La guerra degli ominidi (Michela M. Cipriani – gennaio 2010)
Non credo dovuto al caso che un paese servile verso l’asse
israelo- americano, qual è l’Italia, sia anche uno dei più xenofobi. Quando
si esaltano e si additano come modelli di democrazia e libertà due stati rubati
con la pulizia etnica ai popoli che vi abitavano, dediti allo sterminio mediante
armi di distruzione di massa, dove la violenza è la regola primaria per
risolvere i conflitti, non c’è da meravigliarsi che masse incarognite e
frustrate si dedichino con fervore a seguire gli esempi loro indicati. Non
sembri perciò fuori luogo dedicare una riflessione alla piaga razzista che
affligge il nostro paese in una rubrica di politica estera. E’ fuori luogo
piuttosto (ma non casuale, per il detto servilismo od autocensura) che questa
ovvia constatazione non si senta e non si legga, neppure in giorni di
riflessione e analisi diffuse come questi, che seguono l’ultimo pogrom in
ordine di tempo, quello di Rosarno contro i lavoratori africani schiavizzati
dalla ndrangheta.
Ben vengano le analisi, comunque. Non parlo di quelle ipocrite
(sono tante) ma di quelle vere e giustamente allarmate, diverse delle quali sono
sensate ed apprezzabili: soprattutto quelle che s’indignano per il pogrom come
per la sua odiosa conclusione – la deportazione degli schiavi che hanno osato
ribellarsi – e che denunciano lo sfruttamento ed il potere mafioso. Se questi
aspetti sono stati determinanti a Castelvolturno ed a Rosarno, anche altri
aspetti vanno indagati, a cominciare da quello sopra indicato ed ingiustamente
rimosso - i modelli sono troppo importanti per essere ignorati - per aversi
un’analisi completa ed impietosa.
“Ci sono varie forme di razzismo – afferma in
un’intervista concessa a “La
Repubblica” del 13 gennaio Abdel Hamid Shaari, presidente del centro
islamico di viale Jenner a Milano – le violenze che si sono viste a Rosarno,
certo, ma anche quello che sta succedendo al Nord, dove ci sono Comuni che
negano ai mussulmani il diritto di avere un luogo di preghiera e altri che
organizzano la caccia al clandestino dando all’operazione nomi impropri”.
Uno dei nomi impropri è l’abuso della parola identità, con
tutto quanto essa comporta in termini di socialità, legame col territorio,
libertà ed organizzazione sociale. Mi pare che chi ha davvero un’identità,
persona o gruppo, non abbia alcuna occorrenza di comprimere quella altrui perché
non ne sente fastidio; viceversa né è attratto o almeno incuriosito,
muovendosi in un rapporto fra pari. Sono gli esseri privi di identità, in cerca
di sé, frustrati ed inconsistenti culturalmente, spiritualmente, a sentire
fastidio o paura. Paura probabilmente del proprio nulla, più che dell’altro,
il quale funge semplicemente da specchio che inviterebbe questi signori nessuno
a riflettere sul proprio sé, se non scattasse la rimozione. E con la rimozione
l’astio. Basta osservare un raduno leghista od ascoltare discorsi di persone
di quell’ambiente per constatare che i decantati “valori” o la pretesa
“superiorità” di costoro sono del tutto immaginari. Chi invoca
ossessivamente la parola “identità” probabilmente non ne ha nessuna. Anche
l’aggressività è un indicatore di frustrazione.
Una società forte per cultura, organizzazione sociale, valori
non è xenofoba, lo è quella che si sente inferiore. Mi pare eloquente che
l’obiettivo più scatenante per gli xenofobi siano effettivamente i cittadini
mussulmani ed i loro simboli. Non credo sbagliare affermando che la xenofobia
deriva da senso d’inferiorità, da invidia rimossa. Invidia dell’essere, in
questo caso, non dell’avere. Diversi psicologi dicono che l’invidia è
l’unico sentimento umano a non venire mai riconosciuto, perché troppo
umiliante per il proprio ‘io ’. Leggendo di “cittadini infastiditi” da
moschee e minareti, di filippiche anti- islamiche, di passeggiate col maiale,
non è chiaro che si tratta di esseri che rimuovono la propria inferiorità ed
invidiosi?
L’Italia è vecchia anagraficamente, e con lei l’Europa.
Non ci sarà anche un’invidia del vecchio verso il giovane, del brutto verso
il bello? Osservando le fattezze di certi dirigenti leghisti, o alcune
“sfilate di cittadini”, il dubbio si rafforza. Nel caso dei Rom, non ci sarà
un astio invidioso del “travet” verso quella che può apparire una vita
sfaticata, disseminata da chissà quali avventure?
Gli ominidi adorano la Lega perché offre loro una parvenza di
identità, perfino un’illusione di superiorità, aggregazione, simbologia, un
“belletto” col quale nascondere e sublimare tendenze ripugnanti. Vivendo in
una città lombarda, come altre afflitta dal leghismo, il decantato “legame
col territorio”di quel partito francamente non lo vedo, fuori dal fornire
giustificazione agli xenofobi. Un’attività pericolosa per la società quanto
utile al potere, incanalando le frustrazioni delle masse verso un obiettivo
“facile” - per i vili- anziché verso se stesso.
I razzisti, gli xenofobi, essendo personaggi inconsistenti,
sono attenti fino allo spasimo all’opinione altrui; e si muovono soltanto in
branco. Perché la smettano di sopraffare, non vanno blanditi; bensì insultati,
e di brutto. Non si convinceranno mai con le buone, tanto meno con la
comprensione di asserite “paure” ed “insicurezze” - mero alibi mentale
col quale autogiustificano la propria aggressività - ciò li può solo
ringalluzzire e indurli a perseverare, vedendosi essi al centro di
un’attenzione che è esattamente quanto cercano. Politici a caccia di voti,
sfruttatori di lavoro nero e schiavistico, lucratori di ogni genere, ipocriti
hanno interesse a perseguire questa metodologia; controsenso invece per chi è
sinceramente preoccupato. Il partito xenofobo a maggior ragione va maltrattato,
deriso, isolato fino ad ottenerne lo sfratto dalle amministrazioni. Un contrasto
effettivo al razzismo ed alla xenofobia darà risultati scarsi finché costoro
hanno un posto di rilievo nel governo nazionale, addirittura occupano il
Viminale. L’attività e le dichiarazioni del ministro Maroni sono state di una
gravità tremenda. Cominciamo con l’esigere che costoro la smettano di parlare
a nome del “territorio”, della “gente”, degli “italiani”. Quale
gente, quali italiani? Parlino a nome degli ominidi che rappresentano, non degli
italiani. Non tutti siamo conciati a quel modo, per fortuna!