La Palestina dopo Arafat

11-12 novembre 2004

A Parigi, alle 03.30 del mattino dell’ultimo giorno del Ramadan, muore Yasser Arafat. Al Cairo, si svolgono funerali di Stato con solenni onori militari (già tributati alla partenza dalla Francia) alla presenza di capi di Stato, delegazioni diplomatiche di tutto il mondo, esponenti religiosi. Sono assenti i soli israeliani che considerano gli onori tributati al leader scomparso un "insulto per lo Stato ebraico". A Ramallah, una folla enorme ha atteso il feretro del leader più amato, il padre della Palestina, fra pianti, preghiere, invocazioni di libertà: neppure il servizio di polizia riesce a trattenere la folla, che letteralmente si impadronisce del feretro e lo scorta fino alla tomba provvisoria allestita alla Muqata, coperta da terriccio prelevato dalla Spianata delle moschee.

14 novembre 2004

Presso la Muqata, Abu Mazen è oggetto di una violenta contestazione, per la sua politica remissiva verso Israele ed il suo sfavore verso la Intifada, da parte di un gruppo armato che uccide due uomini della scorta. L’azione è smentita dai principali gruppi della resistenza.

19 novembre 2004

Il quotidiano israeliano "Yedioth Ahronot" divulga alcune ‘foto- ricordo’ di militi israeliani che si trastullano con i cadaveri di palestinesi uccisi, ad uno dei quali è stata mozzata la testa. Casi dello stesso genere, oltre quelli riferiti dal giornale che concernono il battaglione Nahal Haharedi operante nella valle del Giordano, sono segnalati in altre località, da Gaza a Hebron e Jenin.

24 novembre 2004

La Corte suprema israeliana autorizza la costruzione di un altro tratto del Muro nei pressi di Gerusalemme.

3 dicembre 2004

Nel villaggio di Raba, presso Jenin, in una delle abituali incursioni israeliane, è assassinato il giovane esponente della Jihad, Mahmud Kamil, mentre giaceva a terra ferito e disarmato.

7 dicembre 2004

A Gaza - in risposta ad un attentato compiuto da Hamas per replicare alle più recenti azioni degli occupanti - aerei da guerra israeliani lanciano missili che uccidono sul colpo 4 palestinesi e ne feriscono molti altri, fra cui due bambini. Diramando la notizia la radio israeliana riporta l’ammissione di portavoce militari circa l’abitualità delle pratiche di ritorsione contro i familiari dei sospetti attentatori, ed il sequestro di civili per usarli come scudi umani durante le incursioni da terra.

8-11 dicembre 2004

A Rafah, soldati israeliani sparano uccidendo 5 palestinesi; il giorno seguente, un altro è ucciso mentre transitava con la sua auto, con 3 feriti: attacco diretto presumibilmente contro il leader dei comitati di resistenza Jamal Abu Samhadana, che non centra il bersaglio. Hamas e le brigate militari di Fatah rispondono piazzando un ordigno in un tunnel sottostante ad un fortino degli occupanti, che causa 4 morti fra i soldati. Yehiel Hazan, esponente del Likud, così commenta l’attentato: "Gli arabi sono vermi e sono in ogni luogo, sotto terra e sopra, vermi che attaccano il popolo ebreo".

9-10 dicembre 2004

La promessa israeliana di garantire la libertà delle elezioni palestinesi previste per il 9 gennaio, fatta a Colin Powell nel corso della sua visita a Gerusalemme a fine novembre, è già smentita. Mustafà Barghuti, candidato alternativo ad Abu Mazen, è preso a botte e costretto un’ora con la faccia a terra, sotto la minaccia delle armi; malmenato ad un check point anche Bassam Salhi, candidato del Partito del popolo. Il 27 novembre, ha ritirato la candidatura Marwan Barghouti, leader di Al Fatah ristretto in un carcere israeliano.

10 dicembre 2004

A New York, è pubblicizzato il rapporto di John Dugard alla commissione per i diritti umani delle Nazioni unite sulle violazioni commesse da Israele in Palestina. Dopo aver enumerato le devastazioni e le uccisioni commesse dagli occupanti, il relatore afferma che col ritiro unilaterale Israele "non ha previsto di allentare la presa sulla Striscia di Gaza ma prevede di controllarne i confini, le acque marittime territoriali e lo spazio aereo", nonché di garantirsi un’ampia fascia di sicurezza, così che si dovrà considerare "a tutti gli effetti forza occupante". Confuta quindi le motivazioni addotte dal governo israeliano per la costruzione del Muro indicandone gli scopi reali in: "1. Inclusione di zone coloniche all’interno di Israele; 2. Confisca di terre palestinesi; 3. Incoraggiare i palestinesi a lasciare le proprie terre e case rendendo loro la vita insopportabile". Il rapporto analizza poi le inibizioni alla libertà di movimento realizzata mediante i check point ed afferma : "Le restrizioni alla libertà di movimento imposte ai palestinesi dalle autorità israeliane somigliano alle note pass laws del Sud Africa dell’apartheid. Queste pass laws venivano amministrate in un modo umiliante ma in modo uniforme. Le leggi israeliane che governano la libertà di movimento sono amministrate analogamente in modo umiliante ma sono caratterizzate da arbitrarietà. Sotto un aspetto Israele è andato anche oltre lo scopo della legge dell’apartheid" costruendo strade separate per i coloni; e lo ‘apartheid stradale’ –osserva Dugard- non è stata una caratteristica del regime sudafricano.

17 dicembre 2004

Le forze israeliane scatenano un’offensiva, denominata ‘Ferro arancione’, contro il campo profughi di Khan Yunis, nella Striscia di Gaza. Solo nei primi due giorni l’attacco provoca 11 morti e 40 feriti, alcuni dei quali in fin di vita. Il bilancio ufficiale della repressione della seconda Intifada è, a questa data, di 3.588 vittime.

18 dicembre 2004

A Gerusalemme, è annunciata la costituzione del governo israeliano di unità nazionale che include il Partito laburista, cui sono attribuiti 8 dicasteri.

26 dicembre 2004

Si svolgono nei Territori elezioni amministrative – le prime consultazioni dal 1996- con un afflusso alle urne dell’85%. L’Anp annuncia la vittoria di Al Fatah di stretta misura mentre Hamas ha registrato una forte crescita, ma non rende ancora disponibili i dati precisi. In seguito è reso noto che Al Fatah ha perso 9 amministrazioni a vantaggio di Hamas.

31 dicembre 2004

L’offensiva ‘Ferro arancione’, condotta dalle truppe israeliane contro i campi di Khan Yunis e Rafah, ha mietuto altre 12 vittime palestinesi solo negli ultimi giorni dell’anno mentre fra gli occupanti si registrano solo 3 feriti. Al valico di Rafah, la situazione è insostenibile anche per i divieti imposti da Israele e dall’Egitto, i controlli e le lungaggini burocratiche che provocano file interminabili e anche decessi fra le persone in attesa di passare. E’ stato inoltre nuovamente fermato, e arrestato, il candidato alle presidenziali Mustafà Barghuti, colpevole di essersi trattenuto a Gerusalemme est, che Israele considera proprio territorio.

4-5 gennaio 2005

A Beit Lahya, nella Striscia di Gaza, un bombardamento israeliano provoca 8 morti, fra i quali 3 ragazzini e un bambino, come rappresaglia per il lancio di razzi sugli insediamenti degli occupanti. Il giorno successivo un altro palestinese è ucciso al valico di Eretz; alcuni israeliani restano feriti da razzi esplosi da militanti.

10 gennaio 2005

Nei Territori, il 70% circa dei palestinesi partecipa alle elezioni presidenziali; solo un migliaio ha potuto votare a Gerusalemme su 120.000 aventi diritto, per il boicottaggio israeliano. Abu Mazen riesce vittorioso col 62,3% mentre Mustafà Barghuti ha conseguito il 20% (secondo quest’ultimo le percentuali sarebbero invece, rispettivamente, 55% e 29%). Nella campagna elettorale Abu Mazen, in passato criticato per le sue posizioni giudicate arrendevoli verso Israele, si è presentato come il continuatore di Yasser Arafat, ha chiesto il ripristino dei confini precedenti alla guerra dei sei giorni, la intangibilità del diritto al rientro dei profughi e la liberazione delle migliaia di prigionieri politici, fra i quali Marwan Barghouti. Come ‘prova di buona volontà’ il governo israeliano ha liberato difatti solamente 159 prigionieri, quasi tutti a fine pena e nessuno dei quali è accusato di attentati. Dopo l’annuncio dei risultati elettorali, il premier israeliano Ariel Sharon fa pervenire al nuovo eletto un messaggio di felicitazioni promettendo di riprendere i colloqui interrotti.

11-12 gennaio 2005

Gli israeliani attaccano con bombardamenti aerei basi Hezbollah nel Libano ed uccidono un osservatore francese. Un giovane palestinese che accompagnava all’ospedale la moglie incinta è freddato dai colpi israeliani, mentre la donna ed un terzo palestinese restano gravemente feriti. Presso la base israeliana di Morag, nel sud di Gaza, un attacco rivendicato dalle Brigate martiri di Al Aqsa e di Jihad provoca nell’immediato la morte di un colono ed alcuni feriti e la morte altresì dei due attentatori.

13-14 gennaio 2005

A Karni, al confine fra Israele e Gaza, 3 attentatori palestinesi fanno esplodere nella notte il terminal commerciale provocando la propria morte e quella di 6 israeliani. Il premier israeliano Sharon ordina la cessazione di qualunque contatto finché non sarà cessato ogni attacco armato palestinese, senza peraltro promettere a propria volta la cessazione delle uccisioni. Che, difatti continuano. Otto morti, fra essi un ragazzino disarmato; poi un militante 20enne ed altre 4 persone uccise a cannonate, e poi ancora altri 3 palestinesi uccisi perché trovati ‘in zona vietata’.

17 gennaio 2005

Il presidente Abu Mazen impartisce alle forze di sicurezza palestinesi l’ordine di "prevenire qualsiasi atto di violenza inclusi gli attacchi contro Israele" ed annuncia l’intento di assorbire le Brigate martiri di Al Aqsa e le forze di Hamas e Jihad nella sicurezza dell’Anp. Le due ultime chiedono che il cessate il fuoco non sia unilaterale e di ottenere, come condizione per fermare le ostilità, che Israele cessi a sua volta "le deliberate e quotidiane uccisioni di palestinesi". Il giorno successivo, un giovane kamikaze si fa esplodere nei pressi della postazione di Gush Katif provocando il ferimento di 5 militi, mentre Abu Mazen si trovava a Gaza per convincere i guerriglieri a deporre le armi. E’ questo l’ultimo attentato prima di consentire ad Abu Mazen di esperire il suo tentativo di dialogo.

25-26 gennaio 2005

Il primo ministro palestinese Abu Ala ha firmato il decreto che mette al bando le armi nei Territori. In Cisgiordania, a Qalqilya, militi israeliani uccidono a raffiche di mitra un militante di Hamas e feriscono altri due ed un ragazzino.

27 gennaio 2005

A Gaza, si svolgono le elezioni amministrative (eccetto a Gaza city e Khan Yunis) che   assegnano la netta vittoria ad Hamas che conquista 7 comuni su 10 e 75 seggi su 118, mentre 39 sono assegnati ad Al Fatah e agli altri partiti minori che sostengono Abu Mazen.

30 gennaio 2005

A Gerusalemme, sfilano 130.000 fra coloni, rabbini e seguaci della estrema destra protestando contro il preannunciato ritiro da 5 città (Ramallah, Betlemme, Tulkarem, Kalkilya, Gerico). Già dall’inizio del mese, decine di ufficiali israeliani hanno comunicato ai superiori, preventivamente, il rifiuto di partecipare alla evacuazione di insediamenti colonici in terra palestinese.

31 gennaio 2005

Una bambina di 11 anni è assassinata dal fuoco israeliano nel cortile di una scuola gestita dall’Onu. Le vittime palestinesi dall’inizio della seconda Intifada sono a questa data 3.663 palestinesi e 981 israeliani.

Gennaio 2005

Il governo presieduto da Ariel Sharon comunica che non terrà conto del parere espresso dal procuratore generale dello Stato, Meni Mazuz, che si è pronunciato per l’illegalità del ‘ripescaggio’ di una vecchia legge del 1950 che consente la espropriazione dei beni degli ‘assenti’ palestinesi a Gerusalemme, compresi gli sfollati e coloro che si sono allontanati anche per breve tempo. Non si terrà conto, tantomeno, della protesta delle comunità cristiane, cui appartengono molti fra gli espropriati negli ultimi mesi. Continuano perciò le confische di case e terreni che si aggiungono a quelle in corso per la costruzione del Muro.

3 febbraio 2005

L’Alta Corte di giustizia israeliana respinge il ricorso presentato dai sindaci di Betlemme e Beit Jalla contro il percorso della strada che congiungerà Gerusalemme alla tomba della matriarca Rachele, ulteriore pretesto per violare i diritti di proprietà e di movimento dei palestinesi ed operare annessione di terre.

8 febbraio 2005

A Sharm el Sheick si svolge, con il patrocinio e la mediazione egiziana, l’incontro fra Abu Mazen, Ariel Sharon e il re di Giordania Abdullah II, che dovrebbe sancire la fine dell’Intifada palestinese e la ripresa delle trattative basate sulla Road Map. Subito dopo l’incontro, in ottemperanza agli impegni presi, Abu Mazen ordina la rimozione del generale della polizia Abdel Razek al Mayaida e del capo della sicurezza a Gaza Saeb al Ayez, uomini vicini a Yasser Arafat, aprendo così la strada al colonnello Mohammad Dahlan, discusso personaggio gradito a Israele. Il governo Sharon invece nominerà nei prossimi giorni alla carica di capo di Stato maggiore il generale Dan Halutz, responsabile di un sanguinoso bombardamento su Gaza nell’estate 2002. Sharon ha promesso soltanto la liberazione di 500 palestinesi accusati di fatti minori o a fine pena, su un totale di 8.000 prigionieri politici, ed il rientro di una cinquantina di militanti deportati all’estero, a condizione di una stretta vigilanza. Le parti non hanno formalmente sottoscritto alcun impegno.

14 febbraio 2005

In Libano, è assassinato Rafiq Hariri, mediatore fra le varie fazioni che si incolpano reciprocamente dell’assassinio. L’attentato innesca una grave crisi della quale profittano gli Stati uniti e Israele che, appoggiati dall’Onu, ordinano perentoriamente il ritiro delle truppe siriane dal paese ed il disarmo degli Hezbollah e dei militanti palestinesi. Nelle settimane seguenti si susseguono manifestazioni di diverso segno contro le ingerenze straniere nel paese, alcune contro la Siria, altre contro le pretese americane.

14-16 febbraio 2005

Continua la carneficina. Un militante palestinese è ucciso da soldati israeliani presso la Tomba dei patriarchi. Il giorno dopo, la morte tocca ad un ragazzino di 15 anni a Beitunia, presso Ramallah; il 16, ad altri due palestinesi presso Bracha, in Cisgiordania. Per questi omicidi, provocatori mentre si esige imperiosamente la cessazione della resistenza palestinese, le Brigate martiri di Al Aqsa, inquadrate in Al Fatah, ventilano la fine della tregua unilateralmente concessa. Presso Hebron, 2 volontari cristiani della ‘ comunità Giovanni XXIII’ denunciano di essere stati aggrediti da coloni ebraici a pugni e calci e di essere dovuti ricorrere alle cure ospedaliere.

20 febbraio 2005

Il governo israeliano vota a maggioranza (col voto contrario di 5 membri su 22) il piano di ritiro da 5 città e di sgombero di 21 colonie della Striscia di Gaza e di 4 in Cisgiordania, attizzando l’opposizione dei coloni e dei rabbini di Gaza. Nel tentativo di tranquillizzarli, il ministro della Giustizia comunica che, solo grazie alla costruzione del Muro, Israele sta annettendo l’8% della Cisgiordania, senza tenere conto di Gerusalemme est, che Israele considera interamente propria.

20-23 febbraio 2005

Militi israeliani sparano presso Rafah, ferendo due palestinesi. Sparano anche a un soldato egiziano a nord della stessa località. Il 22, è compiuto un omicidio mirato del quale resta vittima un agente della sicurezza palestinese, Dib Mohammed Hamattu. Il 23, gli israeliani ammazzano 2 ragazzini, uno a Ramallah ed uno a Rafah, quest’ultimo mentre era intento a trasportare un giocattolo.

24 febbraio 2005

Dopo 3 giorni di difficili trattative è formato il nuovo governo palestinese presieduto da Abu Ala, nel quale il primo ministro è stato indotto ad inserire i due elementi desiderati dagli israeliani, Mohammed Dahlan e Nasser Yussef, il primo come responsabile agli affari civili ed il secondo come responsabile degli apparati di sicurezza. Ministro degli esteri è nominato Nasser al Qidwa, nipote di Yasser Arafat, per anni rappresentante palestinese alle Nazioni unite.

25 febbraio 2005

Un kamikaze si fa esplodere sul lungomare di Tel Aviv, davanti ad una discoteca frequentata anche da militari, provocando 50 feriti e 5 morti fra i quali se stesso. L’azione è rivendicata alla Jihad islamica da parte di un suo dirigente libanese, mentre la stessa organizzazione palestinese ha dichiarato di continuare a rispettare la tregua, benché unilaterale. La unica rivendicazione certa è un video girato dallo stesso attentatore, uno studente 21enne di Tulkarem. Il primo ministro palestinese Abu Ala ordina la repressione dei responsabili e Nasser Yussef fa arrestare 2 militanti di Jihad. Israele a sua volta opera altri 5 arresti, fra i quali quello dell’imam Qassem Qassem e profitta dell’occasione per bloccare la liberazione di 400 prigionieri palestinesi che si dovevano aggiungere ai precedenti 500.

Febbraio 2005

In un’intervista rilasciata ad "Arabmonitor" il portavoce di Hamas, Osama Hamdan, denuncia che "a Sharm el Sheick Abu Mazen ha dato senza nulla ricevere…gli israeliani non si sono assunti alcun impegno", mentre "il muro continua ad avanzare e la violenza nei confronti dei palestinesi rimane quotidiana". Hamas vuole anch’essa la tregua- spiega- e chiede che siano soddisfatte "almeno due richieste: il rilascio di tutti i prigionieri palestinesi da parte israeliana e la cessazione di ogni forma di violenza nei confronti dei palestinesi" ricordando che tra gli 8.000 prigionieri "ci sono 485 minorenni, 250 donne, 15 di loro in stato di gravidanza, 300 sono affetti da gravi malattie. Gli israeliani possono rilasciare 500 detenuti oggi e arrestare 1000 domani. Il problema, in questo modo, non si risolve mai".

1 marzo 2005

A Londra, si apre la conferenza sul Medio Oriente con i rappresentanti di 20 paesi e del segretario delle Nazioni unite Kofi Annan, presenti i rappresentanti palestinesi e significativamente assenti gli israeliani. I c.d. ‘paesi donatori’ presentano il piano di finanziamento a favore dei palestinesi che prevede un impegno dell’Unione europea per 250 milioni di euro, impegno peraltro condizionato alla fine della resistenza armata contro l’occupante. La Banca mondiale, dal canto suo, rende noto un progetto di finanziamento per l’allestimento di posti di blocco e transiti da un versante all’altro del Muro, con la motivazione ufficiale di "favorire i palestinesi", e quella reale di far accettare come irreversibile lo stesso Muro e le annessioni illegali compiute da Israele di terre palestinesi.

3 marzo 2005

A Jenin, mediante un’incursione, forze israeliane sequestrano 7 militanti di Jihad con la motivazione che essi sarebbero collegati all’attentato di Tel Aviv del 25 febbraio.

8 marzo 2005

Il quotidiano israeliano "Haaretz" rende noto il ‘rapporto Sasson’ sugli avamposti israeliani costruiti - in violazione della stessa Road map, che doveva bloccare tali costruzioni dal marzo 2001- in gran parte su terre palestinesi, finanziati dall’esercito, dall’agenzia per l’immigrazione o dal ministero dell’edilizia; e la presa di posizione del primo ministro Ariel Sharon che si impegna a smantellare i più recenti.

10 marzo 2005

In Cisgiordania, forze israeliane compiono un raid omicidiario del quale resta vittima il militante di Jihad, Mohammad Abu Khazneh.

12 marzo 2005

In una conferenza stampa tenuta a Nablus, Hamas comunica ufficialmente la sua intenzione di presentare propri candidati alle elezioni legislative di luglio.

17 marzo 2005

L’ufficio antifrodi della Unione europea chiude ufficialmente la inchiesta, aperta nel 2003 dietro pressione israeliana, che ha accertato non esservi elementi per affermare che i fondi stanziati dalla stessa Unione per l’assistenza ai palestinesi siano stati devoluti a formazioni armate.

22 marzo 2005

A Tulkarem avviene il passaggio di consegne all’Autorità palestinese con lo smantellamento dei posti di blocco israeliani; mentre a Gerico, l’altra città della quale era stato annunciato lo sgombero, ma occupata solo saltuariamente nel passato, la situazione resta sostanzialmente la stessa, con le truppe appena all’uscita di città. Gli israeliani rifiutano inoltre la liberazione del dirigente del Fplp Ahmed Saadat, che a Gerico è detenuto sotto controllo internazionale. A raggelare ogni possibile illusione palestinese sul significato dello sgombero di Tulkarem, il governo israeliano comunica che saranno costruite 3.500 nuove abitazioni in Cisgiordania, destinate ai coloni ebrei provenienti da Gaza e raggruppate in 3 colonie che collegheranno Maaleh Adumim a Gerusalemme "perché sono aree che non saranno mai consegnate all’Autorità nazionale palestinese". Il progetto israeliano è idoneo a spaccare in due la Cisgiordania settentrionale, creando un accerchiamento di Gerusalemme da parte israeliana, ed un suo ampliamento, così che la parte est della città non potrà mai essere la capitale di uno stato palestinese. Dal canto suo, il negoziatore palestinese Saeb Erekat avverte che i palestinesi "non accetteranno mai, per nessun motivo, gli insediamenti in Cisgiordania in cambio del ritiro israeliano da Gaza" denunciando che il reale piano di Sharon è trasformare la Striscia "in un carcere".

30 marzo 2005

A Ramallah, le Brigate Al Aqsa contestano violentemente la decisione di sgomberare la Muqata dai militanti per affidare la sicurezza alle sole forze regolari e la riorganizzazione della stessa. In questi stessi giorni sono costretti alle dimissioni Haj Ismail Jaber e Yunis al Aas, il primo dei quali denuncia la "campagna di pressione condotta contro la mia persona dal ministro della Difesa israeliano Shaul Mofaz". Si approfondisce il contrasto fra il presidente Abu Mazen ed il primo ministro palestinese Abu Ala, il quale ultimo constata la mancanza di contropartite israeliane a fronte delle continue concessioni palestinesi.

Marzo 2005

Una cava di pietra presso Nablus inizia ad essere impermeabilizzata per trasformarsi in discarica, atta a recepire i rifiuti provenienti dalle città israeliane, in violazione delle convenzioni internazionali che vietano ai paesi occupanti di sfruttare le risorse dei territori occupati. I lavori sono stati iniziati dalla società Baron industrial Park che rappresenta gli interessi dei coloni ebraici.

9 aprile 2005

A Gaza, militi israeliani uccidono 3 ragazzini intenti a giocare a pallone in ‘zona non autorizzata’. Un’associazione per i diritti umani divulga in questi giorni la testimonianza giurata di un altro ragazzo 16enne, Mahmud Radi Erakat che, arrestato il 2 aprile in Cisgiordania in seguito ad una sassaiola contro i soldati, afferma di stato appeso con la testa all’ingiù e tormentato con mozziconi di sigaretta e corde strette attorno ai testicoli.

10 aprile 2005

Mentre Ariel Sharon giunge in visita a Washington, a Gerusalemme, coloni e religiosi ebraici occupano come annunciato da giorni la Spianata delle moschee, per indicare la volontà di privare i palestinesi del loro luogo sacro, difeso dai giovani arabi che si schierano davanti alla moschea Al Aqsa. La polizia israeliana interviene arrestando un po’ degli uni e un po’ degli altri; ma gli ebrei sono presto rilasciati. Fra i palestinesi tratti in arresto vi è il leader di Hamas in Cisgiordania, Hassan Yousef.

18 aprile 2005

Il primo ministro israeliano Ariel Sharon annuncia il rinvio del ritiro da Gaza, previsto secondo le precedenti dichiarazioni per il 20 luglio, prendendo a pretesto le celebrazioni religiose ebraiche. Continuano febbrilmente, invece, i lavori per l’ampliamento delle colonie illegali in terra araba, presso Gerusalemme e ad El Kana, dove è stata provocatoriamente pubblicizzata una gara d’appalto per nuove palazzine. Nella città cisgiordana di Hebron, l’esercito israeliano ha annunciato di voler innalzare un altro muro per "proteggere i coloni", notizia ripresa dal giornale "Maariv".

28-29 aprile 2005

Il presidente russo Vladimir Putin compie un viaggio in Palestina. Dapprima si reca in Israele, dove incontra Sharon: nei colloqui emergono diversi punti di contrasto, particolarmente circa l’appoggio al programma nucleare iraniano, le forniture militari russe alla Siria, ed il rifiuto di Israele di consegnare i burocrati della Yukos perseguiti per frode, che sono riparati a Gerusalemme. Il giorno seguente, nei Territori, dopo aver reso omaggio alla tomba di Arafat, Putin incontra Abu Mazen al quale promette aiuti per la ricostruzione e la fornitura di apparecchiature, fra cui alcuni veicoli blindati, ciò che provoca una stizzita reazione israeliana.

1 maggio 2005

Anche il premier turco Tayyp Erdogan giunge in visita in Israele e nei Territori, nella quale occasione egli annuncia il trasferimento all’Autorità palestinese delle proprietà acquisite negli attuali Territori durante l’Impero ottomano ed ulteriori aiuti economici; anche in questo caso, giunge una replica del governo israeliano che boicotta ogni aiuto internazionale ai palestinesi.

1 maggio 2005

All’alba, presso Tulkarem – la città da poco riconsegnata all’Autorità palestinese- le forze israeliane fanno irruzione per uccidere un militante di Jihad islamica, Abdul Ghani.

2 maggio 2005

Il governo israeliano approva la costruzione di un’università israeliana nella colonia ebraica di Ariel, presso Nablus, in territorio occupato. La provocatoria decisione sarebbe una risposta al boicottaggio dei due atenei israeliani di Haifa e Bar Illan deciso dall’associazione britannica dei docenti universitari in conseguenza della repressione da parte israeliana della libertà di insegnamento.

4 maggio 2005

A Ramallah, soldati israeliani uccidono due giovani palestinesi che avevano lanciato sassi contro di loro. Poco lontano, nel villaggio di Bilin, si svolge una manifestazione contro lo sradicamento di un uliveto palestinese che deve, negli intenti israeliani, essere espropriato per lasciare spazio al Muro.

18 maggio 2005

Le truppe israeliane violano nuovamente la tregua assassinando Abu Sohaib ed un altro militante di Hamas, che morirà in ospedale in seguito alle ferite riportate. Rispondendo ai razzi sparati dai militanti palestinesi per reagire all’uccisione in direzione degli insediamenti colonici, che peraltro non hanno fatto vittime, Israele blocca la zona industriale di Gaza paralizzando il transito palestinese. Anche migliaia di coloni ebraici hanno manifestato il 16 paralizzando le vie di comunicazione contro ogni ipotesi di ritiro.

22 maggio 2005

In Giordania, si conclude con un nulla di fatto il World economic Forum sul Medio Oriente. Abu Mazen, in un’intervista concessa nell’occasione, alla domanda sull’applicazione degli accordi di Sharm El Sheick, risponde: "Inesistente. La chiusura dei Territori continua. I 600 posti di blocco stabiliti nella West Bank sono rimasti al loro posto. La liberazione dei prigionieri, dopo i primi 150, è scomparsa dall’agenda. Del ritiro dalle città non si parla più. E’ tutto congelato".

26 maggio 2005

A Washington, George Bush incontra il presidente palestinese Abu Mazen al quale promette uno stanziamento di fondi a condizione che l’Anp proceda alla repressione della resistenza palestinese ("terrorismo") e di Hamas. In questi stessi giorni, non casualmente, l’Autorità palestinese annuncia il rinvio delle elezioni politiche, per le quali si profila un buon risultato dell’organizzazione islamica. Quest’ultima ha difatti vinto la seconda tornata di elezioni amministrative in 49 comuni su 102 - mentre in 22 comuni non ha presentato liste (v. note 26 dicembre 2004 e 27 gennaio 2005). Hamas accusa l’Anp di "obbedire alle richieste di Usa ed Israele" ed il clima di arroventa, in seguito anche all’annullamento decretato dall’Anp di elezioni a Beit Lahia, vinte da Hamas.

Maggio 2005

A Gerusalemme, il comune annuncia la demolizione di 88 case palestinesi nel quartiere di Silwan, per lasciare posto ai coloni ebrei che intendono occupare la parte araba della città. Appoggiati dai deputati arabi della Knesset i legittimi abitanti, circa un migliaio, annunciano la resistenza ad oltranza contro l’ennesimo abuso.

2 giugno 2005

Israele rilascia 398 prigionieri palestinesi, mentre altri 7.000 restano nelle prigioni, in condizioni durissime. L’Anp denuncia pertanto la disapplicazione dell’accordo anche sotto questo aspetto.

5 giugno 2005

A Gerusalemme estremisti ebrei, che occupano provocatoriamente la Spianata delle moschee e la città araba, incontrano la resistenza di giovani palestinesi. Ai sassi tirati dai ragazzi la polizia risponde sparando. Abu Mazen chiede inutilmente a Sharon di fermare le provocazioni.

7 giugno 2005

Giornata di sangue nei Territori con la uccisione da parte israeliana di Marwad Zeid Kmail, leader di Jihad e di un civile a Qabatya, di un terzo giovane palestinese a Rafah; i razzi sparati per rappresaglia contro gli insediamenti occupanti uccidono a loro volta tre lavoranti in una colonia, fra i quali un cinese. La polizia israeliana spara poi proiettili di gomma e granate assordanti per disperdere una manifestazione pacifista contro il Muro e le annessioni israeliane.

11 giugno 2005

Il presidente Abu Mazen firma 4 condanne a morte per crimini comuni, interrompendo così la moratoria della pena capitale decretata da Yasser Arafat. La pena capitale, per pressioni israeliane, non è stata applicata a nessuno degli internati per reato di collaborazionismo.

18 giugno 2005

Il viaggio del segretario di Stato americano, Condoleeza Rice, a Gerusalemme e Ramallah si conclude con un nulla di fatto. Alle pressioni della Rice per il congelamento degli insediamenti ebraici in Cisgiordania, il governo Sharon ha risposto indirettamente pubblicizzando il bando per 700 nuove abitazioni. Alla domanda di un giornalista palestinese, se la ‘democrazia’ americana preveda il rispetto dei risultati elettorali di Hamas, la Rice ha replicato "non tratteremo mai con un’organizzazione terrorista".

21 giugno 2005

A Gerusalemme, si conclude con un nulla di fatto anche l’incontro fra Ariel Sharon e Abu Mazen, il primo dei quali si ostina a richiedere la tregua unilaterale da parte palestinese. Sono appena stati compiuti 50 arresti in Cisgiordania e l’omicidio di un esponente di Jihad, rappresaglia ad una precedente azione palestinese al confine con l’Egitto, dove è morto un soldato, ed al fermo di una ragazza che trasportava esplosivo ad Eretz. Nessuna concessione sui prigionieri e sul muro. Abu Mazen accusa le forze israeliane di "quotidiane violazioni degli accordi, che determinano le risposte delle fazioni palestinesi".

26 giugno 2005

L’insediamento del nuovo presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad, che perora nel suo discorso di investitura rapporti paritari fra i popoli e la sovranità nazionale degli stati mussulmani provoca irose dichiarazioni del governo ebraico. Ahmadinejad a sua volta dichiara che l’Iran avrà rapporti con gli stati che rispettino gli altrui diritti, escludendo pertanto Israele.

28 giugno 2005

Si estende, in vista dello sgombero da Gaza, la rivolta dei coloni che considerano proprio diritto occupare terre altrui e danno vita a manifestazioni e piccoli scontri, appoggiati da militari obiettori. Hanno scelto come proprio simbolo vessilli e scritte di colore arancione. Peraltro, il primo sgombero dei manifestanti asserragliati all’hotel Beach avviene senza incidenti, tanto che alcuni commentatori palestinesi parlano di una messinscena per propagandare l’iniziativa di Sharon. Reale invece il tentativo di linciaggio, da parte dei coloni presso Gush Katif, di un ragazzino palestinese di 16 anni, salvato in extremis. Il governo israeliano annuncia il blocco della Striscia, che penalizzerà principalmente i palestinesi, dalla quale è allontanata anche la stampa.

29-30 giugno 2005

Truppe israeliane attaccano le fattorie di Cheba, nel Golan, provocando 2 morti.

5 luglio 2005

Mahmoud Zahar, dirigente di Hamas, denuncia che "il ritiro israeliano da Gaza è stato trasformato in un fatto quasi privato fra gli israeliani e l’Anp" e di quest’ultima "non ci fidiamo: tutto quello che abbiamo concordato con loro non è mai stato attuato e adesso tramano contro di noi…La loro sicurezza preventiva ha arrestato diversi nostri militanti e sta raccogliendo informazioni sui nostri giovani a seguito delle pressioni israeliane ed americane".

7 luglio 2005

A Nablus, militari israeliani uccidono un palestinese, un altro è stato assassinato a Gaza nei pressi di un insediamento colonico.

7 luglio 2005

A Gleneagles (Scozia), il vertice del G8 stanzia 3 miliardi di dollari per la ricostruzione della Striscia di Gaza, distrutta dall’occupazione israeliana. Gli Usa, richiesti da Israele, stanzieranno invece 2 miliardi aggiuntivi alle consuete elargizioni al governo ebraico per finanziare il ritiro.

10 luglio 2005

Il governo israeliano dà il via alla costruzione di un altro tratto del Muro finalizzato a separare Gerusalemme est dalla Cisgiordania, tagliando fuori 3 quartieri abitati da 55.000 palestinesi, mentre è diffusa la notizia che sarà costruita una barriera anche nel mare, per isolare Gaza.

12 luglio 2005

A Netanya, a nord di Tel Aviv, si fa esplodere un kamikaze palestinese provocando la morte di 2 persone e diversi feriti, per protesta contro il rifiuto israeliano di consegnare all’Anp il suo villaggio, Attil, teatro di continue vessazioni contro la popolazione. Immediata la rappresaglia israeliana con l’uccisione di un poliziotto arabo, il sequestro di 5 persone, il rinvio della consegna all’Anp anche di Betlemme, Ramallah e Qalqilya.

12 luglio 2005

In Libano, sfugge ad un attentato il ministro della Difesa Elias Murr, filo- siriano. Si profila sempre più nettamente la mano israelo- americana nella destabilizzazione del Libano e della Siria, cui gli Usa hanno intimato il totale sgombero dal territorio libanese, lo scioglimento di Hezbollah, il disarmo dei campi profughi palestinesi, la consegna dei membri del Baat iracheno riparati a Damasco.

15 luglio 2005

Aerei da guerra israeliani colpiscono Gaza e la Cisgiordania provocando la morte di 7 militanti di Hamas mentre truppe corazzate avanzano nella Striscia per rappresaglia contro il lancio di razzi Qassam, che hanno provocato un morto, risposta dei militanti palestinesi alle ultime uccisioni ed arresti. Anche la polizia palestinese si scontra con i giovani di Hamas, ferendone 3, per ordine di Abu Mazen intenzionato a far applicare la tregua unilaterale.

17 luglio 2005

Israele continua gli ‘omicidi mirati’ assassinando un dirigente di Hamas mentre si trovava sul terrazzo della sua abitazione.

18-19 luglio 2005

La polizia israeliana contrasta un raduno di coloni e sionisti indetto a Netivot per reclamare la ‘grande Israele’ e protestare contro lo sgombero da Gaza, fermando i mezzi dei dimostranti lungo la strada. Alcune decine di migliaia fra essi si mettono in marcia a piedi verso Gush Katif ma sono fermati dal blocco della polizia a Kfar Maimon. Ariel Sharon interviene per rassicurare i dimostranti che la colonizzazione procede in Cisgiordania, terra ben più appetibile di Gaza, ridotta ad un cumulo di macerie. Intanto, nella Striscia, avvengono scontri a fuoco, con decine di feriti, fra militanti di Hamas e Jihad, da un lato, e di Fatah dall’altro, intenzionati questi ultimi ad ottenere la tregua unilaterale per facilitare il ritiro israeliano da Gaza.

25 luglio 2005

A Gerusalemme, il nunzio vaticano è convocato al ministero degli Esteri dove deve ascoltare le lamentazioni del governo israeliano per non avere il Papa incluso Israele fra le "vittime del terrorismo" nel suo messaggio di condanna dei sanguinosi attentati a Londra, cosa che griderebbe "vendetta al cielo" e "può essere interpretata come una licenza per realizzare attacchi terroristici contro gli ebrei". Una nota vaticana replica che "come il governo israeliano non si lascia dettare da altri le proprie parole, nemmeno la Santa Sede può accettare di ricevere insegnamenti e direttive da alcun’altra autorità circa l’orientamento ed i contenuti delle proprie dichiarazioni". La stampa israeliana, particolarmente "Jerusalem Post", inizia una campagna contro Benedetto XVI. La crisi diplomatica rientrerà parzialmente fra un mese, ad opera dell’ambasciatore israeliano presso la Santa Sede Aded ben Hur.

3 agosto 2005

A Londra, la Bbc rende noti documenti recentemente declassificati del ministero degli Esteri che dimostrano l’appoggio dato negli anni Cinquanta dal governo britannico ad Israele per dotarla segretamente di armamento atomico.

4 agosto 2005

L’emittente araba "Al Jazeera" trasmette un messaggio del portavoce di Al Qaeda, Ayman al Zawahri che, fra l’altro, per la prima volta critica l’Autorità palestinese definendo Abu Mazen "un secolarista che passa da un fallimento all’altro" ed invitando i palestinesi a "percorrere la propria strada senza seguire la linea indicata dall’Anp".

4 agosto 2005

A Shfaran, l’israeliano Eran Tzuberi apre il fuoco su un autobus palestinese uccidendo 3 persone e ferendone una dozzina, ed è a sua volta ucciso dai presenti.

11 agosto 2005

A Tel Aviv, 100.000 ebrei manifestano contro il ritiro da Gaza mentre inizia l’esodo degli 8.500 coloni dai 21 insediamenti presenti nella Striscia. E’ previsto anche lo sgombero da 4 insediamenti in Cisgiordania (Kadim, Ganim, Sa Nur, Homesh) dove la situazione è più tranquilla. Un’altra dimostrazione si è svolta giorni fa a Sderot.

17-22 agosto 2005

Scaduto alla mezzanotte il termine per evacuare gli insediamenti di Gaza, inizia lo sgombero forzoso dei riottosi, che registra limitati incidenti fra polizia e coloni specie presso la sinagoga di Neveh Decalin, dove si sono asserragliati questi ultimi, e un centinaio di fermi. Un colono spara contro un gruppo di operai palestinesi uccidendone 3 sul colpo e ferendone 2. In un messaggio televisivo, Ariel Sharon invita alla calma e si assume ogni responsabilità del ritiro, ricevendo gli elogi di Condoleeza Rice, che esalta la ‘coraggiosa mossa’, e della stampa filo- israeliana di tutto il mondo che, mediante una campagna propagandistica concordata, cerca di far dimenticare i crimini di Sharon e presentarlo come l’uomo della pacificazione. Per contro il leader di Hamas, Mahmoud al Zahar, rivendica alla resistenza la parziale vittoria, avendo essa reso la Striscia la zona più insicura per gli occupanti, capaci solo di massacrare inermi e molto meno di combattere.

24 agosto 2005

All’indomani dello sgombero da Gaza, a dissipare ogni equivoco sulle proprie intenzioni, il governo israeliano fa partire le ordinanze di esproprio di terre palestinesi attorno all’insediamento di Maleh Adumin, città- colonia già abitata da 28.000 persone. Secondo la Bbc, la zona confiscata interessa un’area di 60 kmq. L’appello del presidente palestinese Abu Mazen a fermare la colonizzazione non è stato degnato di una risposta.

25 agosto 2005

Truppe israeliane invadono il campo profughi di Tulkarem, uccidendo un militante di Jihad, uno di Al Aqsa e 3 adolescenti disarmati. Non pago, il governo Sharon rivendica il totale controllo delle frontiere di Gaza, incluso il valico di Rafah, affermando che in caso di ribellione palestinese al diktat confischerà i diritti di frontiera, togliendo alla Striscia un importante introito. Si pensa anche a telecamere per schedare gli ingressi.

29 agosto 2005

Il quotidiano "Haaretz" tesse gli elogi di Ariel Sharon proponendogli la leadership della sinistra israeliana, con lo slogan "un partito senza leader cerca un leader senza partito". In realtà, Ariel Sharon controlla tuttora la maggioranza del Likud (otterrà il 52% al comitato centrale, contro il 48% del rivale Netanyahu).

2 settembre 2005

A Bilin, in Cisgiordania, la polizia israeliana carica e disperde una manifestazione pacifista contro il Muro. La brutalità impiegata stride con la tolleranza praticata nei confronti dei coloni.

5-6 settembre 2005

A Gaza, un’esplosione devasta un caseggiato abitato da militanti di Hamas uccidendo 4 persone. Il governo israeliano tenta di attribuire la responsabilità alla stessa Hamas. Il giorno seguente, militi israeliani uccidono un ragazzino di 17 anni a Khan Yunis.

7 settembre 2005

A Gaza, cento uomini armati circondano l’abitazione di Mussa Arafat, cugino dello scomparso presidente e già responsabile dei servizi di sicurezza a lui fedeli, lo uccidono e sequestrano suo figlio. L’azione è attribuita alla fazione filo- israeliana di Fatah guidata dall’ambiguo Mohammed Dahlan, dichiarato rivale dell’ucciso, ritenuto da molti corrotto dagli israeliani. L’episodio dimostra la cruenza della lotta che contrappone le fazioni di Fatah. Intanto, a Gaza, gli israeliani continuano la politica omicidiaria uccidendo un ragazzino palestinese 18enne e ferendone un altro, presso Refeyah Yam.

10 settembre 2005

A Gaza, l’inviato del "Corriere della sera" Lorenzo Cremonesi è sequestrato per alcune ore dalle brigate Al Aqsa, che vogliono richiamare l’attenzione sul conflitto con l’Anp, che i militanti accusano di corruzione e che disattende l’impegno ad integrarli negli apparati di sicurezza.

11-12 settembre 2005

 

Ultimato il ritiro, soldati israeliani ammainano le bandiere nella Striscia di Gaza - per non smentirsi sparano a 5 ragazzini che si erano avvicinati al reticolato, 3 dei quali sono in gravi condizioni. Nel ritiro, i militi hanno distrutto tutte le costruzioni, per non lasciare nulla ai palestinesi, tranne le sinagoghe con la vistosa stella di David: "una trappola politica" per lo stesso Dahlan. Si scatena la gioia dei palestinesi che invadono le zone sgomberate ed issano le bandiere palestinesi, mentre i ragazzini frugano con le mani nelle macerie lasciate dalle ruspe per trovare qualche rottame utile. Alcune sinagoghe vanno in fiamme, mentre altri vorrebbero utilizzarle togliendone i simboli, per compensare la distruzione o trasformazione in sinagoghe delle moschee, praticate negli anni dagli israeliani (un servizio del quotidiano "Haaretz" ne ha documentate 77, ammettendo trattarsi di una lista incompleta). Migliaia di persone attraversano la frontiera con l’Egitto per visitare parenti ed amici, ma il transito è bloccato dopo 48 ore dall’Anp dietro pressione israeliana. Una grande folla segue la manifestazione di Hamas che attraversa la Striscia inneggiando alla resistenza che ha ottenuto la sua prima vittoria.

17 settembre 2005

Ariel Sharon minaccia il voto dei palestinesi: se Hamas non disarmerà "potremo decidere di non rimuovere check point e blocchi stradali per rendere loro difficile l’accesso ai seggi". I sondaggi danno infatti Hamas al 40% e oltre ed occorre impedirlo, in nome della ‘democrazia’.

23 settembre 2005

A Gaza, ad una manifestazione di Hamas un’esplosione causa 20 morti e decine di feriti. La ricostruzione dell’organizzazione islamica ha individuato un ordigno teleguidato che ha colpito la jeep di un capo militare, mentre secondo altri si è trattato di un ordigno difettoso esploso fortuitamente. Israele profitta dell’evento per sorvolare Gaza con aerei da guerra.

25-26 settembre 2005

A Gaza, un raid omicida israeliano uccide con un missile il dirigente della Jihad Mohammed Khalil ed altri 3 militanti, fatti letteralmente a pezzi. In Cisgiordania i militari arrestano 400 attivisti di Hamas e Jihad per impedire loro di partecipare alle elezioni amministrative e controllare gli scrutini.

26 settembre 2005

John Dugard, relatore Onu sulle violazioni dei diritti umani nei Territori, scrive che "il focalizzarsi dell’attenzione su Gaza ha permesso a Israele di proseguire con la costruzione del Muro" ed attuare "la de- palestinizzazione di Gerusalemme, in pratica senza alcuna critica". I palestinesi espulsi sono quasi 100.000 mentre continua la colonizzazione di Gerusalemme est, la previsione è che "il Muro colpirà il 40% dei 230.000 palestinesi che abitano a Gerusalemme". Il relatore richiama inoltre il rapporto di Jean Ziegler, secondo il quale il 50% dei palestinesi sopravvive solo grazie agli aiuti umanitari, il 60% è in condizioni di indigenza ed il 22% dei bambini è denutrito: la miseria indotta dall’occupazione è definita "una punizione collettiva" vietata dalla Convenzione di Ginevra. Si segnala, fra gli altri abusi commessi dalle forze di occupazione, che 60 donne palestinesi sono state costrette a partorire presso checkpoint israeliani, provocando la morte di 36 neonati.

27 settembre 2005

Un commerciante israeliano, accusato di spionaggio, viene ucciso da Hamas dopo il rifiuto israeliano di trattare uno scambio di prigionieri.

29 settembre 2005

In Libano, l’esercito assedia i campi palestinesi in ossequio alle direttive Onu imposte da Stati uniti, Israele e Francia. Il diktat è respinto dalle organizzazioni dei rifugiati palestinesi: "Siamo qui da oltre 50 anni e siamo pronti a dare la vita per difendere i campi da chiunque voglia cancellare noi e la nostra autonomia politica, per ottenere il riconoscimento dei nostri diritti a cominciare da quello al ritorno ed al risarcimento sancito dalla risoluzione Onu 194" dichiara Sultan Abu Alaynen, capo militare di Fatah in Libano.

30 settembre 2005

In Cisgiordania si svolgono le elezioni amministrative palestinesi in 104 comuni. Hamas, che si è potuta presentare solo in 56, ottiene la maggioranza in 22 fra essi, a dispetto degli impedimenti frapposti dall’autorità occupante, mentre 65 vanno a Fatah, che si è presentata dappertutto, ed i restanti a liste indipendenti, civiche o di sinistra. Nella giornata elettorale, Israele non rinuncia al sangue, assassinando 3 persone fra cui un ragazzino 13enne a Nablus.

2 ottobre 2005

Miliziani di Fatah provocano uno scontro con militanti di Hamas, nel quale 3 persone restano uccise e molte ferite: "C’è una fazione dell’Autorità che vuole eliminarci – dichiara un portavoce di Hamas- scatenando uno scontro in Cisgiordania". Il giorno dopo, poliziotti dell’Anp irrompono nel Parlamento per chiedere la mano pesante contro Hamas.

6 ottobre 2005

Il governo Sharon protesta contro l’incontro di ambasciatori europei, compreso quello italiano, con il ministro libanese Mohammad Fneich, rappresentante degli Hezbollah recentemente entrati nella maggioranza. Israele intende difatti decidere con chi possono incontrarsi i rappresentanti degli altri Stati nella regione mediorientale, e con chi no. Nonostante l’assurda pretesa, non risulta essere stata emessa alcuna nota di protesta contro Israele da parte della Ue.

9 ottobre 2005

Nuovo assassinio perpetrato da Israele di un militante di al Aqsa, cui si aggiungono 3 lavoratori palestinesi che cercavano di attraversare la barriera per lavorare in Israele.

16 ottobre 2005

Per vendicare gli omicidi mirati e gli arresti, a Gush Etzion nella West Bank sono uccisi in agguato 3 coloni israeliani. Il governo israeliano annuncia la ripresa dei blocchi militari delle città palestinesi e slitta l’incontro previsto fra Abu Mazen e Sharon, il quale ultimo non intende fare alcuna concessione, sia riguardo la fine degli assassinii sia sul rilascio dei palestinesi sequestrati. In conseguenza della tensione esistente tra le fazioni dell’Anp, si dimettono da al Fatah, in questi giorni, 259 esponenti.

24 ottobre 2005

Con un’incursione in Cisgiordania, unità israeliane assassinano Loai Assadi, leader di Jihad, costringendo i militanti palestinesi a interrompere nuovamente la tregua.

26 ottobre 2005

Un discorso del presidente iraniano Ahmadinejad che, celebrando il 26° anniversario dell’occupazione dell’ambasciata americana, ripete la nota posizione di un unico stato ebraico- palestinese con la soppressione del regime sionista, è preso a pretesto da Israele per rinnovare le minacce all’Iran, del quale il governo Sharon chiede "l’espulsione dall’Onu" oltre che ispezioni alla ricerca di armi nucleari, delle quali Israele pretende il monopolio nella regione.

26-27 ottobre 2005

Un attentato kamikaze uccide a Hedera 5 persone, seguito il giorno dopo dall’uccisione da parte israeliana di 7 palestinesi, in un attacco aereo su Gaza. Il ministro della Difesa Saul Mofaz afferma "la impossibilità di raggiungere la pace con l’attuale dirigenza palestinese", come ai tempi di Yasser Arafat.

1-4 novembre 2005

Nel campo profughi di Jabalya, elicotteri da guerra israeliani uccidono 2 militanti palestinesi, Hassan Madhun delle brigate al Aqsa e Fawzi Qaraan di Hamas. A Jenin, 40 blindati occupano la città per effettuare rappresaglie contro la popolazione. I militi circondano la moschea ed alcune abitazioni, arrestano decine di persone e fra esse il leader locale delle Brigate al Aqsa, Abu Hussein, e riducono in fin di vita un ragazzino di 12 anni. Circa le violenze israeliane contro i bambini palestinesi, in questi giorni è definitivamente assolto l’ufficiale israeliano che assassinò la piccola Imam, scaricandole addosso un caricatore mentre giaceva a terra. Ancora, il 3, sono caricati dalla polizia, come ogni settimana, i pacifisti che protestano contro le annessioni a Bilin, in Cisgiordania, con l’arresto di un esponente e di due operatori di "Al Jazeera".

15 novembre 2005

"Le monde diplomatique" pubblica un servizio del giornalista israeliano Amnon Kapelioux che rilancia l’ipotesi della morte per avvelenamento di Yasser Arafat. La stessa tesi è sostenuta dal presidente siriano Bashar el Assad.

17 novembre 2005

A Jenin, due ragazzi palestinesi, Mohammed Zaid e Ahmed Abahri, sono freddati da militi israeliani a un posto di blocco.

20 novembre 2005

Ariel Sharon annuncia la scissione del Likud per dare vita ad un nuovo partito, intenzionato a chiudere la ‘questione palestinese’ con la creazione di una parvenza di stato - smilitarizzato e sottomesso ad Israele, un bantustan, cui sarebbe assegnato un territorio pari a circa il 10-15% della Palestina - e ad operare la annessione ad Israele di Gerusalemme. Il nuovo partito si chiamerà Kadima e prevede la confluenza della vecchia guardia del Partito laburista che si riconosce in Shimon Peres, piuttosto che nel nuovo leader Amir Peretz, già sindaco di Sderot.

21 novembre 2005

Un rapporto dell’Unione europea, che accusa Israele di procedere a continui espropri e alla "annessione di fatto di Gerusalemme est", è bloccato, dietro pressione israeliana, apparentemente per iniziativa del ministro degli esteri italiano Gianfranco Fini.

25 novembre 2005

Al valico di Rafah, i palestinesi festeggiano, al suono dell’inno nazionale, il passaggio di sovranità della frontiera e gli osservatori dell’Unione europea, guidati dal generale italiano Pietro Pistolese, che dovranno vigilare sull’agibilità del valico fra la striscia di Gaza e l’Egitto. Gli israeliani continueranno però a controllare il valico, mediante telecamere, per chiedere il fermo di persone ‘sospette’; mentre solo i palestinesi muniti di certificato di residenza (tuttora fornito da Israele) potranno passare la frontiera. Gli stranieri dovranno entrare, invece, attraverso il valico israeliano di Kerem Shalom.

3 dicembre 2005

A Roma, Abu Mazen è ricevuto dagli esponenti politici e da Benedetto XVI al quale consegna un documento che lo rende cittadino onorario di Betlemme. Al Papa il presidente palestinese narra le vessazioni, i furti di terre, la situazione devastata di Gerusalemme, di fatto annessa da Israele, la diaspora che colpisce arabi e cristiani; ma, secondo le cronache, non riceverebbe altri aiuti oltre la promessa di "preghiere".

3 dicembre 2005

Una motovedetta israeliana spara contro un peschereccio uccidendo sul colpo il giovane Ziad Dardawil. E’ falciato dai colpi israeliani anche un ragazzino, Said Libdeh di 16 anni, disarmato come il primo, che si era introdotto in territorio israeliano per cercare lavoro. Botte ed arresto sono riservati invece ad un giornalista di "Al Jazeera", Awad Rajub, sequestrato da militi israeliani nei pressi della sua abitazione, ad Hebron.

5 dicembre 2005

A Netanya, un attentato suicida provoca la morte del giovane attentatore di Jihad ed altre 5 vittime israeliane. La rappresaglia israeliana è al solito immediata e durissima, con decine di arresti, minacce di morte ai candidati di Hamas, peraltro estranea all’attentato, blocco dei passaggi fra i Territori ed Israele, attacco al campo profughi di Rafah ed uccisioni fra le quali quella di Mahmud al Akran, ucciso con missili il 7 dicembre mentre transitava con la sua auto; di 3 militanti delle brigate al Aqsa, Ziad Qaddas, Jadal Najjar, Khader Rayyan, l’8 dicembre; fra i diversi feriti dalle azioni omicidiarie è in gravi condizioni una bambina di 6 anni.

13 dicembre 2005

A Nablus, l’ennesima incursione dell’esercito israeliano provoca la morte di uno studente, Hussam Saqer, ed il ferimento di una trentina di persone. Un contadino, Mohammed Fara, è falciato dai colpi israeliani (forse da civili) mentre lavorava nel suo campo ad Abbasan.

16 dicembre 2005

La seconda tornata di elezioni comunali, in Cisgiordania, vede il successo di Hamas; un vero trionfo a Nablus, dove il movimento islamico conquista 11 consiglieri su 13, così come a Al Bireh e Jenin. L’unico centro dove Fatah conquista la maggioranza è Ramallah.

21 dicembre 2005

Il governo israeliano conferma che impedirà ai palestinesi residenti a Gerusalemme est l’esercizio del voto alle prossime elezioni politiche, per pilotare le elezioni e scongiurare la possibile vittoria di Hamas. Il ministro dell’informazione palestinese, Nabil Shaat, annuncia a sua volta che, se ciò accadrà, "allora non ci saranno del tutto elezioni", per l’analogo timore dell’Anp, peraltro non dichiarato per tale.

21-22 dicembre 2005

Israele continua le incursioni a Jenin e Nablus, assassinando in quest’ultima città l’esponente di Hamas, Ziad Jalbush. Il giorno successivo, a morire sono il leader del Fronte popolare per la liberazione della Palestina, Bashar Khalani, ed il giovane Ibrahim Naana, colpito dall’artiglieria nella ‘zona cuscinetto’ di Gaza.

27 dicembre 2005

La stampa israeliana conferma l’intento del governo di annettere definitivamente le zone circostanti Gerusalemme, abitate da oltre 200.000 arabi, le colonie di Ariel nel nord della Cisgiordania e l’enclave di Gush Etzion a sud di Betlemme, dove sono state deliberate 228 nuove abitazioni per gli ebrei. Altro esproprio di terra palestinese si sta consumando nella valle del Giordano, per la quale è stato predisposto un piano di colonizzazione e confisca totale; e persino nella striscia di Gaza, a pochi mesi dallo sgombero, con la motivazione di creare una ‘zona cuscinetto’ nella quale Israele si riserva il diritto di sparare su chicchessia mediante aerei senza pilota: ciò avviene in questi stessi giorni, colpendo anche due uffici di Fatah (probabile rappresaglia per non avere il presidente Abu Mazen obbedito all’ordine di evacuazione impartito dagli occupanti). Nel corso degli ultimi mesi, infine, coloni ebrei si accaniscono contro gli uliveti palestinesi circostanti Nablus tagliando alberi (almeno 2400 finora) nella totale impunità. Ai nuovi furti non segue quasi nessuna reazione internazionale.

29 dicembre 2005

A Tulkarem, un giovane kamikaze palestinese si fa esplodere provocando la morte propria, di un ufficiale israeliano e di 3 persone di nazionalità araba al suo seguito. Intanto, gli oltranzisti israeliani non perdono tempo: in pochi giorni sono stati occupati, da centinaia di coloni, 14 nuovi ‘avamposti’ in Cisgiordania, senza alcun contrasto da parte dell’esercito, occupato a sparare nella cosiddetta ‘zona cuscinetto’ – dove è contrastato dai razzi Qassam- ed in Libano, dove viene bombardata una base palestinese presso la capitale, asseritamente per rappresaglia ad analoghi lanci.

31 dicembre 2005 Secondo dati diffusi da ‘Peace now', l'incremento dei coloni ebrei nei Territori occupati, nel solo anno 2005, è stato di circa 10.000 unità, per un totale di 253.714; sempre nel corso del 2005 le nuove costruzioni coloniche sono state 1.184.

1 gennaio 2006

S’incontrano esponenti di Hamas e di Fatah, i quali ultimi cercano di ottenere un rinvio delle elezioni politiche previste per il 25 gennaio. Hamas rifiuta. Fatah è in preda a scontri interni fra poliziotti e gruppi armati, che chiedono di essere inclusi nelle forze di sicurezza, ed a scontri politici per la formazione della lista, nella quale è stato infine inserito come capolista Marwan Barghouti, il più popolare leader di Fatah, condannato a 5 ergastoli e detenuto in Israele, accanto a uomini come il capo della sicurezza Jibril Rajoub ed il ministro degli affari civili Mohammed Dahlan, contestato per la sua politica collaborativa con Israele e gli Usa e indicato come mandante dell’uccisione del cugino di Yasser Arafat.

2-3 gennaio 2006

Le forze israeliane continuano le incursioni su Gaza, uccidendo due militanti di Jihad ed operando l’arresto del leader delle Brigate al Aqsa, Alaa al Hams. Miliziani di Fatah reclamano la liberazione del loro esponente ponendo in essere azioni clamorose, come l’abbattimento di un tratto del muro lungo la frontiera di Rafah, azione nella quale restano uccisi 2 poliziotti egiziani, ma alcuni fra gli autori del gesto sono a loro volta arrestati; in un’altra azione, uccidono un militante di Hamas.

4 gennaio 2006

Ariel Sharon è colpito da un ictus dal quale non si riprenderà. Militanti e giovani palestinesi si abbandonano pubblicamente alla gioia ed a festeggiamenti, ringraziando Allah per la scomparsa dalla scena del loro principale persecutore. La carica di primo ministro è conferita temporaneamente ad Ehud Olmert, affiancato dal ministro degli esteri Tzipi Livni, entrambi uomini di Sharon. L’unico cambiamento avvertibile, nell’immediato, è l’ammissione al voto degli arabi residenti a Gerusalemme est, praticabile mediante gli uffici postali, mentre resta interdetta la campagna elettorale di Hamas. Nella giornata di ieri è stato costretto a dimettersi dalla Knesset il figlio di Sharon, Omri, accusato di corruzione.

12 gennaio 2006

A Jenin, nel corso di un’incursione, le truppe israeliane uccidono due militanti di Jihad, Moataz Abu Khaled ed Alì Khazneh. L’esercito ha completato nel frattempo il blocco di Tulkarem, Nablus e della stessa Jenin che, causa le recinzioni ed i check point, sono ora totalmente isolate dal resto dei Territori.

16 gennaio 2006

Dopo l’annuncio del premier ad interim Ehud Olmert di voler dare seguito, sollecitato in tal senso dal presidente americano Bush, al previsto sgombero di alcune colonie in Cisgiordania, 500 coloni si asserragliano nella città di Hebron dando vita a scontri e violenze razziste. Per intanto, è operativo solo l’ordine di evacuare un edificio rubato anni orsono ai palestinesi, con la violenza, che gli oltranzisti si apprestano a difendere con ogni mezzo.

17 gennaio 2006

A Tulkarem, truppe israeliane assassinano Thabey Ayadeh, responsabile locale delle Brigate Ezzedin al Qassam (Hamas), mentre tentava di sfuggire alla cattura.

19 gennaio 2006

A Tel Aviv, un attentatore suicida delle brigate al Quds si fa esplodere per vendicare gli ultimi assassinii e violenze contro i palestinesi, ferendo una trentina di persone.