paese", cioè nella zona sotto controllo inglese, mentre anche "gli italiani sembrano avere perso il controllo di Nassiriya".

24 maggio 2004

A Sadr city e a Kufa sono uccisi almeno 50 combattenti dell’esercito al Mahdi. A Baghdad, nella super protetta zona verde, un attacco della resistenza ad un convoglio britannico uccide 2 guardie e ne ferisce altre 3.

24 maggio 2004

Il quotidiano iracheno "al Sabah", appartenente all’Iraqi media network (controllato direttamente dalla Cpa), informa che funzionari doganali della provincia di Dhi Qar (dove sono stanziate le truppe italiane) hanno stroncato un’operazione di contrabbando di reperti archeologici, intercettando un’auto del contingente italiano che li stava trafugando in Kuwait. Tra i compiti del contingente italiano c’è anche la protezione dei siti archeologici della provincia, tra i quali la caldea Ur, siti sumeri e assiro babilonesi.

25 maggio 2004

A Najaf, durante i combattimenti tra le forze americane e l’esercito al Mahdi, un proiettile di artiglieria pesante colpisce la moschea di Ali, distruggendo la porta che conduce alla tomba del califfo. L’Organizzazione irachena per i diritti umani denuncia la pratica sempre più frequente dei furti compiuti dai soldati statunitensi negli appartamenti degli iracheni durante le perquisizioni e i raid: i comandi americani giustificano i furti come una tattica di contrasto della resistenza.

27 maggio 2004

L’esercito americano annuncia in serata la sospensione delle attività militari nella città santa di Najaf, impegnandosi a ritirare le truppe dal centro abitato in parallelo al dispiegamento della polizia irachena. Moqtada al Sadr si impegna a consegnare alla polizia gli edifici pubblici occupati, a trattenere presso di sé i soli miliziani originari della zona di Najaf e a rimandare ai paesi d’origine quelli accorsi da altre zone dell’Iraq, mentre il mandato di cattura spiccato contro di lui e la sorte delle sue milizie saranno oggetto di futuri negoziati.. L’accordo è utile, in questo momento, anche agli Stati uniti, per far fronte alle pressioni di Londra (v. sopra, 23 maggio 2004) e per salvare la faccia di fronte all’Onu, durante le trattative per la nuova risoluzione (v. più oltre il cap. "Il ‘passaggio dei poteri’ "), ma la volontà americana di far fuori Moqtqda al Sadr e i suoi seguaci è più forte di tutto: qualche ora dopo la conclusione della tregua, un maldestro tentativo americano di arrestare il leader sciita causa una ripresa dei combattimenti e una decina di vittime irachene.

29 maggio 2004

Le truppe americane attaccano l’esercito al Mahdi a Kufa e Najaf: i combattimenti riprendono e continuano nei giorni successivi. Una ventina le vittime irachene. La gestazione del ‘nuovo’ governo (v. più oltre il cap. "Il ‘passaggio dei poteri’ ") è salutata da una recrudescenza degli attentati, a Baghdad e altrove.

31 maggio 2004

A Najaf, oltre 150 poliziotti iracheni, appena giunti da Baghdad per pattugliare la città insieme ai soldati Usa, tornano alla loro caserma con l’autostop dopo che, come rancio, è loro data carne di maiale. Continuano i combattimenti, con numerosi morti iracheni.

3 giugno 2004

Le forze americane attaccano ancora i seguaci di al Sadr: circa 20 i morti nelle ultime 48 ore.

4 giugno 2004

A Baghdad, nel quartiere di Sadr city roccaforte di Moqtada, in risposta a rastrellamenti e arresti compiuti dalle forze americane, la resistenza attacca a colpi di mortaio una loro base: seguono violenti combattimenti e agguati. A Najaf e Kufa non si combatte, si sta concludendo una nuova tregua. I miliziani del Mahdi contestano lo sceicco Sadreddin Kubanji, esponente dello Sciri, acerrimo nemico di Moqtada al Sadr e ancor prima di suo padre, l’ayatollah Mohamed Sadeq al Sadr.

5 giugno 2004

A Najaf, dopo un incontro tra al Sadr e al Sistani, regista della tregua, è raggiunto un nuovo accordo: la polizia irachena riprende il controllo della città, gli americani si ritirano dal centro e i miliziani del Mahdi girano disarmati. Settimane di bombardamenti, distruzioni nelle città sante e morti (oltre 700 guerriglieri sciiti sono caduti) non hanno consentito agli Usa di raggiungere il proprio obiettivo: la fine, in un modo o nell’altro, della resistenza sciita e del suo leader. La prevista rivolta degli sciiti moderati contro al Sadr non c’è stata, lo Sciri e al Dawa sono stati frenati dalla crescente popolarità del leader radicale tra le masse sciite, lo stesso al Sistani ha impedito in ogni modo lo scontro intestino. Gli americani violano la tregua a Falluja, entrando nella zona settentrionale della città con alcuni mezzi corazzati: seguono aspri combattimenti.

7 giugno 2004

A Kufa, una esplosione probabilmente provocata da un razzo danneggia gravemente la moschea sciita in cui fu ucciso l’imam Ali.

8 giugno 2004

A poche ore dalla nuova risoluzione Onu che riconosce l’occupazione dell’Iraq, i gruppi della resistenza ricordano in un volantino congiunto distribuito a Falluja che "la lotta continua fino al ritiro delle forze occupanti" e lanciano una serie di attacchi in tutto il paese, a partire da Falluja, dove la tregua è sempre più in forse, fino a Baquba, Baghdad, Mossul, Kirkuk, Kerbala. Sono liberati i tre ostaggi italiani, con una operazione il cui resoconto rimane nel vago ed è obiettivamente poco plausibile (v. più oltre il cap. "I sequestri").

8 giugno 2004

L’Onu approva in tarda serata la risoluzione n° 1546 che riconosce il governo Allawi, nominato da Bremer e dal Consiglio governativo, destinato ad assumere (limitati) poteri il 30 giugno (v. più oltre il cap. "Il ‘passaggio dei poteri’ "), e su richiesta del medesimo, la permanenza delle truppe occupanti, ribattezzate ‘forza multinazionale’.

10 giugno 2004

A Najaf, il tentativo della polizia irachena di arrestare i combattenti del Mahdi nascosti nel cimitero fa esplodere nuovi scontri, cui non partecipano le truppe americane. I miliziani assaltano e saccheggiano una stazione di polizia. Il governatore della città, Adnan al Zofri dà un ultimatum di 24 ore ai seguaci di al Sadr "per mettere fine alle azioni armate".

11 giugno 2004

Durante la preghiera del venerdì, Moqtada al Sadr con toni pacati lancia un appello al nuovo governo perché si impegni a mettere fine all’occupazione; invita ad accantonare le differenze e a lavorare per un Iraq unificato.

12 giugno 2004

Il vice ministro degli Esteri Bassam Salih Kubba è ucciso in un attentato nel quartiere di Adhamiya, al suo ritorno da New York, dove ha partecipato alle trattative per la risoluzione Onu. Si combatte ancora nel cimitero di Najaf.

13 giugno 2004

Scontri a Baghdad, nel quartiere di Sadr city, tra i combattenti del Mahdi e le truppe americane, mentre la tregua regge a Najaf e Kufa.

15 giugno 2004

Due sabotaggi colpiscono presso Fao, nel sud del paese, l’oleodotto che porta il petrolio iracheno ai terminali del Golfo; un altro sabotaggio colpisce un oleodotto presso Kirkuk.

16 giugno 2004

Ancora due attacchi colpiscono l’oleodotto presso Fao e bloccano le esportazioni petrolifere. Gli attentati sono rivendicati dal Comitato Iraq, un gruppo della resistenza composto da elementi del Baath. Immediatamente l’Opec annuncia un incremento delle esportazioni di petrolio per compensare la perdita di quello iracheno e contrastare l’aumento del prezzo. Iyad Allawi quantifica in un miliardo di dollari le perdite dovute ai sabotaggi nel settore energetico.

17 giugno 2004

Una autobomba esplode a Baghdad davanti al centro di reclutamento dell’esercito iracheno, causando 40 morti e 140 feriti. Il governo iracheno e la Cpa attribuiscono l’attentato al gruppo di al Zarqawi.

19 giugno 2004

Un aereo americano lancia due missili su Falluja, distruggendo un edificio e danneggiandone altri. Il portavoce militare americano Mark Kimmit sostiene, dopo molte ore di imbarazzato silenzio, che l’edificio distrutto era usato dai seguaci di al Zarqawi. Le vittime, tra cui donne e bambini, sono più di 20. Il premier Iyad Allawi, non consultato dagli americani e informato solo 5 minuti prima dell’attacco, plaude: a questi bombardamenti "diamo il benvenuto in qualsiasi luogo dell’Iraq".

21 giugno 2004

A Falluja si svolge una partecipata manifestazione di protesta contro il pretestuoso attacco del 19 giugno. Lo sceicco Abd al Hamid al Jumaili dichiara: "Il mito di Zarqawi e come quello delle armi di distruzione di massa: un pretesto per colpire città inermi, attaccare moschee, degenti e orfani". Il giorno seguente le forze americane bombardano nuovamente la città.

24 giugno 2004

A poca distanza dal ‘passaggio di poteri’ al ‘nuovo’ governo iracheno, un’offensiva coordinata della resistenza coinvolge il triangolo sunnita (Falluja-Ramadi-Baquba), Mossul e la capitale: gli obiettivi sono quasi sempre le stazioni di polizia. Zarqawi rivendica gli attentati a nome del gruppo Tawhid e Jihad; anche il Baath li rivendica, con maggiore credibilità, visto l’alto numero di combattenti coinvolti e il grado di coordinamento delle operazioni, collegabili ad una forza con un annoso radicamento nel paese piuttosto che ad un gruppo straniero; gli Usa privilegiano la rivendicazione di Zarqawi, perché ritengono più conveniente attribuire gli attentati ad elementi stranieri anziché alla popolazione irachena. Moqtada al Sadr non partecipa a questa ondata di attacchi, anzi dichiara una tregua, spinto probabilmente da al Sistani che, come altri imam sciiti, non approva attentati contro la polizia irachena. A Falluja, nuovamente bombardata, rientrano i carri armati americani. Il Comando centrale Usa prospetta all’esercito l’eventualità di impegnare in Iraq altri 25.000 soldati.

25 giugno 2004

Falluja subisce un nuovo bombardamento, le vittime sono 25. Ufficialmente l’obiettivo è sempre al Zarqawi, anche se i mujahiddin continuano a negare che si trovi in città; in un messaggio registrato alcuni di loro affermano: "Queste chiacchiere su Zarqawi e seguaci fanno parte di un gioco che gli americani portano avanti per colpire l’islam e i mussulmani nella città delle moschee". Alcuni imam sunniti, pure favorevoli alla resistenza, condannano gli attentati alla polizia irachena, perché non sono diretti contro gli occupanti e "l’islam vieta l’uccisione di un altro iracheno".

26 giugno 2004

A Baquba, la sede dello Sciri è attaccata con razzi e colpi di mortaio e un attentato suicida colpisce la sede dell’Accordo nazionale iracheno, il partito di Allawi. Ad Arbil, una autobomba provoca un morto e il ferimento di Mahmud Mohamed, ministro della Cultura (Pdk) del nuovo governo; a Najaf, i guerriglieri del Mahdi si scontrano con le truppe Usa. Nuovo bombardamento a Falluja, secondo il portavoce militare americano Kimmit sempre mirato contro al Zarqawi, "l’obiettivo n°1" che "forse" è sfuggito anche al nuovo attacco.

28 giugno 2004

Anche per il timore di attentati, il passaggio dei poteri al nuovo governo provvisorio avviene a sorpresa con 2 giorni di anticipo; dopo la cerimonia Paul Bremer lascia immediatamente l’Iraq. Nel paese rimangono 160.000 militari occupanti, di cui 138.000 americani. Al Arabiya e una radio irachena legata agli Usa annunciano la cattura di al Zarqawi a Hilla (zona controllata dai polacchi), ma più tardi Kimmit smentisce la notizia. Non si conosce nemmeno approssimativamente, a questa data, il numero delle vittime irachene dall’inizio della guerra: i dati delle organizzazioni umanitarie sono fermi ai 10.000 morti civili nel 2003: secondo Dennis Halliday, già coordinatore del programma dell’Onu per l’Iraq e dimissionario nel 1998 perché contrario alla politica genocida delle sanzioni, il bilancio deve ritenersi tre volte superiore a quella cifra (cfr."Il Manifesto", 1 luglio 2004, intervista realizzata da Patricia Lombroso "Per crimini di guerra va arrestato Bush").