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27 luglio 1943

Alle 13,30, conclusi i preliminari, il Comando supremo germanico ordina di dare corso all’operazione ‘Alarico’ con inizio dal 30 luglio. Le truppe tedesche entrano così in forze in territorio italiano attraverso il valico del Brennero, senza richiedere alcuna autorizzazione ai comandi italiani né specificare la loro destinazione e senza incontrare alcuna resistenza. In poco più di un mese, i tedeschi potranno contare, in Italia, su 17 divisioni, di cui 7 motorizzate o corazzate, oltre a 150.000 elementi non inquadrati nelle divisioni. Occupazione tedesca

27 luglio 1943

Hans George von Mackensen invia un telegramma a Berlino: "Il Partito fascista, in Italia, si reggeva su Mussolini e, come gli eventi hanno dimostrato, è caduto con lui…E’ stata la maggioranza dei grandi gerarchi a colpire a morte il suo Duce politicamente; ma, ciò facendo, è andata incontro al suicidio, pur senza volerlo"..

27 luglio 1943

Il generale Cesare Amè, capo del Sim, invia all’ammiraglio Walther Wilhelm Canaris un telegramma: "Gli sviluppi verificatisi sono l’inevitabile risultato della convinzione diffusa non soltanto nella popolazione ma anche tra i più autorevoli ambienti del partito: e cioè che, conservando al potere il regime fascista, presto l’Italia sarebbe precipitata ineluttabilmente in una catastrofe. Ha avuto luogo un cambiamento di regime che si è guadagnato la piena approvazione di tutti i settori del paese: e ciò tanto più in quanto sia il maresciallo Badoglio sia i ministri di recente nomina, in contrasto con i loro predecessori al governo, sono senz’altro personalità che alla competenza uniscono l’onestà personale. L’atmosfera calma e disciplinata in cui si è instaurato il nuovo regime costituisce la migliore prova del malgoverno dell’antico".

27 luglio 1943

A Roma, il generale Ambrosio annota nel suo diario: "Hitler si sente ancora più legato a Mussolini: uno sganciamento dai tedeschi è ora ancora più difficile".

27 luglio 1943

A Roma, il cardinale Luigi Maglione illustra a Ernst von Weizsacker l’impotenza del Vaticano ad intervenire nel conflitto in corso nel ruolo di mediatore: "La Santa Sede desidera, e non da ieri o da oggi, sinceramente e fermamente una pace giusta, equa e duratura ma non può offrirsi come mediatrice se non è pregata da una almeno delle due parti in conflitto. Ora da nessuna di esse la Santa Sede è stata invitata a interporsi: né l’Italia, né la Germania, né gli anglosassoni hanno manifestato simile desiderio. Se la Santa Sede, di sua iniziativa, domandasse a quali condizioni vogliono trattare gli anglosassoni, questi risponderebbero ripetendo le condizioni già proclamate parecchie volte…e l’Italia e la Germania potrebbero dire alla Santa Sede: Chi vi ha pregato di provocare tali dichiarazioni?" Vaticano

27 luglio 1943

Il segretario del Pnf Carlo Scorza invia al maresciallo Pietro Badoglio una lettera nella quale scrive: "…Dopo due giorni di silenzioso lavoro ritengo di poter considerare esaurito il compito di persuasione e disciplina tra i fascisti impostomi dalla mia coscienza, come sacro dovere di soldato, in seguito al cambiamento del governo".

27 luglio 1943

Il maresciallo Pietro Badoglio invia un telegramma ad Adolf Hitler, ribadendo che l’Italia continuerà la guerra a fianco della Germania e pregandolo di ricevere il suo emissario, generale Efisio Marras, addetto militare a Berlino, latore della proposta di un incontro fra il Re e lo stesso Hitler. La proposta sarà decisamente respinta.

27 luglio 1943

Il governo presieduto da Pietro Badoglio si riunisce per la prima volta. Ne fanno parte il prefetto Gino Fornaciari agli Interni (sostituito quasi subito dal senatore Umberto Ricci); Raffaele Guariglia, ambasciatore ad Ankara, agli Esteri; Antonio Sorice, alla Guerra; Raffaele De Courten alla Marina; generale Carlo Favagrossa, Approvvigionamenti e produzione bellica; generale Renato Sandalli, Aviazione; generale Federico Amoroso, Comunicazioni; generale Melchiade Gabba, Africa italiana; Domenico Barbolini, Finanze e tesoro ; Giovanni Acanfora, Scambi e valute; Leopoldo Piccardi, Corporazioni; Gaetano Azzariti, Giustizia; Leonardo Severi, Educazione nazionale; Domenico Romano, Lavori pubblici; Alessandro Brizi, Agricoltura; Guido Rocco, Cultura popolare; Pietro Baratono, sottosegretario alla presidenza del Consiglio.

27 luglio 1943

Il generale Mario Roatta, nella sua "Direttiva su mantenimento della disciplina e dell’ordine" scrive: "Durante le operazioni in Sicilia si è verificato che la popolazione, malgrado l’ordinanza in proposito, si è riversata in disordine sulle vie di comunicazione, bloccandole: gruppi di popolani, ad onta della presenza di posti di guardia, hanno demolito un pontile, nella supposizione che esso potesse attirare il tiro delle navi avversarie; militari di batteria contraerea, di batterie Milamert, di campi di aviazione, di reparti sfusi di magazzini di depositi, uffici ecc. hanno abbandonato il loro posto affluendo, anch’essi in disordine e sovente su automezzi ed altri veicoli, sulle ferrovie e rotabili, verso lo stretto di Messina. Reparti, sia pure in blocco e in ordine si sono messi in moto per conto loro ritirando per esempio dalle posizioni, batterie che vi erano ancora utili; sbandati delle province sicule si sono diretti alle loro case, indossando talvolta abiti civili, ecc. ecc. Contemporaneamente, militari siciliani da tutte le parti della penisola si sono diretti arbitrariamente a Villa San Giovanni e Messina e, una volta raggiunta l’isola, hanno per lo più proseguito per la residenza delle loro famiglie, anziché portarsi a combattere. Ed alcuni gruppi di tali ‘volontari’ hanno dato luogo a scenate di fronte a nuclei in servizio di controllo e polizia che li fermavano, nella penisola e in Sicilia; ne è risultato un gran disordine, spettacolo indecoroso, effetto pernicioso sul complesso delle truppe, ed anche intralcio notevole alle operazioni e rifornimenti. Tanto che a Messina in un certo momento è stato persino impossibile lo sbarco e il deflusso dei rinforzi. E’ solo con una reazione energica e passando per armi numerosi individui (ivi compresi alcuni ufficiali) che si è potuto ristabilire l’ordine a cavallo dello stretto". Repressione armata

27 luglio 1943

E’ proclamato lo stato di guerra sull’intero territorio nazionale. Repressione armata

27 luglio 1943

A Milano, l'esercito spara sui manifestanti, in via Carlo Alberto, provocando 2 morti e 20 feriti. Sempre a Milano, il carcere di San Vittore entra in rivolta a seguito dell’ammutinamento dei detenuti politici, provocando l’intervento della 7° Fanteria che fa uso delle armi, uccidendo un detenuto e ferendone 14. La polizia arresta presso il suo studio l’avvocato Mario Paggi, insieme ad altre 20 persone fra le quali Alberto Mortara, Antonio Zanotti e Emiliano Zazo. Repressione armata- caduti

27 luglio 1943

A Milano, il prefetto comunica al ministero degli Interni: "Elementi sovversivi vanno organizzando la caccia all’uomo, si colpiscono vecchi fascisti et gerarchi, si minacciano industriali et cellule sovversive agiscono apertamente"

27 luglio 1943

A Lallio (Bergamo), scontri tra dimostranti antifascisti e forze di polizia si concludono con un manifestante ucciso. Repressione armata- caduti

27 luglio 1943

A Massalombarda, in scontri tra fascisti e militari, aizzati dagli antifascisti, perdono la vita 4 persone e 11 rimangono ferite. Repressione armata- caduti

27 luglio 1943

A Torino, l'esercito apre il fuoco sui dimostranti che protestano contro la guerra, provocando un numero imprecisato di feriti. Repressione armata

27 luglio 1943

A Genova, le truppe aprono il fuoco sui cittadini che manifestano per la caduta del regime uccidendone 3. Repressione armata- caduti

27 luglio 1943

A Sarissola di Busalla (Genova), la polizia interviene contro gli operai in sciopero, uccidendone uno. Repressione armata- caduti

27 luglio 1943

A Sestri Ponente (Genova), nel corso di uno sciopero le forze di polizia aprono il fuoco ferendo gravemente un dimostrante, che morirà il 2 agosto successivo. Repressione armata- caduti

27 luglio 1943

A Monfalcone, le forze di polizia aprono il fuoco sugli operai in agitazione, provocando 13 feriti. Repressione armata

27 luglio 1943

A Bologna, per stroncare una manifestazione operaia intervengono reparti dell’esercito e forze di polizia, che aprono il fuoco uccidendo un dimostrante e ferendone altri 3. Repressione armata- caduti

27 luglio 1943

A Firenze, l'esercito spara sui dimostranti provocando 30 feriti. Repressione armata

27 luglio 1943

E’ scarcerato Lombardo Radice, per intervento del cardinale Luigi Maglione che richiede la scarcerazione di tutti i componenti del gruppo dei cattolici comunisti. Vaticano

27 luglio 1943

A Roma, giungono gli esponenti del Partito d’azione Franco Venturi e Manlio Rossi Doria. A Firenze, fa ritorno l’azionista Carlo Furno. Rientra dalla Svizzera Ugo La Malfa.

27 luglio 1943

A Torino, il Partito d’azione affigge un manifesto che incita a "marciare a fianco dei lavoratori delle fabbriche, marciare per la pace, per la libertà, per il nostro avvenire di popolo libero", affermando che "nessuna crosta deve formarsi su questa lacerazione del popolo italiano".

27 luglio 1943

Giaime Pintor scrive nel suo diario: "La nostra via è molto chiara, mettersi subito all’opposizione e collaborare col Partito d’azione per ottenere da questo governo semifascista il massimo di concessioni democratiche, restare all’opposizione e porsi come il partito della vera rinascita italiana quando il Partito d’azione salirà al potere con l’handicap di essere il firmatario della pace e il beniamino dei vincitori".

27 luglio 1943

Il quotidiano comunista "L’Unità" scrive: "La pace che le folle rivendicano nell’interesse della nazione e per la salvezza di tanti figli d’Italia, ancor oggi esposti al fuoco di tante inutili battaglie, deve essere rapidamente conclusa nell’onore e nella dignità di un popolo, che ha avuto nel suo governo di traditori il più atroce nemico". P.C.I.

27 luglio 1943

E’ stilato il documento che sarà posto alla base della costituzione dell’Upis (Unione per l’indipendenza siciliana), che si propone "la creazione, a prescindere da qualsiasi partito dello Stato indipendente, sovrano, repubblicano di Sicilia…" Separatismo- Sicilia

27 luglio 1943

Il sottotenente Mario Batà scrive alla madre: "Solo ora comincia la nostra guerra e vedrai che sapremo scrivere ancora pagine gloriose, epiche; ora che si combatte per la nostra Patria, non già per un’idea che nessuno sentiva e per una schiera di ladroni…"

27 luglio 1943

A Ventotene, il commissario di Ps Marcello Guida rifiuta di accogliere Benito Mussolini perché, afferma, non potrebbe proteggerlo dalle ire dei confinati. A bordo della corvetta Persefone, Mussolini è portato sull’isola di Ponza.

27-28 luglio 1943

A Roma, sotto la presidenza di Ivanoe Bonomi, si svolgono riunioni del ‘Comitato nazionale delle correnti antifasciste’ che formulano il voto di richiedere al governo di provvedere alla soluzione urgente di tre problemi: 1) scioglimento del Partito fascista e delle sue istituzioni; 2) liberazione dei detenuti politici e dei confinati; 3) libertà di stampa. E’ quindi dato a Bonomi "incarico di fiducia per rappresentare al governo i desideri delle congiunte correnti antifasciste".

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