Buio pesto nel paese dei Lumi (m.m.c. gennaio 2015)


Passati alcuni giorni dagli eventi di Parigi – l’odioso attacco militare a civili disarmati, il rigetto di massa e la grande manifestazione che ne è seguita con relativa passerella dei leader guerrafondai, i fatti successivi – l’impressione più forte che ne ho ricavato è la conferma, ancora una volta, della incapacità (della popolazione soprattutto, degli intellettuali; dell’oligarchia neanche varrebbe la pena di parlare) di farsi qualunque domanda in proposito, di riflettere sul contesto. Nel paese che si pretende della Ragione, si ragiona poco o nulla. Scorrendo le immagini di quella marcia non ho notato un solo cartello, uno slogan di condanna della guerra; un solo pensiero, comunque espresso, invitante ad una riflessione. Solo la condanna del terrorismo degli altri; del proprio non c’è ombra. Sparito. La rimozione delle guerre, geograficamente lontane ma tutte scatenate, o almeno sobillate, dalle leadership occidentali, è totale. Eppure la République è, ovunque, in primissimo piano.

Cominciando dal teatro di guerra che ha scatenato principalmente l’azione di Amedy Coulibaly, dedicata al Califfo nelle sue dichiarazioni preregistrate , la Francia è intervenuta pesantemente in tutte le guerre del Golfo. Dapprima per armare l’Iraq contro l’Iran; nel 1991 direttamente, con le forze Usa-Nato per difendere i confini artificiali che essa stessa aveva contribuito a tracciare alla fine del conflitto mondiale, contro il tentativo di Saddam Hussein di riappropriarsi della regione petrolifera; allo stesso modo nel 2003 per rovesciare Saddam, nell’ambito del piano Usa-Nato del “Grande Medioriente” sottomesso all’Occidente; nel 2014, come membro attivo della coalizione contro il Califfato, nato nel contesto della guerra civile scatenata dall’invasione del 2003, che per sé realizza un secondo tentativo di ridisegnare i confini. Le vittime civili nel solo ambito della detta invasione sono stimate dalle 600 alle 700.000, che lievitano a cifre mai quantificate se si considera l’impatto devastante delle sanzioni, più volte rinnovate, e del conflitto interno iniziato nel 2003 e mai finito. Abbiamo documentato in questa Rubrica la guerra irachena (dossier Iraq aggiornato al marzo 2010), quella afghana (dossier Afghanistan aggiornato a dicembre 2014) e commentato gli altri scenari di guerra, mediorientali ed africani, nei paesi di prevalente popolazione mussulmana dove la Francia si posiziona come co-protagonista (1); la occupazione militare israeliana della Palestina (dossier Palestina aggiornato a dicembre 2014) che la vede invece alleata dello stato sionista: il cui premier Benjamin Netanyahu, reduce del recente massacro di oltre 2000 gazawi –l’ultimo di una serie infinita di eccidi e barbarie- sfilava a Parigi “contro il terrore” insieme ad Hollande ed agli altri leader, diversamente coinvolti nelle guerre sporche. Considerandone l’insieme le vittime, senza dimenticare quelle causate dalla fuga dai teatri di guerra , si arriva a diversi milioni di morti; cui si devono aggiungere le molteplici sofferenze, le distruzioni, le torture, gli sfregi alla cultura ed alle civiltà dei popoli: dal bombardamento di giornali ed emittenti che documentavano i crimini degli aggressori alla distruzione di moschee e scuole coraniche; dalla base militare statunitense sopra i resti dell’antica Babilonia agli escrementi dei marines sul Corano, talvolta esibiti ai prigionieri di guerra torturati per accrescerne la sofferenza.


Il 14 gennaio, la rivendicazione ufficiale di Al Qaeda della Penisola arabica circa l’attacco militare al “Charlie” compiuto dai fratelli Kouachi, mentre conferma il video del 9 gennaio di Al Qaeda nello Yemen (assorbita da Aqap), allarga senz’altro il campo oltre l’Iraq, al conflitto portato dall’Occidente in diverse regioni mussulmane, sia perché presentata come direttiva del capo dell’organizzazione, Ayman al Zawahiri, sia soprattutto per il contenuto del messaggio rivolto alla “nazione occidentale” (“Fermate gli attacchi al nostro Profeta. Fermate lo spargimento del nostro sangue. Lasciate le nostre terre. Non saccheggiate più le nostre risorse. Altrimenti aspettatevi da noi solo tragedie e terrore”). Messaggio chiaro, che richiama quelli reiterati da Osama bin Laden: sangue chiama sangue, sfregio chiama sfregio, terrore chiama terrore. La “esportazione della democrazia”, come l’Occidente ha voluto definire la propria guerra , evidentemente non è gradita ma per così dire contro- esportata. Con gli stessi mezzi, brutali e odiosi.


Dall’altra parte della barricata invece, completamente rimosso il nefasto contesto, l’assalto dei jihadisti è presentato non come la ritorsione dichiarata dagli stessi ma in modo diverso, riassunto da François Hollande nel suo discorso ai francesi: “Unitevi tutti a noi perché questo attacco è molto più grave di quello dell’11 settembre 2001. Allora fu preso di mira il santuario del potere imperiale, ora è stata presa di mira dai jihadisti l’anima nostra, il principio supremo della nostra civiltà, la libertà di pensiero”. Il presidente ha poi invitato tutto il paese ad omaggiare le vittime della strage al Charlie come martiri caduti per la libertà. Come gli Stati Uniti dell’11 settembre 2001, la Francia ha chiamato a raccolta i suoi figli presentandosi come la vittima innocente di barbari che l’attaccano in odio alla civiltà e libertà, in questo caso di pensiero. Ed i figli hanno risposto in massa, condividendo in pieno la rimozione della realtà che permette di espungere dal proprio mondo le nefandezze compiute e rovesciarle tutte sul nemico che le ritorce indietro (o semplicemente non si sottomette) com’è accaduto quasi sempre nei paesi colonialisti e nella stessa Francia.


Negli anni Cinquanta, per il regime e gran parte dei francesi, i barbari erano gli algerini in lotta per la libertà e schiacciati con esecuzioni sommarie, torture ed ogni sorta di angherie . La convinzione che di barbari si trattasse era estesa agli algerini francesi, le cui proteste contro la discriminazione vennero affrontate col pugno di ferro: furono gettati in campi concentrazionari, e 200 pure nella Senna , il 17 ottobre 1961 per ordine del prefetto Papon in seguito ad una manifestazione contro il coprifuoco, decretato soltanto per loro. Poi vi fu la guerra sporca dell’Oas, organizzazione atlantica, contro l’indipendenza algerina e lo stesso generale De Gaulle che l’aveva concessa, vincendo il relativo referendum di stretta misura. Non vi fu consapevolezza diffusa tra i francesi tantomeno della successiva guerra dissimulata degli anni Novanta, seguita alla vittoria elettorale del Fis algerino. Quel movimento – allora del tutto pacifico- fu messo fuorilegge per avere osato tanto e nel gennaio 1992 la République ripristinò la dittatura, per “difendere la democrazia minacciata” secondo l’ipocrita versione fornita, in realtà per difendere i propri interessi coloniali in Africa . Provvide altresì alla creazione di squadroni della morte che attribuivano ogni loro azione al Fis e poi al Gia, attizzando così una guerra interna che è durata per tutto il decennio. Anche quando i disertori cominciarono a parlare e vi furono ammissioni politiche in proposito, la convinzione diffusa rimase che gli algerini erano barbari ingrati al paese cui tanto dovevano, e che si scannavano fra loro a causa di tale loro intrinseca natura . Ecco invece come, grazie al trattamento ricevuto, un movimento pacifico si è trasformato in armato, permettendo in seguito ad Al Qaeda o all’Isis di acquisire altri proseliti (2). Quanto alla rimozione della realtà, nulla di nuovo sotto il sole.


Ma vediamo com’è applicata in Francia la libertà di pensiero, il principio meraviglioso citato dal presidente Hollande come l’anima stessa del paese. I giorni seguenti quelle parole alate, la polizia francese ha proceduto a un’ondata di arresti (54 al 14 gennaio) per reati di opinione. Fra questi, il solo caso reso noto dai media è quello del comico Dieudonné M’Bala M’Bala in relazione ad un post di commento sarcastico alla marcia dell’11 gennaio, “evento magico paragonabile al big bang o alla incoronazione di Vercingetorige” con l’aggiunta “je me sens Charlie Coulibaly”. Non si può leggere il senso di questa frase nel post, perché subito oscurato, ma nella lettera inviata dall’attore al ministro dell’Interno Bernard Cazeneuve dove egli ha affermato di sentirsi così perché additato al pubblico disprezzo “come il nemico numero uno…Non si cerca di capirmi, non mi si vuole ascoltare, si cerca un pretesto per vietarmi. Mi si considera come Coulibaly mentre non sono diverso da Charlie” ed ha accusato “linciaggio mediatico, divieti ai miei spettacoli, ufficiali giudiziari, controlli fiscali, perquisizioni, inchieste. Oltre 80 procedure giudiziarie si sono abbattute su di me e la mia famiglia”. Qual è la differenza fra il Charlie e Dieudonné? Che i primi sbeffeggiano il mondo islamico, il secondo quello occidentale e sionista, ed essere antisionisti in Francia equivale ad essere accusati di ogni sorta di nequizia a cominciare dall’epiteto di “antisemita”, sempre respinto al mittente dall’attore, grande sostenitore del popolo (semitico) palestinese. Dunque il ministro Cazeneuve , per tutta risposta, “denuncia solennemente che le dichiarazioni abiette di Dieudonné testimoniano irresponsabilità, mancanza di rispetto e propensione a suscitare odio e divisione”. S’è adontato anche il premier Manuel Valls a nome, nientemeno, di tutto il governo: “Saremo implacabili – ha detto- contro il terrorismo, certamente, ma anche la parola che uccide, la parola di odio”. Bella applicazione di libertà di pensiero e di égalité: dipende dalle tendenze politiche e culturali. La satira engagé, che sbeffeggia il nemico, alle stelle, quella che prende di mira il potere nel proprio paese alle stalle, magari in prigione. Difatti, scarcerato in serata per poter mandare in scena il suo ultimo spettacolo, Dieudonné è stato incriminato per “apologia di terrorismo”. Degli altri 53 casi poco o nulla si conosce finora.


Si tratta delle prime applicazioni della nuova legge speciale “antiterrorismo”, approvata dal parlamento francese nel novembre scorso che, oltre all’inasprimento delle pene, ha introdotto nuove fattispecie o allargato l’ambito di quelle già introdotte dopo l’11 settembre 2001, particolarmente la “apologia di terrorismo”. Ma che c’è in quella lettera di apologetico del terrorismo? Io non vedo niente del genere. A meno di sovrapporre alle parole dell’incriminato un altro significato, mediante la lettura del pensiero. Ora, se questa è l’applicazione, siamo al Grande Inquisitore. Viva la libertà di pensiero! però solo del pensiero gradito all’estabilishment, cosa per altro praticata in tutti i regimi dispotici, vecchi e nuovi, che perseguono gli oppositori, le menti critiche, non certo i codaioli. E già tutta la normativa antiterrorismo emanata dopo il 2001, con l’impiego di concetti astratti e fattispecie estremamente generiche (l’interpretazione delle quali è demandata alla discrezionalità del giudice ed al “comune sentire”, nel quale ha notevole peso l’orientamento della gerarchia politica e dei media) ha consentito procedimenti e condanne di tipo persecutivo. La Francia peraltro non ha atteso il 2001 per limitare la celebrata libertà di pensiero. La legge Gayssot- Fabius (entrambi filo sionisti, il primo comunista, il secondo socialista, all’epoca presidente dell’Assemblea nazionale, ex premier, attualmente ministro agli Esteri), approvata dall’Assemblea il 13 luglio 1990 , punisce il “negazionismo della Shoah” nella interpretazione data dal mondo ebraico ufficiale e recepita in toto dall’ordinamento francese; concetto nel quale entra anche l’espressione del mero dubbio su singoli aspetti e tutt’intera la ricerca storica. Le applicazioni sono state aberranti. A peggiorare le cose è intervenuta la legge 22 dicembre 2011 che punisce chi mette in dubbio il genocidio armeno, motivata dal fatto che Israele era in forte tensione con la Turchia, fino a chiederne la estromissione dalla Nato, e che il governo francese intendeva bloccare le trattative per l’ingresso di quel paese nella Ue. Pur avendo avuto minore applicazione, questa seconda legge speciale ha peggiorato le cose rafforzando la categoria della distinzione fra i crimini, secondo che siano ammessi dal regime oppure no (la Grande Catastrofe e la pulizia etnica dei palestinesi non sono ammesse, né gli altri crimini realizzati dal colonialismo occidentale), la tendenza all’apprezzamento del comune sentire, nel senso “gerarchico” sopra precisato, quindi la libertà del pensiero gradito e non di quello sgradito: che è come dire, nessuna (3).


Mentre rivivono vecchi armamentari repressivi delle libertà, non pare che la polizia francese sia stata altrettanto efficiente nell’opera di prevenzione di attentati, che è altra cosa. Non so immaginare difatti un aspirante attentatore così sprovveduto da andare a raccontare in giro le proprie intenzioni o farle intuire facendo “apologia di terrorismo”. Si è citata molto, in questi giorni, un’intervista resa da uno dei fratelli Kouachi, per altro molto risalente. Quando essi hanno maturato intenzioni più concrete, devono essere stati belli zitti, per anni, visto che è stata cessata ogni attenzione su di loro dall’estate scorsa. Alcune voci hanno visto qualcosa di peggio in questa decisione e tutto l’operato della polizia, tenuta in scacco per quasi due giorni dai soli fratelli Kouachi, ha suscitato altre perplessità: circa la vigilanza a singhiozzo alla sede del Charlie, cui erano state appena reiterate minacce specifiche e dove pure era in corso la riunione settimanale di redazione; il ritardo ad intervenire, pur avendo gli assalitori perso oltre un quarto d’ora sbagliando portone; la mancanza di posti di blocco immediati e di sorvolo della zona con elicotteri; infine il concentramento di decine migliaia di uomini presso la stamperia nella quale i Kouachi si erano infine asserragliati, lasciando sguarnita la città, ciò che ha permesso a Coulibaly di agire, inizialmente indisturbato, al negozio kosher (4)


Occorre riflettere soprattutto sull’uso politico che il governo francese e gli alleati hanno fatto, già nell’immediato, dell’eccidio di Parigi. Dopo la passerella dei politici ed il successo della marcia dell’11, Hollande ha formalizzato il 14 gennaio la decisione di rafforzare il contingente già operante con l’invio nel Golfo della portaerei Charles de Gaulle ed altre navi da guerra. Analogo rafforzamento si accingono a fare altri governi, particolarmente con l’invio di droni, forieri di nuove stragi indiscriminate ed altre sciagure per il popolo interessato, già stremato dalla guerra civile in corso. Gli Stati uniti in particolare, che hanno astutamente mostrato un ruolo defilato –in apparenza!- si avvantaggiano enormemente di tutto ciò, riuscendo a scaricare sull’Europa la guerra scatenata su più fronti a partire dal 2011. Dunque l’escalation, il rafforzamento della coalizione guerrafondaia, la repressione di voci critiche, l’incollatura dell’opinione pubblica ai governi e particolarmente quello francese, un’ondata islamofobica produttiva d nuova violenza ed angherie a danno dei mussulmani ed il riemergere della subcultura razzista, sono i frutti avvelenati dei fatti di Parigi. Tutto questo avviene nell’ Europa aggressiva quanto incapace di riflettere su di sé e che si pretende pure foriera di civiltà, mentre precipita nel suo avanzato degrado; e lo esporta portando nuove disgrazie ai popoli che pretende di sottomettere. Quanto buio, quanta ipocrisia nel soi-disant paese dei Lumi. Dove ogni lume si è spento da un pezzo, se mai vi è stato acceso.


  1. Vedi fra gli altri L’Italia alla terza campagna di Libia; Esplosiva Libia; Una guerra tira l’altra; Francafrique, Europafrique; Impasse imperialista in Medio Oriente, tutti in queste Riflessioni. Un opportuno elenco delle operazioni e delle forze militari attualmente schierate dalla Francia in quegli scenari si possono leggere sul sito Antimperialista, Non, nous ne sommes pas Charlie Hebdo, in www.antimperialista.it 8 gennaio 2015. Nello stesso sito altri articoli e commenti in proposito. Consulta anche il sito www.massimofini.it , da ultimo l’articolo Noi bombardiamo. Loro esportano la guerra


  1. Leggi molte notizie sui fatti di Algeria nella Storia d’Italia, in questo sito, con il consiglio, non essendo indicata una parola chiave specifica, di digitare nella maschera di ricerca la radice alger : il file che si aprirà riporterà tutte le notizie contenenti le parole algeria, algerino, algerini ecc. Sulla guerra sporca dell’Oas v. V. Vinciguerra in vari scritti fra essi L’organizzazione, www.archivioguerrapolitica.org


  1. Leggi in queste Riflessioni Negazionismo (2007) e Libera informazione: teocrazie a confronto (2009). Molti casi di repressione della libertà di pensiero sono commentati nel sito www.andreacarancini.blogspot.com


  1. Leggi più ampiamente Parigi. Pasticci su pasticci nel sito www.aldogiannuli.it